Mercoledì 17 ottobre 2001. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze.
La seduta comincia alle 14.
Decreto-legge 350/2001: Introduzione dell'Euro.
La Commissione inizia l'esame.
Gianfranco BLASI (FI), relatore, osserva che il provvedimento contiene norme per disciplinare il passaggio all'euro del sistema bancario e finanziario (articoli 1-8) e per far emergere le attività finanziarie detenute all'estero (articoli 11-21); reca inoltre disposizioni sulla tassazione dei redditi di natura finanziaria (articolo 9 e 10), in materia di cartolarizzazione (articolo 22), nonché concernenti ulteriori operazioni finanziarie (articoli 23-25).
delle maggiori entrate e l'incertezza sull'effettiva possibilità di conseguirle, osserva che l'emendamento approvato, poiché rende liberamente disponibili le risorse derivanti dai capitali rimpatriati, ne legittima l'utilizzo per finalità di copertura nel disegno di legge finanziaria, eliminando in tal modo il duplice computo delle medesime risorse in due distinti provvedimenti. Ciò premesso, rileva l'esigenza di sopprimere l'intero articolo 26 in quanto non ha ragion d'essere una clausola di copertura finanziaria - per altro formulata in termini non conformi all'articolo 11-ter, comma 1, della legge n. 468 del 1978 - in un provvedimento che produce complessivamente effetti finanziari positivi. Inoltre, ai fini della corretta compensazione nell'esercizio 2001 degli effetti finanziari positivi con quelli negativi derivanti dal provvedimento, appare comunque necessario che il Governo chiarisca l'esatta collocazione contabile delle imposte riscosse sui capitali rimpatriati.
interessi sul debito pubblico pari a 410 ml di euro (800 miliardi di lire). Al riguardo, rileva che la valutazione degli 800 miliardi annui quali risparmio sulla spesa per interessi si basa implicitamente sulla ipotesi che l'ammontare delle emissioni lorde per ciascun anno del triennio 2002-2004 sia pari a circa 800mila miliardi di lire. Tale ipotesi potrebbe risultare sovrastimata qualora nel corso del triennio prosegua - come sembra ragionevole in relazione al progressivo operare dei vincoli stabiliti in sede europea - il trend decrescente delle emissioni lorde dei titoli del debito pubblico in corso dal 1998. L'ammontare complessivo dei titoli di debito era pari in tale anno a circa 989 mila miliardi di lire, mentre nel 2000 è risultato pari a circa 877 mila miliardi. All'interno di tale andamento risulta inoltre particolarmente accentuata la discesa dei titoli di Stato, il cui ammontare passa dagli 846 mila miliardi del 1998 ai 674 mila del 2000.
del patrimonio separato dall'imposta sui redditi e dall'IRAP non dovrebbe comportare effetti, in quanto la gestione di tale patrimonio dovrebbe essere in sostanziale pareggio.
Il sottosegretario Vito TANZI, sottolineata l'importanza che il Governo annette al provvedimento in esame, finalizzato - pur nella sua complessità tecnica - a cogliere l'opportunità storica offerta dall'imminente passaggio alla moneta unica europea, risponde alle richieste di chiarimento formulate dal relatore nel suo intervento introduttivo.
caso, utilizzando le percentuali esatte (vedi allegato), si giunge agli stessi risultati stimati in sede di relazione tecnica originaria: sviluppando, infatti, l'equazione riportata nella relazione tecnica originaria, su base annua, il gettito che verrebbe a mancare, in seguito alla soppressione dell'equalizzatore, sarà pari a circa 223 miliardi di lire per il codice tributo 1102 e 81 miliardi di lire per il codice tributo 1101. La perdita di gettito, quindi, non va incrementata di ulteriori 11 miliardi di lire, come osservato dalla Commissione bilancio della Camera, ma rimane la perdita stimata in sede di relazione tecnica originaria. Per quanto riguarda l'abbattimento delle perdite di gettito di 1/3 per l'anno 2002 e di 2/3 per l'anno 2003, osserva che la perdita di gettito è stata abbattuta per tener conto delle compensazioni dovute alle eventuali minusvalenze che si verificheranno come conseguenza della riduzione dei corsi dei titoli nell'anno 2001: al 15 ottobre 2001 l'indice Mibtel aveva un valore di 21.231 punti, con una diminuzione di circa il 30per cento rispetto al valore del 31 dicembre 2000. La stima della perdita di gettito per l'anno 2004, non è stata abbattuta perché dovrà tener conto dell'andamento imprevedibile del corso dei titoli nel triennio 2001-2003.
sia per gli innegabili effetti di riallocazione dei portafogli degli investitori internazionali attualmente esclusi dall'esenzione sia dai primi segnali di riduzione del costo dell'indebitamento di cui si è fatto cenno sopra; aggiunge, inoltre, che l'aumento potenziale della domanda di titoli italiani è indiscutibilmente molto consistente, ma è tuttavia stato valutato in maniera prudenziale dalla competente direzione del Tesoro: i calcoli sono infatti stati effettuati sulla base del solo mercato dei fondi lussemburghesi, escludendo altri rilevanti settori, come ad esempio le SICAV francesi, che pure beneficerebbero del nuovo più favorevole trattamento.
pari a circa 1.000.000 miliardi di lire. Osserva inoltre che sia la quota di pertinenza dei soggetti persone fisiche ed equiparati (destinatari delle norme, pari al 40 per cento) sia il tasso di adesione dei soggetti interessati (pari al 20 per cento) sono stati assunti su base estremamente prudenziale, osservato che rappresenterebbero comunque solo l'8 per cento delle somme detenute illecitamente all'estero.
determinate al momento dell'emissione, sulla base delle condizioni prevalenti dei mercati e della domanda di tali strumenti finanziari.
