CATANZARO, 27 GIUGNO 2002
RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO
PARTECIPANO I SENATORI ANTONIO CRINO’, LOREDANA DE PETRIS, NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI, RENZO MICHELINI E GAETANO PASCARELLA
E I DEPUTATI OSVALDO NAPOLI, DONATO PIGLIONICA, MICHELE TUCCI E MICHELE VIANELLO
I lavori cominciano alle 11.20.
Incontro con il prefetto ed il questore di Catanzaro.
PRESIDENTE. Vorrei anzitutto ringraziare per la sua cortese ospitalità il prefetto di Catanzaro, Corrado Catenacci.
Questa è la prima missione che la nostra Commissione effettua. Abbiamo individuato un percorso che si articola su un doppio binario: da una parte quello dell’approfondimento di fenomeni di carattere generale, che si è basato sull’audizione di soggetti istituzionali quali i ministri Marzano, Matteoli e Sirchia, mentre la settimana prossima audiremo il procuratore capo della DIA, dottor Vigna; dall’altra l’approfondimento della conoscenza della situazione nelle regioni commissariate, per verificare quanto fatto e capire il funzionamento stesso dell’istituto del commissariamento, non solo sul piano tecnico-organizzativo ma anche su quello istituzionale, nonché la sua efficacia, anche alla luce di una serie di considerazioni che abbiamo ascoltato da parte del ministro Matteoli, circa l’opportunità o meno di proseguire con l’applicazione di questo istituto.
Ovviamente una particolare attenzione è diretta alla conoscenza di ogni utile elemento per comprendere i profili di connessione con la criminalità organizzata in questo settore. Mi piace significare che questa non è solo una Commissione d’inchiesta con i poteri dell’autorità giudiziaria, nel senso che non ha solo una funzione di conoscenza o eventualmente inquirente; essa ha la legittima pretesa, prevista per norma, di approfondire le questioni per formulare proposte anche sul piano legislativo.
Do quindi la parola al prefetto di Catanzaro.
CORRADO CATENACCI, Prefetto di Catanzaro. Signor presidente, signori parlamentari, vi ringrazio per aver voluto scegliere la Calabria come prima destinazione di una missione della vostra Commissione.
In effetti i problemi dell’ambiente in Calabria hanno un notevole spessore. Sulla base delle mie precedenti esperienze come prefetto di Caserta e di Bari, dove nel 1994 fui il primo commissario straordinario per l’emergenza ambientale, ho potuto dedicare a questa problematica una particolare attenzione. Il presidente della giunta regionale calabrese è commissario delegato dal Governo per l’emergenza ambientale, considerando come tale anche quella concernente lo smaltimento dei rifiuti e dei problemi connessi a questo tema e a quello dell’approvvigionamento idrico.
Numerose sono state le iniziative che in questo periodo come prefetto di Catanzaro ed anche nella mia qualità di commissario delegato vicario del presidente della regione ho avviato in questa sede, sia con continue riunioni del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica – durante le quali sono state esaminate numerose problematiche connesse alla tutela dell’ambiente e ad alcune emergenze – sia con incontri interregionali con i prefetti delle altre province calabresi, con gli organismi della regione deputati ad occuparsi di questa problematica, con i rappresentanti delle capitanerie di porto e della guardia forestale per approfondire alcuni aspetti.
Credo che il vostro primo obiettivo sia quello di sapere se nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, speciali e tossici ed in quello dell’esercizio delle discariche vi siano inquinamenti da parte della criminalità, organizzata e non.
Ho sempre operato, per oltre 42 anni – di cui gli ultimi 17 da prefetto – in province dell’Italia meridionale: i primi 25 anni a Napoli, poi a Caserta, a Cosenza, a Salerno, a Bari, a Cagliari ed ora a Catanzaro. Non mi è mai capitato di poter dire che la criminalità non sia interessata a questi fenomeni. A cominciare dalla mia esperienza casertana (forse con alcuni di voi mi sono già incontrato sia a Caserta sia a Bari, quando era presidente di questa Commissione l’onorevole Scalia) ho potuto notare che la criminalità organizzata nutre un vivissimo interesse nei confronti dell’esercizio delle discariche ed anche dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Bisogna anche dire che in Calabria si sono fatti notevolissimi passi avanti perché la gestione commissariale che ho già trovato in pieno esercizio agli inizi del 2001 (sono arrivato qui il 20 dicembre 2000) ha avviato una serie di attività tese a regolarizzare l’intero settore dei rifiuti solidi, sia per quanto concerne gli appalti per la rimozione e lo smaltimento sia per quanto concerne l’esercizio delle discariche. Oggi in Calabria abbiamo 10 discariche autorizzate che coprono ovviamente tutte le esigenze della regione; alcune di queste discariche sono ampie e ben organizzate, a detta di tutti. Ad esempio, nella discarica di Crotone – che non ho visitato personalmente – si dice che si potrebbe addirittura fare un pic-nic, tanto è corrispondente alle prescrizioni esistenti in materia.
In queste 10 discariche – che si trovano a Lametia Terme, Crotone, Rossano Calabro, Siderno, Gioia Tauro, Casignana, Vibo Valentia, Cassano al Jonio, Corigliano Calabro e Catanzaro – l’attività di smaltimento avviene in piena regolarità. Esse sono gestite da varie aziende le quali – in merito saranno più chiari i funzionari del commissario delegato – sono continuamente oggetto di attenzione da parte delle forze di polizia. In effetti, almeno per quanto riguarda il periodo in cui sono stato presente in questa regione, cioè un anno e mezzo, abbiamo potuto constatare che non vi sono stati tentativi di infiltrazione di particolare spessore.
Posso senz’altro soffermarmi sulle linee generali perché i magistrati potranno dire qualcosa di più al riguardo, anche perché non siamo a conoscenza delle inchieste che la magistratura conduce su questi singoli aspetti. Vi posso dire però che sicuramente sono in corso inchieste e continue indagini da parte di tutte le forze di polizia per monitorare la situazione ed evitare inquinamenti da parte della criminalità organizzata. Quest’ultima non ha grossi interessi – almeno per quanto riguarda la provincia di Catanzaro – perché essa è separata dal resto dell’Italia continentale dalle vicine province di Cosenza e di Crotone. Forse un’attenzione particolare dovrebbe essere riservata alla provincia di Cosenza, la quale quasi confina con la Campania, nel senso che c’è una fascia costiera di una trentina di chilometri nel territorio di Maratea che la separa dalla Campania.
Controlli continui sono stati effettuati dalle forze di polizia anche su automezzi che entrano in territorio calabrese ma allo stato attuale non abbiamo elementi per affermare con certezza che sia in atto un inquinamento da parte di organizzazioni criminali nel settore. La delinquenza organizzata della Calabria si rivolge infatti ad altri campi come le estorsioni, il traffico ed il commercio di droga, il racket a danno delle imprese, con particolare riguardo ai lavori in corso sul tratto autostradale che conduce in Calabria. Il settore del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti non rappresenta un ambito nel quale normalmente la criminalità calabrese si inserisce; questo però non vuol dire che le infiltrazioni non avvengano ad opera di altre organizzazioni della vicina Campania o anche della Puglia.
Per quanto riguarda la mia attività come prefetto di Catanzaro, ho sempre guardato con molta attenzione ai problemi dell’ambiente. Giorni fa, a seguito di una riunione svoltasi in prefettura, mi sono recato al Ministero dell’ambiente ed ho ottenuto direttamente dal ministro un finanziamento di 40 mila euro, grazie al quale abbiamo immediatamente appaltato e poi fatto eseguire i lavori di demolizione di un cosiddetto "ecomostro", una struttura costruita a Copanello, in uno dei tratti più belli della costa calabrese oggetto di riserva marina: ciò è avvenuto nel giro di 15-20 giorni dalla data in cui è stato trattato l’argomento in prefettura. Quindi, se lo Stato vuole, può e deve agire, riuscendo anche a conseguire risultati notevoli.
Piuttosto credo non si possa isolare il problema dell’emergenza rifiuti da quello più generale di tutela dell’ambiente. In queste zone abbiamo una cultura civica molto scadente, per cui i corsi d’acqua, i torrenti ed i numerosi valloni che si trovano tra le montagne di questa regione spesso vengono utilizzati come vere e proprie discariche. Sotto questo profilo si svolge un’azione congiunta delle forze di polizia e delle strutture del commissariato di Governo della regione e della guardia forestale per cercare di arginare tali illeciti. Una particolare attenzione ho riservato, come prefetto di Catanzaro, ai problemi dello smaltimento degli inerti: ho inviato funzionari in tutti i comuni affinché, in occasione delle normali verifiche che i prefetti fanno eseguire sulle anagrafi e sui servizi elettorali, accertassero anche presso gli uffici tecnici degli stessi comuni che all’atto di concessione della licenza edilizia corrisponda la previsione del sito di discarica degli inerti. Molto spesso, infatti, questi cumuli di immondizia che si trovano lungo le strade, i fiumi e qualche volta le spiagge sono costituiti proprio dal materiale di risulta derivante da nuove costruzioni o ristrutturazioni di vecchi edifici.
Queste disposizioni sono state impartite anche agli altri prefetti delle province calabresi in quanto ho ritenuto nel caso di esservi autorizzato come commissario delegato vicario del presidente della regione Chiaravalloti, il quale naturalmente è costantemente tenuto al corrente in via preventiva di tutte le iniziative che adottiamo.
Abbiamo anche svolto numerosi incontri interregionali in prefettura, l’ultimo dei quali degno di attenzione mi sembra sia stato quello del 10 luglio 2001, al quale partecipò anche l’avvocato Reale, subcommissario delegato per l’emergenza ambientale; vi presero parte tutti i prefetti della regione che rappresentano i subcommissari delegati per l’emergenza ambientale nelle rispettive province, i vertici della Guardia di finanza, dei carabinieri e del Corpo forestale dello Stato ed i rappresentanti delle province. Scopo dell’incontro era l’effettuazione di una puntuale verifica sul territorio per quanto concerneva il rispetto da parte delle discariche delle prescrizioni fornite all’atto della concessione dell’autorizzazione da parte della regione, nonché un controllo sull’esercizio dell’attività di trattamento dei rifiuti perché molto spesso può accadere che nelle discariche autorizzate ad accogliere rifiuti "normali" vengano conferiti rifiuti tossici o comunque di natura particolare.
Recentemente il commissariato regionale ha stipulato una convenzione con una società di rilevazione aerea per intervenire non appena gli elicotteri segnalino la presenza di sversamenti a mare o addirittura – come è capitato di recente – quando i rifiuti vengano direttamente gettati nel mare. Molto spesso la fascia costiera del Tirreno, che è la più abitata della Calabria, presenta un inquinamento da immondizia. Si dice che molto di questo materiale arrivi dalla Campania o dalla vicina provincia di Cosenza; sta di fatto però che qualche volta esso giunge fino al litorale catanzarese, che dista circa 100 chilometri in linea d’aria da quello della Basilicata e da quello della Campania.
Qualche volta, con i mezzi aerei delle forze di polizia, abbiamo effettuato riscontri; personalmente ho partecipato ad alcuni voli di elicotteri della Guardia di finanza lo scorso anno che ripeteremo all’inizio di questa estate perché il fenomeno in questa stagione diventa ingente. Una cittadina di 7 mila abitanti come Scalea raccoglie d’estate ben 200 mila villeggianti; altre cittadine che si trovano lungo la costa triplicano o quadruplicano la loro popolazione. Ciò comporta sversamento di immondizie perché i camion non riescono più a fare le spola verso le discariche; i rifiuti vengono quindi raccolti e smaltiti fraudolentemente nei fiumi (che per fortuna in questo periodo sono in secca e quindi non possono trasportare il rifiuto a mare), in alcuni canaloni e qualche volta, purtroppo, direttamente in mare.
A tale riguardo abbiamo già impartito al precedente questore (quello qui presente è in città solo da qualche giorno ma anche lui sarà al più presto investito del problema) le opportune disposizioni per coordinare l’attività di tutte le forze di polizia. In una regione in cui esistono discariche e lo smaltimento potrebbe avvenire senza problemi, c’è purtroppo la cattiva abitudine, specialmente in estate, di gettare i rifiuti a mare, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Si tenga conto che quest’anno, per la prima volta in Calabria, entreranno in funzione grossi impianti di depurazione sia sulla costa tirrenica sia su quella ionica, per cui la qualità delle acque è nettamente migliorata. Possiamo dire che il nostro mare ha poco da invidiare a quello che ho visto in Sardegna nei quattro anni e mezzo in cui sono stato prefetto di Cagliari.
