Gli incontri cominciano alle 17,20.

 

Incontro con il prefetto di Bari.

PRESIDENTE. Saluto a nome della Commissione il prefetto Giuseppe Mazzitello: a lui chiediamo di illustrarci la situazione della provincia di Bari per quanto attiene ai problemi che rientrano nell'oggetto della nostra inchiesta parlamentare; lo ringrazio sin d'ora per le sue risposte e per per la gentile ospitalità che ci ha riservato.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Signor presidente, desidero a mia volta ringraziare lei e la Commissione, poiché consideriamo un onore il fatto che vengano svolte in questa sede le vostre audizioni.

L'argomento di cui vi occupate è di vitale importanza e molto sentito da tutta la popolazione della Puglia: le cose da dire sarebbero tante, ma penso che da parte mia sia giusto offrire qualche riferimento non soltanto sulla situazione obiettiva del territorio, ma anche sulle implicazioni che sarebbero possibili qualora la situazione non si dovesse modificare. Come ho già avuto modo di dirvi per le vie brevi, abbiamo effettuato uno studio che riguarda tutti i siti inquinanti nella nostra regione ed abbiamo tradotto in una mappa le risultanze obiettive prodotte da un rapporto dell'ENEA; ad esse si aggiungono via via le situazioni di abusivismo che si sono verificate nella provincia di Bari (la sfera di mia competenza territoriale), le quali ancora non sono indicate in mappe ma hanno costituito oggetto di rilevamento visivo.

La situazione che emerge è molto preoccupante ed ha peraltro dato origine ai due commissariamenti che attualmente vi sono nella regione Puglia: quello che vede interessato il prefetto di Bari, riguardo alla rete idrica fognante di tutta la Puglia, e quello più tecnico per le discariche, che fa capo al presidente della regione. Anche questo secondo ambito era stato originariamente inglobato in un unico commissariamento, poiché era stato fornito un rapporto sulla situazione generale (credo che questo costituisca la base per una discussione).

Vorrei, presidente, fare delle osservazioni di base. Per quanto riguarda il sistema complessivo delle discariche, esiste un piano della regione che va portato rapidamente a compimento; avviene altrimenti che si perpetuano situazioni di privilegio, in quanto le attuali società proprietarie di discariche continuerebbero una gestione in condizione di monopolio. Sono infatti sempre le stesse, hanno il know how e non vi sonoalternative, il che significa che esse determinano i prezzi, mentre in un corretto rapporto pubblico-privato, con società miste, l'ente pubblico dovrebbe essere in grado di comporre la tariffa, quindi di indicare una certa quota per lo stoccaggio, un'altra quota per altri servizi eccetera, arrivando alla cifra finale; oggi invece si è nella condizione per la quale o si paga una certa cifra, oppure si deve trovare una discarica alternativa. E' quindi una situazione che va rapidamente modificata: in essa, si inseriscono poi le discariche pirata, con gente che arriva, scarica e scompare, oppure con flussi provenienti da località extra-regione. Era stato infatti emanato un decreto del prefetto di Bari che inibiva di portare in Puglia residui, anche quelli speciali ma vi erano state grandi pressioni perché questo decreto venisse abbandonato.

Naturalmente la materia delle discariche fuoriesce ormai dalle competenze del commissario-prefetto di Bari e ricade completamente in quelle del sistema regionale, per cui fa capo ad un'altra struttura. Ho già avuto modo di accennarvi, per le vie brevi, a cosa ci proponiamo di fare: la conoscenza dei fenomeni è addirittura più importante dell'intervento, perché, se non si conoscono in concreto le situazioni, non si può intervenire correttamente. Di conseguenza, ho chiesto alla Guardia di finanza, naturalmente di intesa con il comando generale, di effettuare un rilevamento (si tratta di operazioni a vasto raggio) al fine di individuare i vari punti e di verificare tutte le situazioni sul territorio; la Guardia di finanza ha assicurato un intervento rapido, per cui saremo in grado di avere dei risultati, oltre alla mappa a cui ho accennato...

PRESIDENTE. Ne approfitto per chiederle immediatamente che questa preziosa documentazione, che in qualche modo illustra lo stato dell'arte in Puglia per quanto riguarda le possibilità di inquinamento, venga trasmessa alla nostra Commissione.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Sì, certamente.

Sempre con riferimento alle discariche, ho in animo di effettuare un monitoraggio sulle titolarità: questo potrebbe essere un problema delicato. Nel febbraio 1997, ho chiesto alla regione Puglia di acquisire, per ciascun sito individuato nel piano regionale, nonché nel piano adottato dal commissario delegato, puntuale notizia circa i proprietari e i gestori delle cave e delle discariche.

PRESIDENTE. Mi permetta di sottolineare l'opportunità di questo monitoraggio, anche perché, per esempio, stamattina eravamo nel territorio di Brindisi ed abbiamo effettuato un sopralluogo in alcune discariche, rendendoci conto di come la questione della titolarità delle discariche sia fondamentale (in particolare rispetto alle società che si occupano della gestione). Abbiamo ormai uno spettro abbastanza ampio e constatiamo che spesso ricorrono gli stessi nomi: lei accennava agli aspetti di mercato ma probabilmente vi sono anche aspetti, per così dire, più delicati che richiedono attenzione.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Su questo tema, il presidente della regione, nel marzo 1997, mi ha fatto avere una lettera interlocutoria. Devo approfondire la questione per verificare chi sono i titolari di tutti siti autorizzati. Lei ha citato la situazione di Brindisi, che anche il senatore Specchia conosce bene: le società che gestiscono le discariche sono state oggetto di un rapporto del commissario per le discariche, all'epoca prefetto di Bari; il rapporto è stato inviato a chi di dovere ed indicava i titolari, le infiltrazioni delinquenziali (se non vogliamo chiamarle mafiose), la qualità delle persone impegnate nel servizio, la presenza di titolari di più situazioni, non soltanto in Puglia ma anche in altre regioni. Penso quindi che, dal punto di vista della sicurezza pubblica, il sistema delle discariche vada integrato con una conoscenza delle titolarità. Quando termineremo questo rapporto, se la vostra Commissione sarà interessata, ve lo trasmetteremo.

PRESIDENTE. La Commissione è senz'altro interessata.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Per il passato, vi è un rapporto riservato del marzo 1995, a firma di un mio collega, nel quale le titolarità delle discariche vengono indicate: questo rapporto era stato mandato anche alla procura, ma poi non ha avuto una conclusione, perché in questa materia una concludenza penale è molto difficile. Bisogna quindi agire con strumenti diversi, per esempio con gli strumenti d'indagine della Commissione antimafia (con la quale penso la vostra Commissione abbia dei rapporti), ed anche in un contesto più allargato, nel quale l'oggettività del reato sia d'aiuto per colpire le persone che, di riflesso, creano sistemi di collegamento. Come sapete, oggi in tutta Italia vi è una trasformazione, con la concentrazione in poche mani del sistema delle discariche: quindi, la questione del governo della situazione ecologica va affrontata a livello parlamentare con molta attenzione.

In qualità di commissario per il disinquinamento della Puglia, ho rilevato un progressivo deterioramento delle falde idriche: una molteplicità di pozzi ed emungimenti non controllati, perché alle migliaia di pozzi censiti vanno aggiunti tutti i pozzi abusivi scavati nelle campagne senza autorizzazione (un 30 per cento in più di quelli autorizzati). Questo porta al depauperamento della falda, quindi all'infiltrazione salina e, in prossimità delle discariche, alla presenza di un numero di colibatteri che non è certamente compatibile. Anche a questo riguardo, stiamo lavorando: attualmente siamo a 2.500 pozzi ma al termine arriveremo, ritengo, ad oltre 4 mila pozzi. Dobbiamo sapere cosa dobbiamo fare delle acque di depurazione: dovremo non soltanto gestire con una struttura commissariale la costruzione di depuratori e collettori, ma anche occuparci, per un recente provvedimento del Consiglio dei ministri, delle acque di depurazione.

Le acque di depurazione portate a livello A della tabella nazionale possono andare in mare o nei fiumi, ma certamente non possono essere utilizzate a fini irrigui, perché per questa utilizzazione hanno bisogno di un successivo trattamento; soprattutto, si pone il problema se possano o meno andare nella falda, a seconda delle caratteristiche dell'acqua. In questa ottica stiamo facendo l'esame dei pozzi e troviamo - posso anticiparlo in via preliminare - che in corrispondenza degli scarichi, abusivi e non, vi è un notevole tasso di inquinamento. Non è un quadro positivo: esso d'altronde ha determinato la situazione di emergenza in Puglia e quindi gli strumenti speciali di cui la regione è stata dotata.

Mi fermerei qui, presidente, perché conoscete la situazione della Fibronit, di cui si era occupata anche la prefettura, che ha fatto una lunga relazione in materia. Continuiamo comunque a fare controlli: per esempio, il 13 gennaio abbiamo denunciato all'autorità giudiziaria una serie di persone colpevoli di reati che riguardano l'ambiente. Penso che la rimozione dei due problemi principali (la Fibronit e il Gazometro) potrebbe aiutare la procedura straordinaria: essa peraltro finisce per essere ordinaria, perché si tratta ormai di un'emergenza che dura da tre anni e che non troverà soluzione se un piano generale (quello indicato dal ministro Ronchi, secondo le nuove direttive) non avrà puntuale attuazione.

PRESIDENTE. La nostra Commissione è interessata ad avere una valutazione, sulla base della sua esperienza, dal punto di vista dell'efficacia. Le soluzioni istituzionali attraverso i commissariamenti probabilmente non sono tutte uguali, per cui le chiedo quale sia la sua valutazione, dal punto di vista dell'efficacia, di questo istituto ai fini di ridurre i tempi della transizione dall'emergenza ad una situazione ordinaria, trasparente, accettabile per la salute dei cittadini. La Puglia non è la sola regione commissariata (non soltanto nel sud, perché vi è stata anche la Lombardia) e vorremmo capire, sulla base della sua esperienza per quanto riguarda la Puglia, qual è la sua valutazione sull'efficacia di questi provvedimenti istituzionali e sulla possibilità reale che hanno i loro gestori istituzionali, a seconda delle loro figure, di pervenire a soluzioni in tempi ragionevoli.

GIUSEPPE SPECCHIA. Lei ha ricordato fatti legati alla criminalità organizzata in questo settore, anche rispetto alla vicenda di Brindisi: per quanto ne sa, oggi la situazione si è modificata positivamente od invece abbiamo comunque una presenza collegata alla criminalità organizzata della Puglia o di altre regioni d'Italia?

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Riguardo alla prima domanda, presidente, l'oggetto del commissariamento affidato alle mie cure, con i poteri speciali conferiti dal Governo, ci ha consentito di mettere in cantiere lavori per circa 400 miliardi, che riguardano soprattutto il Salento. Da Maglie a Brindisi, salendo verso Bari, vi è una serie di imprese che lavorano e, per evitare infiltrazioni o un sistema basato sulle raccomandazioni, vi è un'organizzazione per la quale gli stati di avanzamento che arrivano in prefettura vengono pagati entro 5-6 giorni (arrivano, vanno al comitato tecnico che fa le sue osservazioni, dopo di che vanno in ragioneria e vengono pagati). Premetto che non mandiamo in cantiere opere per le quali non abbiamo già in contabilità speciale la provvista finanziaria, perché altrimenti non sapremmo come farvi fronte.

Abbiamo quindi la possibilità di pagare rapidamente, attraverso un meccanismo per il quale l'impresa (che preferibilmente non deve venire, perché sono queste le direttive) presenta lo stato d'avanzamento, il comitato tecnico esamina la pratica ed in pochissimi giorni l'impresa è in grado di riscuotere quanto è di sua competenza. Questo ha consentito un'accelerazione delle procedure ed anche una pressione sulle realtà locali che non gradiscono i depuratori (per i quali vi sono difficoltà di ubicazione, di passaggio delle condotte eccetera). In questo modo, mi confronto con i sindaci (li vado a trovare o vengono loro in prefettura) e troviamo una soluzione concordata: per esempio, abbiamo superato le resistenze dei proprietari dei terreni, con la promessa che daremo il terreno agli espropriati in comodato gratuito (anche perché non sapremmo cosa farne), imponendo per le zone vicine di piantare alberi e di creare un habitat che riesca in qualche modo a mascherare l'insediamento.

Vi è anche un'attività di sorveglianza, per cui le imprese lavorano in condizione di tranquillità e non subiscono estorsioni: per la verità, in Puglia non ve ne sono molte ma noi operiamo un controllo anche attraverso un meccanismo più snello, non istituzionale, cioè commissariale, per la verifica delle persone. Le difficoltà che invece si incontrano - probabilmente ve lo diranno anche gli altri auditi - nascono, a mio avviso, dal fatto che è consolidato sul territorio pugliese e barese un sistema in cui i soggetti titolari di discarica sono sempre gli stessi: non esiste in questo campo libertà di mercato, per cui le tariffe sono determinate e i titolari delle società sono sempre quelli. In queste condizioni, vi è difficoltà nel portare il piano a compimento, perché delle due l'una: o si aumenta la quota privata nelle nuove gestioni e nei nuovi insediamenti (e si fanno delle società miste), oppure viene riportato tutto al pubblico, al sistema istituzionale degli enti locali. Quest'ultimo potrebbe certamente essere il sistema migliore, dando poi in concessione, o in subconcessione, le gestioni ma vi sono ostacoli finanziari, perché bisognerebbe avere soldi per gli espropri dei terreni, per la costruzione degli impianti, per fare tutto quello che serve in questo ambito nel quale la tecnologia è abbastanza costosa.

Tuttavia, non è partito né un sistema pubblico né un sistema di società miste ed al contempo non può partire un sistema puramente privato che è contrario alle direttive del ministro dell'ambiente. In questa situazione, anche la gestione commissariale incontrerà difficoltà nel rendere operativo il piano, anche perché gli studi e le analisi da effettuare sono tanti. Teniamo presente che - chi è barese lo sa - qui nelle verdure si trova altro che amianto! Le verdure si coltivano con l'acqua dello sciacquone, con l'acqua di fogna ed arrivano sul mercato; e poi a Bari c'è il colera! Vi è in questi prodotti un'enorme concentrazione di colibatteri. Siamo andati avanti con il sistema delle acque ed ho osservato che già la tabella A è un paradiso rispetto all'acqua utilizzata in questo modo; se poi vi saranno dei residui eccetera, si pone un discorso di alte tecnologie che stiamo studiando attraverso una convenzione affidata all'università di Potenza ed un'altra affidata all'IRSA (vedremo di interessare anche il politecnico di Bari).

Per quanto riguarda la domanda del senatore Specchia, nel marzo 1995 vi è stata una relazione del prefetto di Bari che descriveva chiaramente la situazione a Brindisi: non so se la proprietà sia rimasta uguale e per questa ragione è importante conoscere le titolarità. Magari cambiano i pacchetti azionari nelle società per azioni e difficilmente si riesce ad individuare i titolari: certamente questo rapporto, all'epoca, era stato inviato anche all'autorità giudiziaria. Se non è mutata la proprietà, senatore Specchia, vale questo rapporto inviato anche agli organi delle procure di Lecce e di Brindisi.

PRESIDENTE. Ritengo che il rapporto di cui le fa menzione, del marzo 1995, sia a disposizione della Commissione perché lo aveva ricevuto la Commissione della passata legislatura: in ogni caso lo verificheremo. Invece, per quanto riguarda la richiesta che lei ha avanzato alla regione per il monitoraggio sulla titolarità delle discariche e sui relativi aspetti societari, bisogna verificare se ricorrono sempre gli stessi nomi, per i possibili effetti in termini di vincoli alla libertà di mercato e di gestioni trasparenti.

Desidera aggiungere altro?

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Desidero fare presente che presso la camera di commercio esiste una commissione per l'iscrizione nell'albo degli smaltitori, che va avanti con estrema fatica a causa di una legislazione estremamente puntuale. I soggetti interessati vanno da quelli che si occupano di bottini e autobotti fino al grande impresario; tra l'altro, non solo il presidente ma anche tutti i membri della commissione non ricevono un compenso, per cui sono spesso assenti e le pratiche girano per anni. Bisognerebbe quindi intervenire sulla legislazione in materia di albo degli smaltitori, per modificare le procedure e dettare norme precise in base alle quali si può entrare a certe condizioni e si può rimanere nell'albo a certe condizioni.

La logica di far entrare tutti, della sanatoria attraverso il procedimento in commissione, di consentire a chiunque abbia un'autobotte di diventare titolare di un'impresa di smaltimento di rifiuti è negativa, perché nella fase successiva non si è più in grado di governare nulla. Se nella provincia vi sono 200 titolari di bottini che prendono dai pozzi e scaricano dove gli pare, in campagna, in prossimità dei paesi, dappertutto, avviene che tutte le vecchie cave della Puglia diventano discariche (ed è quello che è successo). Attraverso meccanismi legali, dobbiamo invece impedire la proliferazione di questi sistemi; altrimenti avviene come per la patente automobilistica: una volta presa, non si sa dove si va. Il sistema integrato va considerato dal punto di vista dei soggetti titolari di questa operazione di base che è di grandissima importanza: in proposito, stiamo dotando i depuratori che stiamo facendo in Puglia di un sistema di scarico per questi bottini. Almeno, potranno poi essere perseguiti se non andranno lì; se però non esiste il posto per la discarica, questo non è possibile. Attualmente sarebbe meglio lasciarli dove sono, perché se ci si affida ad uno smaltitore poco cosciente questo può andare dove gli pare: qui intervengono fattori mafiosi di difficile rilevamento, che sono la minaccia sul territorio (se non mi fai scaricare, ti taglio gli alberi eccetera); si alimenta quindi un sistema di prevaricazione di base, sul quale poi l'intervento delle forze dell'ordine è pressoché impossibile perché l'attività di prevenzione è troppo vasta e non riesce a colpire anche queste diramazioni. Occorre quindi uno studio sull'albo, la costituzione di una commissione per l'oggi, l'indicazione di requisiti più severi e l'obbligo per i titolari di indicare anche la chiusura del servizio, perché altrimenti rimane un servizio aperto.

ERMANNO IACOBELLIS. Dove vanno a smaltire, in mare?

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. In mare è anche peggio perché, se sulle coste oggetto di attività turistica viene gettato un concentrato di colibatteri, la balneazione non si può fare; sarebbe necessario prevedere anche un'area di stoccaggio, una discarica per i liquami, uno studio di recupero dei percolati. Certamente va fatto qualcosa perché altrimenti succede quello che sta avvenendo per l'immigrazione clandestina: quando arriva la grande nave l'opinione pubblica è informata, mentre quando arriva il gommone di notte non si vede e non ne parla nessuno. In realtà, cento bottini fanno danni incalcolabili, per cui è necessario un intervento per la legge sull'albo.