Vincenzo VISCO (DS-U), formulati preliminarmente una serie di rilievi critici generali al Governo in ordine all'evanescenza delle argomentazioni, all'approssimazione delle cifre, alle ripetute violazioni delle vigenti norme di contabilità, che non hanno precedenti nella vita parlamentare, sollecita l'Esecutivo ad un comportamento caratterizzato da maggiore professionalità e rigore non soltanto sotto il profilo degli sfondamenti di bilancio, ma anche per quanto riguarda il rispetto delle regole del gioco.
una volta in evidenza la questione mai risolta di un possibile conflitto di interessi.
Gianfranco MORGANDO (MARGH-U) osserva che mentre può essere considerato condivisibile - in termini generali - l'inserimento in un decreto d'urgenza delle misure di carattere tecnico che si rendono necessarie per il passaggio alla moneta europea (capo I), va criticata d'altra parte la decisione del Governo di utilizzare lo strumento del decreto per disciplinare l'emersione di attività detenute all'estero (capo III) e la cartolarizzazione dei proventi di entrate erariali (capo IV). Nel rilevare che gli effetti delle operazioni di rimpatrio e di regolarizzazione non sono facilmente stimabili, in relazione alla difficoltà di valutare il grado di adesione registrabile fra i soggetti potenzialmente interessati, sottolinea che la materia - per la complessità delle sue implicazioni - non avrebbe dovuto essere regolata nell'ambito di un provvedimento d'urgenza. Analoghe perplessità manifesta con riferimento alle norme in materia di cartolarizzazione: premesso che iniziative di riforma nel settore erano già state assunte nella precedente legislatura, ritiene che l'adozione dello strumento del decreto-legge precluda l'approfondimento di meccanismi di finanziamento così complessi e delicati. In sostanza, il Governo ha voluto utilizzare l'occasione offerta dal presente decreto per disciplinare in maniera impropria materie che avrebbero richiesto una valutazione più attenta e ponderata.
Alberto GIORGETTI (AN), nel concordare con le valutazioni favorevoli al provvedimento già formulate dal relatore, evidenzia la diversità di toni che ha caratterizzato gli interventi dei parlamentari che lo hanno preceduto: in particolare, osserva che il tenore delle dichiarazioni del deputato Visco segna un mutamento del clima politico, intervenuto nei rapporti fra maggioranza e opposizione presumibilmente a seguito del fallito tentativo - da parte dell'opposizione - di apportare significative modificazioni al testo all'esame della Commissione di merito. Nel sottolineare che fino ad oggi la maggioranza non si è mai sottratta al dialogo, dando costantemente seguito alle richieste di confronto sui temi sottoposti all'esame della Commissione, considera inaccettabili alcune delle argomentazioni sviluppate nel richiamato intervento, che appaiono permeate da un disprezzo per le metodologie adottate dal Governo nel sostenere le proprie iniziative politiche. Assicura quindi che la maggioranza proseguirà con serenità e con convinzione il proprio percorso di attuazione dell'indirizzo politico e di sostegno dei provvedimenti del Governo.
Gianfranco BLASI (FI), relatore, nel rilevare che il provvedimento in esame è il risultato della scelta politica compiuta dal
Governo proprio nella direzione della contestualità fra la fase del passaggio all'euro e l'adozione di misure finalizzate ad incentivare e promuovere il sistema economico italiano, sottolinea che la presente disciplina rappresenta lo sbocco finale del percorso di stabilità già intrapreso nelle precedenti legislature. In quest'ottica il Governo - pur consapevole dei ritardi registrati dal paese in termini di sviluppo (difficoltà peraltro aggravate dai problemi di bilancio ereditati dalle passate gestioni e dal mutato contesto internazionale) - ha ritenuto di inserire nel decreto in esame misure finalizzate ad attrarre l'interesse degli operatori, coerentemente con quel clima di fiducia e di miglioramento delle aspettative che l'esecutivo sta costruendo mediante la sua azione politica (ricorda in proposito le iniziative per il mercato del lavoro, le forme di incentivazione degli investimenti, le misure per la crescita della competitività). In conclusione, espresso apprezzamento per il valido contributo offerto dal sottosegretario Tanzi, che ha consentito alla Commissione un confronto sereno e chiarificatore, si riserva di presentare una proposta di parere che tenga conto delle dichiarazioni del Governo e delle osservazioni da lui stesso formulate.
Giancarlo GIORGETTI, presidente, preso atto delle dichiarazioni del relatore, sospende la seduta.
La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 18.30.
Gianfranco BLASI (FI), relatore, formula la seguente proposta di parere sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:
nel presupposto che le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del provvedimento indicate nell'allegato 8 alla relazione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002 siano ascritte alle entrate di parte corrente e che venga coerentemente modificato, nel rispetto della vigente disciplina
contabile, il prospetto di copertura degli oneri correnti determinati dal disegno di legge finanziaria medesimo;
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.