Questa è grosso modo la situazione in materia di rifiuti. Certamente c’è ancora molto da fare specialmente sotto il profilo della prevenzione. Quanto alla programmazione, penso che il commissariato retto dal presidente della giunta regionale abbia effettuato nel settore passi da gigante. Come sentirete direttamente dagli interessati, i problemi che esistevano in Calabria alcuni anni fa sono oggi in via di soluzione. Certo, essi non sono stati completamente risolti, ma penso – non voglio parlare di altre regioni perché sono stato prefetto di Bari fino al 1996, dove ero anche commissario di Governo per l’emergenza ambientale, ed ho lavorato tanti anni in Campania, come anche il questore Cinque – che la situazione calabrese sia migliore di quella riscontrabile in Puglia e in Campania. Mi auguro di non essere smentito dai vostri accertamenti e neanche vorrei dare l’impressione di essere troppo ottimista; tuttavia, il fatto che il mio metro di paragone sia costituito da regioni più disgraziate della nostra per quanto riguarda l’emergenza ambientale, mi consentono di esprimere una certa soddisfazione per la situazione che vedo maturare in questa regione.
MATTEO CINQUE, Questore di Catanzaro. Signor presidente, chiedo scusa se nella mia esposizione non sarò esaustivo perché sono qui da pochi giorni. Quando però ho saputo della vostra visita mi sono dato da fare per avere uno screening dell’attività delle forze dell’ordine sul territorio per capire cosa si fosse fatto in questo campo.
Ho ricevuto risposte molto puntuali di cui rendo conto alla Commissione: si tratta di elenchi di ditte vincitrici di appalti e di altri aspetti.
In seno alla regione Calabria è istituita la commissione per l’emergenza e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani con precisi compiti di monitoraggio e verifica. La regione Calabria, a partire dal 2000, ha cercato di far fronte all’emergenza correlata alla situazione rifiuti promuovendo la creazione di società miste con partecipazioni maggioritarie pari al 51 per cento del capitale sociale in capo all’ente pubblico, mentre il restante 49 per cento è conferito da persone giuridiche private. Nella fattispecie il conferimento societario della regione è consistito nella disponibilità, finalizzata ai servizi, dei macchinari e delle attrezzature, mentre i privati hanno apportato nelle società create il capitale.
Al fine di razionalizzare ed ottimizzare il servizio il territorio calabrese è stato suddiviso in 14 sottoambiti, cui sono seguite altrettante gare d’appalto per l’aggiudicazione dei servizi. In particolare nella provincia di Catanzaro sono stati individuati tre ambiti ripartiti tra Catanzaro, Lametia Terme e Soverato.
Le società miste che operano nella provincia catanzarese, in base agli atti acquisiti presso l’assessorato regionale all’ambiente, risultano essere, tra le altre, la Lamezia Multiservizi spa, Ambiente e Servizi Catanzaro spa (sono indicati anche i vari responsabili), impianto tecnologico di compostaggio di Catanzaro Lido-Alli, una società per azioni con sede in Roma che ha in gestione l’impianto tecnologico di trattamento RSU sito in Catanzaro Lido, impianto tecnologico di compostaggio di Lametia, raccolta di rifiuti speciali tossici e nocivi, eccetera.
Al di là di questi dati che vi ho fornito, per esperienze passate sia in Campania sia in Sicilia, a mio modestissimo parere non sfugge alla criminalità organizzata il business di questo settore. Non è che io sia pessimista: adesso sarei fantasioso se parlassi di cose che non conosco; però, mentre la Guardia di finanza mi ha riferito di attività di controllo a livello fiscale, ho avuto dai carabinieri segnali secondo i quali a partire dal mese di settembre del 1998 la provincia di Catanzaro è stata interessata da un’investigazione che mirava a far luce sull’andamento di alcune gare di appalto per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani e per le pulizie di enti pubblici e privati in provincia di Catanzaro.
Le indagini facevano accertare l’esistenza di un gruppo di società in collegamento tra loro che riuscivano a gestire metodicamente l’aggiudicazione delle gare di appalto scoraggiando all’occorrenza, con sistemi tipicamente mafiosi posti in essere da soggetti della locale criminalità organizzata, la partecipazione di altre società. I prezzi fortemente concorrenziali praticati nell’aggiudicazione delle gare hanno portato poi ad approfondire gli accertamenti amministrativi o contabili appurando che tutte queste ditte, per poter abbattere i costi, sfruttavano la mano d’opera al punto da corrispondere in molti casi metà degli emolumenti spettanti, paventando a chi intendeva protestare il licenziamento.
Le investigazioni hanno consentito di eseguire a più riprese, a partire dal 13 novembre 1998, diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari emessi dal GIP del tribunale di Catanzaro, le ultime datate 26 marzo 2001.
CORRADO CATENACCI, Prefetto di Catanzaro. Fu arrestato anche il gestore della società che provvedeva allo smaltimento dei rifiuti di Catanzaro; a questo gestore è oggi subentrata una nuova società.
MATTEO CINQUE, Questore di Catanzaro. Come vede, signor presidente, si tratta di un atteggiamento tipicamente mafioso.
La Polizia di Stato – che non è assente da questo tipo di attività – mi ha consentito di portare a voi degli spunti investigativi sui quali non posso essere molto chiaro perché non è stata ancora depositata l’informativa di reato all’autorità giudiziaria. Farò quindi a meno di parlare di nomi o di città; voglio però prospettarvi cosa intendo fare nel prossimo futuro programmando il lavoro.
PRESIDENTE. Signor questore, più che fatti specifici, alla Commissione interessa comprendere fenomeni: in questo senso saranno utili le considerazioni che lei potrà fare.
MATTEO CINQUE, Questore di Catanzaro. In ordine alle problematiche inerenti all’emergenza dei rifiuti, la sezione criminalità organizzata della locale squadra mobile ha in corso delle indagini coordinate dalla locale direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Lametia Terme volte ad accertare ipotesi di condizionamenti mafiosi nelle gare di appalto per la realizzazione delle strutture ed eventuali infiltrazioni di ditte facenti capo ad organizzazioni malavitose nella gestione dei servizi di raccolta e smaltimento dei RSU. Tale indagine è collegata all’attività investigativa avviata a seguito degli atti intimidatori subiti recentemente da esponenti politici lametini.
Tali ultimi episodi, invero, potrebbero essere correlati a divergenze emerse con le nomine e con le conseguenti prospettive di gestione dei servizi di utilità pubblica. In particolare per quanto riguarda i collettori fognari di alcune località, l’ufficio investigativo ha acquisito importanti e convergenti dichiarazioni testimoniali indicanti soggetti appartenenti alla criminalità organizzata concretamente interessata al flusso di denaro derivante dalla realizzazione di tale opera e dai servizi complementari di gestione. Abbiamo anche individuato il clan di appartenenza.
Dico questo solo per far intendere quello che in effetti è noto oggi. Mutuando l’esperienza fatta in Campania, dove l’attività della Criminalpol viene definita anche "verde" perché ci occupammo di controllo del territorio in modo così minuzioso da trovare non le discariche autorizzate (oggetto di accertamenti di tipo diverso come quello fiscale, o quello diretto a verificare chi siano i componenti di queste società e verificarne gli eventuali agganci con la camorra o le altre organizzazioni criminali) ma quelle abusive. Avevamo infatti constatato che alcuni clan malavitosi occupavano parti del territorio non controllato dalle forze dell’ordine perché nascosto o di carattere sparso in vari luoghi, raccoglievano i rifiuti, li sotterravano, li incenerivano o il buttavano a mare e prendevano la tangente o il pagamento del servizio reso a ditte che li trasportavano.
Denunciammo allora 86 persone, 5 dei quali – che facevano capo al clan Nuvoletta – erano i "capimaglia"; gli altri erano solo dei prestanome. E’ questo il tipo di attività che vorrei portare avanti nei prossimi mesi: solo allora potrò dirvi se gli episodi che mi sono stati riferiti dalla squadra mobile e dai carabinieri sono isolati – come mi auguro – oppure se – come credo e come il mestiere mi lascia intendere – ci sarà molto da lavorare. Qualora dovessimo imbatterci in situazioni di quel genere, oltre al sequestro e ad eventuali arresti per reati, procederemo attraverso i prestanome al sequestro dei beni provenienti da attività illecita ai sensi della legge Rognoni-La Torre: credo che questo sia il miglior modo per combattere la criminalità organizzata.
MICHELE VIANELLO. Si diceva che nel trasporto dal luogo di raccolta a quello di smaltimento spesso l’immondizia viene abbandonata, buttata a mare, seppellita, eccetera. Ma se il soggetto che raccoglie ha vinto una gara o ha addirittura un affidamento diretto (poiché penso che chi raccoglie trasporta direttamente il rifiuto in discarica) non dovrebbe essere difficilissimo da individuare e punire, visto che sono autori di reati e di truffe nei confronti di chi gli ha dato quell’affidamento, a meno che il trasporto non venga effettuato in modo totalmente illegale.
MATTEO CINQUE, Questore di Catanzaro. Non è difficile che le cose siano come dice lei; ma il mio discorso era molto più complesso e riguarda ciò che avviene in modo "sotterraneo". L’aspetto che lei sottolineava è ovvio.
OSVALDO NAPOLI. Dopo aver ascoltato entrambe le relazioni, trovo una notevole differenza: mentre il prefetto parla di dieci discariche autorizzate che coprono benissimo il territorio, della discarica di Crotone dove si può addirittura fare un pic-nic, di smaltimento in piena regolarità, il questore descrive una situazione completamente diversa. Pur restando la situazione irregolare e da un punto di vista giudiziario abbastanza pesante, trovo che il servizio sia ottimo: qual è la differenza tra le due prospettazioni?
MATTEO CINQUE, Questore di Catanzaro. Io ho citato due fatti che mi sono stati riferiti; il prefetto dà una versione completa della situazione quale è e appare. Sono un poliziotto e quindi fornisco una visione quale emerge dalla realtà giudiziaria e come potrebbe emergere dalle investigazioni che sicuramente il prefetto non può effettuare. Se c’è qualcosa che non va, sarò io a doverlo riferire al prefetto.
CORRADO CATENACCI, Prefetto di Catanzaro. In pratica, sulla base dei rapporti dei carabinieri, mentre la raccolta dei rifiuti solidi urbani è rientrata nella normalità, ciò non esclude che si possano verificare, specie d’estate quegli episodi di pirateria consistenti nel lasciare i rifiuti nei canali o nei fiumi invece di percorrere 200 chilometri e portarli in discarica. Il numero degli automezzi è infatti insufficiente per venire incontro alle esigenze di una cittadinanza che aumenta di 30-40 volte.
Per quanto riguarda invece i rifiuti speciali, molto spesso essi non vengono ritirati dalle ditte autorizzate ma lasciati direttamente da coloro che li producono in luoghi non autorizzati.
Per quanto poi concerne i rifiuti tossici e nocivi (ecco perché le indagini della questura sicuramente approfondiranno questi aspetti) molto spesso sorge il sospetto che vengano abbandonati in discariche autorizzate allo smaltimento di rifiuti normali. Le indagini che si compiono servono quindi ad individuare l’eventuale presenza della criminalità organizzata in questo settore. In altre parole, può sembrare in apparenza che tutto vada bene ma nessuno esclude che nella discarica di Crotone, che sembra un’area da pic-nic, non vengano abbandonati anche i rifiuti tossici. Accertare tutto ciò dipende da un’attività di intelligence e non ci si può affidare solo alle forze dell’ordine che presidiano l’ingresso della discarica e controllare il contenuto di ogni camion che entra. Utilizzando invece l’intelligence, i confidenti, le indagini, si deve scoprire dove finiscano i rifiuti tossici della regione: questo è uno dei compiti che spettano alla struttura commissariale ed anche a noi.
LOREDANA DE PETRIS. Quanti provvedimenti di sequestro sono stati effettuati nell’ultimo anno?
CORRADO CATENACCI, Prefetto di Catanzaro. I numeri li ignoro.
LOREDANA DE PETRIS. Li chiederemo ai magistrati che si occupano delle indagini.
PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto ed il questore di Catanzaro per la disponibilità offertaci.
Incontro con il commissario ed i subcommissari delegati del Governo per l’emergenza rifiuti della regione Calabria.
PRESIDENTE. Vorrei ringraziare il presidente della giunta regionale calabrese, Giuseppe Chiaravalloti, e i subcommissari delegati presenti.
Questa è la prima missione della nostra Commissione, il cui operato si muove lungo due direttrici, quella di carattere generale nazionale e quella diretta all’approfondimento di situazioni specifiche che riguardano le regioni commissariate. Abbiamo ritenuto utile iniziare con la Calabria e nelle prossime settimane ci recheremo nelle altre regioni per svolgere un approfondimento utile anche ai fini dell’adozione di atti normativi specifici e all’esercizio di un’azione di stimolo nei confronti del Governo e dei due rami del Parlamento rispetto a questa tematica.