ERMANNO IACOBELLIS. Lei sa che nel territorio pugliese gli insediamenti produttivi non hanno l'allacciamento con le condotte fognarie per lo scarico e quindi creano dei pozzetti soggetti a svuotamento periodico. A me risulta che moltissimi insediamenti produttivi, invece di assumersi l'onere e la spesa dello svuotamento di questi pozzi, trovano molto più comodo fare la classica trivellazione attraverso la quale smaltiscono i rifiuti, che spesso sono anche nocivi o tossici (quindi non soltanto residui dei rifiuti urbani). Le rivolgo, dunque, una domanda tenendo conto che si tratta di una realtà che può verificarsi, visto che è vero che le verdure, di cui i pugliesi sono grandi consumatori, sono fertilizzate con liquami di fogna: addirittura vengono danneggiate le condotte fognarie, e le verdure presenti sulle tavole sono molto rigogliose. Non crede che sarebbe assai facile effettuare un controllo sulla regolarità dello svuotamento di questi pozzi attraverso la verifica delle fatture, delle ricevute che questi insediamenti produttivi dovrebbero avere a riprova del fatto che si rivolgono ad aziende specializzate nello svuotamento? Mi risulta che questa verifica non sia fatta dalla Guardia di finanza o da altri organi tecnici. Lei non pensa alla possibilità di dare un input alle forze di polizia affinché si svolga questo controllo? Ricordo che quando ero magistrato condussi un'inchiesta sulla balneazione nelle acque marine: risolsi la faccenda chiedendo ai gestori degli stabilimenti balneari - che protestavano dicendo che svuotavano regolarmente i loro pozzetti - di mostrarmi le ricevute, ma riscontrai che nessuno le aveva.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Raccolgo il suo suggerimento, onorevole Iacobellis, naturalmente avendo presenti i limiti dei miei poteri di indagine, perché per accedere alle fatture è necessario l'intervento dell'autorità giudiziaria. Ma accolgo il suo suggerimento per il metodo d'indagine. Il questore mi ha fornito questa informativa il 13 gennaio. Il De Consoli Pasquale è stato denunciato presso la pretura circondariale di Trani per abbandono di rifiuti, in particolare fanghi provenienti dalla lucidatura di pavimenti. Un altro signore ha abbandonato materiale edile di risulta in mezzo alla strada a Corato. Tale Masciosce Giovanni è stato denunciato per una discarica abusiva.

Diciamo le cose come stanno. Se un'impresa ha determinate deficienze, il risultato è la sua chiusura. Naturalmente, non potrei farlo per una sola, ma dovrei chiudere due, tre, dieci ristoranti o stabilimenti balneari. Lei sa che lungo tutta la costa...

ERMANNO IACOBELLIS. Lei conosce l'istituto della diffida.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Sì, raccolgo il suo suggerimento, però tenga presente la generalità dell'illegalità che parte anche dai ristoranti. I ristoranti sul mare non hanno il depuratore, e se anche ce l'hanno non lo accendono perché costa troppo, e quindi scaricano a mare. Perciò, fare un'operazione di questo tipo vorrebbe dire sconvolgere questa attività produttiva. Certo, faremo un'indagine sui casi macroscopici. Penso che se rendessimo più facile il ricorso ad una struttura già esistente, il mancato utilizzo sarebbe veramente grave; ma attualmente, la mancanza di strutture adeguate rende difficile il rispetto delle norme. La gente infatti obietta: dove porto i rifiuti, presso quale depuratore? Lei sa che i depuratori di Brindisi sono stati tutti sequestrati dalla procura della Repubblica perché dove dovevano finire i fanghi erano cresciute erbe assai rigogliose, dato che l'acquedotto pugliese non paga le ditte di manutenzione da circa due anni. L'acquedotto ha un deficit di circa 300 miliardi, tanto che il commissario ne ha chiesto il ripianamento ad opera del Governo, e non paga le ditte di manutenzione da anni. Alcune ditte sono fallite, altre, dopo alcuni mesi di attività, hanno deciso di rinunciare. Come il senatore Specchia sa, i depuratori sono stati sequestrati dall'autorità giudiziaria per mancato funzionamento.

Proporrò al ministro dell'ambiente di istituire un comitato ispettivo che, giorno per giorno, visiti i depuratori pugliesi per accertare se funzionino o no, e gli eventuali motivi del mancato funzionamento. Se si concentrano i liquami in un determinato punto e il depuratore non funziona le conseguenze sono infatti catastrofiche: invece di adottare un rimedio, si creerebbe una situazione ancora peggiore. Pertanto, occorre una rete strutturale, ma è altresì necessario che essa funzioni. I depuratori di Bari...

ERMANNO IACOBELLIS. Funzionano.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Ma andremo ad impegnare altri 30 miliardi del piano per il potenziamento. Se il meccanismo funziona, bene, se non funziona è un guaio, anche perché si alimenta la diffidenza delle popolazioni che non vogliono i depuratori, perché se non funzionano il rimedio è peggiore del male.

ERMANNO IACOBELLIS. Ma a Bari le condotte sottomarine sversano a un chilometro dalla costa.

GIUSEPPE MAZZITELLO, Prefetto di Bari. Onorevole Iacobellis, i limiti della tabella A sono certamente raggiunti in tutti i depuratori; essa è utile quando si è vicino al mare o ad un fiume. Quando mancano questi requisiti, perché si è all'interno del territorio, il rispetto della tabella è importantissimo per non inquinare il territorio. Poiché la Puglia è molto estesa in lunghezza le situazioni vanno considerate area per area.

PRESIDENTE. La ringraziamo di nuovo.

 

Incontro con i rappresentanti della regione Puglia.

PRESIDENTE. Saluto i rappresentanti della regione Puglia. Il presidente Di Staso mi ha comunicato che, per impegni della conferenza Stato-regioni a Roma, non può partecipare a questo incontro. In sua rappresentanza sono presenti l'assessore regionale all'ambiente, che ha la delega in materia di rifiuti...

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Sì, ho la delega, ma il settore rifiuti è commissariato.

PRESIDENTE. Sì, ed è qui presente il subcommissario, per cui possiamo avere tutte le informazioni che ci avrebbe fornito il dottor Di Staso, tranne un aspetto che forse attiene di più a responsabilità politiche generali, che sono obbligato a segnalarvi. Il prefetto di Bari, che peraltro ha esperienze commissariali, ci ha fatto presente che uno dei problemi esistenti è quella che definirei una "mancanza di mercato" relativamente agli impianti di discarica, nel senso che i titolari di discariche sono sempre gli stessi. Vi è quindi una situazione di blocco di fatto del mercato, che non consente un libero gioco che si rifletta anche sulle tariffe che dovranno essere istituite per questo servizio. Il prefetto ci ha comunicato elementi di preoccupazione sulla natura di queste società, anche riguardo a possibili infiltrazioni. Vi prego - anche se avremo modo di parlare direttamente con lui - di segnalare al presidente Di Staso questi problemi che sono emersi nel corso dell'audizione del prefetto. Per quanto concerne i problemi connessi alla gestione commissariale, do la parola al subcommissario Ciuffreda.

BIAGIO CIUFFREDA, Subcommissario delegato all'emergenza rifiuti in Puglia. Presidente, le porto i saluti del presidente Di Staso che, come lei ha ricordato, è a Roma per impegni improrogabili. Consegno alla Commissione una nota scritta che mi accingo ad illustrare.

PRESIDENTE. La prego allora di illustrarci in sintesi i punti che ritiene più rilevanti.

BIAGIO CIUFFREDA, Subcommissario delegato all'emergenza rifiuti in Puglia. Senz'altro. La struttura commissariale è nata, nel 1994, in base alla legislazione allora vigente, cioè il DPR n. 915. Nel 1996 il commissario delegato ha varato il piano per l'emergenza rifiuti, che è stato concretamente rivisto in base al decreto legislativo n. 22 del febbraio 1997. Farò quindi riferimento al piano per l'emergenza programmato in base alla legislazione vigente, che è appunto il cosiddetto decreto Ronchi.

Il commissario delegato ha adottato il programma il 28 luglio 1997. Il piano è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1° ottobre 1997, n. 229, al supplemento ordinario n. 200. Cosa prevede questo provvedimento? Sono stati previsti dei centri intercomunali di concentrazione, prima lavorazione e stoccaggio dei materiali derivanti dalla raccolta differenziata. Specifico che, in base al decreto Ronchi, il commissario parla sempre di raccolta differenziata, perché di discarica non si parla più. Il secondo punto del piano è costituito dalle linee consortili di compostaggio. Questo è un aspetto molto importante: il compost arriva già separato dai punti di produzione di materiale organico, e non più selezionato dal rifiuto tale e quale. La raccolta differenziata è effettuata a monte e non più a valle. Avremo quindi un prodotto di qualità commerciabile. Se il compost è fallito come concime, ciò è dovuto alla cattiva qualità dovuta alla raccolta differenziata a valle e non a monte.

Un'altra novità è rappresentata dalle linee consortili per la produzione del famoso CDR. Un'altra da un osservatorio sui rifiuti. Inoltre, sono stati varati progetti per lavori socialmente utili da espletare con la raccolta differenziata porta a porte nei vari capoluoghi di provincia. Segnalo infine la campagna di sensibilizzazione. Vi è stata poi un'importante ordinanza del commissario che ha previsto l'assoluto divieto di introdurre in Puglia rifiuti provenienti da altre regioni. Per tutti i comuni è ora vigente l'obbligo - non è più una semplice raccomandazione - di attivarsi per sviluppare la raccolta differenziata del vetro, della plastica, della carta e del cartone, dei metalli. Lo scopo è di raggiungere l'obiettivo previsto nel decreto Ronchi.

Gli accordi di programma già definiti sono i seguenti: vi è un accordo di programma con la relativa convenzione con la Replastic e uno con il consorzio per il riciclo del vetro. La nostra filosofia è stata questa: prima di impegnarci nella raccolta differenziata, ci siamo preoccupati di collocare il prodotto. Abbiamo quindi consultato i vari enti preposti chiedendo, per esempio, di quanto vetro avessero bisogno. Quando abbiamo avuto assicurazione che tutto quello che si raccoglieva in modo differenziato in Puglia sarebbe stato collocato, abbiamo messo in movimento la nostra commissione interna. I provvedimenti sono già stati pubblicati sul Bollettino regionale.

Vi sono poi accordi di programma in corso di avanzata definizione, nel senso che saranno definiti in questi giorni. Parlo, per esempio, dell'accordo di programma e della relativa convenzione con il Comieco per il riciclo della carta. Un altro protocollo di intesa è con l'ENEL. Il ministro Ronchi, infatti, ci ha consigliato, prima di costruire nuovi termodistruttori, di effettuare un'indagine di mercato per accertare se nella regione esitano già impianti in grado di bruciare i rifiuti. Lo abbiamo fatto e la risposta è stata positiva: ci sono le cementiere e gli impianti dell'ENEL. Non tutte le centrali dell'ENEL, però, sono compatibili con il CDR, ma soltanto quelle a carbone. Abbiamo così avviato un discorso con il presidente Testa e con Francesco Tatò per attivare questa linea preferenziale. La risposta è stata positiva e stiamo cercando di adeguare la convenzione in modo che sia soddisfacente per entrambe le parti. A Bari esiste una potenziale centrale elettrica che potrebbe essere trasformata in termodistruttore. Ma questo aspetto esula dai compiti del commissario perché rientra fra i compiti del presidente della regione. Mi auguro che si pervenga ad un accordo programmatico anche con i Ministeri dell'ambiente e dell'industria in base all'articolo 22, comma 1, del decreto Ronchi.

PRESIDENTE. Rispetto all'utilizzazione del CDR come combustibile di una centrale, si pone una questione. Ferma restando la raccolta separata che consente di avere da un lato il compost e dall'altro il CDR, il problema che si pone è di tipo impiantistico. Il commissariato di Governo deve cioè attivare tutta la procedura che porta all'effettivo esercizio degli impianti. Quali sono i tempi necessari per l'entrata in esercizio degli impianti per il compost e per la preparazione di un CDR che abbia caratteristiche merceologiche che ne consentano la combustione in un combustore a carbone di una centrale termoelettrica e anche caratteristiche di qualità che lo facciano rientrare nei limiti della normativa di imminente emanazione proprio sui limiti di concentrazione degli inquinanti? Si tratta di un aspetto fondamentale non soltanto in Puglia ma in tutta Italia.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. L'attività del commissario delegato all'emergenza integra in maniera sinergica l'azione ordinaria di competenza della regione, com'è ovvio. La regione, cioè, non si sente espropriata nei suoi compiti da parte del commissariamento, ma continua a svolgere le sue funzioni. Il piano regionale è stato approvato nel 1993 ed esiste una legislazione regionale per la sua attuazione. Ora la regione si accinge a riesaminare il piano per adeguarlo alle nuove norme intervenute con il decreto Ronchi. Il piano regionale si rivolge al servizio pubblico per lo smaltimento dei rifiuti urbani, perché in base alla legislazione del nostro ordinamento la gestione dei rifiuti urbani ricade nella competenza obbligatoria dell'ente locale, che la esercita con diritto di privativa. Il piano regionale si rivolge al pubblico, stima un fabbisogno e disegna, in coerenza con questo, un sistema organico sul territorio che sia sufficiente a coprirlo nel modo più adeguato.

Dico in estrema sintesi che il piano regionale ha definito un'organizzazione del territorio regionale in 18 bacini di utenza, prevedendo per ognuno un sistema integrato di smaltimento. Nei bacini a forte concentrazione urbana, quelli cioè dei capoluoghi di provincia (il nord barese, per esempio, è caratterizzato dalla presenza di comuni fortemente urbanizzati), sono state previste linee di incenerimento con recupero di energia. In quasi tutti i bacini - salvo un paio piccolissimi, come ad esempio quello del subappennino dauno - sono state previste linee di compostaggio secondo quanto prescriveva la legislazione tecnica dell'epoca, per un compost con caratteristiche agronomiche e chimico-fisiche come quelle previste dalla normativa. Ad integrazione di questo sistema, sono state previste discariche controllate, perché siamo tuttora convinti che un sistema integrale di smaltimento potrà rendere lo smaltimento della discarica sempre più residuale nel tempo, ma non lo potrà mai eliminare perché ci sarà sempre qualcosa che non saremo in grado di smaltire diversamente. Accanto a questo sistema integrato di smaltimento, vi è l'importante capitolo della raccolta differenziata, finalizzata al riuso dei materiali riciclabili.

L'attuazione del piano regionale ha scontato notevolissimi ritardi per ostacoli che si sono oggettivamente frapposti alla nostra azione. Come ben sapete, l'azione della regione è soprattutto di programmazione; poi vi è la parte di attuazione che non spetta più alla regione, perché vi è qualcun altro che riceve le linee programmatiche e deve porre in essere gli interventi. In primo luogo, abbiamo scontato un'ambiguità che è un po' nella legge dello Stato (e qui do una risposta alla preoccupazione del prefetto Mazzitello). Quando è stato emanato il DPR n. 915, che è stata la prima disciplina-quadro in materia nel nostro ordinamento, la nostra storia dello smaltimento dei rifiuti aveva visto i comuni che provvedevano liberamente ad allontanare i rifiuti prodotti nel proprio circondario il più lontano possibili dalle narici degli abitanti. Questo era il sistema adottato. Quindi, abbiamo ereditato un sistema di smaltimento incontrollato. La nuova filosofia era che la pianificazione regionale potesse organizzare un sistema che non fosse quello dello smaltimento comune per comune, a causa degli elevati costi di smaltimento che i piccoli comuni non avrebbero potuto sostenere, neanche attraverso lo strumento più semplice e più economico della discarica controllata. Oggi, infatti, una discarica controllata che non serva un bacino di utenza in media di 200 mila abitanti è antieconomica.

Allora, qual era il compito della pianificazione? Quello di accorpare le utenze, scegliendo strumenti di smaltimento al servizio di utenze normalmente sovracomunali. La pianificazione si spinse fino alla definizione della localizzazione degli impianti, oltre che della loro potenzialità, che i consorzi dei comuni nel frattempo costituitisi oppure i comuni nel cui territorio gli impianti erano situati, avevano l'obbligo di progettare, realizzare e gestire al servizio dell'utenza definita dal piano regionale. Ebbene, in Puglia non si è costituito neanche un consorzio. Il legislatore regionale abbandonò la scelta dei consorzi obbligatori, perché capì che imporli dall'alto avrebbe creato più problemi di quanti ne avrebbe potuto risolvere. Volontariamente i consorzi non si sono costituiti. Si è acceso anche un fortissimo contenzioso fra le autonomie locali riguardo alle localizzazioni. Nella quasi generalità dei casi non si vogliono gli impianti: ogni comune chiede perché si devono fare proprio nel suo territorio e chiede di farli altrove. Così è stato attivato un contenzioso davanti ai giudici penali, civili e amministrativi, e questa è la ragione fondamentale che ha determinato il ritardo nella pratica attuazione del piano regionale, non avendo la regione il potere di realizzare direttamente gli interventi. La competenza di gestione di tali servizi, in base alla legge dello Stato, è attribuita a ciascun comune.

In che cosa, allora, l'azione del commissario ci aiuta in questo momento? Egli, nei limiti che gli sono consentiti, può intervenire direttamente nella realizzazione di alcuni interventi. Non può realizzare discariche, ma può realizzare un impianto di compostaggio: non deve dire al comune di farlo, ma procede alla progettazione, effettua una gara, affida l'incarico e realizza l'impianto. Dopo di che chiama il comune interessato e gli dice che è responsabile dell'impianto. Questo discorso non vale per gli inceneritori, perché sia dal decreto Ronchi sia dalle ordinanze ministeriali che attribuiscono poteri al commissario emerge che debbano essere considerati l'ultima possibilità. Quindi, le discariche sono una soluzione residuale e gli inceneritori possono essere considerati solo una volta che sia stato verificato che tutto il resto non serve. Quella del compostaggio è una scommessa che stiamo tentando di fare con tutte le nostre forze, con gli strumenti di cui ha parlato il subcommissario. Mi riferisco ad un rifiuto già separato a monte, per ottenere un compost di qualità talmente elevata da fargli avere un mercato. In caso contrario, infatti, ci ritroveremmo ad aver sopportato dei costi di smaltimento senza avere la possibilità del riutilizzo.

Se le discariche e gli inceneritori sono possibilità residuali e se gli impianti di compostaggio sono problematici, il ruolo principe della nuova legislazione e anche dell'esercizio dei poteri commissariali è quello della raccolta differenziata destinata al recupero. Su questo l'azione del commissario si sta incentrando in maniera più forte, sapendo fin d'ora che quando avremo raggiunto il massimo degli obiettivi possibili, la raccolta differenziata potrà raggiungere il 35 per cento del rifiuto prodotto.

PRESIDENTE. Mi rendo conto, dalla sua risposta, che non c'è neanche l'ombra di impianti che non siano discariche. La raccolta differenziata, che costituisce la seconda priorità a livello europeo (la prima è la limitazione a monte della produzione dei rifiuti), deve assolutamente evitare il rischio che il cittadino che è invitato a servirsi delle apposite campane veda che tutto finisce in discarica. Questo sarebbe fortemente punitivo degli sforzi compiuti. Bisogna quindi arrivare alla percentuale del 35 per cento, che non deve essere considerata come un obiettivo mitico, ma bisogna anche procedere, in parallelo, alla realizzazione di impianti che effettuino una buona separazione della frazione umida. Se così è, infatti, il compost è di buona qualità. La Commissione, nel corso dei suoi sopralluoghi, ha visionato diversi tipi di impianti. Ci sono quelli che lavorano addirittura il rifiuto tale e quale, il cui prodotto finale della separazione non è particolarmente felice, anche se a Colfelice, nel Lazio, vi è un impianto di questo tipo con prestazioni discrete. Ma ne viene fuori un compost che in Puglia non servirebbe a nulla. Lì è utilizzato per ricopertura del suolo, ed è già qualcosa; ma le vocazioni agricole della Puglia sono note a tutti, e quindi è necessario un compost che sia un vero e proprio fertilizzante. Quindi, il problema impiantistico è fondamentale. Poiché fra i tempi procedurali e autorizzativi e quelli della costruzione è difficile pensare che per un impianto delle dimensioni necessarie passino non meno di due o tre anni...

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Sulla tempistica potrà essere più chiaro il dottor Limongelli.