La seduta termina alle 18.40.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15 alle 15.05.
C. 1654 (nuovo testo).
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizione).
Per quanto riguarda la copertura finanziaria, osserva che con l'approvazione dell'emendamento 20.2 del Governo da parte della Commissione finanze sono stati modificati gli articoli 20 e 26 riguardo alla destinazione delle maggiori entrate derivanti dai capitali rimpatriati. In particolare si è provveduto ad eliminare il vincolo di destinazione dei titoli sottoscritti con i capitali rimpatriati al finanziamento delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale ed a sopprimere sia il fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze per finalità previdenziali, sia la destinazione ad esso delle maggiori entrate derivanti dalle imposte riscosse sui capitali rimpatriati.
Pertanto, a parte la richiesta al Governo di chiarimenti circa l'aleatorietà
Chiede quindi una serie di chiarimenti al Governo con riferimento ad alcuni articoli del provvedimento, dando per scontato un parere positivo sugli altri articoli.
Con riferimento all'articolo 3, che dispone la proroga di diritto al primo giorno lavorativo successivo di tutti i termini di adempimento, ivi compresi i pagamenti, delle obbligazioni che scadono nei giorni lavorativi durante i quali resta chiusa la componente italiana, denominata «BI-REL» del sistema dei pagamenti europeo denominato «TARGET», prevedendo che la Banca d'Italia dia preventiva comunicazione di tali giorni di chiusura mediante avviso da pubblicarsi sulla Gazzetta ufficiale almeno quindici giorni prima del giorno di chiusura, segnala che lo slittamento dei termini di pagamento può comportare effetti finanziari negativi sul fabbisogno di cassa del settore pubblico dell'esercizio in corso qualora esso determini un rinvio degli incassi all'esercizio finanziario successivo.
Per quanto riguarda l'articolo 9, che dispone l'abrogazione delle disposizioni che prescrivono la rettifica della base imponibile delle imposte sostitutive sulle plusvalenze e alcuni redditi di capitale, da attuare mediante il meccanismo dell'equalizzatore introdotto dal decreto ministeriale del 4 agosto 2000, la relazione tecnica stima un onere per cassa pari a lire 93 miliardi per il 2001, 203 miliardi per il 2002 e 101 miliardi per il 2003 per effetto delle minori entrate dell'imposta sostitutiva sulle plusvalenze e su altri redditi di capitale derivanti dall'abolizione del meccanismo dell'equalizzatore, rileva una sottostima della perdita di gettito. Infatti il valore dell'indice azionario Mibtel per il 1997, come riportato nella relazione tecnica risulta inferiore rispetto alle stime ufficiali della Borsa italiana, e determina un valore della plusvalenza netta per gli anni successivi più elevata. Dal momento che il valore della plusvalenza aggiuntiva per effetto dell'equalizzatore è determinata per differenza rispetto all'imponibile totale calcolato per le plusvalenze la cui imposta sostitutiva è versata dagli intermediari, la perdita di gettito può cifrarsi in circa 11 miliardi. Inoltre occorre che il Governo chiarisca sulla base di quali parametri è stato ipotizzato un abbattimento delle perdite di gettito pari a 1/3 per l'anno 2002 e 2/3 per l'anno 2003. Va altresì chiarito se tale ultima ipotesi valga anche per l'anno 2004, come sembra doversi desumere dal prospetto finale sugli effetti finanziari contenuto nella relazione tecnica. A tal fine segnala che la riduzione dei corsi dei titoli che si sta verificando nel 2001 potrebbe comportare, in conseguenza della possibilità di compensazione anche per gli anni successivi delle minusvalenze che ne derivano, una riduzione della perdita di gettito ipotizzata nella relazione tecnica.
L'articolo 10 reca disposizioni in materia di imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati. Secondo stime governative, l'effetto globale atteso di riduzione complessiva del costo dell'emissione dei titoli di Stato a seguito dell'incremento della domanda corrispondente ammonterebbe allo 0,10 per cento del costo delle nuove missioni annuali, con un conseguente risparmio di spesa annua per
Occorre inoltre che vengano chiariti i parametri di calcolo che conducono alla stima della riduzione del costo di emissione dei nuovi titoli pari almeno allo 0,10 per cento, come effetto globale dell'incremento di domanda di titoli del debito pubblico italiani da parte di investitori esteri; secondo quali ipotesi, anche di massima, relative alla composizione e durata dei titoli italiani si ritiene che il risparmio annuo permanga costante per ciascun anno del triennio.
Più in generale deve infine osservarsi che l'ammontare dei risparmi cifrati nella relazione medesima dipende in ogni caso da scelte future di investitori internazionali, che possono variare anche consistentemente nel corso del tempo: ragioni di prudenzialità dovrebbero condurre a valutarne effetti finanziari positivi solo in via eventuale (o comunque per importi il cui conseguimento appaia contabilmente certo).
