TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 374 di Giovedì 16 ottobre 2003

INTERPELLANZE URGENTI

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi tre Ministri del Governo in carica, Frattini, La Loggia e Lunardi, si sono recati in Alto Adige e hanno rilasciato, ad avviso degli interpellanti, dichiarazioni piuttosto preoccupanti;
in particolare, in questa sede ci riferiamo a quelle espresse dal Ministro Enrico La Loggia, ampiamente riportate dalla stampa locale, in riferimento ai nomi non italiani dei partiti;
il Ministro avrebbe testualmente dichiarato: «Non ho mai accettato che in Italia un partito avesse un nome tedesco»;
la Südtiroler Volkspartei è stata fondata nel 1945 e dal 1948 si è presentata, sotto il predetto nome, alle elezioni comunali, regionali, politiche ed europee, senza che vi fossero contestazioni in merito;
inoltre, ai sensi dell'articolo 99 dello statuto di autonomia, la lingua tedesca è parificata a quella italiana e può essere usata quale lingua ufficiale anche disgiuntamente dall'italiano;
è noto che il testo della nostra Costituzione, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, all'articolo 116, contiene ben due nomi non italiani: Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste -:
se il Governo non ritenga di dover chiarire la sua posizione riguardo alla dichiarazione espressa da uno dei suoi Ministri e se non la ritenga di particolare gravità, vista la specificità dell'autonomia della provincia autonoma di Bolzano/Südtirol, nonché di scarsa considerazione nei confronti delle minoranze linguistiche.
(2-00918) «Brugger, Zeller, Widmann, Detomas, Collè, Bressa, Boato, Annunziata, Banti, Benvenuto, Gerardo Bianco, Bimbi, Boccia, Bottino, Calzolaio, Camo, Carboni, Cardinale, Colasio, Maura Cossutta, Di Serio D'Antona, Franceschini, Frigato, Giacco, Grandi, Grignaffini, Iannuzzi, Innocenti, Kessler, Ladu, Leoni, Lusetti, Magnolfi, Marcora, Marone, Martella, Melandri, Minniti, Mosella, Mussi, Olivieri, Pasetto, Petrella, Pinza, Pisa, Pistelli, Realacci, Rodeghiero, Rognoni, Ruzzante, Soro, Stucchi, Tocci, Violante, Visco, Zanotti, Acquarone, Enzo Bianco, Cabras, Caldarola, Carli, Carra, Ciani, Giulietti, Lettieri, Maccanico, Mantini, Mantovani, Mascia, Mazzuca Poggiolini, Micheli, Nigra, Panattoni, Pisicchio, Rocchi».
(8 ottobre 2003)

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il 2 luglio 2003, in sede di presentazione al Parlamento europeo del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea, il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, aveva annunciato di voler portare all'Onu una proposta di moratoria delle esecuzioni capitali;
il 29 luglio 2003 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità tre mozioni sostenute da esponenti di tutti i gruppi politici, il cui dispositivo, in base alla riformulazione proposta all'assemblea dal Ministro interpellato ed accettata dai primi firmatari, gli onorevoli Biondi, Violante e Ronchi, impegnava il Governo a «proseguire in tutti i fori multilaterali, inclusa l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, l'azione già svolta dall'Italia di concerto con i partner europei per favorire la presentazione di una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali»;
il 4 settembre 2003 il Parlamento europeo ha «invitato la presidenza italiana a concretizzare il suo impegno a far adottare una moratoria universale sulle esecuzioni capitali durante la prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite»;
il 25 settembre 2003 il Senato della Repubblica ha approvato una mozione, primo firmatario Pianetta, che impegnava il Governo «a continuare ad adoperarsi, già nel prossimo Consiglio affari generali dell'Unione europea del 29/30 settembre ed in ogni altra utile occasione, per la presentazione da parte dell'Unione europea all'Assemblea generale delle Nazioni Unite in corso di una risoluzione per la moratoria universale sulle esecuzioni capitali»;
in sede di discussione al Senato della Repubblica della mozione di cui sopra, il Governo, rappresentato in aula dal Sottosegretario per gli affari esteri, senatore Alfredo Luigi Mantica, nel chiedere all'aula di sostenere una sua proposta di dispositivo, ebbe a dichiarare: «dopo il 29 ed il 30 settembre 2003 (giorni della riunione a Bruxelles del Consiglio affari generali dell'Unione europea, con all'ordine del giorno la proposta italiana di moratoria Onu delle esecuzioni) il Parlamento può chiamare, quando vuole, il Governo a riferire sull'andamento dei lavori e a discutere» -:
quali siano le conclusioni del Consiglio affari generali dell'Unione europea del 29/30 settembre 2003 relativamente al punto «moratoria Onu delle esecuzioni», quali siano state le posizioni espresse dai partner europei e quali siano le iniziative che dopo quella riunione il Governo italiano abbia inteso o intenda intraprendere in ordine alla presentazione di una risoluzione pro moratoria in seno all'Assemblea generale dell'Onu che è in corso.