E’ nostro interesse quindi comprendere la situazione dei territori in cui ci rechiamo per quanto riguarda i livelli di produzione dei rifiuti, quelli di smaltimento, le tecnologie messe in campo, eccetera. Ci interessa anche approfondire le politiche che sostengono il ciclo integrato dei rifiuti e la raccolta differenziata, il grado di impegno in questa direzione, lo stato dell’impiantistica ed avere un quadro delle attività illecite per verificare come esse siano connesse con il settore e le misure adottate via via che tale connessione viene accertata.
La nostra disamina quindi non è solo funzionale ad un’attività di mera indagine ma anche ad una conoscenza approfondita del fenomeno per offrire soluzioni normative al problema.
Do quindi la parola al presidente della giunta regionale calabrese, commissario delegato per l’emergenza dei rifiuti, Giuseppe Chiaravalloti.
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della Giunta regionale della Calabria. Vorremmo innanzitutto ringraziarvi per la vostra visita e rivolgervi il nostro benvenuto in Calabria.
Nella mia qualità di commissario, volendo dare un’impressione di massima, mi sembra che la gestione proceda con una certa scioltezza, tant’è vero che ci stiamo avviando verso il traguardo della restituzione delle deleghe, che non è più così lontano. Dal 1997 sono trascorsi quasi cinque anni e verso la metà del prossimo anno il compito potrebbe essere considerato esaurito. In questo periodo abbiamo avuto anche la soddisfazione di ottenere l’approvazione da parte della Commissione europea del piano generale dei rifiuti (ne metteremo una copia a vostra disposizione), che ci dà un segnale di valutazione positiva dell’azione finora svolta, sempre con tutte le implicazioni e tutti i problemi che ciò comporta.
I problemi maggiori che abbiamo attualmente su questo rush finale dell’operazione sono relativi alla localizzazione dei siti per gli impianti di smaltimento, perché molto spesso le comunità locali non sono contente di ospitarli. Talora accade anche che, una volta raggiunto l’accordo, ci si ritorni sopra. Ora abbiamo problemi per gli impianti della Calabria nord di Castrovillari, per i quali avevamo già raggiunto un accordo con l’amministrazione comunale, mentre oggi, ad amministrazione rinnovata, sono sorte delle questioni. Qualche volta sorgono problemi da parte di comuni limitrofi a quello che ha accettato la localizzazione dell’impianto, perché il comune interessato alla localizzazione spesso trova compenso nelle indennità che gli vengono corrisposte, mentre il comune vicino si trova esposto alle eventuali indicazioni negative senza trarne alcun vantaggio. Nel caso di comuni con territori ristretti abbiamo problemi di questo genere. Si tratta comunque di problemi con i quali ci stiamo confrontando, ma la previsione è ragionevolmente ottimistica, nel senso che pensiamo di poter raggiungere degli accordi e di poter completare la costruzione degli impianti.
Abbiamo già realizzato e sono già operativi gli impianti tecnologici di Sambatello, di Rossano e di Alli. Restano ancora da ultimare il sistema integrato di smaltimento Calabria nord e quello denominato Calabria sud; per la Calabria sud si è già arrivati all’individuazione dei siti e all’affidamento degli appalti dei lavori, che prevedono quattro piattaforme integrate, con impianti di produzione ubicati a Siderno, Reggio Calabria, Sambatello, Crotone e Rossano, e un termovalorizzatore unico ubicato a Gioia Tauro. Qui siamo già in una fase avanzata, e qualche impianto è già in fase di ultimazione. Qualche difficoltà abbiamo invece nel sistema Calabria nord, dove ci arrabattiamo ancora sull’individuazione dei siti; ne era stato individuato uno a Castrovillari e un altro tra Celico e Altilia, comuni che ad un certo momento sembravano in contrasto, nel senso che ciascuno voleva accaparrarlo per sé, mentre adesso il conflitto diventa negativo e non positivo, e ciascuno tende a respingerlo. Siamo comunque in fase avanzata di discussione e non disperiamo di superare le ultime difficoltà e di affidare l’appalto anche per questi due impianti.
Per quanto riguarda invece le stazioni di trasferimento, ne abbiamo attuate cinque, che lavorano regolarmente. C’è solo l’ultima, Soverato-Davoli, per cui forse dovremo procedere ad uno spostamento perché è venuto a trovarsi, a seguito dello sviluppo urbanistico, nel centro di un lido a grande sviluppo turistico.
Per ciò che concerne le discariche, abbiamo provveduto alla bonifica e intanto alla chiusura di tutte quelle irregolari e alla sottoposizione a regime di tutte quelle tuttora esistenti in funzione transitoria, perché la prospettiva è di eliminarle radicalmente. Però quelle tuttora operanti, cinque o sei, sono regolarmente disciplinate e controllate. Sono state costituite quattordici società miste per la raccolta differenziata; sono già operanti e resta solo da trasferire ad alcuni comuni che ancora non erano pronti le quote pubbliche trattenute dal commissariamento, che saranno gestite direttamente da tali comuni.
In riferimento ai rifiuti speciali, è stato predisposto un regime autorizzativo per cui vengono smaltiti direttamente dai privati. Esiste una normativa abbastanza severa e vengono eseguiti dei controlli in stretto collegamento ed accordo con le prefetture; in questo settore è stata riscontrata qualche irregolarità e si è provveduto alla chiusura di alcuni impianti perché le procedure di smaltimento non sembravano regolari.
Per ciò che concerne le spiagge, si è proceduto alla ripulitura di un lunghissimo tratto di spiaggia ionica, da Squillace, in provincia di Catanzaro, fino a Brancaleone, in provincia di Reggio Calabria. È in corso la ripulitura di un ulteriore tratto a sud di Brancaleone, andando verso Reggio Calabria. Sono stati rimossi tre relitti di carrette affondate e due operazioni sono in corso di ultimazione (si tratta di giorni) nella nostra zona, a Montepaone Lido e a Isca Marina, in provincia di Catanzaro.
È stata organizzata una modesta – non modestissima – campagna di educazione ambientale, che si è articolata attraverso spot pubblicitari ed interventi nelle scuole primarie, denominata "Riciclare per creare"; sono state inventate delle fiabe ecologiche e trasmesse nelle scuole elementari. Inoltre è stato allestito uno spettacolo teatrale che ha girato per le scuole, intitolato Gli uccelli spazzini del mondo, per un tentativo di educazione in questa direzione.
Infine, esistono i problemi di bonifica dei siti. Alcuni sono stati bonificati nella zona di Cassano allo Ionio, Sambatello, Rende e San Luca. L’intervento sul quale incontriamo più difficoltà, trattandosi di un sito estremamente corposo, è la bonifica dei siti degli ex stabilimenti Pertusola Montecatini a Crotone, dove il tasso di inquinamento sembra altissimo e dove le rilevazioni biomediche lasciano pensare a pericoli per la sanità del posto. Era stato presentato dall’ente, che è una società dell’ENI, un piano per la bonifica volontaria, ma i nostri tecnici non lo hanno ritenuto adeguato. Vi è stata addirittura una revisione del parere dei tecnici, con la collaborazione di tecnici forniti anche della società, ma il risultato è stato identico: il piano non è stato ritenuto idoneo. Stiamo procedendo noi alla redazione di un piano per indire una gara per l’esecuzione in danno. Si riscontrano estreme resistenze da parte della società, che mostra di male accettare un’esecuzione in danno; è umanamente comprensibile. A questo punto – è una proposta - dopo l’ultimazione del piano predisposto dal commissariato, la società potrebbe, se lo ritenesse, farlo proprio e ottenere l’affidamento dell’esecuzione volontaria, che le consentirebbe di governare il processo e di controllare i costi; mi sembra una proposta ragionevole, volta a contemperare gli interessi dell’impresa responsabile dell’inquinamento con quelli generali e collettivi, perché il controllo sarebbe sempre quello…
PRESIDENTE. Di che tipologia di inquinamento si tratta?
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della Giunta regionale della Calabria. Si tratta di uno stabilimento per la produzione dello zinco, soprattutto ferriti di zinco, che sono state diffuse sul sito dove insisteva lo stabilimento ma esistono anche fondati motivi per ritenere che l’area si sia allargata enormemente. Ci sono poi tracce di arsenico e di cadmio. La situazione è particolarmente aggressiva e ci crea molte preoccupazioni; per questo abbiamo mostrato estrema fermezza nei confronti degli interessi, che pure riconosciamo legittimi, a contenere la spesa da parte della società del gruppo ENI che deve condurre la bonifica o in danno della quale la condurremo noi.
Riassumendo, la prospettiva, tenuto conto dell’opera già condotta nei vari settori, è per la restituzione di parte delle deleghe già entro quest’anno e, quando saranno ultimati gli impianti tecnologici di Calabria sud e Calabria nord e il termovalorizzatore, al massimo entro giugno 2003 l’opera di commissariato potrà considerarsi conclusa e si potranno restituire le deleghe all’ordinario. Il piano è stato già approvato dalla Comunità europea con un rilevante e positivo ritorno, perché a seguito di tale approvazione sono state liberate risorse per circa 700 miliardi di fondi strutturali, che verranno impiegati per le bonifiche ambientali.
Un’ultima difficoltà la incontriamo per il secondo termovalorizzatore, che rientrerebbe negli impianti di Calabria nord e che si era pensato in un primo momento di far sorgere nella zona di Cosenza; poiché le resistenze della città e dei suoi comuni sono enormi, si pensa (non è ancora un fatto pubblicizzato, ne sto parlando per la prima volta in questa sede), visto che esiste un impianto già ultimato a Gioia Tauro, di raddoppiarlo evitando la localizzazione nel cosentino, se sarà possibile. Questo è uno degli ultimi problemi con i quali dobbiamo fare i conti, problemi soprattutto di raccordo con le comunità esistenti per i problemi ambientali determinati anche dall’incertezza, a livello scientifico, dei danni che possono derivare dall’installazione di certi impianti. Noi saremmo abbastanza tranquilli, ma le popolazioni chiaramente hanno un livello di allarme superiore e tendono a difendere la salubrità dell’ambiente. Noi abbiamo il dovere di conciliare tutte le esigenze e ci muoviamo in quest’ottica.
Rimango naturalmente a disposizione della Commissione e fornirò il piano generale dei rifiuti.
PRESIDENTE. Lo acquisiamo con piacere.
Gradiremmo qualche informazione più dettagliata sul piano, sulla tecnologia e sul metodo di ciclo integrato dei rifiuti che avete adottato, magari con particolare riferimento alla raccolta differenziata che è stata effettuata finora.
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della Giunta regionale della Calabria. Mi sono permesso di farmi accompagnare dall’ingegner Papello, responsabile unico del procedimento e direttore dell’ufficio, che vi potrà fornire le indicazioni che richiedete.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. Per ciò che concerne il sistema di smaltimento dei rifiuti, illustrato nel piano di gestione, noi prevediamo e stiamo realizzando, come avevamo detto, un sistema integrato che parte in realtà a monte dalla raccolta differenziata; noi abbiamo costituito, con una serie di difficoltà che voi potete immaginare, quattordici società miste che coprono tutto il territorio regionale, selezionando con una procedura di evidenza pubblica i partner privati e mantenendo il 51 per cento di quota pubblica, detenuto in fase di costituzione dal commissario e gradualmente ceduto poi ai comuni dell’ambito. Abbiamo dotato queste società di una prima serie di attrezzature ed esse hanno impiegato 7-8 mesi per avviare la loro raccolta differenziata; alcune in realtà erano pronte, perché i comuni si erano già attivati, per cui talune sono partite prima e altre solo da pochi mesi. L’obiettivo ovviamente è quello di raggiungere quanto previsto dalla normativa attuale, vale a dire di arrivare nel giro di un paio d’anni al 35 per cento di raccolta differenziata.
Attualmente siamo su una media su scala regionale del 7 per cento, tenendo conto però che le società che hanno iniziato un anno e mezzo fa sono intorno al 15-25 per cento, mentre quelle che hanno iniziato da pochi mesi sono sull’1 per cento. Prevediamo molto ragionevolmente di attestarci a dicembre intorno al 15 per cento e poi di marciare su obiettivi superiori. Pensiamo che solo nel 2000 la regione Calabria era intorno all’1,5 per cento e quindi è stato compiuto uno sforzo organizzativo di una certa dimensione.
Stiamo prevedendo di potenziare queste società con lo stanziamento previsto dalla regione di 70 miliardi per attrezzature per la raccolta differenziata a favore delle società miste a valere sull’Agenda 2000 nel quadro comunitario di sostegno e speriamo di partire in queste settimane con le gare per l’acquisto di queste attrezzature e l’assegnazione alle società miste, in maniera da potenziare il parco mezzi delle società e contemporaneamente calmierare la tariffa della raccolta differenziata, che in questo momento, finché il sistema non va a regime, è più che altro un onere aggiuntivo per le amministrazioni comunali.