La relazione tecnica non sembra osservare tale criterio di cautela, in quanto benché la stima dei risparmi attesi sia basata su ipotesi connotate da evidenti elementi di aleatorietà (il comportamento atteso degli operatori esteri, secondo un benchmark che costituisce solo una quota di riferimento per la valutazione dei rendimenti di portafoglio), i risparmi medesimi sono posti a copertura di parte degli oneri derivanti dal provvedimento in esame. La mancata adozione di un tale criterio di cautela assume un rilievo ancor più evidente ove si consideri che i risparmi in esame sono considerati (al netto della copertura sulle altre disposizioni del provvedimento) anche nel quadro di copertura del disegno di legge finanziaria per il 2002. Infatti, il margine positivo dei risparmi in questione che eccede la copertura degli oneri degli articoli 9 e 10 viene riportato come effetto netto tra i mezzi di copertura degli oneri recati dall'A.S. 699, legge finanziaria per il 2002.
Le norme contenute negli articoli da 11 a 21 consentono, in occasione dell'adozione dell'euro, l'emersione e la conseguente regolarizzazione di attività detenute all'estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia.
In merito, alla quantificazione degli effetti di maggiore entrata proposti, appare necessario che il Governo integri la relazione tecnica degli opportuni elementi informativi in ordine ai dati ed alle ipotesi sottostanti le stime. Ciò al fine di valutare non solo la congruità della quantificazione ma anche il suo grado di prudenzialità. Le maggiori entrate stimate nella relazione tecnica sono infatti caratterizzate da un notevole grado di incertezza, in quanto condizionate dai comportamenti degli operatori interessati, i quali possono trovarsi in situazioni diverse ed avere un diverso grado di convenienza ad aderire. In particolare, nella relazione tecnica: non sono forniti le fonti ed i criteri di valutazione attraverso i quali si è pervenuti a quantificare in un milione di miliardi di lire l'importo dei capitali attualmente detenuti illegalmente all'estero, né è chiarito a quale arco temporale siano riferiti i trasferimenti illegali che hanno determinato tale consistenza; non sono esplicitate le ipotesi alla base della stima del tasso di adesione.
In merito al primo punto, in particolare, oltre ai criteri di stima, appare opportuno che il Governo chiarisca il motivo per cui la relazione tecnica utilizza come base di calcolo della possibile emersione l'intero ammontare dei capitali detenuti illegalmente all'estero per la quota riguardante i soggetti destinatari delle norme (stimata nel 40 per cento). Talune considerazioni inducono, infatti, a non ritenere del tutto corretto tale criterio. In particolare: la relazione di accompagnamento al disegno di legge elenca, quali motivazioni all'origine del fenomeno della migrazione illegale di capitali, una serie di fattori eterogenei, quali il timore di instabilità politica, il timore di un consolidamento del debito pubblico, lo sfruttamento di differenziali fiscali positivi: tali trasferimenti, pertanto, non originano dalla volontà di occultare a fini fiscali elementi reddituali. In questi casi, quindi, i contribuenti sarebbero interessati a costituirsi uno «scudo fiscale» commisurato ai soli eventuali rendimenti del capitale trasferito ed impiegato all'estero (rendite fondiarie, dividendi, interessi..) e non, invece, all'intero capitale inizialmente trasferito; gli effetti preclusivi dell'emersione con riguardo agli accertamenti tributari e contributivi operano per i periodi d'imposta per i quali non sia ancora decorso il termine per l'azione di accertamento alla data di entrata in vigore del decreto e nei limiti degli imponibili rappresentati dalle attività dichiarate. Ciò significa che se il trasferimento illegale di capitale è stato effettuato in un periodo d'imposta per il quale sono scaduti i termini per l'azione di accertamento, il contribuente avrà convenienza a fare emergere, ai fini dell'applicazione del prelievo sostitutivo, non già l'intero ammontare del capitale, nei confronti del quale è inibita per decorrenza dei termini l'azione di accertamento fiscale, ma i soli effetti reddituali relativi agli eventuali rendimenti.
In merito, inoltre, al livello di adesione da parte dei soggetti interessati, la relazione tecnica enumera, tra i fattori che dovrebbero indurre ad aderire all'emersione, la modifica in termini decisamente non favorevoli del regime sanzionatorio in materia di monitoraggio fiscale. In proposito si rileva che, nei confronti di chi ha effettuato investimenti all'estero in violazione degli obblighi previsti dalla legge n. 167 del 1990 anteriormente alla data di entrata in vigore del provvedimento, il nuovo sistema sanzionatorio dovrebbe operare esclusivamente in relazione al successivo conseguimento dei redditi di fonte estera imponibili in Italia. Segnala, infine, la possibilità che le disposizioni possano venire utilizzate da alcuni dei soggetti interessati, anche al fine di costituirsi uno «scudo fiscale» da opporre all'Amministrazione finanziaria nei confronti di accertamenti sintetici per gli anni d'imposta futuri. Nel caso, infatti, di contestazioni di incrementi patrimoniali realizzati nei quattro periodi d'imposta successivi all'entrata in vigore del decreto legge ritenuti dall'Amministrazione non congrui rispetto al reddito imponibile dichiarato dal contribuente, questi potrebbe giustificare tali incrementi come conseguenza dell'operazione di rientro o di regolarizzazione degli investimenti detenuti all'estero. Inoltre, gli effetti sopra delineati ed il fatto che, in caso di rimpatrio, non è necessaria alcuna certificazione da parte dell'intermediario estero, potrebbero dar luogo ad un effetto di trasferimento illegale di capitali anteriormente ai termini previsti per l'emersione proprio al fine di costituirsi una difesa fiscale per i futuri periodi d'imposta.