(2-00917) «Buemi, Acquarone, Albertini, Baldi, Bellillo, Giovanni Bianchi, Enzo Bianco, Biondi, Boato, Bova, Brugger, Buglio, Bulgarelli, Cabras, Caldarola, Carli, Carra, Cento, Ceremigna, Chianale, Ciani, Cossa, Cossiga, Damiani, Deiana, Duilio, Fanfani, Fistarol, Giachetti, Alfonso Gianni, Gironda Veraldi, Giulietti, Grillini, Letta, Lettieri, Loiero, Maccanico, Filippo Mancuso, Mantini, Mantovani, Marini, Mascia, Mazzuca Poggiolini, Meduri, Micheli, Molinari, Nigra, Panattoni, Papini, Pappaterra, Mario Pepe, Perlini, Pisapia, Pisicchio, Pittelli, Rivolta, Rocchi, Russo Spena, Spini, Valpiana, Villetti, Vitali, Widmann, Zanella, Zeller, Landi di Chiavenna».
(8 ottobre 2003)

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
in data 1o ottobre 2002 è apparsa sul quotidiano Il Resto del Carlino, nella cronaca di Bologna, un'intervista al dottor Alberto Palazzi Trivelli;
in particolare, egli riferisce che il noto terrorista venezuelano Carlos avrebbe dimorato nella città di Bologna, nello specifico «abitava in via del Pratello, l'ho visto qualche volta», ed avrebbe altresì frequentato «i circoli della sinistra»;
la presenza del terrorista Carlos sul territorio italiano sarebbe, altresì, suffragata da alcune dichiarazioni rilasciate in Commissione stragi;
se «l'indiscrezione» del dottor Trivelli corrispondesse al vero sarebbe quantomeno opportuno verificare se lo stesso Carlos abbia dimorato nella città di Bologna nel periodo buio delle stragi -:
se i servizi segreti italiani siano o fossero stati a conoscenza della permanenza del terrorista Carlos in Italia, nello specifico nella città di Bologna, e se non sia il caso di avviare un'inchiesta amministrativa in merito.
(2-00913) «Raisi, Saia, Airaghi, Anedda, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bornacin, Briguglio, Cannella, Carrara, Caruso, Castellani, Catanoso, Cirielli, Giorgio Conte, Giulio Conti, Coronella, Foti, Franz, Gamba, Ghiglia, Alberto Giorgetti, La Starza, Landi Di Chiavenna, Landolfi, Lisi, Lo Presti, Losurdo, Maceratini, Maggi, Malgieri, Mazzocchi, Menia, Migliori, Nespoli, Onnis, Patarino, Antonio Pepe, Porcu, Ronchi, Saglia, Scalia, Serena, Taglialatela, Villani Miglietta, Zacchera».
(1o ottobre 2003)

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'interno e della giustizia, per sapere - premesso che:
nella provincia di Caserta si registra, dopo un periodo di pax mafiosa, una grave escalation di omicidi, di attentati e di violenze camorristiche, che desta forte allarme sociale;
a Marcianise, città industriale divenuta famosa per il coprifuoco che il prefetto dovette disporre alcuni anni fa, la ripresa della faida tra i clan Belforte e Piccolo ha portato in venti giorni a ben quattro assassinii, l'ultimo quali è stato consumato il 3 ottobre 2003;
a Villa Literno, dove è in corso un conflitto tra i clan Tavoletta e Bidognetti, nella serata del 27 settembre 2003 ignoti killer di camorra hanno inseguito (fin dentro un'abitazione privata) alcuni giovani incensurati, apparentemente estranei ad ambienti malavitosi, ferendone tre e ammazzandone due, sotto gli occhi di inermi cittadini trovatisi in mezzo ad una sparatoria da far west;
anche a Mondragone, dove si è immediatamente riorganizzato un gruppo camorristico sulle ceneri del clan La Torre, si è registrata in questa estate una ripresa degli omicidi;
nella provincia di Caserta si sta manifestando nell'ultimo periodo una nuova esplosione di reati camorristici; dopo un periodo di tregua sono ripresi gli attentati contro attività economiche e commerciali (basti ricordare i numerosi incendi di aziende agricole nel periodo precedente l'estate 2003 e i continui attentati contro negozi di Mondragone e del litorale domizio, nonché contro cantieri fatti bersaglio delle attività estorsive dei clan in più parti della provincia);
i vari gruppi camorristici tentano di estendere sempre più il controllo del territorio, al fine di poter meglio mettere le mani sugli appalti pubblici e sui proventi degli investimenti collegati al quadro comunitario di sostegno, nonché sugli affari derivanti dal ciclo dei rifiuti solidi urbani e speciali;
è sensibile l'aumento di reati che non apparivano tipici della realtà casertana, quali lo spaccio di droghe anche sintetiche, che vedono da un lato un vero e proprio monopolio in alcune zone di clan di extracomunitari e dall'altro un sempre più massiccio intervento dei clan camorristici casalesi nelle vicende dello spaccio (reso evidente da provvedimenti emessi dalla magistratura). Emblematica è la vicenda del litorale domizio, dove mafie straniere e camorra esercitano in sinergia attività criminali (traffico e spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione) e il controllo del territorio, minando fortemente i diritti alla sicurezza dei cittadini;
la tracotanza dei clan camorristici si è manifestata anche nei confronti di magistrati impegnati in indagini sul casertano: l'autovettura blindata di un giudice per le indagini preliminari di un tribunale napoletano, recatosi ad effettuare interrogatori presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere, è stata prima sottratta e di lì a poco incendiata, a dimostrazione della natura intimidatoria dell'atto;
è noto che alcuni pubblici ministeri della procura distrettuale di Napoli sono oggetto di particolari attenzioni da parte di esponenti della criminalità organizzata casertana, tanto che sarebbero stati sventati attentati alle loro persone, grazie alle notizie ottenute da confidenti e collaboratori di giustizia;