A valle della raccolta differenziata abbiamo previsto degli impianti di trattamento tecnologico, che sono, per la linea raccolta differenziata, degli impianti di selezione e di valorizzazione sia del secco sia dell’umido. Siamo partiti con una raccolta differenziata mista, parte monomateriale, parte multimateriale, e quindi abbiamo carta e vetro che vengono raccolti da soli, alluminio e plastica che vengono raccolti insieme, mentre l’umido viene raccolto separatamente. Abbiamo previsto queste linee di valorizzazione che sarebbero comunque necessarie anche in caso di raccolta differenziata monomateriale per poter restituire al CONAI i materiali raccolti. Abbiamo quindi le linee di separazione e valorizzazione del secco e dell’umido; abbiamo poi gli impianti tecnologici di trattamento del rifiuto tal quale, impianti di selezione secco-umido, di recupero dell’eventuale frazione secca ancora recuperabile e di produzione di CDR e di compost. Il CDR che abbiamo previsto di produrre è stato assoggettato ad una serie di prescrizioni qualitative, che sono più restrittive di quelle del decreto Ronchi; in particolare, per le plastiche da cloruri abbiamo previsto, proprio in considerazione del fatto che il CDR è destinato alla termovalorizzazione, un limite di circa il 50 per cento rispetto a quello fissato dal suddetto decreto (mi pare che siamo a 0,5 parti per milione rispetto alle 0,9 fissate dal decreto Ronchi). Ciò per eliminare completamente gli eventuali rischi di produzione di diossina.
Gli impianti sono costruiti tutti nelle stesse località: abbiamo previsto nel piano dieci impianti tecnologici localizzati nelle località citate prima dal presidente, alcuni tramite raddoppio degli impianti esistenti e altri di nuova costruzione. Questi dieci impianti hanno tutte le linee: selezione secco-umido del rifiuto tal quale, produzione CDR, valorizzazione e raccolta differenziata secca, valorizzazione e raccolta differenziata umida. Questo per evidenti ragioni di economicità complessiva e di gestione del sistema. Il numero degli impianti è derivato da una valutazione di ottimizzazione economica fra i costi del trasporto e i costi della gestione degli impianti stessi; in sostanza, più gli impianti sono grossi e meno costano, però la Calabria è una regione molto lunga e molto distante, con una situazione orografica molto difficile, e quindi il costo dei trasporti rischia di diventare insostenibile. Da questo nasce anche la realizzazione delle stazioni di trasferimento.
Avevamo previsto inizialmente i due impianti di termovalorizzazione per una potenzialità complessiva di 240 mila tonnellate l’anno di CDR, da realizzare sostanzialmente uno nella provincia di Cosenza e l’altro a Gioia Tauro; sia per le ragioni che ha esposto prima il presidente, sia anche per motivi di impatto ambientale e di costo complessivo del sistema, potrebbe essere opportuno potenziare quello di Gioia Tauro piuttosto che realizzare il secondo. Devo dire che questa era anche l’indicazione iniziale del Ministero dell’ambiente; quando noi dirigemmo il piano, l’unico dubbio della direzione competente del Ministero dell’ambiente era proprio questo, vale a dire se fosse opportuno prevederne uno o due. Con la termovalorizzazione contiamo di effettuare un recupero energetico di questa parte di CDR che andiamo a bruciare.
PRESIDENTE. Il CDR è già prodotto?
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. Ancora no. Gli impianti sono in funzione, ma non essendo pronti i termovalorizzatori, i cui lavori sono appena iniziati, in questo momento non sarebbe conveniente stoccare del CDR per un anno e mezzo o due. La prima produzione di CDR dovrebbe iniziare con il raddoppio dell’impianto di Lamezia, che è praticamente terminato che dovrebbe entrare in funzione il prossimo mese; si tratta di un impianto costruito anche per la produzione di CDR per la termovalorizzazione e quindi lì dovremo iniziare questa produzione.
Abbiamo firmato un anno e mezzo fa un accordo con il CONAI (credo che siamo stati tra le prime regioni commissariate a farlo) per il riciclo del materiale valorizzato. Subito dopo la firma dell’accordo fra l’ANCI e il CONAI abbiamo firmato con quest’ultimo un accordo, come ufficio del commissario, stabilendo 14 punti di consegna, uno per ogni sottoambito della raccolta differenziata, per rendere operativa la restituzione alle filiere di recupero del materiale valorizzato. Infatti, già alcuni di questi impianti sono in funzione.
Contemporaneamente abbiamo firmato una convenzione con l’Azienda forestale regionale calabrese per l’utilizzo del compost verde nonché di quello grigio, che è la frazione organica stabilizzata derivante dalla parte organica del rifiuto tal quale, in attività di bonifica o forestazione. Già in alcune nostre discariche stiamo iniziando ad utilizzare il compost grigio per l’attività di ricopertura delle stesse, per evitare di ritrovarci questo compost che diventa sostanzialmente un altro rifiuto da smaltire, se non si trova il modo di utilizzarlo.
LOREDANA DE PETRIS. Vi ha autorizzato il Ministero dell’ambiente ad utilizzarlo?
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. No. Noi abbiamo i poteri di autorizzazione da questo punto di vista.
LOREDANA DE PETRIS. Per quanto riguarda il compost grigio c’è sempre stata una discussione: anche per l’utilizzo per il risanamento delle cave, il Ministero dell’ambiente ha sempre creato dei problemi.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. Sulle cave, sì, ma qui stiamo parlando della ricopertura delle discariche, un problema leggermente diverso, nel senso che siamo già su un sito inquinato.
Ripeto, abbiamo raggiunto questi accordi. Naturalmente abbiamo il potere di emettere un’ordinanza nei confronti dell’ENEL per il conferimento del CIP6 agli impianti di termovalorizzazione, contributo che per noi è importantissimo perché abbatte la tariffa di quasi 100 lire nel complesso dei 15 anni, ordinanza che abbiamo già emesso per Calabria sud e non per Calabria nord, perché non si è ancora deciso dove localizzare l’impianto e come utilizzarlo.
Questo è il quadro della situazione.
MICHELE VIANELLO. Prima di ragionare sul futuro e con i numeri attuali, quanto rifiuto si produce in Calabria? Quanto ne conferite a discariche? Quanta raccolta differenziata si effettua oggi? Così i termini dell’emergenza riusciamo a comprenderli un po’ meglio, alla luce delle 240 mila tonnellate di CDR.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. La produzione di rifiuto complessivo in Calabria si aggira intorno alle 900 mila tonnellate l’anno (parliamo di rifiuti solidi urbani o assimilabili). Faccio solo un brevissimo inciso: quando fu dichiarata l’emergenza, su 410 comuni calabresi, 350 scaricavano in siti abusivi o in siti dichiarati provvisoriamente utilizzabili ai sensi dell’articolo 13, ma che non possedevano alcuno dei requisiti per essere utilizzati nemmeno ai sensi di tale articolo. Il 1° gennaio 1999 avevamo chiuso tutti gli articoli 13. Questa produzione di 900 mila tonnellate teoricamente è in crescita, nonostante tutti i tentativi per la riduzione del volume dei rifiuti. Tutto il sistema è tarato su una potenzialità complessiva di un milione di tonnellate di rifiuti l’anno, perché la durata del sistema è di 15 anni; gli impianti di raccolta differenziata sono tarati per il 35 per cento, gli impianti tecnologici di trattamento del rifiuto tal quale per il 65 per cento. Quindi, noi abbiamo già immaginato, nel disegno complessivo, gli obiettivi del decreto Ronchi che dobbiamo raggiungere per forza.
Detto questo, oggi, con i quattro impianti in funzione per la raccolta differenziata, per il primo trimestre 2002 siamo ad una media del 7 per cento, su tutto il territorio regionale, mentre prevediamo un aumento, visto che molte società si sono attivate proprio negli ultimi mesi dell’anno (metà di queste società miste hanno iniziato effettivamente la loro raccolta tra novembre e dicembre, e quindi anche nel primo trimestre stavano sull’1-1,5 per cento). Nell’opuscoletto allegato al piano che vi verrà consegnato ci sono tutti i dati dettagliati delle discariche e di tutte le società miste nonché delle percentuali di raccolta effettuata società per società; vedrete quindi che ci sono società che si attestando sul 20 per cento e altre sull’1 per cento.
Per quanto riguarda i quantitativi di rifiuti, i quattro impianti in funzione oggi smaltiscono più o meno – si tratta di un dato indicativo – intorno al 25-30 per cento dei rifiuti prodotti. Gli altri ovviamente vanno nelle discariche. Per ciò che concerne queste ultime, la politica è di chiudere quelle che vanno ad esaurirsi, lasciando soltanto quelle quattro o cinque che serviranno dopo come discariche di servizio degli impianti, e man mano non autorizzare nuovi ampliamenti, perché il raddoppio degli impianti farà salire prossimamente questa percentuale.
GOFFREDO SOTTILE, Prefetto di Reggio Calabria. Vi ringrazio per questa opportunità che ci viene offerta di esporre la situazione della mia provincia. Sono prefetto di Reggio Calabria dal I° dicembre 2000, proveniente dalla provincia di Caserta, dove ho vissuto momenti drammatici in questo specifico settore; infatti, eravamo in un quadro emergenziale.
Per quanto riguarda Reggio Calabria ma credo l’intera regione non esiste quel problema vitale di sapere dove andare la settimana successiva a conferire il rifiuto; qui non lo abbiamo mai avvertito e quindi confermo il quadro positivo delineato dal presidente Chiaravalloti e dall’ingegner Papello: l’emergenza è sotto controllo.
L’attività dei prefetti come subcommissari è di supporto; c’è piena sintonia tra regione e prefettura di Reggio Calabria. Interveniamo quando è necessario farlo. Abbiamo gestito le gare per le discariche di nuova realizzazione, attività svolte quando io non ero ancora prefetto; era stato monitorato tutto il territorio provinciale attraverso il NOE, che in verità opera bene pur disponendo di soli sei elementi.
OSVALDO NAPOLI. Le gare le avete gestite voi come prefettura?
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della Giunta regionale della Calabria.
Esiste un contatto continuo per un supporto nella gestione delle gare per tentare di evitare per quanto possibile i rischi.
GOFFREDO SOTTILE, Prefetto di Reggio Calabria. Attualmente, sempre in virtù di questa sinergia esistente tra regione e prefetture stiamo gestendo anche le gare per i depuratori; è un altro elemento che ritengo utile che la Commissione conosca.
Parlando più da prefetto che non da subcommissario, mettendo a paragone le mie due esperienze, credo che le forti preoccupazioni che avevamo in Campania qui a Reggio Calabria non esistono per quanto riguarda il pericolo ‘Ndrangheta. Certo, il territorio è quello che è, è molto permeabile al pericolo mafioso, però segnali sicuri dell’esistenza dell’ecomafia nella mia provincia non ne abbiamo. Stiamo osservando quanto avviene – anzi, prendo spunto dalla vostra visita per incentivare questa attività – a Gioia Tauro, dove c’è un sistema di trashipment di container che arrivano blindati ed esiste il sospetto che possa avvenire qualcosa di non propriamente corretto. Ripeto, ci stiamo lavorando e cercheremo di intensificare quest’attività da parte delle forze dell’ordine. Recentemente si è verificato un fenomeno che ci ha allarmato, sempre in riferimento a Gioia Tauro: sono stati spiaggiati dei rifiuti ospedalieri in una vasta tratta di costa ionica in provincia di Reggio Calabria; la regione si è mossa con tempestività, è stata emessa un’ordinanza, stiamo rimuovendo questi rifiuti, che avrebbero provocato un danno gravissimo in quanto sta iniziando la stagione estiva. Il dato a mio giudizio fondamentale è che si tratta di un meccanismo, che io ho trovato…
PRESIDENTE. Qual è la procura che sta indagando?
GOFFREDO SOTTILE, Prefetto di Reggio Calabria. Dovrebbe essere quella di Reggio Calabria. Ripeto, si tratta di un fenomeno che è stato fronteggiato bene, e questo dimostra anche la capacità operativa della regione. Non lo dico per piaggeria nei confronti della regione Calabria, però le cose funzionano abbastanza bene sotto questo aspetto.
Va tenuto presente un dato per me importante, vale a dire che la Calabria conta 2 milioni di abitanti a fronte di un vasto territorio, a differenza della Campania, che ha una densità demografica molto più elevata, e questo aiuta a risolvere il problema.
Mi fermerei qua, rimanendo a disposizione per eventuali domande.
PRESIDENTE. Le formuleremo dopo aver ascoltato il prefetto di Cosenza.