PRESIDENTE. Sì, ma sottolineo con forza che, per raggiungere obiettivi di livello europeo - sottolineo che gli altri paesi in questo settore stanno un po' meglio di noi -, bisogna mettere mano a più cose simultaneamente, perché altrimenti si otterrà un obiettivo ma trovandoci di fronte alla farsa - ipotesi che tutti respingiamo - del camion che porta tutto in discarica.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Noi ci stiamo sforzando di non considerare la raccolta differenziata come un obiettivo. L'accettiamo come un obiettivo perché la norma ce lo impone, ma il nostro obiettivo è il recupero, se ci riusciamo; tant'è vero che, come il subcommissario diceva prima, stiamo cercando di fare, a monte della raccolta differenziata, degli accordi con gli utilizzatori che ci diano la garanzia sulla possibilità di una collocazione sicura del materiale raccolto separatamente. La raccolta differenziata, infatti, si può fare in tanti modi.

PRESIDENTE. Faccio un esempio concreto, quello della plastica. La Replastic non vive un momento particolarmente felice, essendo peraltro un organismo in qualche modo superato. Allora che ne facciamo della plastica raccolta in maniera differenziata?

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Noi abbiamo concluso un accordo con il consorzio della plastica in cui sono stabilite le quantità che esso si impegna a ricevere, le condizioni economiche per la cessione, l'impegno del consorzio della plastica (parlo di consorzio della plastica perché è previsto per legge, anche se ormai è sciolto, ma ce ne sarà uno che gli succederà) a garantirci la destinazione finale del materiale come materia prima nei processi produttivi collegati al consorzio. Questo per noi è già sufficiente. Lo stesso discorso vale per il vetro. Questi sono i due accordi che finora abbiamo concluso, ma sono in dirittura d'arrivo anche quelli relativi all'alluminio e alla carta.

PRESIDENTE. Se questa è la filosofia generale, e augurando un livello molto elevato di efficienza, una serie di frazioni ha già un canale configurato dagli accordi di programma. Quello che resta è il problema da un lato del compost, per cui è necessario un impianto, e dall'altro della preparazione di un CDR che sia accettato come combustibile, per cui è necessario un altro impianto.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Questo è previsto nel programma del commissario. E' chiaro che il rispetto delle norme è un fatto scontato. Poi dobbiamo fare i conti con l'utilizzatore, che ci deve dire se, oltre al rispetto delle norme, per riceverlo e utilizzarlo ha bisogno di ulteriori garanzie. Sono in corso di definizione delle intese con l'ENEL, e ci auguriamo che arriveranno a buon fine.

Per quanto riguarda le esperienze maturate negli altri paesi europei, guardo sempre con attenzione a quello che fanno gli altri; ma non sempre dobbiamo prendere esempio dagli altri, perché sappiamo, per esempio, che in Germania hanno spinto la raccolta differenziata oltre un certo limite e adesso non sanno cosa fare del materiale che viene raccolto. Anzi, una parte di questo materiale la mandano in Italia.

PRESIDENTE. Sì, questa Commissione lo ha potuto vedere direttamente.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Allora, bisogna avvalersi delle esperienze degli altri ma anche ricorrere alla nostra inventiva per cercare di risolvere i problemi che altri hanno risolto solo in parte.

GIUSEPPE SPECCHIA. Rivolgo una domanda che mi sembra dovuta, anche dopo il sopralluogo che abbiamo compiuto questa mattina a Brindisi. Le prospettive indicate mi trovano d'accordo circa i piani e gli obiettivi che si intendono perseguire. Mi pongo però il problema di oggi e di un domani molto vicino. Credo di conoscere abbastanza il problema dei rifiuti in Puglia, e in particolare della provincia di Brindisi. So che tra qualche mese, purtroppo, saremo di nuovo nell'emergenza a Brindisi ma anche in altre località. Quindi, al di là dei giusti obiettivi degli impianti e della raccolta differenziata, bisogna risolvere un problema. Questa mattina dicevamo con il presidente Scalia che avremmo colto l'occasione di questo incontro per dire al presidente Di Staso - e quindi lo diciamo all'assessore e al subcommissario - di dare un input deciso nei confronti della provincia e del comune di Brindisi. Cito il caso di Brindisi perché vi è stata una proroga di qualche mese dopodiché "saremo alla frutta", perché vi è un unico impianto decente. Credo che una risposta vada programmata anche da parte del commissario.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Su questa preoccupazione specifica, senatore Specchia, possiamo tranquillizzarla. Rispetto agli atteggiamenti un po' disarticolati che per il passato hanno contrassegnato l'azione della provincia e del comune, recentemente, grazie al nostro potere di raccordo, abbiamo registrato una convergenza in base alla quale possiamo dire che sicuramente l'azione che il comune sta conducendo insieme con il potere autorizzativo della provincia faranno in modo che si evitino situazioni di emergenza come quelle cui lei faceva riferimento.

PRESIDENTE. L'osservazione del collega Specchia riguardo a Brindisi era esemplificativa, ma il prefetto di Bari ci faceva presente che in realtà questa è una situazione più generale, che attiene alla delicatezza dell'esercizio del potere commissariale. Laddove viene esercitato dal prefetto come commissario di Governo, esso lede in qualche modo un principio di responsabilità dei rappresentanti eletti e tuttavia, nelle varie esperienze compiute, ha mostrato una rilevante efficacia. Preferiremmo che non vi fossero commissari di Governo, ma quando questa carica è ricoperta da un rappresentante eletto inevitabilmente si pone il problema del consenso (che peraltro, francamente, si pone anche per i prefetti); nel caso del rappresentante eletto questo problema è più complesso ed anche rispetto alla disponibilità immediata dei fondi non vi sono gli short-hand che ha il commissario prefettizio. Si pongono, insomma, questi problemi che il collega Specchia segnalava, per cui le preoccupazioni sono legittime.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Sono più che legittime e sono le nostre preoccupazioni.

PRESIDENTE. Vi sono anche le difficoltà di mettere insieme i comuni per i consorzi, di attivare la strumentazione istituzionale necessaria per far marciare l'attività operativa.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Queste preoccupazioni, presidente, sono esattamente le nostre. Un dato che però dobbiamo consegnare alla Commissione è che, paradossalmente, i poteri del commissario delegato gli consentono di esercitare l'ordinario: il commissario, cioè, ha una consegna ad organizzare quello che si farà in futuro, quindi ad attivare la raccolta differenziata che forse realizzerà degli obiettivi tra due anni, ad organizzare un'impiantistica di secondo livello che potrà dare risultati in seguito. Sono esclusi altri poteri: abbiamo litigato per mesi con il Ministero dell'ambiente e con il dipartimento per la protezione civile, perché ritenevamo che fra i poteri del commissario vi fosse la possibilità dell'intervento diretto per le soluzioni di primo livello, che purtroppo sono le discariche. Si tratta degli interventi che garantiscono che non si arrivi alle situazioni di crisi; questi interventi, dopo mesi di lotte, di bozze di ordinanza che andavano su e giù, sono stati preclusi al commissario dall'ordinanza ministeriale. Egli, quindi, non ha potere di intervento sulle discariche: di conseguenza, chi interviene per le emergenze, paradossalmente, è la regione con i poteri ordinari, non il commissario.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. E' fin troppo lapalissiano: il commissariamento per l'emergenza rifiuti non incide sulle motivazioni dell'emergenza, che pertanto permane. Il problema vero, alla fine, è questo: lo smaltimento di primo livello è demandato, per legge dello Stato, ai comuni; all'interno dei loro territori si crea una serie di conflitti di interesse (anche accettabili, in quanto ambientali e non necessariamente di tipo economico), per cui tutta l'attività, l'imprenditorialità è bloccata, mentre il commissario non ha poteri per intervenire.

ERMANNO IACOBELLIS. Forse vi aspettavate la mia domanda. Come sapete, sono stato eletto nel collegio n. 24, di Trani-Ruvo-Corato, dove c'è una grossa "patata bollente", che deve essere presa da qualcuno: mi riferisco al problema della discarica Ecoerre, per la quale vi è una mobilitazione generale e sono stati interessati anche sottosegretari. Vi è stato un consiglio comunale che all'unanimità ha bocciato la proposta di una ditta privata per l'installazione di una discarica di tipo B per rifiuti speciali; ho perso un po' i contatti con la legislazione regionale, ma mi sembra un po' eccessivo che una volontà di un comune espressa in maniera così solenne possa essere conculcata da decisioni che vengono dall'alto. Vi chiedo quindi di illuminarci sulla questione.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. La sua domanda è la riprova di quanto abbiamo detto pochi secondi fa: è il classico esempio in cui qualcuno tenta di bloccare un'intrapresa che tende a risolvere una serie di problemi per un interesse...

ERMANNO IACOBELLIS. E' un'intera cittadinanza, un consiglio comunale all'unanimità!

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Per questo problema si è fatta anche una conferenza di servizi provincia-regione, nella quale abbiamo esaminato un parere favorevole della commissione tecnico-scientifica della provincia. Abbiamo inoltre valutato l'impatto, oltre che ambientale anche occupazionale, aspetto che non possiamo perdere di vista nel meridione.

Si tratta di una discarica di tipo 2B: considerate che sono assessore soltanto da tre mesi ma ho comunque scoperto che questa azienda aveva avviato dal 1990 una progettazione, che ho verificato essere consona e perfettamente in linea con i dettati del decreto legislativo n. 22. Ho quindi avuto il piacere di constatare in questa progettazione una sorta di lungimiranza rispetto a quelle che sarebbero state le esigenze: si sono presentati con un progetto che prevede una raccolta differenziata a 360 gradi. E' un progetto industriale - tale l'ho considerato - che praticamente prevede di non gettare in discarica quasi nulla, con una garanzia di impatto ambientale assoluta, totale. Su questo, ho riscontrato una sorta di strumentalizzazione, perché la gente non ha capito che lì non vanno gli RSU...

ERMANNO IACOBELLIS. La gente di cui lei parla sono il sindaco e l'intero consiglio comunale, maggioranza ed opposizione.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Onorevole, noi abbiamo il dovere di guardare alle esigenze vere della gente...

ERMANNO IACOBELLIS. Per non soffermarci eccessivamente su un problema locale, la domanda che le rivolgo è questa: Trani è obbligata ad avere questo impianto?

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. No, quest'obbligo non c'è.

ERMANNO IACOBELLIS. Va bene, quindi sono scelte di carattere tecnico-politico.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. In qualità di amministratore, però, le devo dire che ho valutato con molta attenzione queste iniziative, nell'interesse della cittadinanza: questo è quanto mi sento di dire in piena coscienza. Se il consiglio comunale emette un verdetto, e stranamente il sindaco, in sede di conferenza di servizi, dopo aver ascoltato i tecnici, non pronuncia un suo giudizio, non vota e dice che ci vuole ripensare, vuol dire che il problema è aperto. La verità è che abbiamo un'emergenza rifiuti e che qualcuno si lamenta per il fatto che la legge dello Stato lega le mani perché certe iniziative devono obbligatoriamente passare per certi canali; se quelli che non devono obbligatoriamente passare per quei canali li ripilotiamo comunque facendo consigli comunali per impedire certe iniziative, a questo punto qualcosa non è chiara.

ERMANNO IACOBELLIS. Le faccio presente che sta parlando di consigli comunali in cui è rappresentato tutto l'arco costituzionale: il sindaco e la giunta sono di destra, ma il discorso va al di là dello schieramento politico.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Sono fermamente convinto del fatto che due settori, l'ambiente e la sanità, non hanno colore politico, appartengono alla popolazione di qualsiasi di colore essa sia, e noi abbiamo il dovere di giudicare le cose in base a questo concetto di base. Ritengo veramente che di quel tipo di impianti, purtroppo, ce ne richiedano pochi: vorrei avere decine di quelle domande, perché quelle, secondo il mio parere, sono non solo attività industriali che producono effetti positivi sul territorio ma anche attività ambientali che impediscono a tanti prodotti di finire in discarica.

ERMANNO IACOBELLIS. Il popolo di Trani la ringrazia ma "non mangia pernici".

PRESIDENTE. Il problema non può essere affrontato con la cavalleria leggera: abbiamo visto che anche in zone disastrate (francamente non trovo un altro termine) dell'area casertana il problema del rapporto con le popolazioni e le istituzioni locali è scottante, per questi aspetti peggiore rispetto a queste zone. Si tratta di aree molto più degradate e tuttavia alla fine si riesce a trovare il consenso degli enti locali e della popolazione. Credo, in base all'esperienza in questa Commissione, che proprio laddove la questione rifiuti si pone in termini tali per cui le amministrazioni regionali e locali si trovano di fronte ai problemi che portano all'emergenza, bisogna tenere presente questo: per forza i cittadini hanno un rapporto di sfiducia, non generico ma nei confronti del tema dei rifiuti, visto che si è arrivati all'emergenza. Da un lato, quindi, probabilmente il consiglio comunale di Trani può esaminare le proposte pensando che i rifiuti in ogni caso vanno smaltiti, dall'altro lato l'azione della regione deve tenere conto del fatto che va ricostruito un rapporto di fiducia. Questo è vero sempre, dovunque si pervenga all'emergenza, perché qualcosa non ha funzionato.

Siamo inoltre sempre molto interessati agli aspetti tecnici e preghiamo il dottor Limongelli di farci avere la sua relazione. In realtà, mi sembra che il quesito si ponga in certi termini: non vorrei sbagliarmi e chiedo il conforto dei colleghi. Consideriamo come si sono messe le cose: un commissariamento che riguarda la presidenza della giunta regionale che attiene alla programmazione della situazione a regime, l'assenza invece di un soggetto che non sia la stessa amministrazione regionale per gestire l'emergenza oggi e domani; si richiede quindi una risposta molto netta. Avevo premesso che la nostra Commissione non è favorevole ai commissariamenti, perché li vede come elemento deresponsabilizzante, che configura in qualche modo una serie di emergenze in cui muoversi.

Tuttavia, proprio perché abbiamo visto la situazione campana (in cui vi è un commissario di Governo per l'emergenza dei rifiuti urbani che è il prefetto di Napoli e un commissario di Governo alla programmazione che è il presidente della giunta regionale) ed abbiamo osservato che quello schema sta in qualche modo iniziando a produrre passi in avanti in una situazione molto complessa con livelli eccezionali di degrado, voglio rivolgervi una domanda. Certo ci vorrebbe il professor Di Staso, ma la domanda che mi sembra inevitabile è: ce la fa la regione, con i suoi poteri ordinari, ad affrontare credibilmente il lavoro di oggi, di domani e dei prossimi mesi fino a quando non subentrerà quell'organizzazione della raccolta separata, degli impianti per il compost, che a regime consentirà di gestire in modo ordinario, efficiente, pulito, trasparente il settore? Va inoltre tenuto conto che, come ci veniva segnalato dal prefetto di Bari, una gestione non adeguata dell'emergenza dell'oggi pone problemi di infiltrazione della criminalità organizzata, o almeno di atteggiamenti diffusamente illeciti e illegali.

A questo punto, la domanda che magari ripeteremo direttamente al commissario di Governo è: se la sente la regione? Se non se la sente, questa Commissione può tranquillamente esercitare la sua azione di influenza nei confronti del Governo, chiedendo: perché non si adotta in Puglia il modello della Campania? Perché questa non appaia una forzatura nei confronti dei poteri regionali, però, la domanda necessita di una risposta chiara. Stavo comunque ragionando in base a quello che ho sentito ed in proposito dovremo anche scambiarci delle opinioni con i colleghi.

Vorremmo comunque capire bene questo aspetto: non si tratta di mitizzare i poteri della nostra Commissione, ma indubbiamente un suo eventuale passo nella direzione che ho indicato ha buone probabilità di essere ascoltato; prima di farlo, però, bisogna capire se ci sono le motivazioni sufficienti. Il quadro che delineate ci suggerisce questa domanda, ma la risposta sta a voi. Vi prego quindi di dirci quello che pensate voi, in base alle vostre responsabilità politiche e di gestione; rivolgeremo poi questa domanda formale al presidente della giunta regionale nonché commissario di Governo.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Questa risposta, chiaramente, la darà l'assessore, ma personalmente vorrei fare una puntualizzazione: la regione se la sente di fare tutto quello che la legge le attribuisce in termini di poteri, come ha fatto finora; la regione non se la sente di fare quello che la legge non gli attribuisce. Se bisogna realizzare una discarica controllata, questo non è nei poteri della regione: la regione può eventualmente programmarla; vi è poi un altro soggetto, al di fuori dell'organizzazione regionale, che deve attuarla.

PRESIDENTE. Siccome abbiamo, purtroppo, un'esigenza di sintesi, vi faccio presente che il quadro è stato delineato bene: sappiamo benissimo che la regione è eminentemente programmatrice, però, se l'esperienza della regione, come sentivo dire, si pone di fronte alle difficoltà dei comuni nel costituire consorzi, eccetera, deve esservi una valutazione politica che chiediamo ai responsabili politici.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Voglio fare soltanto un esempio: abbiamo alcune parti del territorio che non sono servite, perché non riusciamo ad ottenere che i comuni impegnati in questo lavoro facciano le cose con la rapidità che la situazione richiede. Alcune parti del territorio della provincia di Bari, per esempio, portano ancora i rifiuti nella provincia di Taranto perché non sono state in grado di progettare, organizzare e realizzare un impianto di discarica controllata, peraltro programmato e pianificato nelle leggi regionali.

Se il commissario delegato avesse avuto il potere di realizzare direttamente l'impianto, come noi abbiamo chiesto, a quest'ora avremmo una discarica controllata ed il territorio sarebbe servito. La regione, questo potere di realizzare direttamente, non lo ha, perché la legge non glielo attribuisce; né lo ha il commissario in base al decreto Ronchi.

PRESIDENTE. Infatti, vi ho proposto quello campano come modello diverso per affrontare il problema. Le competenze ci sono ben chiare.

Se volete, la domanda ha un altro aspetto: è opportuno conferire all'attuale commissario anche i poteri sull'emergenza?

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Evidentemente sì.

PRESIDENTE. La cosa non è così evidente, perché altrove sono state compiute scelte diverse: si è cioè separata la fase della programmazione dalla fase dell'emergenza.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Presidente, ci rendiamo conto che rispondendo in questa maniera ci assumiamo delle responsabilità; non solo, ci dobbiamo anche caricare di una sorta di coraggio perché, se di fronte ad una discarica di tipo 2B succede questo, immaginate cosa accadrebbe se ci dovessimo sostituire ai comuni per gli RSU.

PRESIDENTE. Il problema è non il coraggio, che da questo punto di vista è un atto dovuto, ma se esiste la strumentazione organizzativa, amministrativa e tecnica che consenta la gestione corretta, efficiente ed efficace dell'emergenza.

MATTIA MINCUZZI, Assessore all'ambiente della regione Puglia. Ci stiamo anche organizzando: chi vi parla è assessore da tre mesi ed ha passato questo tempo a cercare di capire. Sono emersi una serie di elementi: ora stiamo puntando soprattutto sullo smaltimento dei rifiuti ma mi sono interessato anche di tanti altri problemi. Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, ho individuato un'esigenza che farò presente alla giunta ed anche al ministero: quella di rappresentare in questo commissariamento anche l'assessorato competente. Attualmente, c'è il commissario che è il presidente della giunta, il subcommissario, dei tecnici e l'assessore del ramo si interessa di altro, non tanto di emergenza rifiuti. Mi sembra che il collegamento fra questi aspetti sia un'esigenza da individuare e ci stiamo muovendo in questa direzione, per cui la struttura si collegherà meglio a questa emergenza.

Sicuramente va poi aggiunto un potere commissariale vero, che oggi non c'è, perché attualmente il commissario salta fasi ordinarie e non straordinarie. Questo comporta la necessità di reiterare l'emergenza: è questo il problema vero. Vi sono anche altri problemi, se vogliamo allargare...

PRESIDENTE. No, le ho fatto una domanda puntuale e la pregherei di darmi una risposta puntuale.