Le disposizioni in materia di cartolarizzazione contenute nell'articolo 22 sostituiscono integralmente l'articolo 15 della legge n. 448 del 1998. Le nuove agevolazioni fiscali introdotte dalle norme non dovrebbero comportare rilevanti variazioni in termini di gettito. Infatti, per l'operazione di cartolarizzazione dei proventi del lotto e delle lotterie, non consentita dalla normativa previgente, le minori entrate fiscali si traducono in una riduzione dei costi dell'operazione che sono a carico dell'erario stesso. Per le operazioni di cartolarizzazione già consentite dalle norme, non si prevedono effetti erariali significativi. In particolare, l'esenzione
Al riguardo si rileva che le norme costituiscono il presupposto giuridico per consentire operazioni di cartolarizzazione di flussi di entrate non tributarie ed, in particolare, dei proventi futuri del lotto e delle lotterie. Da notizie di stampa e dai comunicati dello stesso Ministero dell'economia si apprende che in fase di realizzazione una prima operazione di cartolarizzazione dei proventi del lotto e delle lotterie, in relazione alla quale sono già stati selezionati gli operatori che dovrebbero provvedere al collocamento dei titoli, la cui emissione è prevista entro la fine del 2001. Appare pertanto necessario che il Governo fornisca valutazioni circa: il flusso di cassa atteso da tale operazioni; i presumibili costi derivanti per l'erario. Tali costi sono rappresentati sia dai rendimenti dei titoli emessi per finanziare l'operazione, sia dagli oneri specifici dell'operazione, rappresentati ad esempio dai costi accessori connessi al collocamento dei titoli o alle altre operazioni di finanziamento.
Con riferimento all'anticipo della terza rata del contributo straordinario all'INPS prevista dall'articolo 24, segnala che la disposizione può determinare un effetto positivo sul fabbisogno per l'esercizio 2001 ed un conseguente peggioramento per il 2002. In tale esercizio, peraltro, si determina per cassa un ulteriore effetto indotto di minore entrata per il bilancio dello Stato. Infatti, le imprese che hanno anticipato il versamento e che presumibilmente adottano il più conveniente criterio di imputazione a bilancio delle rate del contributo in quote ventennali costanti, imputeranno al bilancio 2001 tre quote anziché due, con conseguenti minori entrate per cassa nell'esercizio 2002.
Rilevato che le disposizioni concernenti l'emissione di titoli da rimborsare con azioni di società controllate dallo Stato previste nell'articolo 25 non sembrano presentare profili problematici, nel presupposto di un andamento positivo dei corsi delle azioni delle società di capitali cedute al momento del rimborso, sottolinea l'opportunità che il Governo chiarisca le caratteristiche tecniche di tali emissioni di titoli, per le quali, peraltro, non è fissato né un termine temporale, né un limite di ammontare. Appare, inoltre, opportuno, che la destinazione del ricavato delle emissioni al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato sia espressamente prevista nell'ambito delle disposizioni. Solo tale finalizzazione, infatti, consente che l'onere sostenuto per il rendimento dei titoli emessi sia compensato dalla minore spesa per interessi derivante dalla riduzione della consistenza del debito.
Sottolinea, infine che le richieste di chiarimenti al Governo sono volte a rendere più intelligibile un provvedimento molto complesso, con riferimento al quale è inevitabile una certa indeterminatezza legata alla difficoltà di disegnare con certezza scenari futuri, ma di cui la maggioranza condivide pienamente l'impostazione.
Con riferimento allo slittamento dei termini di pagamento previsto dall'articolo 3, osserva che effetti finanziari negativi sul fabbisogno di cassa del settore pubblico dell'esercizio in corso sono da considerarsi meramente eventuali. Circa le osservazioni formulate in ordine al dato ufficiale dell'indice azionario al 31 dicembre 1997, osserva che in sede di stesura della relazione tecnica era stato preso in considerazione il valore di 16.695 punti in luogo del più corretto 16.806 punti. In proposito sottolinea, comunque, che le percentuali utilizzate come variazione rispetto al 1998 (75 per cento e 20 per cento), costituiscono delle percentuali approssimate e in ogni
Con riferimento all'articolo 10 (Disposizioni in materia di imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati) la relazione tecnica alla norma quantifica in 800 miliardi annui i risparmi di spesa per interessi, imputabili ad una riduzione del costo dell'emissione dei titoli di Stato. Tale riduzione si verificherebbe a seguito dell'aumento della domanda di titoli da parte di soggetti che, per effetto della mancata esclusione dall'esenzione della ritenuta sui titoli, hanno una presenza irrisoria sul mercato italiano. Per quanto riguarda i rilievi in ordine alle previsioni di risparmio, precisa che la stima delle emissioni lorde da effettuare nei prossimi anni tiene conto del trend decrescente del deficit di bilancio determinato dall'osservanza dei vincoli del Patto di Stabilità; tuttavia, l'elevato ammontare delle emissioni lorde ipotizzato deriva dalle pesanti scadenze di titoli attese per i prossimi anni. In base alle emissioni effettuate finora, si prevede di chiudere il 2001 con circa 760.000 miliardi di emissioni lorde; nel 2002 verrà emesso un analogo quantitativo, mentre nel 2003, per effetto di più pesanti scadenze di titoli a medio e lungo termine, tale importo dovrebbe salire a circa 830.000 miliardi; infine, nel 2004 sono previste emissioni lorde per circa 750.000 miliardi.
