Comitato Parlamentare Schengen-Europol
La tratta degli esseri umani, questa odiosa forma moderna di schiavitù
all'alba del terzo millennio, è ormai da considerare la nuova frontiera della
criminalità organizzata internazionale.
Il fenomeno, favorito dalla globalizzazione e dalle tecnologie, sempre più raffinate, -
si pensi, soltanto, alla pornografia infantile su Internet - ha raggiunto ormai una
dimensione strutturale. I suoi dati quantitativi sono impressionanti: 150/200 milioni, una
cifra che da sola annichilisce a pronunciarla, sono gli esseri umani che nel mondo sono
ridotti a schiavitù donne, bambini, uomini sfruttati per i lavori più infimi, più
abietti e più pesanti. Oltre due milioni sono i bambini oggetto di abusi sessuali per un
giro d'affari di oltre 5 miliardi di dollari; il solo mercato delle cassette pornografiche
frutta oltre 280 milioni di dollari.
La tratta degli esseri umani è il business più promettente. Secondo stime delle Nazioni
unite, infatti, aumenta ad un tasso del 40-50% l'anno e sicuramente cresce più
velocemente del mercato della droga. Il procuratore nazionale antimafia, al riguardo, ha
incisivamente rilevato che "per quanto possa sembrare strano, ci sono più schiavi
oggi di quando la schiavitù era permessa".
A questa tematica, purtroppo di permanente attualità, il Comitato Schengen-Europol, - che
ho avuto l'onore di presiedere - ha ritenuto di dedicare un'apposita indagine conoscitiva,
che segue quelle sull'incorporazione dell'aquis di Schengen e sull'attuazione della
Convenzione Europol (2000) e ad esse è strettamente collegata. Lo spazio Schengen,
infatti, è diventato zona di destinazione o territorio di passaggio obbligato delle
persone trafficate verso altri paesi europei o extra-europei; Europol ha visto, invece,
progressivamente esteso il proprio mandato di intelligence ed operativo, che ricomprende
ora la tratta degli esseri umani.
Consapevole che all'analisi del traffico degli esseri umani alle forme ed ai canali di
introduzione e di gestione in Italia delle persone trafficate ed ai dati circa il mercato
di sfruttamento di queste ultime era stata dedicata una pregevole relazione della
Commissione antimafia, - sulla quale riferirà il Presidente Lumia -, il Comitato ha
ritenuto preferibile concentrarsi, conformemente al suo mandato, sulle risorse a livello
internazionale ed europeo e privilegiare una valutazione più specificatamente politica
dell'azione di contrasto a questa forma di criminalità.
Il volume dell'indagine conoscitiva, che oggi viene presentato, è arricchito da un'ampia
appendice documentaria, di carattere prevalentemente normativo, proprio nell'ottica di
fornire un utile strumento di conoscenza e di informazione, un quadro di riferimento
normativo sempre attuale.
Il documento conclusivo si articola, essenzialmente, su sei densi capitoli,
rispettivamente dedicati a tratteggiare gli elementi conoscitivi fondamentali del
fenomeno, ad illustrare la disciplina internazionale in tema di prevenzione e contrasto
alla tratta dai risalenti accordi negoziati nel quadro della Società delle Nazioni ai
Protocolli delle Nazioni Unite aperti alla firma a Palermo nel dicembre scorso.
Segue l'analisi delle iniziative dell'Unione europea in materia, per poi soffermarsi sulla
normativa italiana vigente, sugli accordi bilaterali tra l'Italia ed altri Stati, alle
iniziative del Governo, fino all'esame del testo unificato ancora all'esame del
Parlamento.
Vorrei in questa sede soffermarmi unicamente sulle conclusioni del documento e aggiungere
qualche ulteriore elemento di informazione sulle iniziative più recenti, a livello
europeo.
Una prima considerazione: la tratta degli esseri umani, e l'immigrazione clandestina sono
fenomeni strettamenti correlati. E' un fatto, peraltro, che la strumentazione
internazionale ed interna di contrasto apprestata per i due fenomeni non ha marciato con
lo stesso passo. Lo prova, con grande evidenza, la lentezza con la quale si è mosso il
nostro Parlamento, che, interessato da oltre due anni da iniziative parlamentari
governative, non è riuscito a varare un provvedimento che configuri la condotta diretta
all'organizzazione e all'attuazione del traffico delle donne come specifica ed autonoma
fattispecie criminosa.
