Allegato B
Seduta n. 684 del 6/10/2005


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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 4 ottobre 2005, a Roma, intorno alle ore 17,00 nei pressi di Palazzo Chigi, i dipendenti del gruppo FinmeK, provenienti dai diversi stabilimenti nazionali di questa azienda, primo produttore di schede elettroniche in Italia, mentre stavano pacificamente protestando contro la paventata chiusura della loro fabbrica e la mancata corresponsione di diverse mensilità arretrate, sono stati ripetutamente e violentemente caricati dalla polizia;
a giudizio dell'interrogante risulta inaccettabile il comportamento delle forze dell'ordine, che hanno caricato a manganellate i lavoratori, procurando ad alcuni di essi seri traumi che ne hanno richiesto il ricovero in ospedale, tra l'altro dopo gravi ritardi nelle operazioni di soccorso;
a parere dell'interrogante, non c'è alcuna giustificazione possibile di fronte a questo episodio, che si è consumato sulla pelle di lavoratrici e lavoratori che hanno la sola colpa di subire le conseguenze di errate strategie aziendali e dell'irresponsabilità di quanti, anche a livello governativo, da mesi sono incapaci di trovare soluzioni adeguate, in grado di garantire stipendi e continuità produttiva -:
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno intervenire nel merito del grave episodio riferito al fine di far piena luce su quanto accaduto;
quali iniziative urgenti di carattere preventivo lo stesso Ministro intenda adottare affinché non abbiano più a ripetersi episodi analoghi a quelli evidenziati in premessa;
se i Ministri in indirizzo, ciascuno per le loro rispettive competenze non ritengano urgente ed improcrastinabile un intervento immediato e diretto del Governo e della Presidenza del Consiglio sulla grave vertenza Finmek, per assicurare e garantire la sopravvivenza dei suoi stabilimenti, ricchi di enormi risorse professionali e tecnologiche nel campo delle telecomunicazioni, per salvaguardare una tra le più importanti realtà produttive del Paese, fortemente radicata anche in un mezzogiorno alle prese con una grave crisi economica e occupazionale.
(4-17175)

ROSATO e DAMIANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 15 dicembre 1999, n. 482 stabilisce la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana tutelando altresì le lingue e le culture delle minoranze linguistiche storiche presenti nel nostro Paese in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione;
nel riportare nomi o cognomi stranieri su atti anagrafici o di stato civile continuiamo ad assistere però, da parte di


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alcune amministrazioni statali, ad una riduzione alla grafia italiana anche con modifiche sostanziali;
vi è quindi un costante processo di italianizzazione forzata dei cognomi in piena violazione della suddetta legge, come verificatosi nel recente caso di Willy Vörus, cittadino residente in provincia di Trieste che si è visto modificare il cognome sul codice fiscale in «Voerus»;
il decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito in legge 17 marzo 1993, n. 63 e il DPCM 5 maggio 1994, prevedono l'inserimento del codice fiscale nelle anagrafi comunali quale chiave identificativa dei soggetti per lo scambio di dati nei rapporti tra le Pubbliche Amministrazioni e il comune ha l'obbligo di verificare e certificare che i dati anagrafici in suo possesso corrispondano a quelli dell'Agenzia delle Entrate che ha rilasciato il codice fiscale;
nel caso citato si è creata quindi una discrepanza tra da una parte gli atti dell'anagrafe comunale dove già da tempo vengono usati anche i segni aggiuntivi previsti in alfabeti diversi da quello italiano e dove il cittadino è correttamente registrato come Vörus, dall'altra quelli dell'Agenzia delle Entrate che, nell'emissione del codice fiscale in oggetto, non prevedono ancora la possibilità di tali segni aggiuntivi e che quindi modificano il cognome italianizzandolo;
già in data 28 luglio 2004, il sottoscritto ha posto questo analogo problema nell'interrogazione n. 4-10610 sull'esatta grafia dei cognomi sloveni nel Friuli-Venezia Giulia, alla quale il sottosegretario D'Alì rispondeva che il programma informatico elaborato per la predisposizione dei decreti di concessione della cittadinanza italiana non consente al momento l'inserimento di segni aggiuntivi;
l'errata grafia viola non soltanto le leggi sopraccitate, ma anche la Convenzione europea sulla tutela delle minoranze ratificata dal Parlamento italiano che sancisce espressamente il diritto ad avere i nomi ed i cognomi esattamente riportati nella grafia della propria lingua madre;
se si dovesse verificare inoltre un controllo incrociato da parte delle Autorità sull'interessato, oltre a non avere nome e cognome riportati correttamente come da legge, per la stessa persona risulterebbero due diversi nomi, con tutto ciò che consegue dal punto di vista giuridico e amministrativo -:
se il Ministro ritenga di porre rimedio a tali gravi discrepanze predisponendo un programma informatico adeguato fornito di segni aggiuntivi previsti in alfabeti diversi da quello italiano, garantendo il diritto di ogni cittadino ad avere il proprio nome e cognome scritti o stampati in forma corretta come previsto dalla legge.
(4-17179)