DIEGO D’AMICO, Prefetto di Cosenza. Sono a Cosenza da sei mesi. La provincia comprende 155 comuni e occupa circa il 40 per cento del territorio della Calabria. Appena arrivato ho instaurato immediatamente un rapporto di stretta sinergia con l’ufficio del commissario, tant’è che quasi da subito mi sono dovuto occupare di quegli argomenti cui ha accennato il presidente, vale a dire del rifiuto da parte della popolazione di posizionare nel proprio territorio gli impianti di preselezionamento: Castrovillari e Figline Vegliaturo. Abbiamo tenuto diverse riunioni con i sindaci dei comprensori e in particolare per quanto riguarda l’impianto di Figline Vegliaturo si è trovata per ultimo una soluzione che dovrebbe escludere quell’area per posizionare l’impianto in un comune limitrofo. Per quanto riguarda invece Castrovillari, come ha accennato il presidente della regione, abbiamo qualche difficoltà: mentre la precedente amministrazione grosso modo aveva acceduto alle indicazioni dell’ufficio del commissario, la nuova amministrazione recentemente subentrata ha delle serie perplessità, tanto che martedì si terrà una riunione in cui verranno illustrate da parte loro le caratteristiche dell’impianto per cercare di tranquillizzare gli amministratori locali e per trovare comunque una soluzione.
Altri problemi rilevanti che ho potuto constatare sono quelli derivanti dall’inquinamento marino della fascia tirrenica, dove soprattutto in estate la popolazione si decuplica rispetto alla norma. Ieri ho effettuato un sopralluogo per vedere gli sbocchi a mare, insieme ai tecnici e al commissario. Gli impianti sono quasi ovunque realizzati; si è incontrato qualche problema nella gestione, atteso che la gran parte di questi impianti viene gestita da parte di una società cui sono stati appaltati da parte dello stesso ufficio del commissario, mentre altri vengono gestiti direttamente dai comuni, che qualche volta non hanno la professionalità per poterlo fare.
La situazione degli impianti comunque è nettamente migliorata e viene continuamente attenzionata con i rappresentanti degli enti locali; la prefettura sta gestendo, come del resto le altre prefetture della regione, le ultime gare d’appalto. Operiamo in stretta sinergia con l’ufficio del commissario e siamo frequentemente in contatto non solo telefonico ma anche fisico con lo stesso, agendo da supporto.
PIERFERDINANDO CASILLI, Prefetto di Vibo Valentia. Sono prefetto di Vibo Valentia da meno di due anni. Vibo è una delle nuove provincie, una piccola provincia, che conta in tutto 170 mila abitanti. Nella provincia sono presenti solo due discariche, di cui una di una certa consistenza ed un’altra che serve solo due comuni, più una stazione di trasferimento. Quindi, come i colleghi hanno anticipato, di problemi da questo punto di vista non ve ne sono; esiste certamente un problema culturale, nel senso che si usa ancora lasciare i rifiuti ai lati delle strade, e questo comporta difficoltà per i comuni, che devono affrontare delle spese per cercare di risanare i siti. Però nel sistema del conferimento non credo vi siano problemi.
Anche la prefettura di Vibo svolge, in stretto contatto con gli uffici del commissario, un’attività di supporto e di collegamento, soprattutto rispetto ai rapporti con gli enti locali e alle esigenze che possono nascere dalla necessità di connessione con altri enti come l’ENEL che potrebbero, se non ben coordinate, ritardare le opere in corso.
Anche a Vibo Valentia si sono svolte gare (solo tre, per la verità); la nostra attività si limita all’aggiudicazione della gara. La provincia di Vibo Valentia, stretta tra Lametia Terme ed il reggino, presenta un’alta densità criminosa.
PRESIDENTE. La stazione appaltante delle gare qual è?
PIERFERDINANDO CASILLI, Prefetto di Vibo Valentia. È sempre l’ufficio del commissario; noi in sostanza apriamo le buste e controlliamo la regolarità della gara. Tali gare hanno riguardato un ampliamento della discarica di Vibo Valentia e degli impianti di depurazione. La nostra provincia ha un’alta vocazione turistica ed è stata privilegiata nell’opera di disinquinamento.
Parlavo dell’alta densità criminosa presente nella nostra provincia; evidentemente anche nel settore dei rifiuti possono verificarsi localmente casi su cui intervenire: lo abbiamo fatto con provvedimenti di interdizione per qualche soggetto che voleva gestire un impianto di trasferimento. Non mi risulta tuttavia che esistano connessioni con l’ecomafia, anche perché gli interessi in gioco sono molto modesti, trattandosi – ripeto – di un paio di discariche gestite dai comuni e da una stazione di trasferimento gestita da una società privata.
Non credo di dover aggiungere altro, per il momento.
FRANCESCO DE STEFANO, Prefetto di Crotone. Nelle mie qualità di prefetto e di calabrese vi ringrazio per l’attenzione che riservate alla nostra regione. Anch’io confermo il giudizio espresso dai miei colleghi nei confronti sia della regione sia del commissario straordinario: si agisce in sintonia e l’attività dell’ufficio del commissario non fa emergere casi di ecomafia nella mia provincia per quanto concerne le discariche e la raccolta dei rifiuti.
Nella provincia di Crotone c’è solo una discarica autorizzata, che rappresenta un fiore all’occhiello anche a detta dell’ufficio del commissario. Confermo che anche nella provincia di Crotone le gare vengono gestite dall’ufficio del commissario, mentre il loro svolgimento è effettuato in prefettura, dove un funzionario qualificato funge da presidente ai fini dell’aggiudicazione degli appalti.
In occasione della vostra visita in Calabria ho fatto redigere dagli organi informativi una relazione dettagliata su tutti i comuni della provincia da cui non emerge alcuna attività mafiosa nell’ambito della raccolta e della discarica dei rifiuti solidi urbani.
L’unico vero problema è stato già rappresentato dal presidente della giunta regionale: mi riferisco al sito della Pertusola che ha causato un elevato inquinamento a tutta la zona perché da più di cinquant’anni insiste nella provincia di Crotone.
Questo sito non è più attivo da diversi anni ma l’inquinamento che ha prodotto è stato tale che uno studio richiesto dall’ufficio del commissario ad istituzioni universitarie lo ha definito altissimo. Per fortuna la notizia non si è propagata, perché in caso contrario si sarebbe determinata a mio avviso una situazione pericolosa per l’ordine pubblico. Si calcola che un territorio di quindici chilometri quadrati dal centro della Pertusola sia inquinato: esso comprende mare e colline, che continuano ad essere coltivate.
Ho parlato più volte con il sindaco di Crotone su questo argomento. Chiediamo che il disinquinamento almeno inizi con estrema urgenza. Sono pienamente d’accordo con la proposta del presidente Chiaravalloti di far acquisire alla società ex-ENI lo studio effettuato dalla regione affinché provveda immediatamente all’avvio dell’azione di bonifica.
ITALO REALE, Subcommissario delegato all’emergenza rifiuti. Premetto che sono un subcommissario di nomina mista da parte del Governo e della regione, per cui non sono un prefetto.
Non mi soffermerò su cose già dette perché mi pare che chi è intervenuto vi abbia già fornito un quadro abbastanza chiaro della situazione. In sostanza, ci stiamo avviando alla fine dell’emergenza: il nostro problema è quello di fissare punti di non ritorno rispetto al passato, il che necessariamente passa per la realizzazione ed il completamento degli impianti. Se questa operazione non sarà portata a termine dall’ufficio del commissario, non credo che le strutture degli enti locali siano in grado di affrontare fenomeni di opposizione delle popolazioni delle dimensioni che si sono riscontrate in provincia di Cosenza.
La seconda necessità assoluta è quella di rafforzare le strutture, soprattutto quelle regionali e provinciali, le quali allo stato – anche dopo la fine dell’emergenza – non sono in grado di garantire un sufficiente livello di efficienza, per ragioni che l’assessore all’urbanistica e all’ambiente della regione Calabria vi potrà illustrare molto meglio di me: in sostanza, c’è un’enorme carenza di personale, per cui tali strutture non sono in condizioni di funzionare né ora né in futuro.
Dall’altra parte, però, l’emergenza rifiuti non può proseguire molto a lungo. È in atto un fenomeno di deresponsabilizzazione da parte degli enti locali che trovano estremamente comodo indicare nell’ufficio del commissario il responsabile dei malanni e il titolare dell’obbligo di individuare soluzioni non gradite alle popolazioni.
Cito un esempio delicatissimo: lo smaltimento del cemento-amianto, che si trova sul territorio regionale in quantità enorme. Si tratta del famoso Eternit, che negli anni settanta copriva tutti gli edifici privati e pubblici. Esiste uno studio dell’università di Cosenza, di concerto con l’ufficio del commissario, sulla presenza di fibre di amianto nell’aria delle nostre città che è molto preoccupante; non stiamo dando grande pubblicità a tale studio perché il risultato della diffusione di un dato preoccupante come questo consisterebbe nel distacco dell’amianto dai tetti e nel suo abbandono – in mancanza di discariche dove portarlo – nei fiumi e nelle campagne, con un peggioramento enorme della situazione.
Dobbiamo individuare un equilibrio che ci consenta di restituire le competenze agli enti che ne sono ordinariamente titolari affrontando tuttavia il problema del completamento di strutture e di infrastrutture, problema che deve essere risolto prima che avvenga la restituzione altrimenti si trasferirebbe all’assessorato una serie di problemi e non una soluzione.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi, i prefetti della regione hanno già detto che non vi sono segnali di presenza di attività mafiosa, se non in un caso che risale a qualche tempo fa in provincia di Reggio Calabria con la discarica di Condofuri. Non ricordo se l’attuale prefetto di Reggio Calabria fosse già in carica all’epoca; il problema comunque è stato brillantemente risolto con la chiusura di tale discarica, che mancava di una serie di presupposti espressamente previsti dalla legge. È certo che alcune zone della regione sono a rischio: mi riferisco soprattutto alle aree dell’Aspromonte. Si tratta però di un problema prevalentemente di polizia e sicuramente non entrano in gioco rifiuti locali: affinché vi sia un interesse della mafia a smaltire in Calabria certi rifiuti questi ultimi devono essere industriali e pericolosi, dato che sui rifiuti solidi urbani non c’è alcun margine di guadagno.
PAOLO BONACCORSI, Assessore all’urbanistica e all’ambiente della regione Calabria. Sono assessore nella seconda giunta Chiaravalloti dall’agosto 2001. I compiti dell’assessorato in questo delicatissimo settore si sono indirizzati verso tre obiettivi principali. Innanzitutto, inserire il nuovo quadro della gestione dei rifiuti, sulla base del piano che insieme con l’ufficio del commissario abbiamo portato all’approvazione degli organi regionali e di quelli dell’Unione, in un quadro di estensione dell’ambito della legalità nella regione, coordinando strettamente il piano stesso con le altre attività di formazione di strumenti di carattere generale quali la legge urbanistica che abbiamo approvato tre mesi fa, il piano di assetto idrogeologico, approvato quattro mesi fa, ed il piano paesistico che è in corso di approvazione.
Questo è stato fatto – ripeto – per inserire il tema specifico in un quadro di programmazione e pianificazione della gran parte delle attività fino a ieri lasciate al libero arbitrio dissennato da parte di chiunque volesse utilizzare per il proprio interesse il territorio regionale.
Il secondo punto, non meno rilevante, è quello che consiste nel curare, in strettissima collaborazione con gli uffici del commissario – così come disposto dall’ordinanza del Presidente del Consiglio e da quella del ministro dell’interno – il passaggio secondo un meccanismo coordinato e cadenzato delle competenze dall’amministrazione straordinaria a quella ordinaria. Ciò allo scopo di evitare che il trasferimento comporti una soluzione di continuità nella gestione dei vari settori e quindi rischi, soprattutto sul piano della gestione degli impianti che potrebbero in parte costituire un elemento di pericolo nella regione Calabria. In quest’ultima il tema essenziale della gestione del potere pubblico non è tanto quello della predisposizione degli strumenti quanto quello del funzionamento di questi ultimi.
Il terzo tema, non meno rilevante, è quello della gestione dei poteri una volta trasferiti, attraverso il loro conferimento parziale e controllato alle amministrazioni provinciali ed agli enti locali, convinti come siamo – anche in relazione ad atti legislativi che il consiglio regionale sta assumendo – che una parte sostanziale delle competenze non potrà che essere svolta dalle amministrazioni provinciali e comunali, sempre sotto stretto controllo da attuarsi con la predisposizione di adeguate linee guida ed una giustapposizione virtuosa nei confronti di province e comuni in modo da garantire una stretta correlazione tra soluzione dei problemi e attese delle amministrazioni locali.
DONATO PIGLIONICA. Le varie relazioni che ho ascoltato lasciano comprendere che si è ben lavorato nel periodo del commissariamento; vengo dalla Puglia, regione che il prefetto Catenacci conosce bene, in cui la situazione è ben più seria.
Vorrei anzitutto chiedere se la gara effettuata da ogni prefettura abbia riguardato solo lo smaltimento o anche la raccolta dei rifiuti. In secondo luogo, vorrei sapere se l’attività svolta nel campo della depurazione abbia riguardato anche gli impianti di affinamento delle acque per il loro riutilizzo, anche alla luce dei problemi che derivano dall’emergenza idrica. Inoltre vorrei sapere – ma forse la domanda va rivolta più propriamente agli organi di polizia – quanti siti abusivi siano stati individuati e sequestrati e quale tipo di materiale fosse abbandonato in essi.