LUCA LIMONGELLI, Coordinatore dell'ufficio del commissario dell'emergenza rifiuti in Puglia. Se mi è consentito, vorrei dare un chiarimento. Il commissario delegato ha non solo compiti di programmazione, tant'è vero che si possono considerare gli interventi inseriti nel suo programma: i centri di raccolta per bacini in modo di non lasciare i comuni isolati (questi sanno in prima battuta dove mandare i materiali provenienti dalla raccolta differenziata); le linee di compostaggio che sono state previste dal commissario anticipando in qualche modo quanto previsto dal piano regionale (17 linee di compostaggio da 50 tonnellate ciascuna mediamente, dove in questa fase devono arrivare solo determinati tipi di rifiuti, cioè i mercatali, le grandi utenze, e non i rifiuti organici domiciliari, perché si vuole conquistare il mercato del compost con un prodotto garantito già in fase iniziale); le linee di produzione di CDR. Oltre a programmare questi interventi, il commissario li realizza in proprio, nel senso che li progetta e li attua; non interviene sulle discariche perché non ne ha la facoltà.

PRESIDENTE. Questo, però, riguarda il prossimo futuro, perché queste iniziative non verranno attivate né fra sei mesi, né probabilmente fra un anno.

LUCA LIMONGELLI, Coordinatore dell'ufficio del commissario dell'emergenza rifiuti in Puglia. Noi prevediamo che i centri di raccolta di bacino possano entrare in esercizio entro otto mesi; il commissario, pur in assenza dei decreti attuativi che definiscono i criteri tecnici, ha chiamato a raccolta il politecnico, il CNR, l'università, e hadefinito autonomamente delle linee guida di progettazione dei centri di raccolta, per le linee di compostaggio. Adesso comincia ad affrontare il tema del CDR ed ovviamente al riguardo i rapporti e le intese che ha in animo di fare da una parte con l'ENEL, dall'altra parte con il settore cementiero diventano elementi fondamentali, perché, prima di fare il CDR, dobbiamo sapere che abbiamo un luogo dove inviarlo; altrimenti avremmo, come al solito, un doppio trattamento del rifiuto e spenderemmo per fare il CDR e per smaltirlo. Non è questo che vogliamo fare.

L'attività del commissario delegato, il cui primo compito era programmare, è partita dalla coda: prima ha chiamato a raccolta Confindustria, Confartigianato, settore cementiero, ENEL, associazioni di categoria ed organizzazioni professionali agricole (Coldiretti, CIA, Associazione nazionale agricoltura biologica), proprio perché vuole coinvolgere i settori destinatari dei materiali già nella fase iniziale, per essere certo del percorso. Una volta coinvolte nella propria attività tutte le destinazioni finali, ha messo mano al piano che ha organizzato in loro funzione. Per esempio, per i centri di raccolta ha definito un disciplinare per la progettazione (in pratica, si tratta di organizzare funzionalmente dei macchinari), che viene svolta attraverso le strutture tecniche pubbliche: abbiamo scritto a tutti i comuni interessati, agli uffici tecnici della provincia ed abbiamo acquisito la loro disponibilità per progettare sulla base di questi decreti, per cui in trenta giorni siamo in grado di progettare.

PRESIDENTE. Ho capito bene, anche per l'impegno che ha messo nella sua esposizione, qual è questa linea di azione che sviluppa al massimo le funzioni di commissario di Governo, per vedere qual è la risposta di mercato che renda poi credibili le iniziative. La riassumo in questi termini: se tutto va come lei sta configurando (la prego, ripeto, di farci avere la sua relazione), vi sarà un periodo presumibilmente di 6-7 mesi (faccio riferimento al famoso termine di marzo) in cui non solo Brindisi ma anche altre situazioni si troveranno in fase di sostegno della discarica; diciamo che ad ottobre quasi tutte le cose che ci illustrava dovrebbero marciare. Questa è probabilmente l'ipotesi più favorevole, perché lei ha indicato tempi molto ristretti.

LUCA LIMONGELLI, Coordinatore dell'ufficio del commissario dell'emergenza rifiuti in Puglia. Io ho parlato solo di centri di raccolta.

PRESIDENTE. Penso che si andrà un po' più in là: comunque, supponiamo che tutto marci benissimo fino a ottobre, cioè fra più di otto mesi; resta un problema di 5-6 mesi in cui si presenta l'emergenza rifiuti.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Da questo punto di vista, al di là delle dichiarazioni sullo stato di emergenza che conoscete, abbiamo l'ambizione di ritenere che il nostro territorio sia in Italia uno dei più serviti sotto il profilo delle strutture di smaltimento dei rifiuti urbani, per lo meno come impianti di primo livello. Nel recente passato, abbiamo raggiunto un soddisfacimento del fabbisogno di smaltimento di rifiuti urbani vicinissimo al 100 per cento della produzione; abbiamo invece visto il nostro territorio aggredito da tir di rifiuti urbani provenienti da regioni che non hanno tutti i nostri problemi e che non hanno neanche un'emergenza. Evidentemente, siccome facciamo i conti con impianti di primo livello, che sono contenitori, discariche, se in questi si porta della roba si riempiono; allora, questa nostra capacità via via si riduce se non siamo in grado di attrezzare il nuovo. Non è che ci siamo fermati rispetto all'esigenza di attrezzare il nuovo: stiamo spingendo, perché il nuovo, secondo le previsioni del piano regionale, si attrezzi; è che dobbiamo passare attraverso gli atti dei comuni. Questa è la difficoltà: comunque, lo stiamo facendo; abbiamo scontato dei mutui della Cassa depositi e prestiti per alcune discariche nella provincia di Foggia, che era la meno servita; sono in corso di realizzazione una discarica a Cerignola con un mutuo della Cassa depositi e prestiti ed un'altra discarica per la parte del subappennino. Stiamo spingendo con molta forza perché il comune di Acquaviva, finalmente, riesca a portare a gara un progetto per una discarica controllata che avrebbe dovuto fare da tre anni, perché possa servire il territorio sul quale insiste. Sono tutte iniziative che stiamo portando avanti: naturalmente, esse hanno difficoltà di percorso per il fatto che non abbiamo un potere diretto sulla realizzazione.

Devo anche osservare che siamo perfettamente convinti che, quando avremo realizzato completamente il piano regionale e il programma del commissario, con tutti gli obiettivi largamente ambiziosi che ci siamo dati, quando avremo fatto tutto e più di tutto, avremo pur sempre bisogno di discariche.

PRESIDENTE. Questo è, come dire, affermare che due più due fa quattro.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Certo, però oggi c'è un altro tipo di filosofia.

PRESIDENTE. E' giusto che vi sia un'altra filosofia, ma banalmente, quand'anche si volesse adottare, come talvolta è stato prospettato, la soluzione dei termodistruttori, dove si mettono le ceneri? In discarica.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Indubbiamente, solo che le ceneri sono il 20 per cento del totale.

PRESIDENTE. Se tutto funziona bene, con i recuperi previsti, il CONAI eccetera, la discarica avrà un ruolo sempre più ridotto.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Comunque di questo strumento dovremo sempre tenere conto.

PRESIDENTE. Di questo siamo fermamente convinti.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Dobbiamo sforzarci perché diventi residuale rispetto alle altre soluzioni.

PRESIDENTE. Il punto è che in Puglia ci dobbiamo attendere 5-6 mesi di emergenza rifiuti urbani a partire dalla primavera.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Noi speriamo di no; perché lo dà per scontato? Finora abbiamo il territorio servito, almeno per l'80 per cento, pur con tutti i contrasti che vi sono, anche nell'area del brindisino.

PRESIDENTE. Chiederemo che il prefetto e il commissario di Governo ci forniscano un punto di vista comune al riguardo.

SALVATORE SECHI, Coordinatore del settore smaltimento rifiuti della regione Puglia. Se abbiamo situazioni di crisi, esse sono all'attenzione della magistratura e derivano da rifiuti che provengono da altre regioni. La scorsa settimana, i carabinieri hanno sequestrato un'area in provincia di Foggia per illecito conferimento di rifiuti urbani provenienti dalla Lombardia.

PRESIDENTE. Sarà oggetto di una nostra visita domani.

BIAGIO CIUFFREDA, Subcommissario delegato all'emergenza dei rifiuti in Puglia. Presidente, vorrei rispondere al quesito che lei ha posto. Nella regione Puglia, attualmente ci sono tre impianti per il composto: Molfetta, Brindisi e Taranto. Gli impianti programmati per il CDR sono Bisceglie, Bari, Gioia del Colle, Brindisi e Lecce.

Vorrei aggiungere un'altra considerazione: è vero che il commissario delegato non deve preoccuparsi delle discariche, però non è così insensibile nei riguardi dell'ambiente. Lo stesso vale per quanto mi riguarda, poiché rappresento il ministro dell'ambiente nella mia regione: in questi giorni, sono diventato come un commesso viaggiatore, perché giro continuamente in tutti i comuni e in tutte le prefetture per dialogare. Ecco il vero problema: come struttura commissariale, stiamo progettando e programmando il futuro, ma lei, presidente, ha detto benissimo: e per il presente? Sono molto preoccupato per il presente, perché vi sono alcune zone della mia regione nelle quali non hanno mai programmato la raccolta secondo il DPR n. 915, figuriamoci oggi con il nuovo decreto Ronchi. Ho dialogato con tutti i sindaci, mi sono offerto di essere presente nei loro consigli comunali per dare il mio contributo di esperienza, sulla base della mia professionalità, e consigliare su come si debbano organizzare in consorzi, perché è assurdo che cinque comuni di 2.500 abitanti desiderino ognuno avere la loro discarica (prevale ancora la filosofia "il mio rifiuto lo gestisco io"). Questo è il vero problema, presidente: se il commissario delegato avesse il potere di raccordo e di imposizione sui sindaci, forse il problema sarebbe risolto anche oggi.

Stamattina sono stato alla prefettura di Foggia, dove lei andrà domani: vedrà la realtà di un territorio nel quale sino ad oggi non hanno mai avuto una discarica secondo i dettami legislativi. Il problema è che il sindaco deve cambiare mentalità, deve collaborare, non pretendere dalle istituzioni che vengano risolti i suoi problemi; il sindaco ha delle responsabilità, come ho detto al prefetto di Foggia e ribadisco a lei, presidente.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo perché avete dato risposta alle domande che in qualche modo assillavano la Commissione: ci sono piccole discrepanze con le valutazioni che abbiamo sentito fare dal prefetto, ma questo non è così importante. Avete dato una risposta alle domande che vi abbiamo rivolto e per questo vi ringraziamo: vi ribadisco inoltre la richiesta di farci pervenire la documentazione utile.

 

Incontro con il dottor Roberto Rossi, sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari.

PRESIDENTE. Dottor Rossi, vorremmo completare oggi pomeriggio il discorso che abbiamo cominciato questa mattina presso la Fibronit. Vorremmo anche sapere se siano a sua conoscenza altri procedimenti giudiziari nel settore dei rifiuti in Puglia. So bene che le competenze territoriali costituiscono un limite oggettivo, ma poiché il prefetto di Bari ce ne ha parlato, può darsi che lei possa riferirci sulla situazione giudiziaria del settore dei rifiuti.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, partiamo dalla Fibronit. Credo che il sopralluogo effettuato dalla Commissione abbia consentito la verifica di alcune cose concrete. Il grave problema dell'amianto è legato, da un lato, dal punto di vista giudiziario, alla sua qualificazione giuridica come rifiuto; dall'altro ai problemi degli effetti che le fibre di amianto libere in aria hanno sulla salute delle persone. Mi riferisco in particolare a forme tumorali. Avete potuto verificare che la caratteristica dell'area Fibronit è quella di trovarsi in una zona densamente abitata. Alla procura presso la pretura ci siamo interessati della Fibronit sotto due profili. Il primo è quello relativo alla discarica, considerando quindi la Fibronit come una discarica, e tra poco ne spiegherò il motivo. Conduco personalmente questa inchiesta insieme ad un collega. Il secondo riguarda la Fibronit sotto il profilo degli omicidi colposi degli operai che hanno lavorato per tanti anni al suo interno.

PRESIDENTE. Quanti sono?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Non vi è stata ancora la formalizzazione, ma credo che stiano lavorando su una decina di casi. Credo però che i casi in totale siano molti di più.

PRESIDENTE. Le pongo allora la domanda in modo diverso. Quanti morti le risulta che vi siano stati nel cinquantennio di attività della Fibronit, indipendentemente dagli accertamenti giudiziari sulle responsabilità?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Si parla di centinaia di decessi e di forme tumorali collegate all'asbesto. Ma i dati su cui si sta lavorando e su cui si sono già acquisiti elementi abbastanza consistenti riguardano una decina di casi. Ma non c'è ancora il rinvio a giudizio, anche se dovrebbe essere prossimo.

ERMANNO IACOBELLIS. Esiste un problema di prescrizione?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Ma i decessi sono avvenuti ora.

ERMANNO IACOBELLIS. Ma la fabbrica è chiusa da tempo.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, ma la prescrizione...

PRESIDENTE. Esiste la latenza tumorale, quindi...

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Oppure si considera il momento della morte del soggetto.

Ma torniamo alla discarica. Avete potuto verificare, in base ai dati che vi sono stati forniti, che la Fibronit è in realtà una gigantesca discarica. Vi dico rapidamente che la quantità di rifiuti tossico-nocivi presenti nel sottosuolo è di 16.500 metri cubi; 21.100 metri cubi sono di rifiuti speciali; sono inoltre presenti 1.218 tonnellate di rifiuti tossico-nocivi all'esterno. Questo vi dà l'idea delle enormi quantità che sono state accertate e anche della gravità del problema. La situazione del suolo è gravissima, perché l'amianto è meno pericoloso quando è contenuto: quando diventa friabile è invece estremamente pericoloso. Senza fare nessuna polemica, ma citando il dato scientifico, vi dico che le analisi compiute nell'aria dall'azienda non sono corrette, perché sono state eseguite controvento. Ovviamente, la direzione del vento costituisce un elemento importante per capire se vi sia la presenza di fibre di amianto nell'aria. Questo è stato accertato solamente grazie ai consulenti che hanno verificato come spirava il vento durante la giornata.

PRESIDENTE. Ha disposto rilevazioni per misurazioni della densità di fibre per litro in condizioni di calma stagna?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. No, non l'abbiamo fatto perché esisteva un problema dovuto alla mancanza di attrezzature a livello locale e ai costi elevatissimi. Per farlo seriamente sarebbero state necessarie almeno sei stazioni fisse per un periodo lungo, con costi elevatissimi. La procura ha ritenuto di non gravare lo Stato di questa spesa, anche perché dal punto di vista processuale non era indispensabile.

Per quanto riguarda l'indagine, abbiamo rilevato che, al di là della cessione del 1985 dell'attività produttiva, la Fibronit ha compiuto successivamente - siamo ancora in fase di indagine, quindi sono salvi eventuali accertamenti dibattimentali di quanto sto per dire - numerose violazioni della normativa sui rifiuti. Anche se nel 1985 la produzione è cessata, molti degli scarti della produzione sono stati smaltiti illegalmente dopo quella data. Risulta dalla testimonianza di numerosi operai che sono stati sotterrati dei rifiuti e che sono stati spostati enormi quantitativi di cemento-amianto friabile, rotto, mentre non vi è nulla sui registri di carico e scarico.

Inoltre l'indagine da cui è conseguito il sequestro probatorio dell'area è nata anche in base ad un video che ci è stato fornito e che ci ha fatto verificare che vi era stata una violazione diretta da parte della società delle prescrizioni date dalla USL relativamente all'eliminazione di una parte dei rifiuti. Questa parte di rifiuti doveva essere destinata ad una certa discarica, dove non è stata mai mandata: una parte di rifiuti è stata schiacciata sollevando una quantità enorme di polvere. Vi sarà un accertamento giudiziale.

Per quanto riguarda il futuro dell'inchiesta, posso dire che le indagini sono terminate dopo la consulenza molto approfondita del professor Paglionico (qualcosa vi è già stato esposto, ma se la Commissione la volesse può essere fornita). Successivamente la procura, nell'ambito dei suoi poteri, ha sollecitato gli enti locali affinché compissero quanto in loro dovere. Mi spiego. La situazione della superficie non era nota alla stampa e all'attenzione pubblica anche degli enti sanitari. Pertanto, abbiamo provveduto a mandare al sindaco, quale massima autorità sanitaria della città, i risultati ottenuti, che hanno comportato la pronta emanazione da parte sua di un'apposita ordinanza, come sapete. Devo però prendere atto che l'ordinanza non è stata eseguita e che si sono avuti numerosi rinvii. E' chiaro che la procura, fino a quando non vi sarà una violazione formale, non potrà che prendere atto - ai fini dell'articolo 650 - di un'attività autonoma in relazione alla quale non possiamo fare nulla. Ma vi è una preoccupazione relativamente alla salute pubblica.

PRESIDENTE. Mi rendo conto che non attiene alle sue competenze, ma l'ufficiale sanitario ci ha confermato che i lavori partiranno lunedì. Si dà la fine di marzo come tempo limite per effettuare la messa in sicurezza. Comprendo che lei non abbia valutazioni di merito da fare, ma una valutazione di attendibilità forse ce la può dare, visto che segue il caso.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Noi abbiamo visto che la società ha più volte violato la norma anche quando vi era un controllo della USL, non per disattenzione della USL stessa, ma perché ripeto che la società ha ripetutamente violato le norme. Per cui, dal punto di vista della recidività, è possibile... però siamo nella fase di ipotesi, per cui francamente non so. C'è già stato un doppio rinvio. Rimango in attesa. So che la società non si è comportata bene, non so se in questo fatto particolare si potrà comportare bene.

Il problema più grosso - e qui esprimo un giudizio che va un po' al di là del problema giudiziale - è una valutazione della possibilità di costruire in quella zona. Mi spiego: è stata approvata una lottizzazione dell'area previa bonifica, ma i costi di smaltimento legale di una tale quantità di materiale fanno ritenere assolutamente antieconomico costruire in quella zona. E' chiaro che allo stato non esiste alcun reato, perché ove la bonifica fosse compiuta secondo le norme, non si creerebbe alcun problema. Ma ci sarà un controllo, nel senso che la procura verificherà se lo smaltimento avverrà secondo le norme. Rimane il dubbio, considerando le quantità di cui ho parlato, perché i costi ammontano a decine di miliardi.

PRESIDENTE. Ci sarà il rinvio a giudizio?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, con ogni probabilità vi sarà il rinvio a giudizio davanti al pretore.

PRESIDENTE. Ma nel momento in cui si procedesse alla bonifica dei luoghi il problema di un corretto smaltimento dei materiali di risulta della bonifica ricadrebbe sotto la vostra attenzione solo nel caso in cui vi fosse una notizia di reato.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, ma noi opereremo comunque un controllo. Anche con l'accordo del procuratore, infatti, manterremo aperto un fascicolo di atti relativi alla vicenda, perché è sicuramente possibile...

PRESIDENTE. Ho capito, c'è un fascicolo aperto presso la procura.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Vorrei inoltre dire alla Commissione parlamentare che abbiamo una sensazione di impotenza istituzionale nell'affrontare tematiche così ampie dal punto di vista del pericolo per la salute pubblica e per l'ordine pubblico con strumenti giuridici del tutto inadeguati. Infatti, il rischio reale dal punto di vista delle sanzioni penali per la Fibronit è veramente minuscolo: possono essere condannati a qualche milione di multa o a sanzioni che possono comunque essere convertite in pene pecuniarie, di fronte ad interessi economici estremamente più elevati. Visto che i problemi connessi alla discarica appartengono ormai al passato, stiamo ipotizzando la possibilità della permanenza del reato per le polveri, anche se pure in questo caso le sanzioni sono ridicole. Sarebbe quindi necessario prevedere strumenti necessari potenti che, pur con tutte le garanzie che l'ordinamento deve prevedere, siano adeguati ai pericoli pubblici messi in atto.