VOLONTÈ, DI GIANDOMENICO e FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa siciliana ha dato nei giorni scorsi particolare risalto ad una decisione giudiziaria che ha visto coinvolto il sindaco del comune di Adrano;
già sindaco di Adrano dal 2000, Fabio Mancuso è stato eletto deputato all'assemblea regionale siciliana nel 2001, ed è stato riconfermato Primo cittadino del suo comune nella primavera di quest'anno;
alcuni elettori hanno proposto ricorso davanti al tribunale civile di Catania, sollevando il problema della compatibilità dell'ufficio di sindaco con la carica di deputato regionale ricoperta dal Mancuso;
con dispositivo letto all'udienza del 30 settembre 2005 il tribunale di Catania ha accolto il ricorso, ritenendo la supposta incompatibilità, e ha dichiarato il Mancuso decaduto dalla carica di sindaco;
nell'attesa di conoscere le motivazioni della decisione, si profila per l'intanto il problema di assicurare la necessaria certezza del quadro normativo al fine di consentire all'amministrazione comunale


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di Adrano di lavorare con serenità ed efficienza nel perseguimento del programma sancito dal voto popolare lo scorso maggio con un largo consenso;
infatti, l'articolo 84, ultimo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, come modificato dall'articolo, 4 della legge n. 1147 del 1966, stabilisce che le decisioni del tribunale civile restano sospese in pendenza dell'appello. In applicazione di tale disposizione, pertanto, solo la sentenza di secondo grado potrebbe condurre all'effettiva sospensione del Mancuso dall'ufficio di sindaco attualmente ricoperto. Del resto, nel necessario bilanciamento tra i valori coinvolti, di fronte all'esigenza di assicurare tutela ai diritti dell'eletto e, contemporaneamente, a quella di non esporre l'amministrazione al rischio di repentini e continui cambiamenti di guida - atteso anche che un eventuale Commissario straordinario dovrebbe per prima sua attività predisporre il necessario per nuove elezioni del sindaco e dell'intero consiglio - l'ordinamento fa correttamente prevalere considerazioni di opportunità che inducono a rinviare l'esecutività della sentenza al momento dell'accertamento giudiziario condiviso almeno dal giudice di appello;
nel merito sembrerebbe che l'ordinamento regionale siciliano - così come indicato sul punto dall'articolo 13, legge regionale Sicilia n. 19 del 1997 e dall'articolo 1 della legge regionale Sicilia n. 16 del 2004 - non ponga alcuna condizione di incompatibilità tra i deputati regionali ed i sindaci dei comuni inferiori a 40.000 abitanti, come nel caso, appunto, del comune di Adrano;
il caso, infine, non è di poco rilievo giacché circa una decina di deputati all'assemblea regionale siciliana versano nelle medesime condizioni del Mancuso -:
se il ministero dell'interno sia a conoscenza di tale vicenda;
se è convinzione del ministero che l'articolo 84, testo unico n. 570 del 1960, così come modificato dalla legge n. 1147 del 1966, sia tuttora applicabile e riguardi anche la figura del sindaco eletto direttamente, ai sensi della legge n. 81 del 1993, poi rifusa nel testo unico n. 267 del 2000, e nelle corrispondenti discipline di fonte regionale, come nel caso della Sicilia;
se il ministero intenda dare indicazioni ed orientamenti a tutti gli enti locali circa la corretta applicazione delle norme che concernono la materia in questione.
(4-17182)

SGOBIO, GALANTE e BELLILLO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della campagna denominata «Strade Sicure» la Provincia di Grosseto nei mesi estivi ha approvato una delibera in forza della quale ha affidato ad una ditta privata, il servizio che consente di rilevare gli eccessi di velocità sulle strade, cosiddetti autovelox, e di contravvenzionare senza la immediata contestazione dell'infrazione;
tale esternalizzazione prevede che il soggetto privato in questione venga remunerato esclusivamente introitando il 24 per cento dei proventi derivanti dalle sanzioni. È dunque lecito pensare che la società sia assolutamente e legittimamente interessata affinché il totale dei proventi sia il più alto possibile;
in poco più di un mese sono state elevate dai dispositivi di rilevazione autovelox gestiti dalla ditta e dislocati in vari punti sensibili del territorio grossetano circa 10.000 multe, a fronte di un numero sensibilmente più basso, circa 900, di infrazioni di diversa natura (eccesso di velocità, guida in stato di ebbrezza, mancato uso di cinture di sicurezza, uso di cellulare alla guida, eccetera) rilevate sempre nell'ambito dell'operazione «Strade Sicure» dalla stessa polizia stradale, sullo stesso territorio ma in un periodo di gran lunga superiore pari a due mesi;