Vorrei conoscere poi la situazione relativa ai rifiuti sanitari. Mi ha molto colpito la notizia relativa allo spiaggiamento di tali rifiuti: esistono inceneritori nel territorio calabrese dedicati ai rifiuti sanitari?
Ancora: le aziende che si occupano della raccolta e dello smaltimento sono estremamente polverizzate? Quanti sono gli attori dal punto di vista economico che agiscono in questo settore? Lo chiedo perché spesso abbiamo notato una certa tendenza a "dividersi" il territorio, come avviene in Puglia.
Infine, chiedo se vi siano indagini epidemiologiche nella zona di Crotone per quanto riguarda il sito della Pertusola che evidenzino un incremento delle patologie – soprattutto quelle tumorali – in questo territorio e che cosa si conti di fare. Non diffondere l’allarme è cosa saggia, se però nel frattempo si opera per rimuovere il problema; altrimenti si rischia di assomigliare agli struzzi che mettono la testa sotto terra per non vedere le cose.
OSVALDO NAPOLI. Ribadisco ancora una volta, dopo aver ascoltato i prefetti, che a mio avviso c’è una contraddizione notevole tra quanto ha detto il questore e quanto affermato da voi: avete parlato di gare assolutamente regolari, svolte da enti al di sopra delle parti, anzi addirittura dalla prefettura. Le affermazioni del questore sono assolutamente diverse ed anomale rispetto a quanto ho sentito da voi: la cosa mi fa enormemente piacere.
Mi pare che il prefetto di Cosenza dicesse che gli enti locali non hanno la professionalità necessaria per lo smaltimento: glielo chiedo perché sono sindaco e vicepresidente dell’ANCI.
DIEGO D’AMICO, Prefetto di Cosenza. Volevo dire che la maggior parte degli impianti realizzati dall’ufficio del commissario vengono gestiti da una società unica; vi sono poi singoli enti locali che avevano in passato appaltato ad altri imprenditori questa attività. Le lamentele nei confronti di costoro sono ricorrenti, tant’è che siamo dovuti intervenire più volte per spiegare i criteri da seguire per migliorare le cose.
OSVALDO NAPOLI. Credo allora che occorra incentivare questi comuni a stipulare una convenzione: oltretutto esistono leggi nazionali che danno sovvenzioni notevoli alle unioni di comuni dedicate allo svolgimento di servizi in genere, compreso questo. Occorre quindi prospettare ai vari sindaci questa linea perché se continueranno ad agire da soli non forniranno né servizi né professionalità.
Il dottor Casilli parlava poi di un problema culturale. Credo sia necessario uno sforzo da parte di tutti, ad iniziare dalle scuole, per insegnare cosa si debba fare; certo, si tratterà di individuare i sistemi giusti.
Per quanto riguarda l’Eternit, avete fatto un censimento delle strutture pubbliche, in modo particolare del mondo scolastico, che presentino ancora questo materiale? Avete chiesto sovvenzioni per lo smaltimento di questo materiale alla regione o alla provincia?
MICHELE VIANELLO. La fase di commissariamento ha in qualche modo razionalizzato la situazione ma ha anche deresponsabilizzato gli enti locali. Nella fase ordinaria avrete bisogno di creare una serie di strutture. Il commissariamento riguarda la programmazione; c’è tutta un’altra parte che riguarda il futuro: che qualità di enti gestori avete? Chi erediterà gli impianti? Si tratterà di soggetti pubblici, privati o misti? Nel caso siano privati, come sono stati individuati? Chi gestirà questi impianti? Sono stati realizzati tutti con denaro pubblico o ci sono società miste? È chiaro infatti che la qualità dei soggetti gestori nella fase successiva al commissariamento rappresenta l’aspetto più importante. Voi lasciate un patrimonio che, in mancanza di soggetti in grado di gestirlo, rischia di deperire rapidamente sia da un punto di vista tecnologico che di gestione.
Il piano regionale è il frutto di un lavoro svolto con le provincie? Normalmente le regioni danno vita a piani provinciali che rispondono a linee guida regionali; se non ho capito male, le provincie hanno partecipato solo in parte alla costruzione di questo piano. Penso che un’impostazione molto centralistica da parte della regione alla lunga non regga.
Il fatto che le gare siano state gestite dai prefetti dipende dalla circostanza che negli enti locali non c’erano le professionalità adatte oppure si temeva che in essi vi fossero infiltrazioni non controllabili? Gli appalti sono svolti dagli organi dello Stato perché ritenuti impermeabili alla criminalità? È chiaro infatti che alla lunga questa procedura non può continuare: se questo è il problema, bisogna bonificare le situazioni in cui tali fenomeni si manifestino.
Per quanto riguarda la vicenda Pertusola, infine, mi permetto di segnalare al presidente regionale e ai prefetti che la normativa in materia di bonifiche – soprattutto se Pertusola è uno dei siti di interesse nazionale – la settimana prossima, con la terza lettura da parte della Camera, cambierà totalmente. I soggetti che hanno inquinato difficilmente, in base alla legislazione, potranno essere quelli che disinquineranno: la nuova procedura prevede che il Ministero dell’ambiente proceda ad un esproprio, che si esplichi la gara e che si valorizzi il terreno. Naturalmente il procedimento penale basato sul principio "chi ha inquinato paga" procede per suo conto, ma difficilmente la vecchia impostazione potrà essere ancora attuabile. Il terreno della Pertusola potrà quindi essere espropriato, valorizzato dal punto di vista urbanistico in accordo con la regione e gli enti locali per poi trovare soggetti terzi interessati.
Dico questo per evitare che si avviino procedure che la legislazione nazionale porrà nel nulla la prossima settimana.
LOREDANA DE PETRIS. Vorrei sapere se fosse già l’ordinanza ministeriale a prevedere la competenza delle prefetture ad effettuare le aggiudicazioni e quali compiti specifici fossero assegnati ai commissari straordinari.
ITALO REALE, Subcommissario delegato all’emergenza rifiuti. I subcommissari non sono tutti uguali, per così dire: i prefetti sono subcommissari con competenze sul territorio mentre quelli di nomina mista come me hanno un ruolo esecutivo rispetto al commissario.
LOREDANA DE PETRIS. Prima sono stati citati alcuni dati sulla situazione trovata al momento del commissariamento: si parlava di 350 discariche e delle avviate procedure di chiusura. I dati successivi – questo ha rilievo per quanto riguarda eventuali infiltrazioni o comunque attività illecite – parlano di circa 150 procedure di infrazione nel 2000 e di provvedimenti di sequestro relativi a rifiuti tossici e nocivi o comunque pericolosi pari a 75 nello stesso anno 2000, che poi sono scesi nell’anno successivo. Vorrei sapere se avete dati più aggiornati sia rispetto all’attività di polizia ambientale sia per quanto riguarda i sequestri. Questi ultimi infatti possono avere una connessione maggiore con ritrovamenti di rifiuti pericolosi (il caso di spiaggiamento avvenuto a Reggio Calabria è forse uno di questi); ho letto una serie di relazioni della Commissione antimafia relative alla regione Calabria in cui l’attenzione si soffermava sulla gestione in Calabria da parte della criminalità organizzata di traffici provenienti dal nord Italia e addirittura dal nord Europa.
Vorrei quindi qualche dato soprattutto in relazione ai sequestri effettuati nel primi sei mesi del 2002.
RENZO MICHELINI. Vorrei sapere se è stata predisposta una mappatura dei carichi inquinanti delle singole realtà produttive e, in caso positivo, se venga tenuta una banca dati delle sostanze tossico-nocive, come presupposto per la formazione del piano e delle iniziative operative.
La seconda domanda riguarda il sito inquinante di Crotone. Vorrei sapere se è stata predisposta un’indagine circa la pericolosità del sito per la salute pubblica e se tale pericolo sia remoto o imminente.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Presidente, avrei bisogno di soffermarmi su alcune questioni in modo più diffuso ma mi rendo conto che il tempo è tiranno; mi riservo quindi di far pervenire alla presidenza una mia relazione sulla realtà calabrese perché si tratta di una situazione che vivo quotidianamente sia come parlamentare sia come sindaco di una cittadina di questa regione.
Sono soddisfatto delle relazioni che ho ascoltato, mentre tutti immaginavamo che la situazione calabrese fosse più drammatica. E’ vero che l’ufficio del commissario ha lavorato molto per mettere ordine in questo settore ma nutro alcune perplessità: molto probabilmente talune iniziative amministrative hanno creato anche qualche guasto. Ad esempio, le dieci discariche funzionanti in Calabria non sono poche e non hanno potuto attirare appetiti che per alcuni potrebbero essere normali, ma hanno danneggiato i comuni. Il comune di cui sono sindaco deve trasportare i rifiuti per 70 chilometri ogni giorno e quindi spende 480 milioni l’anno a questo titolo. Credo invece che sarà possibile costruire altre discariche. Quella del mio comune, che è stata chiusa anni fa, non era in possesso di tutti i requisiti ma poteva essere adattata ed utilizzata dai comuni di quel territorio, che avrebbero ridotto i costi di trasporto.
I comuni calabresi si trovano in una situazione emergenziale dal punto di vista finanziario: di qui a poco chiuderemo.
Per quanto riguarda Crotone e la bonifica del sito di Pertusola, essa va definita subito perché, al di là di quanto ha detto il presidente della giunta regionale, che sono convinto corrisponda a verità, nel territorio si percepisce molta sfiducia perché pare che si stia svolgendo una lotta per decidere chi debba gestire i lavori. Avvertiamo l’urgenza che la bonifica inizi subito perché il crotonese è stato definito dall’Organizzazione mondiale della sanità come un territorio a rischio con un alto indice di tumori. E’ quindi necessario intervenire subito e finirla con le discussioni sull’adeguatezza o meno del progetto.
Vorrei poi sapere se i rifiuti tossici e nocivi raccolti in Calabria vengano seguiti fino allo smaltimento. Il questore di Catanzaro parlava di interramento e diceva una verità: non si sapeva però che cosa fosse interrato. In realtà, l’interramento riguarda i rifiuti tossici e nocivi raccolti in Calabria che non escono dalla regione, anche se dovrebbero, oppure quelli che dall’esterno arrivano da noi e spariscono durante il percorso. Vorrei sapere se si intende intervenire per porre rimedio a questa situazione.
Quanto all’amianto, non ho capito quanto ha detto il subcommissario Reale ma vorrei sapere se si sta pensando di attuare qualche iniziativa e comprendere le responsabilità degli enti locali. Questi ultimi – come diceva molto bene il collega Vianello – sono stati deresponsabilizzati proprio dall’azione effettuata dal commissariato per l’emergenza rifiuti. Non tutto funziona: si costruiscono le strutture e poi si affidano ad aziende di cui non sappiamo nulla. Ad esempio – vi chiedo scusa se parlo di situazioni che riguardano la realtà in cui opero – il depuratore del mio comune, per il quale sono stati spesi 4 miliardi e mezzo, non funziona dallo scorso anno. Ha creato molti disagi per il turismo e per la prossima estate avverrà lo stesso. La gestione è un problema serio che occorre affrontare nel modo giusto: vogliamo sapere chi sono i soggetti cui vengono affidati certi compiti.
Sarei poi curioso di comprendere perché gli appalti vengono aggiudicati dagli uffici della prefettura, verso i quali naturalmente la mia stima è elevatissima perché so con quanta serietà lavorano; non vorrei però che questa procedura sottintendesse un giudizio negativo sugli enti locali. Occorre smettere di ipotizzare connessioni della criminalità organizzata con gli esponenti degli enti locali e non con i funzionari eventualmente appartenenti agli stessi enti.
PRESIDENTE. Prego i nostri ospiti di fornire le risposte alle domande formulate, nei termini più stringati possibile.
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della giunta regionale della Calabria. Se il presidente della Commissione è d’accordo, poiché mi sembra che i vari quesiti riguardino soprattutto aspetti tecnici, chiamerei a rispondere l’ingegner Papello, responsabile unico del procedimento.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. Per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti solidi urbani, essa non rientra nella competenza del commissario. Certamente esiste un frazionamento nell’ambito delle società che svolgono questo compito ma la costituzione delle società miste – che peraltro hanno partner privati di vario genere, nel senso che vi sono imprenditori locali e società municipalizzate di diversa estrazione territoriale, da Bologna a Rimini – tende a ridurre il fenomeno. Nel momento in cui la raccolta differenziata viene effettuata da queste società i comuni hanno una certa convenienza nell’affidare alle stesse società miste anche la raccolta del tal quale. C’è quindi una tendenza alla riduzione della polverizzazione del fenomeno. Questo frazionamento – si tratta solo di un’impressione – potrebbe favorire l’esercizio di piccole attività illecite perché rende il controllo più difficile.