PRESIDENTE. Non so se potrà confortarla, ma la Commissione inizierà la prossima settimana l'esame della proposta di introdurre il reato di delitto ambientale nel codice penale. Anche il Ministero dell'ambiente ha istituito un'apposita commissione che ha già terminato i suoi lavori su questo argomento. Una proposta di disegno di legge è attualmente all'esame del Ministero di grazia e giustizia. Quindi il vuoto istituzionale che lei avverte potrebbe essere colmato, anche perché la Commissione d'inchiesta della precedente legislatura aveva già segnalato il problema dell'esiguità delle sanzioni rispetto ai danni attuati ed anche agli strumenti investigativi da adottare che, se la sanzione si riduce ad una multa, non possono essere adottati.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Potrebbe risultare utile porre un vincolo di inedificabilità - un po' come è stato fatto per le zone vittime di incendio - alle aree ad elevato rischio ambientale, per evitare a livello legislativo che tali aree siano utilizzate risparmiando sulla bonifica.

ERMANNO IACOBELLIS. Utilizzando quell'area come suolo da edificare si porrebbe l'esigenza di sommuovere il sottosuolo per costruire i pilastri, mentre se fosse adibita a parco la bonifica sarebbe limitata alla superficie, e il materiale rimarrebbe sottoterra.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Secondo quando dicono gli esperti, non essendoci inquinamento ambientale nell'acqua, perché le falde sono piuttosto distanti dalla zona (e considerando che comunque l'inquinamento nell'acqua ha rischi bassi relativamente all'amianto, in base agli studi scientifici), il rischio maggiore consiste nel rimuovere il materiale. Se fosse contenuto - e vi sono gli strumenti per farlo sia in superficie sia nel sottosuolo - il rischio sarebbe molto basso.

ERMANNO IACOBELLIS. E' un problema di costi, perché l'optitum sarebbe una bonifica a tutti i livelli.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, è un problema di costi.

In ordine alle altre inchieste, posso esprimere solo alcuni dati, non avendole condotte. Specifico che il collega che le ha condotte è impegnatissimo in un processo molto delicato per la città di Bari. La procura ha disposto il sequestro di una serie di discariche comunali su cui probabilmente vi avrà riferito il prefetto. La scelta della procura è stata in questo senso: una verifica a tappeto di tutte le discariche esistenti utilizzate dai comuni per i rifiuti solidi urbani; una verifica di quelle che presentavano, al di là dei problemi autorizzatori e dei problemi di salute più rilevanti (perché bloccare tutte le discariche avrebbe equivalso a bloccare l'intera regione), determinati inconvenienti per cui è stato disposto il sequestro. Un contrasto della giurisprudenza ha portato al dissequestro di alcune discariche, data la possibilità da parte del sindaco di ricorrere all'articolo 12. E' una questione giurisprudenziale apertissima.

PRESIDENTE. Scusi, di ricorrere all'articolo 12 rispetto a che?

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Rispetto alla possibilità di avere una discarica non autorizzata comunale, da parte del sindaco.

PRESIDENTE. Non vorrei entrare in un terreno che non è mio, ma non mi pare che ci sia molto da discutere sul fatto che l'articolo 12 del DPR n. 915 del 1982 non può consentire una discarica. Quello di discarica, infatti, è un concetto impiantistico; ciò che potrebbe fare il sindaco è accumulare da qualche parte un rifiuto che poi dovrebbe essere bruciato (tant'è vero che occorre il concerto con il Ministero della sanità). Pertanto, ciò che viene fatto abitualmente e che questa Commissione riprova fortemente è il ricorso del tutto improprio, anzi illegittimo, alle disposizioni dell'articolo 12 per fare una discarica, cioè un impianto sia pure provvisorio. Francamente, nessuna interpretazione dell'articolo 12 consente ciò.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Purtroppo - e dico purtroppo perché non lo condivido - la Cassazione ha emanato due sentenze (il relatore di una delle due è stato Di Giampietro mentre non ricordo l'altro) in senso diverso. Io non le condivido, ma il problema è piuttosto complesso.

PRESIDENTE. Io ricordo abbastanza bene come è nata la norma: francamente, la discarica è sempre stata considerata un impianto. L'idea era quella di accumulare rifiuti in un luogo per poi smaltirli in qualche modo, non quella di aprire...

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Sì, e io la condivido.

PRESIDENTE. Questa era la volontà del legislatore, anche se la Cassazione l'ha interpretata in modo diverso.

ROBERTO ROSSI, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura di Bari. Comunque, questo tipo di azione ha consentito ad alcuni sindaci di mettere almeno alcune discariche in regola. Sulle ultime evoluzioni della situazione non posso riferire, dato che il collega non ha avuto modo di comunicarmelo.

PRESIDENTE. Nel ringraziarla, le preannuncio che i magistrati consulenti della Commissione si metteranno in contatto con lei per selezionare la documentazione di cui ci ha dato notizia per valutare quale possa essere utile per la Commissione stessa. Ancora grazie.

 

Incontro con i rappresentanti del comune di Bari.

PRESIDENTE. Saluto i rappresentanti del comune.

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Partecipo a questo incontro in rappresentanza del sindaco Di Cagno Abbrescia. Mi accompagnano i tecnici del comune competenti nella materia di interesse della Commissione.

PRESIDENTE. Sì, abbiamo avuto modo di conoscerli nei sopralluoghi che la Commissione ha compiuto oggi. Proprio su questo vorremmo sottolineare all'attenzione dell'amministrazione comunale gli aspetti che più ci hanno colpito e che riguardano situazioni diverse non solo dal punto di vista ambientale e sanitario ma anche per la titolarità d'azione. Mi riferisco alla Fibronit e al Gazometro. A proposito della prima abbiamo appena ascoltato il magistrato incaricato delle indagini. Chiediamo all'amministrazione comunale di seguire con grandissima attenzione tale situazione che ci preoccupa fortemente, perché non è a conoscenza della Commissione un'altra situazione in cui un tale quantitativo di amianto si trovi in matrici ormai sgretolate, in disfacimento, e quindi libero di diffondersi in aria, con un potenziale di rischio troppo elevato per una zona densamente abitata.

Sappiamo che il sindaco, a suo tempo, ha emanato un'ordinanza che prevedeva la messa in sicurezza ed eventualmente anche le opere di bonifica in danno della proprietà che non si era attivata per un periodo lunghissimo. Abbiamo saputo, infatti, che le lavorazioni sono terminate nel 1985 e da allora non è stato preso alcun provvedimento da parte della proprietà per ripristinare, o per lo meno per mettere in sicurezza, una situazione che è stata causa di molti decessi, anche recenti. Chiediamo quindi la massima attenzione. Abbiamo ascoltato il titolare o l'esponente della proprietà, che ci ha detto che i lavori cominceranno lunedì e termineranno entro la fine di marzo, per una prima messa in sicurezza del sito. Tuttavia, poiché il comportamento dell'azienda - come ha giustamente rilevato il magistrato - non consente di avere una fiducia completa nel suo operato, dato che ha già disatteso l'ordinanza del sindaco, chiediamo agli organi di controllo sanitario del comune la massima attenzione affinché tale gravissima situazione veda la fine di marzo come il momento conclusivo e non come un ulteriore disimpegno da atti che devono essere assolutamente compiuti.

Passo alla questione del Gazometro. Anche sulla base del parere dei consulenti della Commissione, ci permettiamo di segnalare che, al di là della questione riguardante lo smantellamento dei manufatti, che almeno in linea di principio non pone grandi problemi, e dell'esigenza di ripulire il terreno da sversamenti di olio che vi sono stati (ma credo che l'ufficio di igiene abbia già provveduto, all'epoca, a farli rimuovere), l'allarme che desta la presenza di tetti d'amianto. Anche qui, infatti, il materiale è friabile e le fibre sono libere nell'aria e la situazione è molto grave. Vi è poi il problema dei pozzetti, che abbiamo avuto modo di vedere, che essendo stati riempiti con materiale derivante dalla gassificazione del coke contiene sicuramente sostanze come i fenoli che ha grosse capacità aggressive. Se i pozzetti non sono stati costruiti con ottime capacità di tenuta è possibile che l'azione erosiva conduca ad un percolamento ed al raggiungimento della falda, cosa che ci preoccupa notevolmente. Segnaliamo questi due aspetti di cui la Commissione ha preso direttamente visione, ma se avete altre informazioni da comunicarci siamo qui per ascoltarle.

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Inizio dalla Fibronit. Posso assicurare che un controllo continuo e costante è svolto da parte dell'ufficio di igiene pubblica, del dottor Signorello. Abbiamo seguito tutte le operazioni e le stiamo ancora monitorando; la verifica è continua, i contatti sono costanti. Speriamo perciò di poter conseguire la messa in sicurezza entro il 30 marzo prossimo venturo. Posso assicurare la massima attenzione dell'amministrazione comunale per il territorio, in particolare in una zona densamente popolata come quella dove è situata la Fibronit.

Per quanto riguarda il Gazometro, domani apriremo le buste per la gara relativa alla messa in sicurezza dell'amianto. Il primo intervento che vogliamo sia compiuto è proprio quello dell'eliminazione dell'amianto. Domani sapremo qual è l'impresa che procederà alla rimozione. In una Conferenza di servizi abbiamo programmato l'intervento sul Gazometro in tre fasi: la rimozione dell'amianto, la rimozione dei manufatti esistenti per tornare al piano di campagna e infine la verifica del sottosuolo con i relativi carotaggi. Sta di fatto, però, che abbiamo già effettuato un primo intervento nel dicembre del 1996, perché è stato allora che il caso del Gazometro è scoppiato, a Bari, pur essendo chiuso dal 1965. Infatti, alla fine di novembre del 1996, ci fu segnalato che nella zona erano presenti rifiuti come rottami vari e siringhe. Siamo immediatamente intervenuti risanando la zona sotto questo aspetto, tanto è vero che l'ufficio di igiene pubblica ha certificato che il sito verrà risanato e completamente isolato. Poi abbiamo proceduto alle indagini particolari, verificando così la presenza dell'amianto. Questa scoperta ha suscitato in noi grande preoccupazione, e così abbiamo immediatamente posto in essere tutte le procedure necessarie. In verità, abbiamo iniziato con una gara informale, che però non ci ha dato i risultati sperati, non essendosi avuta concorrenzialità. Abbiamo allora proceduto ad una gara a licitazione privata, però con pubblicità su tre quotidiani (uno nazionale, cioè Il Sole-24 Ore, e due locali cioè La Gazzetta del Mezzogiorno e Il Quotidiano). Abbiamo ricevuto ben venti proposte e domani procederemo all'apertura delle buste e all'assegnazione.

Stiamo già studiando, con i nostri tecnici, l'intervento sulle strutture esistenti, in particolare sulle cisterne e sui pozzi. Quindi procederemo ad una seconda gara, con il supporto dei nostri tecnici. In terzo luogo, quando avremo portato tutto al piano di campagna, procederemo con i carotaggi a verificare la situazione del sottosuolo: se necessario, procederemo anche lì al risanamento.

Pertanto, per quanto riguarda il Gazometro, crediamo di aver posto in essere tutte le operazioni necessarie. Per quanto concerne la Fibronit, abbiamo seguito passo per passo tutte le operazioni e continueremo a farlo, perché, nell'interesse della città, l'amministrazione si deve attivare.

PRESIDENTE. Sono situazioni da commissario ad acta. Prendo atto con soddisfazione che il comune interviene sull'area del Gazometro.

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Essendo un'area comunale, abbiamo maggiori spazi.

PRESIDENTE. Spero ardentemente che, per quanto riguarda la Fibronit, i privati mantengano gli impegni di cui abbiamo sentito parlare oggi. Altrimenti, la valuto tranquillamente come una situazione da intervento commissariale.

GIUSEPPE SPECCHIA. La mia domanda riguarda eventuali problemi che l'amministrazione comunale si trova ad affrontare sulla tematica dei rifiuti in generale. Vorrei sapere se il livello dei servizi sia buono e se la raccolta differenziata funzioni, perché la situazione di Bari è importante per tutta la Puglia.

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Abbiamo già avviato le procedure per addivenire alla raccolta differenziata. Pensiamo di raggiungere i tetti fissati dalla regione - che mi pare siano intorno al 10 per cento, anche se non lo ricordo precisamente - tranquillamente, anzi speriamo di superare questa quota. La regione ci ha destinato cento lavoratori socialmente utili. Ieri vi è stato un incontro presso il commissariato, e abbiamo deciso di destinare queste persone alla raccolta differenziata porta a porta. L'AMNU si attrezzerà in proposito, anche perché le abbiamo stanziato 5 miliardi per potenziare la raccolta differenziata. Credo che potremo conseguire buoni risultati quanto prima.

Per quanto riguarda le discariche, nel territorio di Bari non ne abbiamo, poiché ci serviamo di quella di Giovinazzo, di cui so che è in corso di ampliamento. Inoltre è necessario pensare alla realizzazione di un termodistruttore, o meglio di un termoutilizzatore. Stiamo verificando la fattibilità e il percorso da seguire per raggiungere tale risultato. Avevamo pensato ad una soluzione con l'ENEL, ma abbiamo incontrato ostacoli da parte della cittadinanza, ed in particolare degli abitanti della zona Stanic. Stiamo nuovamente verificando con l'ENEL la possibilità di una tale realizzazione. E' evidente che pensiamo innanzitutto alla sicurezza dei cittadini, ma speriamo di poter arrivare comunque a risultati positivi.

PRESIDENTE. Anche la struttura del commissario di Governo si sta muovendo su questo punto. Ci ha citato la questione Stanic e ancora prima quella dell'ENEL come ancora aperta.

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. E' ancora aperta, sì.

PRESIDENTE. Diciamo che è oggetto di interesse reciproco da parte dell'ENEL e del commissario di Governo. Lei invece sta introducendo una variabile che doverosamente deve essere considerata, cioè la risposta dei cittadini a tale ipotesi. Per come l'avevo sentita, sembrava vi fosse un percorso da fare...

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Sì, un percorso che dobbiamo fare con la regione, tant'è vero che vi è stato un incontro in tal senso, prima di Natale, tra il presidente della regione, il sindaco e i due assessore all'ambiente per verificare la possibilità di tale percorso. Cercheremo di incontrarci anche con i rappresentanti dell'ENEL nei prossimi giorni per verificare la fattibilità del progetto.

PRESIDENTE. Nel ringraziarvi, vi ricordiamo, per quanto riguarda la Fibronit, che una volta terminata la messa in sicurezza si porrà il problema della bonifica dell'area, che la proprietà è intenzionata a utilizzare per edificare. E' necessaria la bonifica, che costituisce una condizione importante e delicata. Poiché implica costi elevati essendovi un inquinamento da amianto, occorre grande attenzione, perché è ragionevole pensare che la proprietà avrà interesse a realizzare la lottizzazione prevista dal piano regolatore...

GIUSEPPE MIRIZZI, Assessore all'igiene e all'ambiente del comune di Bari. Sì, la lottizzazione è stata approvata e la convenzione è stata predisposta. Noi abbiamo risposto che non sottoscriveremo la convenzione se non vi sarà stata la bonifica dell'area.

PRESIDENTE. Sì, la bonifica deve procedere secondo i criteri previsti non solo dalle norme vigenti ma anche per la tutela della salute dei cittadini. Grazie ancora.

 

Incontro con i rappresentanti delle associazioni degli industriali.

PRESIDENTE. Ai rappresentanti degli industriali chiediamo una valutazione in ordine agli aspetti di cui si occupa la nostra Commissione: in particolare, con riferimento alla fase attuativa del decreto legislativo n. 22 del 1997, che pone in termini abbastanza nuovi alcuni problemi del ciclo dei rifiuti, vi chiediamo di illustrarci qual è il ruolo che possono svolgere le imprese e l'interesse che esse hanno per il settore, naturalmente con specifico riferimento alla situazione pugliese.

GIOVANNI PLUCHINO, Presidente della commissione ambiente della Confindustria-Federpuglia. Tentando di sintetizzare lo scenario, passerò subito ad una lettura comparata del decreto Ronchi sulla base della realtà regionale, che credo sia abbastanza diversa da quella delle altre regioni, per lo meno con riferimento alle realtà economiche più evolute. Se è vero che in Italia la grande maggioranza dei rifiuti - circa il 90 per cento - viene immesso in discarica, in Puglia il fenomeno è praticamente totale e viene gestito secondo canali che riteniamo essere legali (anche se permangono comunque alcune realtà di illegalità, sulle quali diremo la nostra opinione).

Per quanto attiene alle quantità, su scala nazionale abbiamo i dati del Ministero dell'ambiente: 26 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani e 22 milioni di rifiuti industriali. Questi dati non trovano confronto con la frazione di rifiuto che realmente viene smaltito, almeno da aziende che ci risultano operare secondo i canoni legali. In Puglia, abbiamo dati molto discordanti: i censimenti effettuati dall'ENEA dicono che la quantità di rifiuti prodotti nella regione non giustificherebbe la costruzione di nuovi impianti; i dati del piano, invece, dicono che ve ne è bisogno sia per i rifiuti solidi urbani, sia per i rifiuti industriali. Il problema, a nostro avviso, è di tipo tecnologico: come Confindustria-Federpuglia, pur riconoscendo valenza alla discarica, almeno per qualche anno ancora (anche per quei rifiuti che dovessero rivenire dal ciclo di trattamento degli stessi rifiuti, per cui devono necessariamente essere immessi in discarica), riteniamo di poter dare un notevole contributo alla gestione del recupero del rifiuto come possibile materia da inserire nel ciclo produttivo degli impianti esistenti. Mi riferisco ai cementifici e al sistema siderurgico per quanto riguarda il recupero energetico.

Le difficoltà che si incontrano sono, al di là dell'applicabilità delle norme, nello scollamento che esiste tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese. In un territorio ad economia più evoluta, riteniamo sia più facile perseguire questi obiettivi. Da un lato ci ha fatto piacere, dall'altro ci ha anche meravigliato quando gli uffici del commissario di Governo ci hanno convocato e chiesto: voi cosa potete fare? Nel sistema economico è stata sempre avversata la gestione economica del rifiuto, ma in effetti attualmente ad essa miriamo: in sostanza, una gestione del rifiuto di tipo industriale. Purtroppo la Puglia è destinataria, per le tante discariche, prevalentemente abusive, di rifiuti che provengono da altre regioni e ricordo che vi è stata l'ordinanza del prefetto Catenacci, se ben ricordo due anni fa, che vietava l'immissione dei rifiuti all'interno del territorio regionale. Non ci siamo posti, però, una domanda: il rifiuto che viene prodotto in Puglia dove va a finire? Noi esportiamo in altre regioni molti rifiuti, quelli che vengono prodotti in Puglia, almeno nelle attività di tipo artigianale e commerciale, che sono quelle più diffuse. Non parliamo della grande industria, che naturalmente produce rifiuti, ma bene o male è abbastanza autonoma da questo punto di vista e sta anche cercando di portare avanti discorsi di autosmaltimento.

Vediamo il contrasto tra le nostre aziende che hanno bisogno di soddisfare le loro esigenze e le nostre aziende che smaltiscono i loro rifiuti. Comunque, a nostro avviso, il rapporto con la pubblica amministrazione penalizza grandemente il sistema economico ed è alla base dell'inserimento del sistema criminale nel circuito del rifiuto. Vi è infatti una pubblica amministrazione con la quale abbiamo difficoltà di dialogo: la legge regionale n. 30, per esempio, obbligava le aziende a munirsi di cinque autorizzazioni, una per provincia, per poter operare. Si tratta di una grave penalizzazione per il sistema economico e si aprono di fatto le porte all'illecito.