Sempre con riferimento all'articolo 10, precisa che la stima sulla riduzione del costo di emissione dei nuovi titoli, assunta pari allo 0,10 per cento, è stata fatta sulla base di elaborazioni del Dipartimento del tesoro e di numerose indicazioni fornite da autorevoli intermediari finanziari durante la fase di studio che ha preceduto la preparazione della norma: come indicatore immediato della riduzione potenziale del costo dell'indebitamento si può considerare il valore del differenziale di rendimento tra i titoli decennali italiani e tedeschi, uno dei parametri più osservati dagli operatori di mercato; tale livello, a partire dai primi giorni successivi all'annuncio della modifica, si è progressivamente ridotto di circa 0,04 punti percentuali, attestandosi intorno allo 0,34 per cento, mentre la valutazione prevalente tra gli operatori è una riduzione fino a 0,25 punti percentuali, con un beneficio complessivo pari allo 0,13 per cento, superiore a quello assunto come base della stima effettuata dal Tesoro. Per quanto invece riguarda le ipotesi che hanno condotto ad assumere il risparmio costante nell'arco del triennio, va detto che ci si aspetta che il differenziale di cui sopra sia ridotto in permanenza per effetto dell'annuncio: pertanto, il contenimento in termini di spesa per interessi è da assumere come duraturo e - se rapportato al totale delle emissioni lorde previste per il triennio, quantificabile in media in circa 800.000 miliardi - determina un risparmio atteso di 800 miliardi annui. Per quanto concerne gli effetti di risparmio collegati all'attuazione dell'articolo 10, si ritiene che i risparmi attesi abbiano un notevole grado di certezza,
Con riferimento al capo III (Emersione di attività detenute all'estero) ricorda che nella nota di verifica tecnica prodotta dagli uffici della Camera si è ritenuta ipotizzabile una richiesta di integrazione della relazione tecnica relativamente alle ipotesi di base nella stima degli effetti erariali delle norme in questione. Osserva in proposito che vari fattori hanno determinato un consistente flusso di capitali in uscita dall'Italia: dai timori endemici di instabilità politica alla costante svalutazione della lira; dall'aumento senza controllo del debito pubblico, con conseguente paura di «patrimoniali» o «consolidamenti», all'opportunità o speranza di sfruttare - per di più nell'anonimato - differenziali fiscali positivi, tanto sui flussi di reddito, quanto sugli stock di capitale. L'effetto cumulato di questi fattori, di spinta e/o di incentivo alla migrazione fuori dall'Italia di capitali di originaria pertinenza italiana, è stato tanto forte da neutralizzare ogni considerazione di segno contrario. L'originaria stima di un milione di miliardi di capitale «espatriato», stante l'assenza di dati puntuali, trae origine da numerose ricerche effettuate da studiosi della materia e utilizzate a base di qualificati interventi generalmente condivisi. Da fonte Banca d'Italia (statistiche ufficiali - anno 2000), si trae un ammontare d'investimenti «di portafoglio» che sia come flusso sia come consistenza ammonta a circa un milione di miliardi. Appare, quindi, condivisibile l'ordine di grandezza delle stime citate. Il provvedimento tende a beneficiare le persone fisiche, gli enti commerciali, le società semplici e le associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR; escludendo le società di capitali. Tale motivo ha indotto a considerare che un 40 per cento dell'ammontare complessivo dei capitali sia interessato all'emersione (ipotesi di incidenza dei soggetti agevolabili sul totale dei soggetti potenzialmente interessati, formulata in base a criteri di esperienza). L'ulteriore riduzione di un 20 per cento vuole accogliere tutte quelle situazioni complesse, peraltro ben evidenziate dalla Commissione bilancio, che potrebbero indurre a non rimpatriare i capitali. In particolare, citando ulteriori elementi forniti da fonte Banca d'Italia, ricorda che per stimare l'importo dei capitali detenuti all'estero si deve partire dalle attività ufficialmente detenute all'estero da residenti italiani. Queste, escludendo le banche e la banca centrale, erano pari, alla fine del 2000, a circa 1.840.000 miliardi di lire (fonte: Appendice alla Relazione annuale della Banca d'Italia, anno 2000, tavola aB69). Tali attività erano costituite per il 19per cento da investimenti diretti (tra i quali rientrano anche quelli immobiliari), per il 62 per cento da investimenti di portafoglio e per il resto da altri investimenti (fonte: Appendice alla Relazione annuale della Banca d'Italia, anno 2000, tavola aB69). Le attività detenute all'estero da residenti italiani e non segnalate possono essere stimate in circa il 50 per cento di quelle ufficiali. Infatti, così come si evince dagli studi condotti dall'FMI sulla «discrepanza» (differenza non spiegata) globale nelle bilance dei pagamenti dei diversi paesi, per i soli investimenti di portafoglio tale discrepanza, negli anni '90, veniva stimata tra il 30 e il 40 per cento delle attività segnalate. Se si considera che gli investimenti di portafoglio sono pari al 62 per cento delle attività ufficiali, si può ricavare che la discrepanza globale per tutte le tipologie di investimenti è pari a circa il 55 per cento delle stesse attività; con riferimento al dato della Banca d'Italia per il 2000, ciò significa che le attività detenute all'estero e non segnalate sarebbero quindi
