Allegato B
Seduta n. 33 del 19/9/2001


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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

BRIGUGLIO, ARRIGHI, BELLOTTI, CIRIELLI, LEO, MESSA e PAOLONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta che nelle nomine alla qualifica di dirigente generale dell'Amministrazione Penitenziaria effettuate durante il precedente Governo non si è proceduto, come dovuto, ad una valutazione comparativa di tutti i dirigenti, «con almeno un quinquennio nelle funzioni dirigenziali» aspiranti a tale qualifica, né risulta che siano stati forniti prima della decisione le schede contenenti il curriculum vitae dei singoli dirigenti e anzi quelle dei promossi pare siano stati acquisiti successivamente dal governo Amato addirittura nei suoi ultimi giorni di vita;
in questo atto estremamente importante, quale la preposizione ai vertici dell'organizzazione di dirigenti amministrativi, non siano stati fissati, né i criteri, né le caratteristiche delle professionalità da reperire e quindi da ricercare nelle valutazioni dei candidati, ma ha proceduto ad libitum, in contrasto con le norme, chiare, precise e tassative le quali dispongono che occorre «tenere conto della professionalità maturata nello specifico settore ...» (articolo 4, comma 2 del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146);
dal disposto della citata norma ne discende che la pubblica amministrazione è vincolata nel suo potere discrezionale di scelta al requisito della professionalità, già acquisita in campo, che si documenta negli atti, nei provvedimenti, nella gestione materiale degli uffici di dirigenza generale che si intendono ricoprire, e non in una mera e ipotetica o potenziale professionalità da parte dei candidati tanto che, diversamente, il legislatore non avrebbe adoperato i termini «professionalità maturata nello specifica settore";
è ancora più chiaro il primo comma dell'articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, che fa riferimento ai risultati conseguiti in precedenza, nonché il sesto comma dello stesso articolo 19 il quale fa riferimento a «esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali o che abbiano conseguito una specializzazione professionale, culturale, scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da pubblicazioni scientifiche, o da concrete esperienze di lavoro...»;
il combinato disposto delle citate norme è tassativo: per la nomina a dirigente generale nella pubblica amministrazione, bisogna aver acquisito una concreta professionalità, materialmente documentata dagli stessi provveditori che hanno creato, organizzato, avviato e diretto questi uffici regionali, previsti con legge n. 395 del 1990, prima di dirigenza superiore ora di dirigenza generale;
invece quanto chiarito, precisato, disposto dalle norme è stato contraddetto dalle citate nomine;
dall'esame dei nominativi dei dirigenti si rileva infatti che parecchi dirigenti generali nuovi, non avevano, né hanno a tutt'oggi, la prescritta «esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali», prevista dal citato comma 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 29 del 1993;
l'eventuale richiamo alla vigenza dell'articolo 40 della legge n. 395 del 1990, al momento delle promozioni, non calza quindi, in quanto la norma speciale, prevista dal citato comma 2 dell'articolo 4 del


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decreto legislativo n. 146 del 2000, fa preciso e tassativo riferimento al decreto legislativo n. 29 del 1993 e decreto legislativo n. 300 del 1999 e pertanto costituisce legge speciale non soggetta ad interpretazioni estensive di sorta;
pertanto i provvedimenti di promozione in questione, risultano palesemente illogici, contraddittori e iniqui: questi funzionari privi della benché minima esperienza professionale nello specifico settore andranno ad assolvere proprio quelle funzioni, che altri dirigenti pretermessi hanno esercitato addirittura da decenni, conseguendo risultati positivi;
tra gli esclusi ad esempio risultano il dottor Veschi che ha diretto il provveditorato del Lazio per quasi un decennio, il dottor Gasparo che ha diretto il provveditorato di Pescara, il dottor Cesari che ha curato l'apertura dei provveditorati, dell'Emilia Romagna e delle Marche dirigendoli contemporaneamente per tre anni, oltre alla contestuale reggenza per nove mesi del provveditorato di Padova, nonché il dottor Faramo già vice direttore dell'ufficio del personale, ha diretto per quasi un decennio il provveditorato di Padova;
è stato accertato che in capo ad alcuni dei dirigenti promossi sussistono condanne penali talune passate in giudicato, per cui avendo l'articolo 1-bis della legge 27 marzo 2001 n. 97 rispristinato l'efficacia del giudicato penale di condanna in ordine alla responsabilità disciplinare, si determina di conseguenza una sospensione di ogni procedimento amministrativo e soprattutto delle promozioni, prima che il giudizio penale sia divenuto definitivo, come già era nell'articolo 3 del precedente codice di procedura penale;
di contro sono stati promossi questi funzionari, posti addirittura ai vertici amministrativi e con le conseguenti responsabilità di alta direzione dell'attivita amministrativa e quel che è peggio, sono stati esclusi altri dirigenti più anziani, professionalmente preparati immuni da procedimenti penali e disciplinari, che hanno acquisito meriti in servizio e in possesso di requisiti professionali, culturali significativi quali docenze universitarie ovvero l'avvio al funzionamento e la decennale reggenza propria di quegli uffici, ora elevati al rango di dirigenza generale;
appare pertanto opportuno procedere all'annullamento di tali nomine illegittime e procedere ad una nuova valutazione di tutti i dirigenti, sulla base dei criteri oggettivi, dei meriti acquisiti sul campo e dei vincoli imposti dalle norme, e non in base all'appartenenza politica o quel che è peggio a consorterie -:
se non intenda assumere, con urgenza, le iniziative necessarie perché siano annullati i provvedimenti di nomina dei dirigenti generali dell'Amministrazione penitenziaria viziati da palese illegittimità per i motivi sopra esposti.
(3-00230)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIUDICE, MORMINO, FALLICA e CAMMARATA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 30 gennaio 2001 é stata approvata all'unanimità dalla Commissione giustizia del Senato in sede deliberante la legge n. 48 del 2001 relativa all'aumento del ruolo organico ed alla disciplina dell'accesso in magistratura;
l'articolo 20 di detta legge deroga quanto previsto dall'articolo 7 legge 21 novembre 1991 n. 374, stabilendo che il magistrato onorario, il quale, dopo essere stato confermato esercita le funzioni di giudice di pace, può essere ulteriormente confermato per un periodo di altri due anni dopo il termine previsto;
l'articolo 7 legge n. 374 del 1991 stabiliva:
a) il magistrato onorario dura in carica quattro anni e, al termine, può essere confermato una sola volta per un uguale periodo (comma primo);