Ma anche sul piano internazionale, si deve purtroppo registrare il "minore
successo" dei Protocolli sui traffici di esseri umani, sottoscritti finora da un
numero di stati membri delle Nazioni Unite inferiore a quello dei firmatari della
Convenzione di Palermo sul crimine transnazionale.
Un bilancio contradditorio, dunque, quello dell'azione di contrasto a fronte delle ombre e
delle preoccupazioni che risultano dai segnalati ritardi ritengo che un importante segnale
positivo debba essere colto. Penso, soprattutto, alla giusta impostazione secondo cui le
persone trafficate non sono penalmente perseguibili, anche se con il pagamento del viaggio
hanno concorso nel reato che può essere imputato ai trafficanti, alle misure finalizzate
alla assistenza ed alla protezione delle vittime di cui va facilitato il ritorno, su base
prevalentemente volontaria, tenendo conto della loro incolumità e della tutela della
dignità delle persone.
In una recente missione a Stoccolma, dove abbiamo portato un'anteprima delle conclusioni
del lavoro che oggi presentiamo è emerso come i processi di globalizzazione
delleconomia e gli accordi miranti a creare in talune aree (come quella
dellUnione europea) la soppressione delle frontiere interne, per un verso, hanno
accresciuto le diseguaglianze fra le regioni del mondo provocando un aumento esponenziale
dei flussi migratori; per altro verso, hanno reso particolarmente arduo il contrasto
allimmigrazione clandestina.
Il fenomeno tanto nella sua veste di "smuggling" cioè il favoreggiamento della
immigrazione clandestina, tanto in quella di "trafficking", cioè la tratta
finalizzata allo sfruttamento, costituisce un sistema criminale integrato.
Sezionando il fenomeno, infatti, tenendo conto dei luoghi di provenienza, di quelli
transito e di quelli di destinazione, vediamo che, dapprima, se ne occupano le
organizzazioni etniche, le quali gestiscono i flussi migratori. In secondo luogo,
intervengono le organizzazioni criminali, che operano nei luoghi di transito e che
assicurano il trasporto. In terzo luogo, le persone trafficate sono, per così dire,
"prese in carico" da organizzazioni criminali, sia etniche sia autonome nei
luoghi di destinazione.
La possibilità di distinguere, sul piano spaziale e su quello temporale, il fenomeno
della tratta implica la necessità di scomporre il problema e di apprestare misure di
contrasto e di prevenzione distinte e diverse.
Così, nei paesi di origine, risultano essenziali, a parere del Comitato, le misure di
cooperazione allo sviluppo e di assistenza tecnica. Tali misure vanno indirizzate nelle
aree del quarto mondo, ove la povertà porta ad offrire tutto quello che una persona ha e
che talvolta è soltanto il proprio corpo ed il proprio lavoro, da un lato per migliorare
il tenore di vita delle popolazioni e dall'altro per creare occasioni di lavoro.
In questo quadro, il Comitato ha esaminato le legislazioni, del tipo di quella
statunitense che attribuiscono al Governo la possibilità di sanzionare - mediante il
taglio degli aiuti non umanitari - quei paesi che non si siano dotati o, comunque, non
applichino norme volte a contrastare la tratta punendo la corruzione delle autorità
statali e, in particolare, della polizia di frontiera. Al riguardo si è ritenuto, sulla
scorta delle valutazioni emerse, da ultimo, nel quadro della Conferenza delle Nazioni
Unite sulla criminalità organizzata transnazionale, che misure di questo tipo, lungi dal
risolvere il problema, non facciano altro che far pagare alle popolazioni, già così
provate dalla povertà, la corruzione diffusa a livello governativo.
Largamente preferibili, pertanto, appaiono le misure di assistenza tecnica che figurano ad
esempio negli accordi bilaterali tra lItalia e la Tunisia e tra lItalia e la
Nigeria e che, sono previste soprattutto nellampio spettro di cooperazione fra
lItalia e lAlbania.