nella provincia di Caserta opera un clan camorristico tra i più forti fra quelli operanti in Italia, denominato «clan dei casalesi», che, pur avendo la sua base operativa nei comuni dell'agro aversano, attraverso una fitta rete di contatti e di alleanze, controlla dal punto di vista criminale non solo l'intera provincia, ma anche non poche zone del basso Lazio e risulta significativamente infiltrato in Emilia Romagna, Toscana e Marche;
il predetto sodalizio è stato oggetto, in un passato anche recente, di colpi durissimi inferti da parte della magistratura e delle forze dell'ordine, che hanno visto l'arresto di centinaia di affiliati e, soprattutto, dei suoi più importanti esponenti, fra cui Schiavone Francesco, detto Sandokan, Schiavone Walter, Bidognetti Francesco, Cantiello Salvatore, Zagaria Vincenzo, Papa Giuseppe, Belforte Domenico, Belforte Salvatore, Esposito Mario, Russo Giuseppe e tanti altri;
anche in tempi recenti, sono stati conseguiti risultati di particolare significato, come, ad esempio, la scelta collaborativa di Augusto La Torre, capo indiscusso della compagine camorristica operante in Mondragone, ritenuto fino a poco tempo fa un vero e proprio irriducibile: scelta che è stata preceduta e seguita da alcune altre importanti defezioni nel medesimo clan, fra cui quella del suo vice ed alter ego Sperlongano Mario;
le opzioni collaborative citate hanno da un lato avuto l'effetto di disarticolare la struttura tradizionale del gruppo criminale di Mondragone e dall'altro di ottenere conseguenze sul piano investigativo di eccezionale rilevanza, quali il ritrovamento, ad oggi, di cinque cadaveri di soggetti ritenuti vittime di lupare bianche, fra cui quello dell'assessore comunale di Mondragone Antonio Nugnes; inoltre, le dichiarazioni fornite dai collaboratori permetteranno di far luce su alcuni dei più importanti fatti di sangue avvenuti in provincia di Caserta, quali la strage di Pescopagano, il duplice omicidio Beneduce-Miraglia e tanti altri gravi fatti;
i positivi risultati ottenuti dallo Stato a partire dalla metà degli anni novanta nella lotta contro la camorra corrono il rischio di essere dispersi a causa della riduzione delle forze dell'ordine impegnate nel casertano e del conseguente indebolimento del lavoro di intelligence, nonché a causa della strozzatura processuale, che non consente di giungere alla conclusione dei dibattimenti e della carenza di politiche di prevenzione e recupero sociale;
i processi originati dalle numerosissime indagini soltanto in ridotti casi hanno visto la conclusione, attese le difficoltà croniche e le inadeguatezze degli organici in cui versano gli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere, e gran parte dei dibattimenti - certamente i più rilevanti, quali, ad esempio, le due indagini denominate «Spartacus I» e «Spartacus II» - hanno visto la scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di quasi tutti gli imputati;
questa descritta situazione rischia di far ritornare in libertà pericolosissimi esponenti della criminalità organizzata, atteso che molti di essi, pur raggiunti anche da decine di ordinanze cautelari per gravissimi delitti, quali l'omicidio, l'associazione mafiosa e l'estorsione, sono oggi detenuti soltanto per uno o due titoli cautelari, essendo intervenuta per gli altri la già richiamata scarcerazione;
i tempi di celebrazione dei dibattimenti si stanno ulteriormente dilatando, sia perché, nel periodo precedente l'estate 2003, presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere vi è stata una lunga astensione dalle udienze degli avvocati, sia per gli attuali effetti distorsivi della sospensione collegata al «patteggiamento allargato» (a tal fine si ricorda che sono stati rinviati anche di mesi per tale ragione decine di dibattimenti riguardanti fatti di camorra, fra cui anche quelli per alcuni omicidi che vedono imputati, fra gli altri, i capi dei clan Schiavone e Bidognetti);
emblematiche in questo senso appaiono le vicende che riguardano gli esponenti della camorra, detenuti solo per pochi titoli cautelari a fronte di numerose altre imputazioni per fatti omicidiari, per i quali appare difficile pronosticare la conclusione dei dibattimenti;
ugualmente preoccupante è la situazione dei latitanti: accanto a brillanti risultati ottenuti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine - quali l'arresto di Del Vecchio Carlo, di Gaetano Di Lorenzo, capo del gruppo operante in Sessa Aurunca e catturato in Spagna dopo oltre sei anni di latitanza, anche se non ancora estradato, o, infine, di Giuseppe Russo, detto il padrino - va evidenziata la lunghissima e protratta latitanza di soggetti ritenuti particolarmente pericolosi e capiclan, fra cui Michele Zagara, Iovine Antonio e Schiavone Francesco di Luigi, resosi latitante non appena scarcerato;
si tratta di un gruppo di latitanti: se ne sono citati solo alcuni, perché numerosi sono, ad esempio, i latitanti della zona di Sessa Aurunca, fra cui alcuni esponenti di primo piano della dominante famiglia Esposito, che possono, anche con una limitata libertà di movimento, gestire tutte le attività illecite dei singoli gruppi criminali e rinserrare le fila del clan;
gli organici delle forze di polizia, che operano nell'agro aversano e sul litorale domizio, si sono di fatto ridotti di circa un quinto rispetto alle unità operanti tre anni fa, rendendo così molto più difficile la generosa azione di contrasto alla criminalità;
forte è il rischio di ritorno al passato, caratterizzato dal forte dominio della camorra sul territorio, sull'economia, sui comuni (che furono interessati da oltre quindici decreti di scioglimento dei consigli comunali) -:
quali iniziative, nell'ambito delle loro rispettive competenze, intendano intraprendere per far fronte ai gravissimi problemi evidenziati e garantire la sicurezza dei cittadini e la legalità nella provincia di Caserta.