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b) l'esercizio delle funzioni di giudice di pace non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età (comma primo);
fermo restando il limite di età, non è consentita una ulteriore nomina, se non decorsi quattro anni dalla cessazione del precedente incarico (comma secondo);
dopo due periodi di quattro anni i giudici di pace hanno acquisito un'indiscussa esperienza, motivo che ha indotto il legislatore a prolungare per altri due anni il secondo periodo di esercizio delle funzioni di giudice di pace, appare logico ed opportuno, date le attuali contingenze di addestramento dei nuovi elementi, che la deroga dei due anni in più di cui all'articolo 20 si ritiene logicamente riferita oltre che ai quattro anni anche ai settantacinque anni, basandola principalmente su una maggiore conveniente esperienza e saggezza degli interessati -:
se l'articolo 20 legge n. 48 del 2001 deroghi anche il limite di età previsto nel comma 2 dell'articolo 7 ovvero deroghi solo quanto stabilito nel comma primo relativo alla durata ed alla ulteriore conferma dell'incarico del giudice onorario;
nella pratica, un magistrato onorario che termini l'esercizio del suo incarico all'età di settantacinque anni, possa essere ulteriormente confermato superando così nell'esercizio delle sue funzioni, il limite massimo di età stabilito nell'articolo 7 legge n. 374 del 1991 ma non escluso nell'articolo 20 legge 48 del 2001.
(4-00724)

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 10 luglio 2001 il procuratore generale ed il presidente della Corte di appello del distretto di Ancona hanno ordinato la defissione immediata di tutti i manifesti della Rdb riguardanti lo svolgimento del G8 a Genova dagli uffici del Palazzo di Giustizia di Ancona;
ad opinione di procuratore e presidente questi manifesti andavano staccati perché «l'affissione non è stata autorizzata dai capi degli uffici e riguarda temi estranei all'amministrazione di giustizia; viene, quindi, ordinata la defissione dei manifesti sindacali in base al loro contenuto»;
l'11 luglio, con comunicazione scritta, il dirigente del signor Curcetti chiedeva al medesimo di effettuare la rimozione dei manifesti in qualità di Ausiliario A1;
il signor Curcetti ha eseguito l'ordine impartitogli, nonostante egli fosse anche l'esecutore materiale dell'affissione in quanto dirigente sindacale delle Rdb del pubblico impiego;
il 30 luglio viene notificato al signor Curcetti un procedimento disciplinare per comportamento illecito «per essersi ripetutamente rifiutato di dare esecuzione all'ordine di servizio che disponeva la rimozione di manifesti - affissi dallo stesso, senza alcuna autorizzazione, nell'area di pertinenza del tribunale - relativi a materia estranea all'amministrazione della giustizia richiedendo che l'ordine fosse rinnovato per iscritto e rifiutandosi, dopo averli rimossi a seguito di formale ordine scritto in cui erano specificati i tempi e le modalità di esecuzione, di consegnarli al dirigente dell'ufficio»;
secondo l'interrogante, tenendo conto del fatto che il signor Curcetti è un dirigente sindacale, è ravvisabile nella vicenda una violazione dell'articolo 18, comma 6 del contratto collettivo nazionale di lavoro che recita «I dirigenti sindacali, nell'esercizio delle loro funzioni, non sono soggetti alla subordinazione gerarchica prevista da leggi e regolamenti» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti, se ritenga legittima l'apertura del procedimento disciplinare nei confronti del signor Curcetti e quali eventuali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-00729)