Per tutti gli impianti di depurazione inclusi nel piano ex articolo 141 e quindi in esecuzione da parte dell’ufficio del commissario è previsto l’affinamento ad uso irriguo. Si tratta di impianti con potenzialità superiori ai 15 mila abitanti.
In Calabria esistono due o tre siti di smaltimento di rifiuti sanitari: un forno a Reggio Calabria e due nella provincia di Crotone, dettagliatamente indicati nel piano.
Per quanto riguarda il problema di Pertusola, devo dire che questo è uno dei primissimi casi in cui un’amministrazione ha dato vita ad un’azione in danno molto rilevante: stiamo parlando di un costo di bonifica fra i 200 e i 300 miliardi. Tale azione si rivolge oltretutto contro una società dello Stato perché di proprietà dell’ENISUD. Nonostante tutti i ricorsi e le opposizioni abbiamo portato avanti la gara: questa mattina sono partite le lettere di invito per le ditte selezionate ed abbiamo fissato al 30 settembre il termine per ricevere i progetti preliminari ed i piani di caratterizzazione. Spero che, d’intesa con il ministero, la modifica normativa citata dall’onorevole Vianello ci aiuti in questo senso perché nelle nostre tecniche specifiche sono previste anche l’acquisizione e il risanamento dell’area e la non destinazione a discarica. Questa è stata una delle ragioni per cui abbiamo bocciato il progetto Pertusola, oltre ad altri motivi tecnici, che prevedeva di continuare la produzione in quel sito, che invece può essere solo ripristinato e valorizzato per altri tipi di attività.
Quanto alle campagne promozionali, abbiamo puntato molto sulle scuole. Quasi tutte le campagne citate dal presidente Chiaravalloti erano fatte in collaborazione con queste ultime. Il censimento dell’Eternit è in corso e riguarda anche gli edifici pubblici.
Per quanto riguarda la gestione dei sistemi di smaltimento dei rifiuti e di valorizzazione della raccolta differenziata, abbiamo fatto quattro gare, che sostanzialmente sono delle concessioni. Su 800 miliardi di investimento credo che non più di 20 miliardi siano pubblici. Sono tutte gare in regime di project financing in concessione nelle quali i raggruppamenti che hanno vinto ricevono il ristorno dalla tariffa della gestione per 15 anni. Il sistema "Calabria Sud" è integrato perché un unico concessionario ha vinto un appalto di 300 miliardi, a spese sue, per realizzare gli impianti che producono il CDR per il suo termovalorizzatore e il termovalorizzatore stesso. Il raggruppamento che ha vinto per quanto riguarda Calabria Sud è costituito da Termomeccanica-Lurghi-Pianimpianti; Calabria Nord è stato vinto dal raggruppamento Foster Wheeler-Sorain Cecchini-Consorzio Etruria e qualche altra impresa minore.
Il piano di gestione dei rifiuti è stato elaborato mediante una serie di contatti continui con le province ed anche con le associazioni sindacali e le altre associazioni ambientaliste previste dalla legge. Tale piano non è figlio dei piani provinciali perché questi ultimi non c’erano; laddove esistevano in forma di bozza ne abbiamo tenuto conto. E’ figlio soprattutto dei piani precedenti: consideriamo che sono passati quasi tre anni dall’adozione del piano d’emergenza che disegnava questo sistema.
Per quanto riguarda gli appalti, il nostro commissariamento ha anche funzioni esecutive: noi facciamo programmazione e realizzazione degli interventi. Purtroppo ci troviamo ad affrontare una grande quantità di questioni, perché siamo partiti con i rifiuti solidi urbani, poi abbiamo avuto le bonifiche, i rifiuti speciali e adesso le acque su tutto il territorio regionale; quindi, sia per far fronte a questa difficoltà, sia soprattutto per i problemi che possono sorgere in questa fase, abbiamo ritenuto necessario ed opportuno avvalerci del massimo supporto delle prefetture, anche perché la Calabria da questo punto di vista costituisce un territorio delicato.
Per ciò che concerne i sequestri, riceviamo notifiche di alcuni sequestri…
GOFFREDO SOTTILE, Prefetto di Reggio Calabria. Senza incidere sulle attività dei comuni.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. Questi sono gli appalti nostri. I prefetti svolgono gli appalti come vicecommissari, non dico in nome e per conto ma come facenti parte…
PRESIDENTE. Come da ordinanza.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. No, nell’ordinanza non è previsto nulla di questo.
PRESIDENTE. L’ordinanza prevede la vostra gestione.
GIOVAN BATTISTA PAPELLO, Responsabile unico del procedimento. L’ordinanza prevede che noi eseguiamo gli interventi, e quindi dobbiamo anche appaltarli; invece di farlo con i nostri uffici, ci avvaliamo delle prefetture. Un esempio: noi abbiamo, come tutte le regioni commissariate, deroga alla normativa sugli appalti e sulla pubblicità; per tutti gli appalti sopra soglia noi non utilizziamo mai questa deroga (non è mai avvenuto che abbiamo fatto un appalto sopra soglia comunitaria utilizzando la deroga). L’unico utilizzo della deroga avviene per gli appalti sotto soglia; abbiamo predisposto un albo e abbiamo richiesto alle aziende che ne avessero interesse di iscriversi; man mano che arrivano le domande le facciamo vagliare dalla prefettura attraverso informazioni approfondite per le eventuali infiltrazioni di tipo mafioso, dopo di che sorteggiamo da un notaio o da più notai un certo numero di ditte che partecipano a questa gara al massimo ribasso. Procediamo ad una specie di licitazione privata semplificata, che ci garantisce tempi molto più rapidi, solo sotto soglia; sopra soglia operiamo sempre con la normativa comunitaria.
In riferimento all’osservazione del senatore Filippelli, che conosce bene il territorio, ovviamente le discariche sono più di dieci; il problema è che gli impianti finali sono dieci, perché c’è un problema di ottimizzazione fra costo del trasporto e costo degli impianti. In programma ci sono anche altre stazioni di trasferimento; non siamo riusciti a realizzarne una nel crotonese, sempre per problemi di sito, ma è previsto nel programma generale che se ne realizzino un’altra decina in tutta la Calabria. Questo dovrebbe in futuro abbattere i costi di trasporto.
Quanto ai sequestri, abbiamo notizia, come dicevo, di un limitato numero di sequestri, quelli che ci vengono notificati. Addirittura di alcuni abbiamo saputo attraverso i giornali. Penso comunque che non sarà un problema farvi avere in tempi brevi l’elenco di tutti i sequestri che ci sono stati notificati. Noi non abbiamo una funzione di polizia sul territorio.
ITALO REALE, Subcommissario delegato all’emergenza rifiuti. Ci sono cose su cui, parlando troppo, si rischia di non dare un quadro chiaro della situazione; questo è certamente il problema di Pertusola. Forse non abbiamo chiarito fino in fondo che il problema della bonifica riguarda non solo Pertusola ma un’area industriale piuttosto vasta, in cui vi sono stati altri interventi industriali di una certa consistenza e tra l’altro vi è una bonifica già effettuata prima dell’approvazione del decreto sulle bonifiche, su cui noi nutriamo grandi perplessità. Si tratta dunque di una situazione estremamente complessa, perché gli inquinanti possono provenire da più di una delle industrie che si trovavano sull’area industriale; è anche delicata l’individuazione della responsabilità dell’inquinamento, che sicuramente in parte va addebitata a Pertusola, ma vi sono altre iniziative industriali, alcune di esse già ferme, tanto che il 4 luglio in prefettura a Crotone con sua eccellenza e d’accordo con il Ministero dell’ambiente procederemo a definire l’area inquinata. Infatti, come sapete, Crotone è area di rilevanza nazionale.
Per quanto riguarda il cemento amianto, qualche volta, se non si è abbastanza preparati, lanciare un allarme rischia di essere più pericoloso della situazione stessa, perché il problema dell’amianto è quello delle fibre e quindi della manutenzione dello stesso. Se dovessimo lanciare un allarme pesante rischieremmo di veder staccato l’eternit, che verrebbe buttato nei fiumi, con un potere inquinante a quel punto davvero drammatico. Abbiamo segnali di grave pericolosità dell’amianto nelle nostre aree urbane e dobbiamo creare gli strumenti corretti per lo smaltimento; parlo soprattutto delle discariche, e qui entra il problema che nessuno le vuole, problema che gli enti locali non sono in grado di risolvere e che potrà essere risolto probabilmente solo dall’ufficio del commissario.
È del tutto evidente che il piano di gestione regionale è un piano-quadro, e noi aspettiamo con simpatia i piani provinciali di gestione dei rifiuti solidi urbani, perché tra l’altro nel nostro piano le province coincidono con l’ATO, che è stato costituito appositamente per consentire ad un unico soggetto gestore, senza moltiplicare le strutture burocratiche ed amministrative, di gestire correttamente il suo territorio, il che non potrà che avvenire attraverso il piano di gestione provinciale.
GOFFREDO SOTTILE, Prefetto di Reggio Calabria. Confermo che la procura distrettuale di Reggio Calabria sta coordinando le indagini sullo spiaggiamento dei rifiuti ospedalieri citato prima.
Quanto i sequestri, ascolterete il comandante generale dell’Arma e della Guardia di finanza, che sono in possesso di questi dati. Ho due appunti, uno della Guardia di finanza, firmato, un altro dei Carabinieri, non firmato: credo siano in grado di fornirvi questi appunti, d’altronde avete i poteri dell’autorità giudiziaria. Se dovessero servirvi, sono pronto a darveli.
Per quanto riguarda la contraddizione fra questore di Catanzaro e prefetti – non faccio polemiche, per carità -, il questore ha il quadro della sua provincia; non esiste, come per i comandanti regionali, un punto di riferimento regionale. Quello che è avvenuto a Catanzaro non interessa la provincia di Reggio come non interessa le altre province.
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della giunta regionale della Calabria. Abbiamo un termine, il 1° luglio, dopo il quale non si potranno conferire in discarica i materiali non preventivamente trattati; probabilmente non saremo in grado di ottemperare a questa normativa per quella data e forse avremo bisogno di una breve proroga.
PRESIDENTE. Solleciteremo questa indicazione al Governo, tenendo presente che ogni proroga è utile se è già programmata l’azione in corso a prescindere dalla proroga stessa.
GIUSEPPE CHIARAVALLOTI, Presidente della giunta regionale della Calabria. Naturalmente. Siamo già su questa linea.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente della giunta regionale, i prefetti che ci hanno così cortesemente assistito e tutti coloro che hanno accolto il nostro invito.
Incontro con il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro.
PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro, dottor Mariano Lombardi, per la cortesia di essere qui. Siamo interessati a misurare lo stato della situazione rispetto al ciclo integrato dei rifiuti in Calabria, ma soprattutto la nostra missione ha un taglio teso a comprendere il livello di interesse e di coinvolgimento della criminalità organizzata nella gestione di questo complesso fenomeno, dal trasporto allo smaltimento fino alla gestione delle discariche abusive. Potrebbe essere soprattutto utile a questa Commissione comprendere le più ricorrenti fattispecie di illeciti penali in cui incorrono o sono incorsi gli operatori del settore e la congruità dei controlli previsti, per esempio da parte degli enti locali, la loro efficacia ed incisività, e se nel corso di questi controlli sono stati registrati fatti penalmente rilevanti.
Alla luce della sua esperienza, del suo osservatorio, del suo luogo di operatività, vorremmo sapere se gli strumenti di prevenzione e di repressione penale di cui dispongono le forze dell’ordine per contrastare i fenomeni criminosi nel settore dei rifiuti siano adeguati, se su tali strumenti sia utile una riflessione, in quale direzione, se si ritenga opportuno potenziarli, trasformando per esempio gli attuali illeciti amministrativi in materia di rifiuti in sanzioni penali, anche per rendere meno agevole per la criminalità organizzata l’inserimento nella gestione del ciclo di rifiuti.
MARIANO LOMBARDI, Procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro. Prendo le mosse rifacendomi ai verbali della precedente Commissione, alla quale l’ufficio fu in grado di dare un apporto rilevante. A quell’epoca era stata condotta un’indagine da parte di un magistrato della procura che, partendo dall’individuazione di un cospicuo quantitativo di ferriti che erano state prodotte dalla Pertusola di Crotone, era riuscito a risalire ad una serie di illiceità. Il fatto ha provocato numerosi arresti, ha dato luogo a dei processi, alcuni dei quali sono in corso, una parte davanti al tribunale di Castrovillari, relativamente al rinvenimento e allo smaltimento illecito di questi materiali pericolosi e tossici, una parte invece dinanzi ai giudici di Catanzaro, per fatti di corruzione e di abuso di potere, in quanto vi era stato purtroppo un collegamento non commendevole tra i soggetti che avevano trattato illecitamente questi materiali e dei pubblici amministratori.