(2-00922) «Violante, Diana, Lumia, Leoni, Minniti, Maran».
(13 ottobre 2003)

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il fenomeno dell'occupazione abusiva di edifici pubblici e privati sta assumendo proporzioni sempre più consistenti;
il ministero dell'economia e delle finanze ha calcolato, secondo quanto riferisce il quotidiano Libero nell'edizione di domenica 12 ottobre 2003, a pagina 6, che gli immobili di proprietà dello Stato occupati abusivamente sono settemila; numerose, anche se manca un dato preciso, le proprietà appartenenti a privati;
dei 179 centri sociali censiti in Italia, 86 occupano edifici dello Stato o di privati;
la pratica impossibilità di tornare in possesso dei loro beni si rivela, di fatto, per i privati come un vero esproprio;
il giornale Libero rivela che a Napoli un cittadino sta tentando inutilmente, da dodici anni, di far sgomberare un proprio immobile diventato sede di un centro sociale -:
quali iniziative il Governo e, in particolare, il ministero dell'interno intendano adottare per dare corso con celerità alle ordinanze di sgombero della magistratura, al fine di consentire ai privati di rientrare in possesso delle loro proprietà;
quali ostacoli abbiano finora impedito di giungere ad una soluzione generale del problema;
come si giustifichi l'atteggiamento tollerante dei poteri pubblici rispetto a quanto recita l'articolo 42 della Costituzione, che «riconosce e garantisce la proprietà».
(2-00927) «Selva, Anedda».
(14 ottobre 2003)

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'interno e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere, premesso che:
presso il centro islamico di via Massarotti a Cremona è sita una scuola mussulmana (madrasa), dove vengono impartite unicamente lezioni di corano e di arabo, come più volte denunciato dal gruppo parlamentare della Lega Nord Padania, anche tramite lo strumento del sindacato ispettivo, poiché in netto contrasto con la vigente normativa italiana sull'istruzione;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, più volte interpellato, è intervenuto tramite i suoi ispettori per indagare sulla questione in esame e porre termine a questa palese violazione della legge, anche sotto il profilo della mancanza assoluta del rispetto delle più elementari norme di sicurezza ed igiene;
tutto questo non ha portato a nulla: nella madrasa di Cremona, con il beneplacito dell'amministrazione locale, si continuano a svolgere le lezioni con la stessa regolarità e metodicità (cinque ore al giorno, durante le quali minori in età scolastica dell'obbligo imparano a memoria i versetti del corano, senza alcun insegnamento della lingua e della storia italiana);
è di questi giorni la notizia che rende la cosa ancora più drammatica e preoccupante: la scuola islamica è gestita da confessati appartenenti al movimento terroristico Al Qaeda. Nome di spicco è quello di Laagoub Abdelkader, l'uomo che ha patteggiato una condanna a sei mesi per aver derubato documenti, il cui utilizzo era finalizzato all'attività terroristica di matrice fondamentalista islamica, e che ora svolge il ruolo di insegnante nella scuola suddetta;
le madrase nel mondo arabo sono da più parti considerate centri di arruolamento e indottrinamento finalizzati alla jihad (guerra santa) -:
quali provvedimenti i Ministri interpellati intendano adottare vista la palese violazione della normativa sull'obbligo scolastico e considerata quanto meno la possibilità che dietro questa scuola, gestita da esponenti comprovati del terrorismo islamico, si annida una volontà sovversiva finalizzata all'indottrinamento di giovani leve.
(2-00929) «Gibelli, Cè».
(14 ottobre 2003)

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle attività produttive, per sapere - premesso che:
la richiesta di spostamento della linea relativa all'elettrodotto Matera-Santa Sofia, avanzata da tempo dal comune di Rapolla, è stata in modo risibile strumentalizzata per giustificare, in parte, la grave situazione del sistema energetico nazionale, evidenziata dal recente black-out;
il Governo, per nascondere le proprie responsabilità, ha usato ed usa argomenti non convincenti e a dir poco risibili;
della vicenda si è parlato finanche nella trasmissione televisiva Porta a porta, senza, in verità, che alcuno conoscesse realmente i fatti;
occorre fare chiarezza e, soprattutto, risolvere il problema;
lo spostamento è più che motivato. L'errore iniziale, che ha determinato l'incresciosa situazione, è stato quello di non aver coinvolto da parte dell'Enel il comune di Rapolla e gli altri comuni dell'area interessati al «passaggio» dell'elettrodotto;
è evidente che occorre che esso venga realizzato lontano dalle abitazioni, per evitare qualsiasi rischio;
la particolare valenza ambientale dell'area richiede, inoltre, che se ne valuti l'impatto, anche se dovesse comportare un po' di costi aggiuntivi -:
quali siano gli indirizzi del Ministro interpellato sulla vicenda descritta e quali azioni siano state concretamente intraprese.