In relazione ai possibili effetti delle misure contenute nel capo III, fa presente che in assenza del provvedimento di emersione i capitali oggetto di rientro legale (e cioè «monitorato») sarebbero sottoposti ad accertamento e qualificati come reddito imponibile da parte dell'amministrazione finanziaria: tali accertamenti sarebbero peraltro difficilmente contestabili dal contribuente, data l'incertezza delle prove documentali. A nulla rileverebbe, ovviamente, né che i capitali derivino dal trasferimento di attività dall'Italia verso l'estero o da costituzione di somme estero su estero, né il periodo nel quale ciò sia avvenuto. Proprio per rimuovere tale ostacolo al rientro, nell'articolo 14 si prevede che il medesimo produca effetti preclusivi di ogni accertamento fiscale e contributivo, oltreché la non applicazione delle sanzioni previste per il monitoraggio (comunque presenti, in quanto il contribuente avrebbe dovuto annualmente dichiarare tali attività nel quadro RW del modello Unico), e soprattutto delle sanzioni previste sui reati fiscali (come la omessa od infedele dichiarazione e l'evasione, con la sola eccezione della frode fiscale). Gli incrementi patrimoniali realizzati dal contribuente nei periodi d'imposta 2001 o 2002 (cioè, negli anni in cui si provvede al rimpatrio) sono giustificati ufficialmente proprio in ragione dell'emersione dei capitali all'estero, e quindi ciò è ininfluente per gli accertamenti degli anni futuri. Infine, ove lo scudo fiscale fosse limitato ad una parte del patrimonio detenuto all'estero, le sanzioni sul «monitoraggio fiscale» si applicherebbero da subito relativamente alla quota non rimpatriata o regolarizzata. Infatti, le infrazioni alle disposizioni del «monitoraggio fiscale» per i capitali non rimpatriati si determinano non solo nell'anno del trasferimento illegale, ma anche negli anni successivi, poiché le consistenze delle attività detenute all'estero devono anch'esse essere dichiarate ogni anno nel quadro RW del modello Unico; la mancata osservanza di tale obbligo per i capitali non rimpatriati comporta l'applicazione del nuovo, più incisivo sistema sanzionatorio. Sottolinea inoltre che in presenza dell'emendamento 20.2 del Governo - tendente a sopprimere i commi 1 e 2 dell'articolo 20, che prevede la destinazione ad un fondo istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni in esame a decorrere dal 2002 - di conseguenza sono superati i rilievi che sono stati precedentemente riferiti a tali commi.
Riguardo all'articolo 22, in merito al quale sono stati richiesti chiarimenti circa i costi connessi all'operazione di cartolarizzazione (con particolare riferimento ai rendimenti dei titoli emessi per finanziare l'operazione, nonché ai costi connessi al loro collocamento), osserva che lo scopo dell'intera operazione è stato - evidentemente - quello di ottenere maggiori disponibilità di cassa. Alternativamente, per ottenere un'analoga disponibilità, sarebbe stato necessario ricorrere all'emissione aggiuntiva di titoli del debito pubblico, con costi sostanzialmente paragonabili a quelli della cartolarizzazione. Ritiene quindi che i suddetti costi non comportino oneri aggiuntivi per l'Erario. Per quanto concerne l'articolo 24 (anticipo della terza rata del contributo straordinario all'INPS), fa presente che gli effetti della norma sul fabbisogno sono connessi all'esercizio di una facoltà da esercitare in relazione ad eventuali esigenze correlate al raggiungimento di determinati obiettivi di finanza pubblica. Con riferimento all'articolo 25 (emissione di titoli da rimborsare con azioni di società controllate dallo Stato), precisa che al momento risulta difficile fornire indicazioni dettagliate circa le caratteristiche tecniche dei titoli, come ad esempio la scadenza o l'ammontare. Tali caratteristiche non potranno che essere
Per quanto riguarda infine l'articolo 26 - recante la norma di copertura finanziaria -, osserva che esso è redatto per dare conto delle minori entrate derivanti da taluni articoli, ancorché compensate dagli effetti attesi derivanti dalle norme sull'emersione; sottolinea pertanto che l'eventuale eliminazione della norma di copertura non comporterebbe problemi. Chiarisce, altresì, che le maggiori entrate derivanti dall'articolo sull'emersione si considerano come entrate straordinarie, che ai fini Sec 95 sono da considerare di parte capitale; per il bilancio dello Stato, attesa la classificazione dell'entrate in titoli I, II, III e IV che possono essere di natura promiscua, le suindicate maggiori entrate sono da allocare al titolo II (entrate extratributarie), trattandosi di somme assimilabili alle sanzioni ed alle oblazioni i cui proventi confluiscono in questo raggruppamento delle entrate.
Con riferimento al provvedimento in esame, rileva in primo luogo che lo strumento del decreto-legge, giustificato dalla necessità e l'urgenza delle disposizioni volte a disciplinare il passaggio all'euro del sistema bancario e finanziario, viene in realtà utilizzato come veicolo per introdurre nell'ordinamento una serie di disposizioni che con l'euro non hanno nulla a che vedere.