Un altro aspetto che voglio evidenziare è il seguente: spesso si parla di comportamenti illeciti delle aziende, ma dobbiamo distinguere l'illecito derivante da norme poco chiare da quello derivante specificamente da reati. Mi sembra che siano stati censiti 77 mila reati penalmente rilevanti nel biennio 1994-1996; la domanda da porsi è quanti di questi siano dovuti all'immobilismo della pubblica amministrazione, cioè quanti di questi reati siano effettivi. Uno degli aspetti che nella gestione dei rifiuti è grandemente sottovalutato è quello degli illeciti contro le aziende: se vogliamo risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti, dobbiamo necessariamente affrontare gli illeciti commessi contro le imprese, che sono molteplici. Ho una statistica elaborata in uno studio dell'università Bocconi relativamente agli illeciti commessi nei confronti delle aziende: fra i primi dieci compaiono al 65 per cento i comportamenti lesivi dell'immagine aziendale, al 57 per cento la diffusione di voci false sui dipendenti, al 44 per cento la diffusione di voci false sulle società, al 26 per cento le diffusioni non autorizzate di informazioni. Riteniamo che sia una questione molto delicata, da affrontare in base a canoni diversi, perché il sistema criminale, data l'obbligatorietà dell'azione penale, ha la necessità di legalizzarsi acquisendo aziende, comprandole e svuotandole di valore economico.

Il sistema di controllo, allora, corre il rischio di diventare esso stesso un meccanismo perverso che alimenta il sistema criminale. D'altro canto, sempre in base allo studio della Bocconi, perché questo accada, sono necessarie alcune caratteristiche: il clima favorevole (ed in tema di demonizzazione dei rifiuti il clima favorevole c'è); il valore del bene (in questo caso il valore associato a tutti i servizi di smaltimento); il mercato (quindi la contruattalistica e al riguardo bisognerebbe cominciare a valutare attentamente i contratti, soprattutto fra la pubblica amministrazione e le imprese che gestiscono questo tipo di attività); infine, la sicurezza delle aziende (cioè le difese che un'azienda può porre in essere).

A nostro modo di vedere, il problema dei rifiuti dovrebbe essere approcciato rapportandosi diversamente con la pubblica amministrazione: questa deve essere più aperta e soprattutto deve risolvere alcuni suoi problemi, in particolare quello della formazione. Osservate per un attimo i funzionari nei vari uffici che gestiscono il problema dei rifiuti: sono persone piene di tanta buona volontà ma che spesso hanno una formazione pari a zero. Quello del rifiuto è anche un problema di percezione degli eventi: un aspetto riguarda, per esempio, i rifiuti radioattivi, per i quali vi è una grande percezione del rischio ma di fatto, se andiamo a vedere i numeri, notiamo che in realtà il problema non esiste, nel senso che nello scenario italiano, in buona sostanza, abbiamo rifiuti radioattivi della prima categoria che in genere provengono dalle strutture sanitarie o di ricerca scientifica ed in genere sono di facile gestione; sfuggono però al controllo quelli che provenendo dalle strutture sanitarie derivano dall'utilizzo in vivo del rifiuto stesso e quindi vengono ad essere immessi nell'ambiente nelle stesse strutture sanitarie. Il problema potrebbe essere risolto attraverso un maggiore dialogo con la pubblica amministrazione per la gestione del servizio e comunque con un grande monitoraggio dei contratti.

Questo è, consentitemi, in qualche modo, un grido di dolore: come operatori dello smaltimento del rifiuto, vorremmo svolgere in serenità questo tipo di attività; spesso non possiamo farlo perché viene demonizzata. C'è da chiedersi il perché della demonizzazione ed allora bisogna anche considerare gli interessi occulti che si celano un po' ovunque: infatti, Legambiente, con la definizione di ecomafia nelle tre componenti - criminalità organizzata, criminalità economica e criminalità ambientale - ha abbastanza colto nel segno; troviamo queste componenti come un intreccio nel sistema, anche nei punti più impensati.

Come tentare di risolvere il problema? Sicuramente qualificando l'azione di controllo. Penso che, se ci chiedessimo quanti sono gli organi di controllo e cosa controllano, tutti avremmo grande difficoltà a rispondere: a noi però risulta di aziende che, nell'arco di qualche anno, hanno avuto 40-50 controlli ordinari da una decina di organismi diversi. Questo penalizza le aziende e, se ci riflettiamo un attimo, probabilmente agevola quel sistema criminale che si vuole combattere. Potrebbe quindi nascere una proposta, ed alcune nostre aziende sono disponibili a realizzarla: quella dei controlli in linea; già l'adesione ai controlli in linea potrebbe in qualche modo fare emergere problematiche di carattere operativo nel quotidiano. Vi sono sicuramente delle aziende campione che sono disponibilissime ad attivare questo tipo di controllo.

Si potrebbe inoltre tentare di monitorare in maniera diversa gli appalti ed i contratti: ancora oggi assistiamo alla logica aberrante del prezzo più basso. In particolare per quanto riguarda la Puglia, per alcune tipologie di rifiuto, abbiamo rilevato dei dati che sono arrivati al minimo storico (il rifiuto ospedaliero in particolare): 140 lire il litro, con un'incidenza del solo costo del contenitore pari a circa il 30 per cento del prezzo del servizio offerto. Come è possibile, allora? Anche in questo caso è il sistema degli appalti della pubblica amministrazione che in alcuni casi alimenta il sistema criminale: non è possibile avere queste differenze di prezzo. Il rifiuto urbano, che a Milano ha un costo di 330 lire al chilo, da noi è abbondantemente sotto le 100 lire al chilo. Allora, o c'è qualcosa che non va da un lato, o c'è qualcosa che non va dall'altro.

Per quanto attiene alle autorizzazione, un dato di oggi, per esempio, è il seguente: ci risulta che l'albo degli smaltitori (o dei gestori, con il nuovo nome) della camera di commercio regionale ha le pratiche ferme al 1994. Non è possibile che un'azienda, per poter operare, almeno in maniera lecita, debba aspettare anni. Inoltre, sempre rispetto ai rapporti con la pubblica amministrazione, vi è il problema del rilascio di diverse altre autorizzazioni, a parte l'albo: una concessione edilizia viene rilasciata con tempi orientativamente di tre anni. Anche questi sono aspetti che, in realtà, alimentano il sistema criminale.

Circa la formazione all'interno della pubblica amministrazione, riusciamo a dialogare poco. Lo stesso vale per quanto attiene al sistema di controllo: se si riuscisse ad istituire una task force per il controllo della gestione dei rifiuti, la saluteremmo con gioia. Attualmente, infatti, vi sono tantissimi enti che controllano: in Puglia, l'ARPA non è ancora costituita ma vi sono gli uffici delle ASL, in alcuni settori l'ANPA, poi il NOE, il Corpo forestale dello Stato, un'infinità di organismi. Quando arrivano in azienda, molte volte chiedono le stesse cose: perché non tentare, allora, di creare un gruppo multiforze che innanzitutto qualifichi se stesso ma con il quale si possa anche dialogare? E' inoltre necessaria la stesura di protocolli di controllo, perché le aziende devono sapere se stanno violando una norma e, se lo fanno, a quel punto saranno sanzionate, ma non possono continuare ad andare avanti senza sapere, spesso, che norma stanno violando. Cito un caso per tutti: quello della normativa sugli oli (mi sembra la legge n. 92 del 1995), peraltro impugnata dinanzi al TAR del Lazio, per la quale siamo ancora in attesa delle norme attuative.

Lo stesso dicasi per il decreto Ronchi: è notizia di oggi che, per alcune tipologie di rifiuti, in particolare per i mercuriali, non si sa da quando debbano decorrere i tre mesi, se dal 15 gennaio o dal 1° febbraio. Non è possibile per le aziende continuare così, non è possibile che alla fine dello scorso agosto, il vetro, che è stato riciclato dal tempo dei fenici, sia diventato rifiuto a tutti gli effetti e sei milioni di aziende si siano trovate fuorilegge. Allora, se su 77 mila reati accertati dal 1994 al 1996 vi sono illeciti di questa natura, forse la cifra va scremata per poter distinguere le aziende sane da quelle che non lo sono, ma soprattutto bisogna cercare di sfatare la mistificazione che spesso vi è nel settore dei rifiuti e si annida nei punti più impensati della pubblica amministrazione.

FRANCESCO MESSA, Consulente dell'Assoindustria di Bari. Voglio aggiungere che per le aziende è molto importante il tempo che si perde per l'albo regionale o con le amministrazioni pubbliche prima di riuscire ad ottenere un'autorizzazione. Cito alcuni esempi: non per una nuova discarica di rifiuti inerti ma per l'ampliamento di un consorzio di imprese nel settore del marmo (quindi non a fini di lucro), c'è voluto più di un anno di tempo prima di riuscire ad avere l'autorizzazione. Oppure, un impianto di compostaggio del comune di Molfetta, inserito nel piano regionale e finanziato dai Ministeri dell'ambiente e del lavoro in base alla legge n. 160 del 1998, per il quale i lavori sono iniziati nell'aprile 1995, ancora oggi non ha completato l'iter delle autorizzazioni. Ancora, uno stoccaggio provvisorio di rifiuti prodotti in azienda (un deposito temporaneo secondo il decreto legislativo n. 22) dovrebbe essere abbastanza semplice, poiché l'azienda che produce rifiuti, prima di poterli allontanare, deve avere uno stoccaggio in proprio e non per conto terzi: ebbene, prima di avere una autorizzazione passano anni; quindi, le aziende si trovano in grossissime difficoltà.

La formazione di funzionari, a livello di albo e di amministrazioni provinciali, è probabilmente essenziale, perché il ciclo delle autorizzazioni abbia un iter più agevole e semplice: altrimenti, le aziende si trovano effettivamente fuori legge, non per colpa loro ma perché l'amministrazione pubblica non si è espressa (al limite anche con un diniego). Il tutto deve avvenire in tempi certi: questo è un fatto fondamentale.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo: molte cose che voi dite attengono solo limitatamente all'oggetto della nostra Commissione di inchiesta, ma ci rendiamo ben conto che nel pianeta rifiuti il problema del dialogo e del rapporto tra i diversi soggetti interessati è di importanza fondamentale. Proprio per questo, pur non potendo rispondere su molti problemi fondamentali che ponete, la nostra Commissione, nell'ambito dei suoi impegni, organizzerà un convegno nazionale il 9 e 10 marzo alla presenza dei ministri dell'industria e dell'ambiente; nel suo ambito, vi saranno una sessione particolare dedicata ai rapporti con le imprese ed un'altra dedicata ai rapporti con le pubbliche amministrazioni, rispetto alla politica dei rifiuti in Italia ed allo stato di attuazione del decreto Ronchi. Ci rendiamo conto che bisogna far incontrare e dialogare fra loro i diversi soggetti, per cui possiamo fornire questa sede come uno dei tanti punti in cui questo confronto può avvenire.

Ricordiamo peraltro che, se le amministrazioni hanno mostrato in generale grandissimi ritardi e sono in larga misura responsabili della situazione diciamo da Far west della gestione dei rifiuti in Italia, è anche vero che - lo ricordavamo qualche mese fa nel corso dell'audizione del ministro dell'industria - anche il mondo industriale si è per troppo tempo visto, rispetto alla questione rifiuti, come utente di un servizio, tranne pochissime e isolate esperienze; solo adesso, con qualche ritardo, sta invece cominciando a vedere nel business dei rifiuti una grande possibilità, che certo va gestita secondo la legge nel rispetto della salute e dell'ambiente.

Sul tema dei controlli in Italia, si può senz'altro pensare di andare verso una sburocratizzazione, ma in nome di una maggiore e migliore efficienza dei controlli stessi; en passant, rispetto ad uno dei problemi posti, osservo che il fatto stesso di organizzare questo convegno, al quale parteciperà il ministro dell'ambiente, potrà a mio avviso costituire uno stimolo rispetto a quella parte di decreti attuativi che ancora mancano e che invece devono essere assolutamente emanati, proprio per dare quel quadro di riferimento che serve sia agli amministratori, sia agli imprenditori. Grazie.

 

Incontro con i rappresentanti delle associazioni ambientaliste.

PRESIDENTE. Procediamo ad ascoltare i rappresentanti delle associazioni ambientaliste: considerati i tempi a nostra disposizione, è gradito uno sforzo di sintesi, anche perché ci avete consegnato una documentazione utile ai fini della nostra inchiesta.

GIANLUIGI CESARI, Rappresentante dell'associazione culturale ANARRES e responsabile provinciale dell'associazione esposti amianto. Per quanto concerne la problematica inerente l'amianto a Bari (ma queste considerazioni sono estensibili a livello regionale), uno dei problemi più grossi è dovuto al fatto che ci siamo trovati in una situazione di sostanziale vuoto dal punto di vista del referente pubblico ed istituzionale al quale poter porre, come associazioni di volontariato, le problematiche connesse all'amianto.

Nel 1994 siamo venuti a conoscenza dell'entità del danno ecologico rappresentato dalla Fibronit; abbiamo saputo anche di qualche caso di mesotelioma maligno fra gli abitanti delle case circostanti e da quell'anno abbiamo cominciato questo tipo di indagine grezza volontaria. Abbiamo trovato una serie di conti che non tornavano dal punto di vista istituzionale, in quanto la legge n. 257 era abbondantemente disattesa: anche molti operatori delle ASL ci vedevano quasi come marziani scesi su Bari, perché parlavamo di questo problema. Devo dire che, soprattutto nell'estate 1995, vi è stato un intervento della Prefettura di Bari, con l'allora prefetto Catenacci; anche la magistratura ha dato spazio ad un nostro esposto su delle modifiche che erano state fatte in maniera quanto meno discutibile, nella zona dove c'era amianto floccato, amianto in fibre (vi era stata una operazione molto aggressiva, con le ruspe di decorticazione).

Abbiamo fatto un sunto di tutta la vicenda nella documentazione che vi abbiamo consegnato. Su questo tipo di interventi aggressivi, abbiamo anche un videotape registrato nei pressi della Fibronit (che abbiamo consegnato alla magistratura), perché anche dai palazzi adiacenti è possibile vedere quello che succede al suo interno. Ora, arriviamo ad incontrarvi con nostra grande soddisfazione: ovviamente, il problema non è solamente inerente allo stabilimento di cemento-amianto della Fibronit; anche sul Gazometro abbiamo lasciato una nota. Pure al politecnico, nella facoltà di ingegneria di Bari, vi è amianto floccato sulle travi di acciaio (sotto la controsoffittatura delle aule è presente questo tipo di amianto che, come sapete, ha una dispersione ancora più veloce del cemento-amianto).

Vi sono anche altri svariati problemi rispetto alla lavorazione dell'amianto: siamo stati in contatto con fabbriche che fino al 1997 hanno lavorato l'amianto presente in carrozze ferroviarie. Nei nostri dintorni, a Capurso, vi è la fabbrica Samarc che non ne ha messo a conoscenza i lavoratori e non ha dato dispositivi di protezione individuale. In materia, stanno lavorando anche il NOE e la magistratura. Quello che ci lascia abbastanza perplessi è che non sappiamo questi rifiuti d'amianto (si parla di pannelli di amianto) che fine abbiano fatto, perché il titolare della fabbrica non vuole ammettere la lavorazione di amianto dal 1993 fino al 1997. Quindi, non sappiamo neanche se ha fatto delle bolle, se ha portato in discarica. La problematica dell'amianto è abbastanza vasta: inutile parlare anche del problema epidemiologico in provincia di Bari della marineria. Abbiamo situazioni a Mola e Molfetta che anche studi dell'Istituto superiore di sanità denotano come situazioni con una forte incidenza di mesoteliomi pleurici.

Stiamo lavorando con il patronato ACLI per quanto riguarda l'esposizione dei marittimi che sono morti di mesotelioma; vi è una situazione grave anche al Ministero dei trasporti, perché il servizio di escavazione porti ha ancora una draga del 1906 strapiena di amianto, che in questi giorni rischiava di affondare. Su questo siamo disposti a creare un canale diretto per farvi arrivare ulteriori, approfondite e argomentate documentazioni: stiamo lavorando, ma per noi è fondamentale il discorso del censimento, con un intervento istituzionale della regione, che ci serve per non rincorrere alla cieca i problemi. Finora si sono mosse la prefettura, le associazioni di volontariato e ambientaliste, un po' la stampa e la magistratura in maniera molto valida, però non è un intervento organico: più passa il tempo e più ci contattano per segnalarci problemi. Anche in agricoltura si pongono gravi problemi: sono perito agrario e lavoro nei campi; ebbene, trovo ogni tanto discariche abbandonate di cemento-amianto di cui magari l'agricoltore, o un'altra persona si vuole disfare. E' una situazione molto pericolosa.

Per quanto riguarda il problema della Fibronit, vi sono correlazioni abbastanza gravi che abbiamo anticipato nel documento, ma l'avvocato Sparapano potrà parlarne in maniera più approfondita: vi sono state, a nostro avviso, quanto meno discutibili azioni fatte da membri della commissione amianto in qualità di periti della stessa ditta Fibronit nel 1995.

PRESIDENTE. Quando parla di commissione amianto a chi si riferisce?

GIANLUIGI CESARI, Rappresentante dell'associazione culturale ANARRES e responsabile provinciale dell'associazione esposti amianto. Alla Commissione interministeriale attualmente presieduta dal sottosegretario Bettoni.

Questa è la situazione, che del resto avete potuto vedere alla Fibronit e al Gazometro; vi sono altri problemi in sospeso e stiamo facendo del lavoro con altre associazioni ambientaliste come la ABAP e la Legambiente, per cercare di censire le situazioni più a rischio. Abbiamo anche il problema della Stanic a Bari: testimonianze di operai dell'azienda che sono stati i primi ad insediarsi negli anni trenta ci indicano che buona parte delle strutture di raffinazione della Stanic è coibentata con amianto, finanche i depositi di caprolattame. Vi sono quindi varie problematiche: certo è che, a quanto ci hanno detto, è stato fatto a Bari uno studio, sempre rispettando le leggi sulla riservatezza, utilizzando fonti anonime e i dati RGSDO, ovvero le degenze negli ospedali della ASL, che dal 1993 a Bari sono catalogate con molto rigore scientifico e informatizzate; ci stiamo lavorando perché vi sono dati di incidenza dei mesoteliomi pleurici e di patologie ad essi correlate molto impressionanti. Attualmente siamo in contatto anche con l'associazione esposti amianto nazionale e con l'Istituto superiore di sanità per fornire questi dati: sono stati già prodotti diversi dossier su Bari dall'Istituto superiore e nel 1987 ne è stato prodotto uno abbastanza esaustivo sull'incidenza di mortalità per tumori fra gli operai della Fibronit. Questi hanno pagato caro il prezzo, perché sono quasi tutti morti: ogni anno ne muoiono tre o quattro, per mesotelioma pleurico o per altre patologie. Vi è quindi un problema molto grave e confidiamo nel vostro aiuto per mettere a punto questa macchina ed evitare che tra 25 anni ci ritroviamo ancora a fare la conta dei morti per l'esposizione che stiamo avendo adesso.

SALVATORE SPARAPANO, Legale dell'associazione culturale ANARRES. Oggi ho depositato una relazione che in buona parte riprende una nota fatta due anni fa, intorno al gennaio 1996, spedita ai Ministeri della sanità e dell'ambiente, in merito ad un progetto di disciplinare tecnico sui siti dismessi di cemento-amianto che in seguito, nel maggio 1996, fu firmato dal ministro della sanità e regolarmente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Vorrei dare soltanto un dato: attualmente in Italia, almeno per fonti ufficiose, esisterebbero qualcosa come 50 siti di cemento amianto. Riteniamo presumibilmente che in tutti questi siti le aree di pertinenza siano state utilizzate, come è successo a Bari ma anche a Casale Monferrato ed in tutte le situazioni di cui abbiamo avuto conoscenza diretta, anche come luoghi di stoccaggio.