(2-00923) «Lettieri, Boccia».
(14 ottobre 2003)

H)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze e delle comunicazioni, per sapere - premesso che:
il pagamento del canone di abbonamento Rai, a norma dell'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radiodiffusioni, indipendentemente dalla quantità e dalla qualità dei programmi captati. Col decreto ministeriale del 19 novembre 1953, l'assoggettamento all'obbligo del pagamento del canone ha riguardato anche i possessori di apparecchi per la ricezione delle trasmissioni televisive, che legittima il suo titolare e gli appartenenti al suo nucleo familiare a detenere apparecchi televisivi in ogni residenza o dimora;
la Corte costituzionale, con sentenze dell'11 maggio 1988, n. 535, e del 17-26 giugno 2002, n. 284, ha riconosciuto al canone la natura sostanziale di imposta, per cui la legittimità dell'imposizione è fondata non sulla possibilità del singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato, ma sul presupposto della sua riconducibilità ad una manifestazione di capacità contributiva. Quindi, il canone di abbonamento è da riconoscere in forza della mera detenzione di un apparecchio televisivo, indipendentemente dall'utilizzo che ne venga fatto o delle trasmissioni seguite o che per motivi orografici non sia possibile ricevere uno o più canali della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo Rai collabora con l'amministrazione finanziaria, agenzia delle entrate Sat (Sportello abbonati tv), alla riscossione e alla gestione del canale televisivo, come previsto dall'atto aggiuntivo alla convenzione, stipulato con il dipartimento delle entrate dell'allora ministero delle finanze, dipartimento delle entrate. Tale collaborazione si estrinseca, tra l'altro, attraverso l'attività di recupero della morosità, ossia dei canoni non spontaneamente corrisposti dagli abbonati alle scadenze previste da legge;
l'agenzia delle entrate di Torino a coloro che hanno correttamente disdetto il canone fine 2002 o nel 2003 sostiene, per iscritto, quanto segue: 1) la disdetta è inefficace per la chiusura dell'abbonamento fino a che l'utente non rinvia alla Rai il questionario allegato; 2) con il questionario l'ufficio entrate di Torino obbliga sotto diretta responsabilità dell'utente a dichiarare il numero dei televisori da suggellare, le residenze e le dimore del nucleo famigliare anagraficamente inteso; 3) l'utente autorizza la guardia di finanza e non meglio citati organi competenti ad accedere alle residenze e dimore per procedere alle operazioni di controllo e di suggellamento, non essendo specificato se si tratti di un controllo successivo per la verifica dell'integrità dei sigilli o di una vera e propria ispezione «autorizzata» di dubbia legittimità; le risposte devono pervenire entro 15 giorni dal ricevimento, altrimenti le disdette vengono considerate inefficaci; la lettera di accompagnamento e il questionario richiamano il testo unico emanato con decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, che, come si può verificare, permette all'amministrazione di richiedere i dati di persone diverse dal destinatario della missiva;
sono numerose le segnalazioni di comportamenti scorretti da parte degli «ispettori Rai», così si qualificano, preposti alla consegna dei bollettini postali per invitare i potenziali abbonati all'attivazione di un nuovo abbonamento Rai. Con riferimento a coloro che hanno effettuato la regolare richiesta di suggellamento dell'apparecchio televisivo, sono stati segnalati casi di «ispettori Rai» che al momento della consegna comunicano agli interessati, in modo del tutto scorretto, che sono tenuti a pagare il canone per il periodo che va dalla data della richiesta della disdetta alla notifica del bollettino «per nuovo abbonamento» per il mero possesso dell'apparecchio televisivo. Si tratta di un atto, ad avviso degli interpellanti, di grave scorrettezza nei confronti dell'utente. Il regio decreto-legge n. 246 del 1938 è molto chiaro a proposito;
a Seregno (provincia di Milano) un cittadino che ha effettuato regolare disdetta dal canone è stato contattato da un «ispettore Rai», che ha sostenuto che «non è più possibile chiedere il suggellamento del televisore», che «tale nuova disciplina è stata voluta dal Ministro Bossi e ormai la Lega controlla anche Rai tre» e che «se non paga il bollettino lui in persona può procurarsi un mandato». In provincia di Bergamo sono numerose le segnalazioni in merito ad un «ispettore Rai» che, contattando i potenziali abbonati, sostiene che: «visto che Rai due è tornata a Milano è stato proprio per volere del Ministro Bossi che gli ispettori Rai, lui compreso, si accingevano ad andare casa per casa per riscuotere il canone». Anche in questo caso la richiesta era stata rivolta a persone che avevano regolarmente disdetto l'abbonamento;
il quotidiano Il Giornale di domenica 4 agosto 2002, alle pagine 1 e 7, espone il caso del signor Sandro Cingolani di Campione d'Italia, perseguitato dalla Rai, che continua a minacciosamente a chiedergli il pagamento del canone di abbonamento alla televisione. Sono migliaia le segnalazioni di cittadini che lamentano continue angherie, intimidazioni, violazioni della privacy ed in alcuni casi vere e proprie persecuzioni da parte dell'Urar: da coloro che non sono possessori di un televisore o che ne hanno dismesso l'uso segnalandolo alla Rai o che sono in attesa del suggellamento, avendo fatto regolare disdetta la Rai, esige illegalmente il pagamento del canone;
sono ormai migliaia le segnalazioni di casi in cui la Rai ha recapitato diffide agli utenti morosi o per libera scelta inadempienti, minacciando il «recupero coattivo dei canoni dovuti anche attraverso il fermo amministrativo dei suoi autoveicoli ed il pignoramento dei suoi beni, tra cui la retribuzione»;