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secondo l'interrogante, nella fattispecie l'iniziativa della Provincia di Grosseto alimenterebbe dei sospetti circa le sue reali finalità repressive, tesa, come sembrerebbe, a far cassa e per di più messa in atto con premeditazione. La prova di quanto affermato infatti la fornisce la stessa maggioranza nella relazione di accompagnamento al bilancio dove prevede il raddoppio delle entrate per le multe, passando da 270 mila euro già previsti per il 2005 a 550 mila euro dopo aver deciso l'impiego dell'autovelox;
con l'entrata in vigore dell'articolo 4 comma 2 della legge 1o agosto 2002 n. 168, recante «Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza della circolazione stradale» è stato registrato un frequente ricorso da parte delle amministrazioni locali all'installazione ed all'utilizzo di autovelox nell'ambito del proprio territorio;
l'utilizzo di tale dispositivo ha da subito suscitato polemiche e proteste da parte dei cittadini-utenti della strada e delle associazioni di consumatori e ne sono scaturiti numerosi ricorsi giurisdizionali;
in alcuni territori comunali e provinciali del nostro paese, nel giro di pochi chilometri di strada, sono posizionati più strumenti di accertamento della velocità e tra i cittadini si fa strada, sempre più spesso, il sospetto che le amministrazioni locali utilizzino gli autovelox non per un reale controllo del traffico e per la prevenzione degli incidenti, bensì per rimpinguare le casse;
la Corte di Cassazione, con sentenza 3017/04, ha stabilito che la mancata contestazione immediata della violazione in caso di eccesso di velocità non necessita di particolare motivazione nel caso che l'apparecchio non consenta la rilevazione dell'illecito prima del transito del veicolo;
quanto alla consuetudine di posizionare, incustodite, le apparecchiature ed omettere la contestazione, in queste fattispecie, la Cassazione, con la sentenza 7 novembre 2003 n. 16713, ha stabilito che la prassi degli organi di polizia di rilevare le infrazioni a mezzo dei misuratori autovelox messi in funzione e poi lasciati privi della presenza degli agenti, costituisce una deprecabile e illegittima condotta, perché in contrasto con la previsione dell'articolo 345 comma 4 del regolamento di esecuzione del Codice della Strada, secondo il quale l'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità deve essere eseguito attraverso la «gestione diretta» delle apparecchiature da parte degli organi di polizia, precisando tuttavia che la contestazione specifica non può essere svolta senza la querela di falso del verbale che attesti il suo contrario;
il tratto di strada sul quale i dispositivi possono essere collocati, deve manifestare un elevato tasso di incidentalità ed una conformazione plano-altimetrica, per la quale appare impossibile o particolarmente difficoltosa l'applicazione degli ordinari moduli operativi che prevedono il fermo del veicolo del trasgressore e l'immediata contestazione della violazione;
inoltre, sempre secondo la previsione normativa, l'impiego delle tecnologie di controllo del traffico è giustificato solo dalla gravità del fenomeno infortunistico rilevato sul tratto di strada, riconducibile nelle sue cause a quei comportamenti per i quali è possibile l'utilizzo dei citati dispositivi e mezzi tecnici di controllo, cioè l'eccesso di velocità e la violazione delle norme sul sorpasso;
per quanto concerne il corretto uso e la «redditività» è da rilevare che sono state stimolate a farne ricorso anche quelle amministrazioni di piccole e medie dimensioni che non hanno una forza organica di polizia municipale sufficiente a coprire gli ordinari servizi di polizia stradale sul territorio;
la Corte dei conti con riferimento alla possibile responsabilità patrimoniale correlata all'attività di accertamento di violazioni in materia di codice della strada ha emanato la sentenza n. 70 del 26 febbraio 2002 (sez. Centrale) con la quale è stata


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messa in discussione la legittimità della procedura che prevede «l'esternalizzazione» del servizio «autovelox»;
numerose associazioni dei consumatori e riviste specializzate di automercato hanno denunciato l'anomalo utilizzo degli autovelox destinati troppo spesso «a fare cassa» in dispregio della interpretazione autentica delle relative norme varate -:
se alla luce di quanto sopra evidenziato, non ritenga opportuno adottare iniziative, quale normativa, volte ad impedire agli enti locali l'utilizzo degli strumenti previsti dal codice della strada al solo scopo di «fare cassa»;
se non ritenga che gli enti locali amministrando l'uso dell'autovelox debbano privilegiare l'educazione dell'automobilista, utilizzando personale esperto e specializzato e dimostrando indifferenza agli introiti da qui provenienti.
(4-17188)

LUMIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 22 maggio 2005, nell'ambito di un'inchiesta denominata «colletti bianchi», sono stati emessi provvedimenti di custodia cautelare dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Patti, eseguiti dai militari dell'Arma, tra gli altri, nei confronti del sindaco del Comune di Galati Mamertino (Messina), Giuseppe Ianni, del maresciallo Antonio Zurdi, comandante della locale stazione dei carabinieri e dell'ingegner Carmelo Paratore, responsabile dei servizi tecnici di quel comune, con l'accusa di aver costituito, agendo con abuso dei poteri loro concessi ed in violazione dei doveri inerenti alle pubbliche funzioni rispettivamente esercitate, un'associazione per delinquere finalizzata alla gestione degli appalti, abusi e falsità in atti. Secondo l'accusa, i tre suddetti indagati stavano preparandosi a controllare l'affidamento degli appalti per la realizzazione di alcune opere pubbliche, nel corso di quest'anno, per un valore stimato in 10 milioni di euro circa: il sindaco ed il capo dei servizi tecnici garantendo, in cambio presumibilmente di tangenti, ad imprenditori «amici» la vincita delle gare d'appalto ed il comandante della stazione dei carabinieri l'impunità, non accertando eventuali denuncie, e magari falsificando rapporti di servizio al fine di «alleggerire» la posizione dei denunciati come si deduce da intercettazioni ambientali esibite dagli inquirenti ed acquisite agli atti dell'inchiesta;
in particolare, suscita viva preoccupazione il coinvolgimento nell'inchiesta dell'ingegner Paratore, in quanto il suddetto è stato responsabile degli uffici tecnici in parecchi comuni della provincia: di ruolo, come per oltre un decennio nel comune di Naso, o a scavalco -:
se, sulla base di queste considerazioni, non si ritenga di predisporre le opportune iniziative presso tutte le amministrazioni in cui il suddetto tecnico ha prestato servizio al fine di accertare e anche in quelle siano stati perpetrati abusi, illegalità e fattispecie delittuose del tipo di quelle per cui è stato denunciato nell'inchiesta in oggetto;
se non si ritenga di attivare le procedure previste dal testo unico sugli enti locali, affinché sia possibile favorire la ripresa per quanto possibile normale della vita amministrativa del Comune di Galati Mamertino.
(4-17189)

LOLLI, CIALENTE, CRISCI, MARIOTTI, BORRELLI, RUSSO SPENA, CHIANALE, ANNUNZIATA e MAURA COSSUTTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 4 ottobre 2005 si è svolta a Roma una manifestazione sindacale di protesta dei dipendenti del gruppo Finmek, azienda che conta in Italia oltre 3.000 dipendenti;
il gruppo Finmek è ormai tutto ciò che rimane dell'industria manifatturiera dell'elettronica per le TLC in Italia;
con il fallimento del gruppo l'Italia perderebbe definitivamente la propria presenza in un settore strategico, con il paradosso


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di essere contemporaneamente il paese con il consumo individuale più intenso di prodotti legati alle TLC risultando quindi uno dei mercati più ricchi;
al di là delle considerazioni di politica economica ed industriale del sistema paese, occorre tenere conto e comprendere il dramma sociale di tremila famiglie, la maggior parte delle quali residenti nel mezzogiorno d'Italia;
la gran parte di questi lavoratori non percepiscono né stipendio né cassa integrazione da oltre quattro mesi;
di fronte all'ennesima risposta evasiva e di fronte all'evidente assenza di una qualsiasi strategia industriale nel settore da parte del Governo, i lavoratori hanno manifestato la loro condivisibile protesta e disperazione;
in un momento di tensione di fronte a Palazzo Chigi, comunque assolutamente contenuta e senza alcun rischio reale per l'ordine pubblico, le forze dell'ordine hanno caricato alcuni lavoratori, per lo più donne, provocando il ferimento di due persone per le quali si è reso necessario il ricovero in ospedale;
di quanto è accaduto e soprattutto della eccessiva risposta delle forze dell'ordine è stato dato ampio risalto dai mezzi di informazione televisiva e della carta stampata -:
se il Ministro è stato informato di quanto accaduto;
poiché purtroppo è prevedibile che, di fronte alla drammaticità della crisi economica ed alle ripercussioni occupazionali, ci saranno altre manifestazioni di protesta sindacale, quali direttive il Ministro dell'interno intenda impartire alle forze dell'ordine affinché si evitino interventi inutilmente violenti, quale quello verificatosi il 4 ottobre, utili solo ad alimentare ancor più pericolosamente tensioni fra le lavoratrici e i lavoratori che, ormai disperatamente, difendono i loro diritti ed il futuro delle loro famiglie.
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