PRESIDENTE. Con il termine siti si riferisce ad impianti di produzione?

SALVATORE SPARAPANO, Legale dell'associazione culturale ANARRES. Impianti industriali di produzione di cemento-amianto, o comunque di lavorazione dell'amianto. Questi siti, nei decenni scorsi, sono stati utilizzati, anche perché d'altronde le leggi lo permettevano, come luogo di stoccaggio dei rifiuti: nel caso di Bari, le lavorazioni dell'amianto producevano grandi quantitativi di polveri, in quanto le lastre di amianto venivano lavorate a mano, segate con mezzi meccanici, sagomate. Tutte le aree circostanti - parliamo, solo a Bari, di un sito di 100 mila metri quadrati, cioè di 10 ettari - hanno un inquinamento sul suolo e nel sottosuolo che varia, a seconda dei casi, da pochi metri a svariati metri in profondità. Questo significa che un'eventuale bonifica mal diretta o mal controllata su siti di questo genere porterebbe a situazioni molto gravi e spiacevoli. Sappiamo che nella regione Basilicata l'ex assessore all'ambiente fece una serie di azioni dimostrative perché, secondo lui, il sito di Ferrandina fu bonificato attraverso un'opera, anche di rimozione, non controllata, con inquinamento lungo la strada Basentana.

Quando parliamo di 50 siti industriali dismessi, facciamo riferimento ovviamente ad un quantitativo di materiale interrato che è difficilmente calcolabile: se non fosse controllato, potrebbe comportare un ulteriore inquinamento - magari dietro false sigle di bonifica - non paragonabile ai normali inquinamenti da amianto dovuti a situazioni che definiamo standard, quelle cioè degli edifici civili. I valori e le quantità sono infatti enormemente superiori ai livelli medi di inquinamento. La legge n. 257 del 1992 molto opportunamente all'articolo 12, comma 3, prevede espressamente che in queste situazioni, cioè nei siti industriali dismessi e nelle aree rientranti nei piani regionali di bonifica, la rimozione dell'amianto deve essere effettuata soltanto qualora il fissaggio non sia possibile, oppure qualora sia necessaria. Questo significa che il legislatore, evidentemente ben conscio della pericolosità dell'opera di rimozione in situazioni non paragonabili a quelle standard, normali, si è reso conto che la rimozione può essere assai pericolosa. Difatti, lo stesso decreto ministeriale del 6 settembre 1994 riguardante gli edifici civili afferma che la rimozione è pericolosa e quindi, se possibile, si dovrebbe optare per altre formule come il fissaggio o l'incapsulamento, che tra l'altro sono sistemi più economici, oltre che più sicuri e, se ben fatti, più efficaci.

L'articolo 12, al comma 3, pone quindi due criteri: il primo è un criterio di opportunità sanitaria perché in queste situazioni il tipo di bonifica da privilegiare è il fissaggio, mantenendo nel suolo i rifiuti contaminanti provvedendo alle opportune opere di copertura in superficie, per fare in modo che il sito resti innocuo per il futuro. Il secondo criterio prevede che, nel caso in cui il primo non sia adottabile, si possa optare per la rimozione. Mi riferisco all'eventualità in cui lo stoccaggio in sito dei rifiuti non sia tecnicamente valido. Penso alle situazioni in cui la conformazione geomorfologica del territorio fa sì che i rifiuti ivi stoccati possano essere causa di grave inquinamento di fiumi, di laghi, eccetera. Cito l'esempio di Casale Monferrato, dove abbiamo saputo che occorrono opere di canalizzazione e di incapsulamento del sito non solo in superficie ma anche sotto la falda, dato che la conformazione del territorio fa sì che i rifiuti defluiscano nelle acque sotterranee.

Questo, dunque, è un criterio previsto dalla legge, ma è stato stranamente stravolto dal decreto ministeriale del 14 maggio 1996, che dovrebbe fornire gli operatori delle metodologie tecniche standard per operare in situazioni del genere, ossia nei siti industriali di lavorazione dell'amianto dismessi. Ebbene, questo decreto pone come criterio di opzione tra la rimozione e il fissaggio la destinazione urbanistica dei suoli. Si dice cioè che, laddove si prospettano opere di fondazioni o altro, quindi opere edilizie, si opta per la rimozione. Questo criterio stride palesemente con quello della legge, e io aggiungo anche con il buonsenso. La USL, che dovrebbe essere depositaria di questa scelta, anziché scegliere le varie alternative di opzione secondo un criterio di comparazione igienico-sanitaria, domandandosi quale sia il rischio della rimozione e quale quello del fissaggio, secondo il decreto ministeriale vede la sua scelta stravolta in base ad interessi speculativi edilizi. Mi dispiace, ma bisogna dire le cose come stanno.

Chiediamo perciò alla Commissione di inchiesta, come già abbiamo fatto a suo tempo con i ministri competenti, che si faccia chiarezza sulla vicenda, anche perché nel decreto si parla della rimozione attraverso tecniche che erano state consigliate da un membro della commissione amianto, che era anche consulente aziendale dell'azienda proprietaria del suolo qui a Bari. Questa consulenza fu depositata in prefettura prima ancora che la commissione nazionale amianto discutesse sulla questione dei siti dismessi. L'opzione di usare due sale spostabili di 20 metri per 10 contenenti pale meccaniche per rimuovere il terreno contaminato è stata poi trasposta in un decreto ministeriale. Ritengo che questo decreto debba essere abrogato e completamente rifatto.

DOMENICO LOBACCARO, Presidente di Legambiente della Puglia. Per chiudere l'argomento amianto, segnalo alla Commissione il capannone dell'ex Montecatini di Brindisi, dove si pone un problema reale che riguarda tutta la copertura in lastre di Eternit, che costituisce un pericolo oggettivo per la popolazione. Credo che sappiate che quel capannone è soggetto a vincolo e pertanto, dal punto di vista di un intervento di risanamento a fini turistici e di servizio di quell'area, ci permettiamo di segnalare l'opportunità di recuperare comunque il sito dell'ex Montecatini di Brindisi perché è un esempio efficace di archeologia industriale.

Credo che abbiate saputo che i punti di vista sulla vicenda sono diversi, e che tra questi c'è anche quello della demolizione. Noi vi segnaliamo la consistenza dei costi. Il rapporto fra il fissaggio e la demolizione, con tutte le operazioni di messa in sicurezza e di smaltimento, è di 1 a 5. Riteniamo perciò che la demolizione, oltre che essere un disastro dal punto di vista storico-ambientale, lo sarebbe anche da quello economico.

In materia di amianto vi consegno un volumetto pubblicato dal sindacato CGIL-CISL-UIL di Bari che racchiude tutta la storia della Fibronit, ma può risultare utile anche su altre questioni.

Nella mia qualità di responsabile regionale di Legambiente, torno subito alla questione che ci riguarda, e cioè i rifiuti, partendo dalla situazione di emergenza. La situazione della Puglia, oggi, è sicuramente di emergenza. Non ci trovavamo in tale situazione da almeno due anni, ma ora l'emergenza c'è e si chiama Trinitapoli, un paese in provincia di Foggia. Trinitapoli dal 3 al 18 dicembre è diventata, senza alcuna autorizzazione, un sito oggetto di stoccaggio di 50 tonnellate al giorno di rifiuti nell'impianto della nuova Geovis Green, di una società di Sant'Agata Bolognese. L'AMSA di Milano ha inoltre dichiarato di aver stoccato 700 tonnellate nello stesso periodo. Il problema è che dal 23 settembre 1997 l'ordinanza n. 1 del commissario delegato Di Staso vieta - ribadendo la precedente ordinanza del prefetto Catenacci e il contenuto della legge regionale n. 13 del 1996 - assolutamente di importare rifiuti nella regione. Allora segnaliamo positivamente a questa Commissione di inchiesta l'intervento immediato e corretto del commissario Di Staso, della regione Puglia e del sindaco di Trinitapoli, che hanno denunciato quanto accaduto. La discarica è infatti sotto sequestro.

Però chiediamo alla Commissione di inchiesta, che domani si recherà proprio a Foggia, di chiarire come sia stato possibile che un ente pubblico come la provincia, delegata dalla legge regionale all'autorizzazione del funzionamento degli impianti, abbia fatto passare, grazie a una semplice comunicazione della ditta, ai sensi del decreto Ronchi, l'arrivo di questi rifiuti a Trinitapoli. Specifico che noi non siamo assolutamente contrari a impianti come quelli di compostaggio. Ma qui il problema è diverso. In quel bacino di utenza, previsto sia dal piano regionale sia dal piano di emergenza approvato da Di Staso e dal Governo, esiste già un impianto pagato con soldi pubblici, cioè quello di Cerignola. E' lì che dovrebbero nascere tutti gli impianti di raccolta differenziata, di compostaggio e di discarica previsti per il bacino.

E' stato, dunque, un brutto inizio di anno e mi auguro che i poteri del commissario per l'emergenza ripristinino immediatamente lo stato di legalità. Vorremmo anche che la Commissione accertasse come mai è mancato il coordinamento fra il commissario Di Staso, la provincia e il sindaco. Questa mattina, presso il tribunale di Foggia, che su indicazione del NOE ha effettuato il sequestro dell'impianto, si è svolta la prima udienza per il dissequestro. Noi, e pare anche il sindaco di Trinitapoli, lo abbiamo saputo dagli organi di stampa, e questo ci sembra incredibile.

La situazione dei rifiuti solidi urbani nella nostra regione è di una soltanto apparente tranquillità, poiché per il marchingegno del sopralzo o dell'ampliamento, a seguito della legge n. 13 del 1996, tutti gli impianti vecchi, cioè quelli storici, che costituiscono un oligopolio nella nostra regione, essendo quasi tutti in mano a privati - sono pubblici soltanto quelli di Trani e di Palo del Colle -, sono stati riaperti. Ma siamo prossimi all'esaurimento anche delle nuove volumetrie. Nel frattempo non è decollato nulla, perché nessun impianto della filiera dei rifiuti è stato messo in atto, né quello che ci sta più a cuore della raccolta differenziata e del compostaggio né tanto meno quelli di discarica e gli inceneritori.

Nella documentazione che ho consegnato alla Commissione è inserita tutta una serie di atti relativi a Trinitapoli. La situazione è critica in tutti bacini della nostra regione, non essendo partito nulla in termini di programmazione e non avendo nessun sindaco promosso alcun consorzio pubblico, privato o misto. Vi ho consegnato copia di alcuni articoli di giornale riguardanti il caso di Andria. Stamattina, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, si dice come ad Andria un consorzio di imprese, la SLIA-Ecoambiente, ha vinto e gestisce l'appalto per la pulizia della città. Un'altra ditta, invece, la ASPICA-West Management, gestisce l'impianto. Il problema è che chi fa la pulizia sta disdettando il contratto di appalto perché i costi della discarica sono eccessivi, troppo onerosi per il futuro. Nel frattempo i casi di questo genere si stanno diffondendo in provincia di Bari. Segnalo i casi di Trani, Gravina e Bitonto, oltre a quello di Andria: i privati, gli stessi titolari delle attuali discariche, presentano richiesta per discariche di tipo B per rifiuti non pericolosi, che guarda caso saranno l'ancora di salvezza della prossima emergenza che scatterà al più tardi fra due o tre mesi. Segnaliamo anche i casi di Bitonto e di Brindisi.

PRESIDENTE. In che senso saranno l'ancora di salvezza?

DOMENICO LOBACCARO, Presidente di Legambiente della Puglia. Perché non essendoci alcun impianto ed alcuna raccolta differenziata... La raccolta differenziata nella nostra regione raggiunge la cifra ridicola dell'1,5 per cento, certificata dal commissario Di Staso, non dagli ambientalisti. Il problema è che, non essendoci alcuna ancora di salvezza, qualcuno potrebbe benissimo chiedere la conversione, la deroga per il tipo di discarica. Richiamo la vostra attenzione che, mentre in quattro province su cinque la legge è rispettata e i comuni smaltiscono in siti autorizzati, in provincia di Foggia oltre il 50 per cento dei comuni smaltisce in modo illegale, facendo ancora ricorso all'articolo 12 del DPR n. 915. E' una situazione veramente grave: evidentemente il caso di Trinitapoli non è stato casuale.

Dicevo che vi segnalo anche le situazioni delicate di Bitonto e di Brindisi. I privati stanno mettendo mano agli impianti magari facendo anche qualcosa di utile ma senza alcuna autorizzazione. Allora, se il decreto Ronchi è in vigore anche in questa regione è necessario intervenire in modo chiaro. In questa regione, infatti, siamo al terzo anno di emergenza. I discorsi tipo "dobbiamo vedere, dobbiamo capire" appartengono ormai al passato. Questa è l'ultima possibilità che Legambiente dà anche al commissario, perché o si vara concretamente una rivoluzione nella questione dei rifiuti... La rivoluzione è prevista dalla legge regionale, che prevede che la partita dei rifiuti è di competenza del sindaco o dei consorzi di sindaci. Invece, a tutt'oggi, e anche di recente, sono state rilasciate autorizzazioni all'ampliamento o ad altro senza che i sindaci - che poi hanno gli avvisi di garanzia - muovessero un dito.

Segnalo la vicenda di Cagnano Varano, in pieno parco nazionale del Gargano: è un'ipotesi di discarica senza alcuna programmazione.

La vera emergenza della regione Puglia dovrebbe essere soltanto quella relativa ai rifiuti speciali, ospedalieri e tossico-nocivi. Secondo i dati del Ministero dell'ambiente, infatti, la nostra regione è la prima in quanto a produzione ed è anche una regione che smaltisce poco nel suo territorio, dato che esporta rifiuti: gli ospedalieri vanno nel riminese e nel bolognese. Bisogna intervenire immediatamente affinché la regione vari il piano regionale per i rifiuti tossico-nocivi e pericolosi e si dia una strategia concreta.

Concludo richiamando la vostra attenzione sull'urgenza di applicare il piano Di Staso relativo alle tariffe per lo smaltimento. In Puglia i costi per lo smaltimento vanno da un minimo di 2 mila lire a tonnellata ad un massimo di 120 mila lire a tonnellata. La situazione è assolutamente incomprensibile, per cui è assolutamente necessaria l'applicazione delle norme approvate in allegato al piano di emergenza Di Staso. Lì le tariffe sono previste in modo trasparente, con un metodo. Ma essenzialmente si devono richiamare alle proprie responsabilità i sindaci, che non hanno fatto nulla, e che alzano la voce solo quando ricevono avvisi di garanzia o hanno determinati problemi.

Nella documentazione che ho consegnato parliamo anche di altri casi particolari. Chiediamo l'attenzione e l'intervento della Commissione per prevenire la prossima emergenza. Il 23 dicembre 1997 il Consiglio dei ministri ha varato la proroga dello stato di emergenza, ma mi risulta che, a tutt'oggi, non siano stati designati i commissari e che non siano stati previsti i loro poteri. L'anno scorso e due anni fa per effettuare questo passaggio ci sono voluti cinque o sei mesi: se si deve ripetere questa storia, è meglio non dichiarare lo stato di emergenza in Puglia, perché la soluzione del problema sarà il disastro ambientale.

MASSIMO BLONDA, Presidente dell'ABAP. Nella mia qualità di presidente dell'associazione dei biologi ambientalisti pugliesi, dichiaro innanzitutto di condividere pienamente tutto ciò che è stato detto dai rappresentanti delle altre associazioni. Ho consegnato anch'io una breve nota contenente le nostre osservazioni. Mi preme soltanto richiamare la vostra attenzione sul problema del Gazometro, che credo abbiate visitate stamattina. La situazione dell'inquinamento è enormemente complessa perché riguarda non solo l'amianto ma anche situazioni pericolosissime all'interno degli stabilimenti e nel sottosuolo, data la presenza di un'area di circa 500 metri quadri in cui sono depositati, per circa un metro di profondità, fanghi di origine ignota, molto probabilmente non provenienti dal processo produttivo del Gazometro, e quindi rappresentanti una vera e propria discarica abusiva.

Il problema del Gazometro è che una qualsiasi operazione di bonifica che non tenga conto di tutti i fenomeni inquinanti presenti può creare condizioni di rischio peggiori dell'attuale situazione. Mi spiego. Un intervento per stralci come quello promosso attualmente dall'amministrazione comunale, affidato tra l'altro, in fase di programmazione dell'intervento, alle stesse ditte che dovrebbero operare la bonifica, e quindi in assenza di un'analisi dello stato dei luoghi e di un piano dettagliato fatto dall'amministrazione pubblica, può determinare la soluzione del problema dell'amianto, ma impedire l'ulteriore soluzione dei problemi del sottosuolo. Ribadiamo la necessità assoluta di un'indagine sullo stato dei luoghi fatta da un ente super partes e la pianificazione dell'intervento di bonifica a monte della gara vera e propria per l'affidamento dei lavori.

Per quanto riguarda la Stanic, alcune problematiche sono già state accennate. Sappiamo che la Stanic era sede di un deposito di enormi quantità di caprolattame, derivante dagli impianti di Manfredonia. Non sappiamo che fine abbia fatto e quale sia la destinazione prevista. In ogni caso, tutta l'area Stanic avrebbe, se recuperata, un importantissimo ruolo di ricucitura ecologica nel tessuto barese, che manca di aree verdi e di penetrazione di ecosistemi naturali nell'ambito urbano, con tutti i danni che da ciò derivano. La bonifica dell'area Stanic richiede un'analisi dello stato dei luoghi fatta in maniera oculata. Resta il problema, nell'area, della centrale ENEL, che ha a che vedere con il problema rifiuti in quanto, già soggetta ad osservazioni da parte della popolazione e delle associazioni ambientaliste per il danno che arreca, potrebbe diventare sede di un impianto di incenerimento di rifiuti urbani, peggiorando quindi la situazione ambientale che già determina.

Per quanto concerne tutta l'area industriale di Bari, che è largamente dismessa, ci vengono segnalati moltissimi casi di impianti abbandonati che potrebbero rappresentare fonte di inquinamento non solo da amianto, ma anche da altri residui chimici. Anche in questo caso chiediamo un intervento di monitoraggio di tutta l'area industriale operato oculatamente ma velocemente. Sottolineiamo che la nostra richiesta di intervento di analisi dello stato dei luoghi non può e non deve essere presa a pretesto di ritardi per avviare le opere di bonifica vera e propria.

Per ciò che riguarda i rifiuti, dobbiamo denunciare un pressoché completo smaltimento illecito di quelli industriali dell'area barese, dovuto prevalentemente a due fenomeni: la mancanza di controllo sul territorio dell'ex area industriale, che quindi offre suolo disponibile per smaltimenti illeciti, e l'assoluta mancanza di una rete di servizi alle imprese che eventualmente volessero smaltire in maniera legale i sottoprodotti. Mi riferisco a servizi che vanno dall'informazione sulla possibilità di recupero del prodotto, dall'informazione sulla possibilità di riduzione della produzione di rifiuti attraverso la modifica del processo produttivo a impianti e sistemi di gestione e smaltimento dei rifiuti. Per cui, la condizione di illegalità è quasi obbligata nello smaltimento dei rifiuti industriali.

E' altresì necessario segnalare che, nei pochi casi in cui attività imprenditoriali private si sono fatte promotrici del recupero di materiali, queste sono state soggette a pressioni di tipo malavitoso, perché il costo della materia recuperata rispetto a quello della materia prima fornita, estratta e prodotta in ambito regionale, era eccessivamente concorrenziale sul mercato. Perciò, anche la volontà di singoli imprenditori in questo quadro viene demotivata.