le esattorie utilizzano il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, previsto dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Tale blocco consiste nel divieto, trascritto al Pubblico registro automobilistico, di far circolare il veicolo, a pena del sequestro e di una sanzione da 327,95 a 1.311,98 euro, senza sospendere il pagamento dell'assicurazione e delle tasse di circolazione. Il fermo viene disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie, decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella, viene iscritto al Pubblico registro automobilistico e solo successivamente comunicato al proprietario. Spesso è disposto anche sui veicoli strumentali, non è possibile sospenderlo e deve essere cancellato dal debitore con una spesa di 62,64 euro, oltre al pagamento delle spese di trasporto e di custodia del veicolo;
tale prassi è, ad avviso degli interpellanti fuorilegge, in quanto l'articolo 86, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 prevede un decreto, non ancora emanato, che stabilisce «le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto». Il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare è stato introdotto dall'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 669 del 1996 e dalle relative norme attuative (decreto ministeriale 7 settembre 1998, n. 503), che imponevano la seguente successione di atti: notifica della cartella esattoriale, notifica dell'avviso di mora dopo il decorso dell'anno dalla notifica della cartella, richiesta di un pignoramento mobiliare negativo o incapiente, verbale di mancato reperimento dell'automezzo, fermo amministrativo, pignoramento entro i successivi sessanta giorni. Una prima modifica a tale normativa è stata disposta con l'articolo 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (rimasto in vigore dal 1o luglio 1999 all'8 giugno 2001), che, sostituendo l'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha eliminato il requisito del previo pignoramento mobiliare negativo, ma ha lasciato in vigore il requisito verbale di mancato reperimento del veicolo ed ha imposto, ai fini di una più snella disciplina, un nuovo decreto di attuazione, mai emanato;
recentemente l'articolo 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193, ha modificato il comma 1 del nuovo articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, eliminando anche il requisito del verbale del mancato reperimento del veicolo, sostituito con «l'inutile decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento». È stata lasciata, però, la menzione di quel decreto di attuazione, che non è stato ancora emanato e di cui oggi si avverte la necessità, in quanto mancano le norme per impugnare o sospendere il provvedimento di fermo amministrativo nei casi meritevoli di tutela, come: l'avvenuto pagamento, la sproporzione tra il bene vincolato e il debito residuo, la pendenza di sgravi, la sospensione della riscossione disposta dal soggetto creditore o dall'esattoria, l'impignorabilità dei veicoli strumentali, la contravvenzione elevata su un veicolo con targa donata, che sia divenuta definitiva per notifica ex articolo 140 del codice di procedura civile al proprietario dell'auto originale;
è da segnalare che oltre il 50 per cento degli avvisi recapitati sono riferiti a canoni regolarmente pagati e non registrati oppure a segnalazioni non trasmesse per tempo dagli uffici postali. Inoltre, secondo alcuni impiegati dell'Esatri, ogni utente a cui viene recapitato un avviso di pagamento dovrebbe comunque pagare e poi, eventualmente, chiedere un rimborso. Poca trasparenza, quindi, difficoltà burocratiche ed incomprensioni tra i vari soggetti (le Poste, la Rai, l'Esatri) sono alla base di questo ennesimo pasticcio, che ricade su ignari cittadini vessati da questo tipo di sistema;
le associazioni a tutela dei consumatori hanno sottolineato come non sia in alcun modo possibile applicare la procedura del blocco dell'automobile in ragione di un ritardo o di un mancato pagamento del canone di abbonamento televisivo, in quanto si tratta di un fermo generalizzato e sistematico, che non tiene in alcun conto della concreta situazione in cui versa il debitore, cioè se questi si trovi in una situazione fortemente debitoria e se vi sia un reale pericolo di sottrazione. Non è stabilito né in forza di consuetudini, né tanto meno in base a norme vigenti, che lo Stato arrechi un danno tanto considerevole al cittadino per importi irrisori. Tale fenomeno è tanto più grave e significativo se riguarda la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, perché incide direttamente sul corretto rapporto con gli utenti e sulla regolare gestione del canone, dando luogo ad un sentimento diffuso di protesta e, soprattutto, di sfiducia nei riguardi dell'azienda stessa;
la diffida di tale tenore è fuor di ogni dubbio sproporzionata, vessatoria, antistorica, in contrasto con qualsivoglia principio di corretto rapporto tra concessionaria e utente del servizio pubblico;
i comportamenti esposti contribuiscono ad ingenerare un clima di protesta e di sfiducia nei confronti della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, con evidenti e gravi effetti sulla correttezza dei rapporti e sul buon funzionamento del servizio -:
nei limiti specifici delle proprie competenze istituzionali, se abbiano notizie circa l'entità esatta del fenomeno segnalato;
se non si ritenga di dover segnalare alla Rai la necessità di modificare profondamente le procedure di rapporto con gli utenti, con coloro che hanno operato correttamente la disdetta, recedendo da comportamenti persecutori che creano disagi ed angosce a migliaia di cittadini, soprattutto alle fasce più deboli;
quando sarà emanato il decreto attuativo dell'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e quale forma di tutela a favore dei cittadini verrà prevista di fronte all'utilizzazione sempre più massiccia da parte delle esattorie del fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie.