Inoltre, un utile modello di cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione europea è
rappresentato dalle Azioni congiunte contro la tratta di schiavi, siglate,
recentissimamente, dal Presidente Amato e dal Premier Blair. Fra i punti qualificanti del
documento figurano, infatti, la creazione di una rete stabile e pienamente attiva entro il
giugno 2001 di ufficiali di collegamento nei Balcani occidentali, la creazione di squadre
di funzionari di polizia e di esperti nei paesi di origine al fine di offrire consulenza e
formazione nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, il sostegno al
rimpatrio degli immigrati clandestini, intensificando l'assistenza a organismi di
volontariato e alle amministrazioni locali che cercano di rinviare gli immigrati
clandestini nei loro paesi di origine, l'invio presso EUROPOL di esperti dell'immigrazione
per aumentare lo scambio di informazioni e per assumere una prospettiva di carattere più
tattico per l'individuazione degli obiettivi operativi e, infine, il potenziamento delle
reti di interscambio informativo e lo sviluppo delle campagne di informazione nei paesi di
origine, anche attraverso l'utilizzo delle rappresentanze diplomatiche degli stati membri
dell'Unione come centri di screening che scoraggino i tentativi della criminalità ed
informino le comunità di quei luoghi sul fenomeno.
Frattanto si annuncia un intervento assai incisivo dell'Unione Europea. Mi riferisco alle
proposte di decisione quadro del Consiglio, rispettivamente sulla lotta alla tratta degli
esseri umani e sulla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia
infantile che la Commissione europea ha presentato a fine dicembre 2000. Si tratta di un
deciso cambio di marcia che, preso atto del sostanziale fallimento dell'azione comune del
febbraio 1997, mira a porre rimedio alle carenze della situazione attuale, anche tenuto
conto della nuova base giuridica offerta dal Trattato di Amsterdam e degli strumenti
normativi da quest'ultimo previsti. L'azione comune del 1997 è precisamente fallita per
la mancata adozione di definizioni, incriminazioni e sanzioni concordate nella normativa
penale degli stati membri. Le proposte presentate hanno invece sostanzialmente la
finalità di fornire un quadro comune di riferimenti per la definizione del reato di
tratta, tanto a fini di sfruttamento di manodopera, tanto ai fini di sfruttamento
sessuale, per l'indicazione di pene efficaci, proporzionali e dissuasive, fissando i
criteri per la giurisdizione e l'esercizio dell'azione penale, nonché per la cooperazione
tra gli stati membri attraverso i magistrati di collegamento e la rete giudiziaria europea
e la struttura Europol. E' inoltre da salutare con soddisfazione l'istituzione dell'unità
provvisoria Eurojust, che rappresenta un primo passo verso la prefigurazione di un
procuratore europeo.
Le dette proposte, che vedono il diretto, intelligente impegno del commissario Vitorino si
collegano e completano le importanti iniziative presentate dalla presidenza francese sul
favoreggiamento del soggiorno e della residenza illegali. L'Unione Europea, pertanto, si
appresta ad elaborare una precisa disciplina al riguardo. Il governo italiano, con
l'indirizzo del Parlamento, deve operare affinché questa normativa sia compatibile con il
modello italiano di contrasto in modo che il recepimento ne sia facilitato.
Vorrei concludere segnalando che il Comitato ha ritenuto indispensabile una incisiva
azione governativa e diplomatica nei confronti di alcuni patners europei qualora le
inchieste giudiziarie ed amministrative in atto dovessero confermare i dubbi circa il
mancato rispetto da parte di alcune autorità consolari straniere di impegni discendenti
dagli accordi di Schengen. E ciò a dimostrazione che lungi da costituire l'anello debole
della catena, il nostro paese, al contrario, si è dimostrato uno fra quelli che hanno
applicato nel modo più rigoroso le disposizioni del cosiddetto acquis di Schengen.
Il Comitato, infine, alla luce dell'esperienza maturata, specie con sopralluoghi ed
audizioni dei responsabili dei Centri di permanenza temporanea e di assistenza desidera
porre l'accento sull'utilità, accanto alle misure di contrasto di quelle consistenti in
aiuto alle vittime. Misure del tipo di quelle dell'art. 18 del T.U. sull'immigrazione del
1998 hanno funzionato anche sul piano della prevenzione e della repressione, facendo
assumere un ruolo strategico alle persone trafficate. Le donne schiave, infatti,
trovandosi in un ambiente "protetto" hanno avuto il coraggio di denunziare i
loro sfruttatori, ponendo fine alla catena di schiavitù che ne caratterizzava la loro
esistenza. Ciò dimostra - ad avviso del Comitato - che al di là delle strumentazioni
giuridiche e della cooperazione tra stati che è senz'altro necessaria, la solidarietà
umana e la cultura dell'accoglienza che è propria della società italiana e che trova
riscontro anche nell'attività di volontariato, offre sin d'ora una prima risposta a
quella aberrante vicenda di sfruttamento.