Il problema principale, secondo noi, è costituito dalla completa assenza di un intervento programmatico e di sostegno da parte dell'ente regionale, e non da parte del commissariato straordinario, che riteniamo stia facendo il suo lavoro. Mi riferisco alla struttura ordinaria della regione, la quale si limita a comunicazioni pubbliche di dubbio sulla possibilità di applicare in Puglia il decreto Ronchi, sui limiti, sui difetti e sulle inefficienze che il decreto Ronchi causerebbe, senza alcun tipo di impegno chiaro per la sua reale applicazione. Questo a fronte, soprattutto per i rifiuti urbani, di un impegno promosso dalle associazioni ambientaliste e da liberi cittadini, anche nel proporre esperienze pilota di raccolta differenziata e di recupero, ma l'impegno delle associazioni ambientaliste è stato del tutto ignorato.

In conclusione, segnalo l'assenza di un'ARPA in Puglia. Riteniamo che questa sia una delle cause primarie di una situazione di illegalità generalizzata.

VALERIA CANIGLIA SANNONER, Vicepresidente di Ambiente e/è vita della provincia di Foggia. Sarò molto breve e schematica, perché non voglio ripetere ciò che hanno sottoposto alla vostra attenzione gli amici che mi hanno preceduto.

Sono trascorsi due anni da quando la precedente Commissione d'inchiesta venne a Foggia, ma la situazione d'emergenza della Puglia si è andata aggravando. Questo significa che non è stato fatto nulla. Il collega che mi ha preceduto ha parlato dell'ARPA. Noi intendiamo denunciare la necessità di un maggiore utilizzo di questo strumento. Per quanto riguarda la bonifica e il ripristino ambientale dei siti, è stato fatto poco e tutta l'operazione sconta un forte ritardo.

Sollecitiamo anche l'utilizzo migliore del progetto LARA, come ha detto il presidente Scalia, per eseguire un monitoraggio aereo dei siti pugliesi. Le forze dell'ordine hanno elencato un numero di 1.211 discariche contaminate. In effetti, pare che siano molte di più. I costi preventivati dagli organi di controllo sono sicuramente inferiori a quelli che saranno in realtà necessari, perché non è stato compiuto il carotaggio dei terreni e il danno che l'interramento dei rifiuti di ogni tipo ha provocato sul terreno.

La situazione del Gargano è drammatica. Apricena, Lesina, Poggio Imperiale e San Nicandro Garganico sono luoghi di discariche e luoghi di tumori. Gli abitanti di questa zona ammalatisi di tumore nell'ultimo periodo sono aumentati notevolmente. Ci sono strani silenzi tra l'ASL Foggia 1 e l'istituto zooprofilattico di Foggia. Dati i legami di Foggia con aziende di Caserta e tutta la malavita locale, questo potrebbe far presupporre un circuito ecomafioso.

Per quanto riguarda i rifiuti industriali, il problema principale è quello di Manfredonia. Non si riesce a trovare una soluzione al problema dell'Enichem. Vi sono scorie liquide da residui di lavorazione del caprolattame stoccate da sette anni, ma non si sa bene quali saranno le conseguenze sul territorio. Sarebbe opportuno che questa Commissione facesse leva sui dirigenti dell'Enichem per porre fine a questa situazione di estremo pericolo. Fra l'altro, questa industria è stata costruita su una faglia e il Gargano è una zona sottoposta a terremoti. Questa, quindi, è una bomba ecologica: se a Manfredonia vi fosse un terremoto di sette-otto gradi, le conseguenze potrebbero essere disastrose.

Vi è poi la discarica dell'Immobildaunia di Passo Breccioso. Anche lì ci sono strane concomitanze fra aziende che hanno l'appalto dei rifiuti e società più o meno illegali del casertano.

Per quanto riguarda le discariche dei rifiuti urbani, abbiamo cave ad Apricena e a Poggio Imperiale. Di Cagnano Varano si è già detto. Siamo nel parco del Gargano, quindi è facile immaginare quale sia la situazione. Si è parlato anche di Trinitapoli. Ma la discarica di Trinitapoli opera nel bacino delle saline di Margherita di Savoia. L'azienda che estrae il sale utilizza l'acqua prelevata da terreni chiaramente inquinati. L'esame di questo inquinamento non è stato compiuto: credo che bisognerebbe bloccare la discarica di Trinitapoli.

Comunico infine che da San Giovanni Rotondo scaricano rifiuti ospedalieri in una gravina all'aperto, con grave impatto ambientale. Pertanto, nella nostra provincia ci sono diverse bombe ecologiche. Eppure, è una provincia a vocazione turistica, ma è stata deturpata dagli interessi delle grandi aziende. L'Enichem ha fatto scempio del Gargano. Facciamo pressioni su questa Commissione perché cerchi di riportare la situazione a livelli accettabili.

ENZO CANCELLARA, Rappresentante di Italia nostra della Puglia. Dico subito che non ho notizie da codice penale da segnalare. Pensavo che si dovesse discutere più di rifiuti solidi urbani che della Fibronit e del Gazometro, che costituiscono comunque fatti allarmanti.

Quanto alla Fibronit, Italia nostra è intervenuta anche in passato. La nostra proposta è la seguente: consolidare tutta la parte inquinante e destinare l'intera area a parco urbano, dato che Bari è gravemente carente di spazi verdi. A ridosso di quell'area, infatti, gravitano più quartieri. E' chiaro che occorre la messa in sicurezza dell'amianto.

Quanto al Gazometro, è la stessa storia: anche lì pare che vi siano elementi inquinanti, che sono già stati denunciati. Anche per quel caso vi è la proposta di un parco di archeologia industriale: quindi non la destinazione, tentata per anni, a palazzine, secondo il piano regolatore, ma bonificare il sito e destinarlo ad archeologia industriale. Anche quest'area si trova in una situazione allucinante: Bari ha pochissimi spazi fruibili e quello potrebbe essere un piccolo polmone, non molto vasto ma utile.

Ho potuto comunque constatare l'insensibilità, la mancanza di cultura e di volontà politica per capovolgere la situazione dei rifiuti solidi a Bari. Si parla di emergenza, ma manca proprio la concezione di come si possa ribaltare la situazione: il decreto Ronchi ci aveva aperto l'animo alla speranza, anche se senza troppe illusioni, ed invece questa stasi assoluta è qualcosa che ci impressiona. E' probabile che il potere politico voglia fare qualcosa ma sia paralizzato: questo forse può essere oggetto di una Commissione d'inchiesta parlamentare, perché bisogna chiedersi come sbloccare la situazione. Le linee proposte non ci vedono consenzienti: altri forse si accontentano di quello che può uscirne, ma le decisioni, le iniziative prese dalla regione Puglia, almeno sulla carta, sono in linea (in un certo senso anche peggiorativo) con il piano approvato nel 1993, che era impostato su scarichi, inceneritori ed un piccolo contentino rappresentato dalla raccolta differenziata (che poi non è stata neppure attuata).

Le iniziative ad alto livello assunte dal commissario straordinario insistono ancora sullo stesso piano e a moltiplicare le discariche: chiaramente, alcuni degli amici ambientalisti penseranno che è meglio una discarica controllata che una illegale, ma perché non dobbiamo ribaltare la situazione e cogliere l'occasione storica che si presenta proprio a partire dalla raccolta differenziata, in modo da svuotare realmente, e non di far proliferare ulteriori discariche? Questo, almeno, è nelle intenzioni della legge; se però non si inizia ad invertire la tendenza, non vi è niente da fare. Qualcuno pensa che questo discorso sia del tutto astratto, ma vediamo se è così: praticamente le frazioni dei rifiuti solidi urbani sono costituite da sostanze organiche quasi al 50 per cento, da materiale cartaceo al 25 per cento (e siamo al 75 per cento, scusate se è poco), il resto è vetro, materiale ferroso, sostanze recuperabili, plastica ed altro ancora, legno, panni, stracci. Se si raccoglie tutto, in discarica non resta niente, o quasi: allora, perché non iniziare ad invertire la tendenza?

Anche rispetto all'emergenza, si deve cominciare a non fare riferimento ai megaimpianti: con questo termine mi riferisco non soltanto alle discariche e agli inceneritori, ma anche agli impianti di compostaggio, perché è possibile fare il compost addirittura a livello di giardino, di villa, di paese. E' indispensabile che questo quasi 50 per cento di materia organica torni al terreno agrario, che se ne è impoverito per eccesso di concimazione chimica e che ha un estremo bisogno di essere rilanciato, anche per arginare la desertificazione della Puglia: sapete che, per l'effetto serra, il fenomeno della desertificazione è già iniziato e l'Italia meridionale, la Puglia nello specifico, ne è particolarmente minacciata. La sostanza organica (non elenco tutte le opportunità e le necessità relative) fra l'altro blocca o argina, comunque riduce, questo rischio: inoltre, si tratta di qualcosa che è bene torni alla terra, perché consente una produzione con minori apporti di concimi inorganici (fra questi vi è anche il fosforo, che è una risorsa esauribile).

Perché, quindi, seppellire queste sostanze nelle discariche, o buttarle negli inceneritori? Anche rispetto al 25 per cento di carta, naturalmente, come ambientalisti siamo orientati al suo riciclo e alla sua riutilizzazione, ma a questo fine bisogna cercare di fare le strutture necessarie: in Puglia vi è soltanto una cartiera, che mi sembra sia stata dismessa. Qual è il punto per quanto riguarda la raccolta differenziata? Non credo che la popolazione non farebbe la sua parte per quanto riguarda la preselezione; il problema, però, è che le materie recuperate devono trovare utile collocamento, anche a prezzi piuttosto bassi e costanti. Restando nell'ambito della carta, vi è stato un periodo di fervore della raccolta differenziata, anche a Bari, attraverso cassonetti presso le scuole, le parrocchie; i quantitativi non erano iperbolici ma si aveva un certo ritorno. Se si assicurasse anche una piccola parte di riciclo, si creerebbero posti di lavoro e si potrebbe avere un grande impegno del volontariato, giustamente incentivato con piccoli ritorni, ovviamente non remunerativi sul piano professionale; però questa è una politica che può fare solo chi ha funzioni gestionali ad alto livello, che può individuare queste possibilità di superare i cicli. Non è possibile raccogliere la carta e poi lasciarla inutilizzata, o buttarla nelle discariche: è necessaria una ferma volontà, a livello non soltanto regionale ma anche nazionale, perché il processo si inneschi.

Bisogna allora cercare di aprire in ogni agglomerato urbano piccoli centri, realizzati più o meno in economia, utilizzando l'esistente e non incrementando i grandi impianti, investendo molto in questo tipo di raccolta per avere uno sbocco economico, anche se parziale. Questo è possibile: prima si pensava che la raccolta differenziata fosse un fatto del tutto marginale e Lobaccaro ha già osservato che essa rappresenta l'1 per cento in Puglia (spero che si sbagli, ma comunque si tratta sempre di percentuali irrisorie); eppure, da qualche tempo, anche in Italia, si è cominciato a valutare la possibilità di avere quote altissime di recupero dei materiali che vanno a finire nelle discariche. Prima si sapeva a Seattle, o in altri centri della Germania, mentre adesso anche in Veneto e in Lombardia si sta arrivando a queste convinzioni. Perché dobbiamo temere se quasi il 50 per cento può essere riciclato nei terreni agrari della stessa zona? Potremmo così abbattere la febbre, non solo sgonfiare l'emergenza ma assicurare che il sistema continui.

Se si inizia con la carta e si riesce a riciclarla in maniera economica, avremo una massa di ore lavorate (con attività più o meno professionali), che forse non entreranno nelle statistiche ma garantiranno un'entrata soprattutto alle fasce più esposte della popolazione. Questo aspetto lo considero decisivo: si tratta di un'opportunità di lavoro che quantomeno non va sottovalutata. Voi, come parlamentari, conoscete il problema della disoccupazione, non solo in Puglia ma anche nel resto del paese: i posti di lavoro, invece di aumentare, diminuiscono, anche per effetto dell'automazione. Secondo alcuni studi, vi è ormai un aumento dei profitti dell'industria e una riduzione dei posti di lavoro: se, entro certi limiti, possiamo attenuare questi aspetti non puntando sugli inceneritori e sulle discariche, che sono in mano soltanto ad alcune persone che da questa attività ricavano alti profitti, ma riuscendo a diffondere questo business in tutti i paesi, avremo fatto un'alta opera umana. Per questo mi appello a voi parlamentari.

GIUSEPPE SPECCHIA. Lei ci ha ulteriormente convinto dell'utilità della raccolta differenziata.

GABRIELLA FAGIOLI, Rappresentante del WWF della Puglia. Non ho molto da aggiungere a quanto hanno già osservato gli altri rappresentanti delle associazioni ambientaliste. Desidero sottolineare che effettivamente si possono definire siti contaminati tutte le zone industriali della nostra regione, non solo dei capoluoghi di provincia, ma anche dei paesi più piccoli; addirittura, si possono definire siti contaminati le campagne e i bordi delle strade, dove si trova di tutto. Vengo da Altamura, che fa parte del triangolo di produzione del salotto legato a Natuzzi: ebbene, le piccole industrie collegate alla produzione dei salotti smaltiscono i loro rifiuti in maniera totalmente incontrollata e abusiva.

Abito al quinto piano, per cui posso vedere tutta la campagna intorno, nella quale quotidianamente vi sono fumate di tutti i colori, il che significa che quotidianamente vengono immesse nell'aria che respiriamo diossine e chissà cosa altro. E' quindi necessario un forte richiamo alla necessità di sistemare la questione dei rifiuti industriali; non parliamo poi di quelli tossico-nocivi e ospedalieri, per i quali praticamente viviamo a meno dell'anno zero. Frequento la ASL del mio territorio e so che, per esempio, rispetto al servizio veterinario, quando animali da compagnia come cani e gatti muoiono, anche per patologie molto contagiose, vengono praticamente buttati di nascosto nel cassonetto dell'immondizia dietro l'angolo: questo è molto pericoloso, perché sappiamo benissimo cosa succede quando il tutto viene mandato in discarica.

Per quanto concerne i rifiuti domestici e solidi urbani, la situazione è quella che è stata bene illustrata dall'ingegner Lobaccaro: praticamente, in Puglia operano tre o quattro famiglie che gestiscono le discariche, le quali sono ormai diventate praticamente un patrimonio privato; al riguardo, da parte degli enti locali non vi è stato alcun impegno, da nessun punto di vista. E' vero che il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti aveva delle pecche e non privilegiava la raccolta differenziata, ma è anche vero che, in qualche modo, dava delle risposte ad un'emergenza che in effetti non credo vi sia soltanto da tre anni ma almeno da una decina di anni. Di conseguenza la situazione è molto grave: credo fra l'altro che un maggiore coinvolgimento delle associazioni ambientaliste sarebbe molto utile, poiché proprio il loro mancato coinvolgimento è una delle ragioni del fallimento della raccolta differenziata (tale mi sembra che sia, anche se in effetti nella maggior parte dei centri pugliesi la raccolta differenziata è stata attivata con molto ritardo ed è partita soltanto da qualche mese). La legge prevedeva il coinvolgimento delle associazioni ambientaliste da parte degli enti locali: ebbene, abbiamo fatto un'indagine dalla quale risulta che quasi nessun comune pugliese che abbia attivato la raccolta differenziata ha coinvolto le associazioni ambientaliste, le quali invece avrebbero potuto portare il loro contributo di entusiasmo, di conoscenza e di capacità di far partecipare le persone.

Sinceramente, sono molto sconfortata: Mimmo Lobaccaro accennava alla necessità di fare un piano per i rifiuti tossico-nocivi, che serve tantissimo, perché bisogna porre degli argini; temo però che si spendano un sacco di soldi per prepararlo...

DOMENICO LOBACCARO, Presidente di Legambiente della Puglia. C'è già, è stato predisposto ma è chiuso in un cassetto.

GABRIELLA FAGIOLI, Rappresentante del WWF della Puglia. Esattamente, come gli altri piani in definitiva, che ci sono ma non vengono applicati.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti delle associazioni ambientaliste per il loro contributo alla nostra inchiesta: vi ho visto numerosi ed informati, per cui aggiungo soltanto pochi flash. Un ringraziamento particolare rivolgo all'associazione esposti amianto, che ha riattivato l'attenzione della Commissione su una tematica che ha valenza nazionale: basti infatti pensare, al di là dei siti di produzione dell'amianto, a quanto esso sia stato usato per le coibentazioni e le edificazioni degli anni sessanta e settanta (ricordo fra l'altro che nell'ambito del progetto LARA sono stati visualizzati con una tecnologia molto avanzata tutti i tetti in amianto di Roma). Ci rendiamo ben conto che si tratta di un grosso problema, che riguarda la nostra Commissione, la quale se ne è già occupata e continua ad occuparsene. Ringrazio quindi anche l'avvocato Sparapano per la puntualità con cui ha messo in evidenza gli aspetti della legge n. 257 e del decreto ministeriale che in effetti ci stava già ponendo dei problemi (i decreti, però, possono anche essere corretti). Al riguardo, penso che l'azione che potrà svolgere la nostra Commissione sarà quella di rappresentare la situazione affinché si riesca a procedere ad una messa in sicurezza reale dei siti contaminati dall'amianto.

L'altra precisazione riguarda la raccolta differenziata, di cui molti di voi hanno parlato. Le audizioni servono anche per sapere dai responsabili dei settori cosa stanno facendo e vi è stato unisono nell'audizione dei rappresentanti della regione sul fatto che, indipendentemente, o quasi indipendentemente dal piano e dalla legge regionale, l'azione del commissario di Governo è puntata in maniera centrale sulla raccolta differenziata. Questo è stato detto ad una Commissione parlamentare d'inchiesta, è verbalizzato e credo sarebbe una grave leggerezza (per usare un eufemismo) dichiarare in questa sede una cosa che non corrisponde alla realtà. Non ho quindi motivo per dubitare che non sia così, anche perché il problema che ci si è posto è: se l'obiettivo della raccolta differenziata è ormai quasi nel DNA del commissario di Governo e vi è una programmazione per impianti soprattutto di compost, che si fa dell'emergenza, visto che il commissario di Governo ha poteri non per l'emergenza ma evidentemente per la programmazione a regime? E' un problema che abbiamo sollevato e che veniva ripreso soprattutto dall'ingegner Lobaccaro in termini drammatici.

Vediamo d'altronde un possibile vuoto per i prossimi mesi e la Commissione ha sì dei poteri, ma che sono limitati: questa sarà comunque un'altra delle partite che sicuramente approfondiremo con il Ministero dell'ambiente e soprattutto con il Ministero dell'interno, cui fanno capo i commissari. Da ultimo mi soffermo sulla segnalazione molto interessante che faceva la vicepresidente dell'associazione ambiente e vita, la quale ci ha parlato di legami Foggia-Caserta che sono credibili almeno per due motivi: per la vicinanza tra le due province e per quel livello di inattuazione che sul tema rifiuti vede la provincia di Foggia raggiungere dei vertici negativi, secondo le informazioni che abbiamo e che domani andremo a verificare. Aggiungo che è intento della Commissione continuare a seguire i problemi e non limitarsi alle missioni nei diversi territori: stiamo procedendo nella nostra attività finalizzata al censimento dei rifiuti e delle industrie pericolose, nonché in altre verifiche che abbiamo già messo in cantiere, per cui speriamo di poter fornire se non altro un utile quadro informativo al Parlamento ed al Governo sulla base dell'inchiesta che stiamo svolgendo. Vi ringrazio e vi saluto.

Gli incontri terminano alle 21,40.