(2-00843) «Caparini, Cè».
(9 luglio 2003)

I)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
per far fronte agli eventi calamitosi che nell'autunno del 2002 condizionarono pesantemente l'economia di molte aree del Paese, l'agevolazione prevista dalla cosiddetta «Tremonti-bis», consistente nella detassazione del reddito d'impresa e di lavoro autonomo reinvestito, è stata prorogata - ex articolo 5-sexies del decreto-legge n. 282 del 2002 - fino al secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 25 ottobre 2001;
i comuni danneggiati sono stati individuati con un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 maggio 2003 in diverse regioni del nord Italia, quali Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, registrandosi un'incidenza negativa sull'andamento di tutta l'economia del Nord;
oltre a questi, i comuni interessati dagli eventi calamitosi sono stati quelli delle province di Catania, Foggia, Campobasso, Pistoia, Lucca, Modica, Vibo Valentia, Cuneo e Torino, già individuati in precedenza;
a fronte di dubbi interpretativi sulla portata dell'articolo 5-sexies del decreto-legge n. 282 del 2002 e sull'effettiva ubicazione delle imprese che avrebbero potuto beneficiare della detassazione, l'agenzia delle entrate aveva chiarito, con la risoluzione 67/E del 20 marzo 2003, che avrebbero fruito della proroga dell'agevolazione le aziende presenti su tutto il territorio del comune, a prescindere dal fatto che dette sedi operative fossero effettivamente ubicate nelle specifiche zone individuate dalle ordinanze sindacali;
molte imprese (del Nord Italia), aventi la propria sede operativa in territori rientranti nelle aree agevolate, facendo affidamento sul parere dato dalla stessa agenzia e riconoscendosi, pertanto, nelle condizioni richieste per beneficiare della detassazione del 50 per cento del volume degli investimenti in beni strumentali nuovi, avevano pianificato sia l'effettuazione degli investimenti in beni mobili, possibile fino al 31 luglio 2003, sia l'effettuazione degli investimenti in beni immobili, possibile fino al 31 luglio 2004;
il 31 luglio 2003, ultimo giorno utile per beneficiare dell'agevolazione per gli investimenti in beni mobili, con circolare n. 43/E l'agenzia delle entrate, esprimendosi rispetto alla risoluzione 67/E secondo un orientamento interpretativo molto più restrittivo, ha reso, di fatto, inapplicabile l'agevolazione della cosiddetta «Tremonti-bis» per moltissimi dei contribuenti, che, invece, avevano pianificato i propri reinvestimenti sulla base delle agevolazioni ventilate;
il danno economico riportato dalle imprese delle province interessate, per la mancata, ma già pianificata agevolazione sugli investimenti, è stato di notevole entità, incidendo ancora più pesantemente sulla già difficile ripresa economica di queste province così provate -:
in quale modo il Ministro interpellato intenda intervenire al riguardo e se non ritenga opportuno, riconoscendosi la validità dello strumento adottato dal Governo per far fronte alla difficile situazione dei comuni danneggiati, ristabilire un'interpretazione univoca dell'articolo 5-sexies, con una ulteriore circolare, che, abrogando la precedente, faccia chiarezza sull'effettiva portata della proroga della «Tremonti-bis» e consenta concretamente ai territori colpiti dagli eventi calamitosi di riassestare il proprio andamento economico.
(2-00925) «Butti, Anedda, Airaghi, Alboni, Amoruso, Armani, Arrighi, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bornacin, Briguglio, Buontempo, Canelli, Cannella, Cardiello, Carrara, Caruso, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cola, Giorgio Conte, Giulio Conti, Coronella, Cristaldi, Delmastro Delle Vedove, Fasano, Fatuzzo, Fiori, Foti, Fragalà, Franz, Gallo, Gamba, Geraci, Ghiglia, Alberto Giorgetti, Gironda Veraldi, La Grua, La Russa, La Starza, Lamorte, Landi di Chiavenna, Landolfi, Leo, Lisi, Lo Presti, Losurdo, Maceratini, Maggi, Malgieri, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Mazzocchi, Menia, Meroi, Messa, Migliori, Mussolini, Angela Napoli, Nespoli, Onnis, Paolone, Patarino, Antonio Pepe, Pezzella, Porcu, Raisi, Ramponi, Riccio, Ronchi, Rositani, Saglia, Saia, Garnero Santanché, Scalia, Selva, Serena, Strano, Taglialatela, Trantino, Villani Miglietta, Zaccheo, Zacchera».
(14 ottobre 2003)

L)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
in data 10 maggio 2003 è stato firmato un protocollo di intesa tra la regione Sicilia e lo Stato, inerente alla situazione debitoria e creditoria tra le due istituzioni;
in tale occasione si è quantificata la somma totale da versare alla regione Sicilia in 672 milioni di euro, da corrispondere mediante limite d'impegno quindicennale di importo annuo a 65 milioni di euro, a decorrere dal 2004;
per consentire l'erogazione del limite di impegno di 65 milioni di euro, peraltro già iscritto tra le previsioni nel bilancio della regione Sicilia, è necessaria l'emanazione di apposita disposizione legislativa entro il mese di ottobre 2003 -:
quali motivi abbiano ritardato la presentazione dell'iniziativa normativa in questione e se non ritenga di provvedervi al più presto, al fine di evitare che la mancata erogazione dell'importo pattuito determini pesanti conseguenze finanziarie nel bilancio della regione Sicilia.