Contesta innanzitutto il fatto che l'introduzione dell'euro rappresenti un'occasione storica per agevolare il rientro in Italia di una grande quantità di capitali che nel passato hanno scelto la via dell'estero e giudica inconsistenti i motivi addotti a sostegno di una presunta convenienza ad investire in Italia determinata dal provvedimento, facendo presente che da tempo la mobilità dei capitali è una realtà, non essendovi più rischi connessi ai cambi, ed evidenziando che la tassazione dei redditi da capitale in Italia è già adesso molto favorevole anche rispetto ad altri paesi europei. Sottolinea che le norme relative all'emersione di attività detenute all'estero da soggetti fiscalmente residenti in Italia sostanzialmente introducono un condono fiscale di una portata senza precedenti, posto che comportano la preclusione di ogni accertamento fiscale e contributivo da parte dell'amministrazione finanziaria, paventando il rischio che questo scudo fiscale possa essere utilizzato anche con riferimento a redditi conseguiti in modo illecito. Evidenziato, quindi, che nel provvedimento si configura una sorta di amnistia generale con riferimento ai trasferimenti di capitali effettuati negli ultimi 5 anni (per gli anni precedenti è già intervenuta la prescrizione) e ricordato che su tale tema è già intervenuto il Presidente della Repubblica, si chiede se l'insieme di tali interventi non finisca per rappresentare piuttosto un incentivo alla futura evasione.
Osserva inoltre che la generalizzazione dell'esenzione per tutti i soggetti residenti all'estero - con la sola esclusione di quelli residenti nei paesi con regimi fiscali privilegiati - potrebbe determinare un effetto contrario a quello che si dichiara di voler conseguire, nel senso che potrebbe risultare più conveniente investire in paesi come il Lussemburgo o l'Irlanda, piuttosto che l'Italia; sottolinea, infine, che la convenienza di tale regime per le banche che hanno investito all'estero o per i fondi che hanno rete di vendita di Italia e sede in Lussemburgo e la possibilità che esso favorisca elusioni da parte di capitali depositati in paesi inseriti nella black list attraverso il transito in paesi per i quali l'esenzione è riconosciuta, pongono ancora
Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, evidenziati i possibili effetti negativi sul fabbisogno di cassa per l'esercizio in corso determinati dallo slittamento dei termini di pagamento previsto dall'articolo 3 e la perdita di gettito derivante dall'abrogazione dell'istituto dell'equalizzatore, sottolinea la necessità di una maggiore affidabilità nei calcoli e nelle grandezze che si assumono a base delle quantificazioni e delle coperture da parte del Governo, ritenendo inaccettabili valutazioni che, poggiando sull'inevitabile opinabilità di stime e previsioni, finiscono per essere eccessivamente aleatorie ed indeterminate. Pertanto, evidenziata la mancata valutazione degli effetti della diminuzione dei tassi di interessi e giudicando del tutto aleatorie le previsioni del Governo circa la consistenza complessiva del fenomeno - stante la poca prevedibilità dei comportamenti in questo campo e la molteplicità dei fattori cui fare riferimento - considera poco credibile la valutazione secondo cui il rientro di capitali favorito dal provvedimento comporterebbe un risparmio di spesa per interessi pari a 800 miliardi annui.
Esprime perplessità, infine, anche dal punto di vista della compatibilità comunitaria, in ordine alle operazioni di cartolarizzazione di entrate correnti, quali i flussi relativi al lotto e alle lotterie, di ammontare peraltro piuttosto consistente.
«Premesso che:
le dichiarazioni rese nella seduta svoltasi in data odierna dal rappresentante del Governo, apportando elementi di chiarimento e di informazione che risultano tali da consolidare le ipotesi e gli assunti esposti nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, consentono di ritenere fondate ed attendibili le previsioni di maggiori entrata derivanti dall'attuazione del provvedimento medesimo;
la misura delle entrate in questione risulta in particolare tale da ascrivere al decreto-legge in titolo effetti finanziari netti di segno positivo;
alla luce di tali considerazioni, non risulta necessario prevedere nel testo una disposizione di copertura quale quella recata dall'articolo 26, che appare anzi opportuno sopprimere in assenza di oneri a carico del bilancio dello Stato;
a tal fine è peraltro necessario che il Governo, in coerenza con l'impegno assunto dal rappresentante del Governo nella seduta odierna, proceda ad una riallocazione contabile della posta relativa alle maggiori entrate derivanti dall'attuazione del decreto-legge nel quadro di sintesi contenuto nell'allegato 8 alla relazione del disegno di legge finanziaria per l'anno 2002 e ad una conseguente rettifica, nel rispetto della vigente disciplina contabile, del prospetto di copertura degli oneri correnti derivanti dalla legge finanziaria medesima;
le entrate in questione risultano infatti attualmente classificate nel citato allegato 8 come entrate di conto capitale, ciò che non consentirebbe di porle a compensazione delle minori entrate correnti derivanti dall'attuazione del provvedimento in esame; esse rivestono invece natura di entrate correnti, da ascrivere in particolare al titolo II dell'entrata (entrate extra tributarie), ciò che ne impone la ricollocazione contabile sopra ricordata;
si esprime
e con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
sia soppresso l'articolo 26».