(2-00926) «Romano, Volontè».
(14 ottobre 2003)

M)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'ufficio della procura della Repubblica di Palermo vive da mesi in un perdurante stato di fibrillazione, cadenzato da fughe di notizie di atti di indagine e segreti d'ufficio, da contestazioni ai danni del procuratore capo, da richieste ripetute di assemblee dei sostituti, da petizioni sottoscritte da alcuni magistrati d'ufficio, con il chiaro scopo, ad avviso degli interpellanti, di imprimere un indirizzo politico alla attività giudiziaria, che, in base al dettato della Costituzione e della vigente legislazione, deve essere invece regolata dal principio dell'imparzialità;
a partire dal mese di settembre 2002 ripetuti episodi, come quelli sopra descritti, hanno trovato come protagonisti ed interpreti alcuni magistrati della procura di Palermo, distintisi in passato per essere stati gli autori di quei «teoremi giudiziari» che hanno portato alla celebrazione di clamorosi processi politici, tutti conclusisi, dopo anni di defatigante attività processuale e l'impiego di enormi risorse di uomini di mezzi e di finanza, con assoluzioni che, secondo gli interpellanti, hanno leso la credibilità dell'amministrazione della giustizia ed hanno, soprattutto, distolto importanti risorse dall'obiettivo del contrasto e della sconfitta della «mafia militare» del racket, degli stupefacenti e del controllo del territorio;
ultimamente, con l'amplificazione di giornali politicamente schierati, si è moltiplicato l'attivismo assembleare, pubblicistico e correntizio di alcuni appartenenti all'ufficio della procura, con attacchi plateali alla gestione dell'importante ufficio giudiziario condotta dal procuratore capo, dottor Pietro Grasso. In proposito, il medesimo procuratore capo ha dichiarato: «fuori di metafora, credo che il ricorso all'attacco politico sia solo un paravento, un diversivo che nasconde interessi personali di pochi abitanti di questo palazzo. Persone identificabili in una determinata area culturale e politica che si è sempre distinta per l'aggressività e il cinismo con cui ha attaccato ed attacca chi non condivide una certa visione della giustizia e dei problemi ad essa connessi»;
si è riproposto ai danni del dottor Grasso quello stesso schema politico di attacco e di delegittimazione che era già stato messo in opera a partire dal 1989 e sino alla sua tragica uccisione ai danni del dottor Giovanni Falcone, accusato, allora come adesso Grasso, di «tiepidezza» e di «tradimento», con la famosa infamante formula dei «fascicoli tenuti nel cassetto»;
le dichiarazioni del procuratore Piero Grasso fanno pensare, secondo gli interpellanti, che vicende come quella descritta siano in realtà finalizzate a garantire assetti di potere correntizio all'interno della procura, al fine di promuovere la carriera dei magistrati politicamente schierati ai danni di quelli che con riservatezza ed imparzialità compiono con costanza ed impegno il loro dovere e di sostenere l'incredibile pretesa di alcuni pubblici ministeri di essere considerati al di sopra delle regole ed addirittura della legge;
le vicende sopra accennate hanno riempito nell'ultimo anno le pagine giudiziarie dei quotidiani nazionali e locali, al punto che ai cittadini è potuto sembrare che lo scopo ed il modo di essere di questa importantissima istituzione dell'ordine giudiziario non fossero diretti e nutriti dal valore condiviso della repressione della criminalità comune ed organizzata, bensì dal disvalore di lotte interne e di potere -:
quali iniziative intenda assumere, anche a seguito del recente sfogo pubblico del procuratore capo di Palermo, nell'ambito delle sue prerogative e funzioni, al fine di far luce sui contrasti da tempo verificatisi all'interno delle procura di Palermo e sulle connesse ricadute in termini di funzionalità ed efficacia dell'azione investigativa dell'ufficio, accertando eventuali responsabilità dei singoli, affinché sia garantito il rispetto del principio di gerarchia, previsto dalla legge vigente, per un ufficio complessivamente rappresentato e diretto dal capo del medesimo.
(2-00860) «Fragalà, Airaghi, Dorina Bianchi, Bondi, Bricolo, Cicchitto, Craxi, D'Agrò, Filippo Maria Drago, Ferro, Fontana, Iannuccilli, Lazzari, Marinello, Mauro, Milioto, Naro, Polledri, Romele, Romoli, Rotondi, Sanza, Saponara, Savo, Scherini, Sterpa, Verdini, Verro, Zanettin, Adornato, Baiamonte, Blasi, Buontempo, Butti, Campa, Cannella, Carrara, Giorgio Conte, Cossiga, Cristaldi, Di Virgilio, Didonè, Guido Dussin, Falanga, Floresta, Gallo, Geraci, Germanà, Gigli, Jacini, La Grua, Landolfi, Lavagnini, Leccisi, Anna Maria Leone, Lezza, Licastro Scardino, Lucchese, Lupi, Maceratini, Maninetti, Francesca Martini, Menia, Minoli Rota, Angela Napoli, Osvaldo Napoli, Onnis, Palma, Palmieri, Patarino, Peretti, Raisi, Riccio, Rizzi, Saglia, Scaltritti, Taborelli, Tarantino, Viale, Zanetta, Zorzato».
(22 luglio 2003)