Inoltre, già nella precedente audizione il magistrato aveva indicato un altro processo che si concluderà a giorni davanti al tribunale di Paola, che attiene indirettamente alla problematica del ciclo dei rifiuti in quanto è incentrato sull’inserimento illecito di soggetti nella fase dell’appalto attraverso delle estorsioni oppure attraverso delle combine con i soggetti che devono portare a termine gli appalti. Trattandosi di atti che sono attualmente in fase dibattimentale, ho ritenuto opportuno estrarre le copie più significative per metterle a disposizione della Commissione. Ci sono dei fatti che possono essere più rilevanti; per uno addirittura c’è la requisitoria quasi integrale già pronunziata dal magistrato dell’ufficio; il processo ha avuto un arresto, in quanto alcune colleghe componenti del tribunale di Paola saranno in astensione fino al mese di settembre.
Il primo processo che riguardò questa materia ebbe origine da un dato oggettivo: il rinvenimento di questi ferriti. Successivamente, nel 1978, mi sono trovato ad avere questa duplice funzione: innanzitutto, l’interesse a continuare su quella strada, anche se notizie qualificate di reato non ne sono mai più pervenute, e poi, come successore del procuratore della Repubblica presso la pretura, per quanto riguardava i fenomeni apparentemente più semplici, quelli legati alle violazioni alle norme di tutela dell’ambiente in senso lato. In questa duplice funzione mi sono imbattuto in un lavoro datato 1998, ma che è utile: mi riferisco ad una indagine radioecologica ambientale con monitoraggio delle discariche del territorio della procura circondariale di Catanzaro. È notorio che oggi non esistono più le discariche sui singoli territori, ma esistono discariche consortili (Catanzaro Alli); però la polizia giudiziaria, in particolare una sezione costituita dall’allora procuratore circondariale, che ha lavorato molto bene, ha fatto presente che in realtà non esistono più le discariche comune per comune ma esistono dei siti che già erano adibiti a discariche e che oggi sono abbandonati in quanto non sono stati bonificati. Pertanto, la conseguenza è che precedentemente il comune sulla discarica comunale esercitava un indubbio controllo nei confronti dei terzi, per cui apportare materiale era piuttosto difficile; oggi la sezione NISA (nucleo investigativo sanità ed ambiente) di polizia giudiziaria mi comunica che in questi siti che non sono stati bonificati in realtà la discarica continua peggio di prima, perché si notano particolarmente rifiuti dell’edilizia, che non possono essere portati neanche alla discarica consortile di Alli. Apro una piccola parentesi: ho cercato, unico in Calabria – scusate l’immodestia -, di demolire un immobile abusivo; è sorto il problema di dove portare i residui edilizi. L’unico posto in Calabria è una discarica che si trova a Rossano Calabro, gestita dal comune, che consente lo stoccaggio di questo tipo di rifiuti. A Catanzaro Alli questi rifiuti non possono essere depositati. Mi riferisce la sezione NISA che in tutti i siti non bonificati si trovano residui dell’edilizia, copertoni, vecchi macchinari, carcasse di auto, in quanto non è più possibile un controllo da parte dell’autorità comunale perché quei siti sono stati completamente abbandonati.
Questa indagine radioecologica ambientale, vista nell’ottica delle successive emergenze (la costituzione della discarica consortile e l’abbandono dei siti non bonificati), consente di leggere il passato alla luce del presente; questo studio fatto nel 1998 è ancora utile, perché consente di verificare che le discariche prima esistenti e controllate oggi esistono ma non sono più controllate e sono ricettacolo di una quantità di materiale altamente pericoloso. Addirittura, secondo la sezione di polizia giudiziaria (sono tutti atti che metterò a vostra disposizione), fra i rifiuti abbandonati nella maniera descritta si trovano in maggioranza pneumatici fuori uso, imballaggi di vario genere, scarti dell’edilizia, onduline e tubazioni in eternit contenenti fibre di amianto, il che è più pericoloso dei vecchi copertoni. L’abbandono indiscriminato di tale ultima tipologia di rifiuto, stante la normativa vigente, è favorito dalla circostanza che il corretto smaltimento comporterebbe una lunga ed onerosa procedura. Gli addetti della sezione aggiungono che per quel che riguarda gli scarti dell’edilizia – come ho già anticipato – non esistono, nell’ambito della giurisdizione di questa procura, siti deputati a raccoglierli.
Accanto a questa prima direttrice di marcia ne abbiamo seguita un’altra: nel 1998 trovai un lavoro già iniziato dal collega che mi aveva preceduto alla procura circondariale, vale a dire un controllo aereo di quasi tutto il territorio della procura, allo scopo di verificare se vi fossero delle cave abusive. Ne vennero indicate una cinquantina. Perché l’interesse del collega e mio? Perché nella discarica era difficilmente ipotizzabile che potesse essere nascosto allora, anni fa, materiale di provenienza estremamente sospetta; nella cava abusiva in alta montagna era effettivamente possibile che potessero essere depositati rifiuti tossici. Sono stati effettuati accertamenti e rilevazioni di radioattività mediante contatori geiger in dotazione dell’ufficio operante, che hanno avuto esito negativo; quindi sono intervenute solo delle denunce per inizio di attività di esercizio di cave senza autorizzazione.
Perché ho premesso queste osservazioni, che possono sembrare poco pertinenti con la sostanza delle vostre domande? Perché in realtà, in questa materia, notizie qualificate di reato la procura – né la procura ordinaria, né la procura distrettuale – non ne ha mai avute; ha soltanto la notizia che alla confluenza del fiume, in un determinato luogo, si trova materiale di tutti i tipi, normalmente procedimenti ad opera di ignoti perché nessuno riuscirà mai ad individuare chi quindici o venti giorni prima abbia depositato quel materiale. È un elemento però che ricorre spessissimo, e ritengo sia fondato, che in Calabria in effetti in determinate zone vengano nascosti dei residui di lavorazioni di estrema pericolosità, e in qualche caso, ma non controllato, si è parlato addirittura di rifiuti atomici. Dirò fra l’altro che su Internet l’anno scorso ho recuperato una relazione "Ecomafia 2000", presentata da Legambiente, nella quale venivano indicati parecchi luoghi delle quattro province costituenti la procura distrettuale antimafia in cui si diceva che il ciclo dei rifiuti era in mano alla ‘Ndrangheta calabrese. Era inevitabile, da parte della procura distrettuale, una richiesta di accertamenti diretti al nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, che è l’organismo che ha lavorato sempre con particolare impegno in questa materia. Può sembrare strano, ma l’interesse manifestato dalla Guardia di finanza in questo tipo di indagini non è stato manifestato da nessun altro corpo di polizia. Si parlava degli Arena, del ciclo del cemento in Badolato, del ciclo del cemento di Rossano, facente capo ai Grimoli, del ciclo del cemento in Limbadi, che faceva capo a un notorio clan di questa zona, del ciclo del cemento che faceva capo ai Vallelunga, in provincia di Reggio Calabria (il cosiddetto clan dei viperari, grossi mafiosi delle Serre che hanno manifestato particolare interesse in ogni settore). La risposta della Guardia di finanza è stata che il rapporto era un collage di una serie di notizie, molte delle quali non potevano essere più verificate perché era trascorso troppo tempo o perché non c’era possibilità di identificazione di eventuali responsabili in quanto le notizie erano generiche. Parlare di Badolato consentiva di centrare l’attenzione su un piccolo paese, ma nel caso di un paese più grosso o addirittura di una provincia come Vibo Valentia o si ha un’indicazione precisa o non si va da nessuna parte.
Ho effettuato anche un altro tentativo, quello di inserirmi nelle dichiarazioni di un tale De Stefano Salvatore, delle quali aspetto ancora l’esito, che in realtà tratta una materia che non ho mai capito bene in che settore possa essere collocata; si parla addirittura di tonnellate di mangime adulterato, provenienti dal nord, che dovrebbero essere eliminate: ne ha parlato un collaboratore di giustizia e me ne ha parlato in termini tanto sfumati per cui finora, nonostante siano passati più di otto mesi, la polizia giudiziaria non è stata in condizioni di darmi notizie più precise. Comunque, c’è un procedimento in corso.
Qual è stato il procedimento che ha maggiormente interessato l’ufficio? Anche in questo caso vi devo dire che notizie qualificate di reato non ve ne sono. Partendo da una serie di indicazioni, nel novembre 1998 indirizzai al comandante della polizia tributaria della Guardia di finanza una nota con la quale facevo presente che erano stati segnalati casi di individuazione di scorie radioattive in varie parti della regione; non potevo essere più preciso perché non avevo elementi per esserlo. Chiedevo comunque la raccolta di dati su tutto il territorio della distrettuale e principalmente l’individuazione di strutture che producevano rifiuti e le società che provvedevano al trasporto, allo smaltimento e al trattamento dei rifiuti medesimi. Quest’indagine ha avuto degli sviluppi investigativi, in quanto in Calabria in realtà vi è un solo gruppo di imprese che trattano ad un certo livello il settore e fanno capo ai signori Vrenna di Crotone: sono la Sovreco, la Mida e la Salvaguardia ambientale, tre grosse società che fanno capo, direttamente o indirettamente a questi signori Vrenna. L’interesse dell’ufficio e mio personale fu acuito nei loro confronti nel momento in cui venne svolta un’indagine separata che aveva ad oggetto l’individuazione di possibili infiltrazioni mafiose nel contratto d’area di Crotone; sapete infatti che Crotone è stata una zona destinataria di ingentissime sovvenzioni governative, in parte per indennizzare i danni provocati da una vecchia alluvione e in parte per risollevare la sorte di una provincia particolarmente depressa. Questo contratto d’area ha fatto sì che affluissero capitali di importo veramente inimmaginabile, e fra le imprese destinatarie di sovvenzioni pubbliche vi era anche la Sovreco, che faceva capo ai fratelli Vrenna.
Qual è stato l’esito dell’indagine? L’esito ha dato luogo a delle iscrizioni, a delle individuazioni di tipologie di reato, ad una serie di accertamenti che si sono sviluppati principalmente attraverso la verifica dei cantieri, dei luoghi di stoccaggio dei rifiuti, degli impianti di incenerimento e smaltimento, con delle apparecchiature abbastanza sofisticate. Non sono indagini facili né brevi, in quanto – e arrivo ora al vostro invito – si tratta di una materia forse troppo ardua sia per i giuristi sia per i tecnici; gli allegati alle singole relazioni sono enormemente superiori alle dieci paginette delle relazioni in cui si illustrano una serie di dati tecnici senza alla fine specificare di quali tipologie di reato si tratti, se siano rifiuti atomici, tossici, pericolosi, addirittura cancerogeni. Sono allegate delibere delle giunte regionali e tutta una serie di leggi che hanno modificato la normativa e principalmente una serie infinita di tabelle con dei codici, accanto ai quali vi sono dei termini tecnici che a mio modesto avviso sono poco comprensibili anche per i consulenti che vengono nominati perché consiglino sul da farsi. Sono intervenuti prelievi di materiale, che non è risultato atomico né particolarmente tossico; tuttavia, era pericoloso.
L’indagine si è quindi concentrata su una seconda fase, cioè verificare se questi rifiuti conferiti all’impianto della Sovreco di Crotone potessero o meno essere conferiti a quella discarica. Gli ultimi consulenti, in una relazione che non è quella conclusiva, perché quella conclusiva la aspetto da qualche settimana, hanno evidenziato che in realtà, in merito alla pericolosità dei rifiuti, nella legislazione nazionale il concetto di rifiuto pericoloso è stato introdotto dal decreto legislativo del 1997 integrando le precedenti indicazioni. Quindi, sono pericolosi quei rifiuti, compresi gli ex tossici e nocivi, indicati nell’allegato D del decreto legislativo citato. I consulenti hanno aggiunto che a dettare le norme per la classificazione dei rifiuti è non soltanto la loro composizione ma anche l’origine o, in alternativa, la tipologia merceologica e così via.
Sulla base dell’analisi dei verbali di carico e scarico della Sovreco, i consulenti hanno ritenuto di seguire un’altra strada: abbandonare il concetto di rifiuto atomico, pericoloso, ospedaliero, perché non ci sono tracce di questo tipo di rifiuti, concentrarsi sul concetto di rifiuto pericoloso per vedere se la Sovreco fosse abilitata a ricevere rifiuti pericolosi e, nel caso in cui non fosse abilitata, quali fossero le imprese che avevano conferito. In una prima fase dell’indagine hanno scoperto che questi rifiuti pericolosi provenivano dalla Raffineria di Roma Spa, Ecocentro Srl, Remic Italia Sas, ed hanno individuato, sempre attraverso l’esame del cartaceo, tutta una serie di irregolarità commesse sia dai produttori sia da alcune società (trasportatori ed intermediari). In conclusione, hanno denunziato i responsabili della discarica Sovreco e delle tre raffinerie di cui vi ho parlato, nonché il responsabile di una società di trasporti ed intermediazione, ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo del 1997, perché queste società avevano conferito parecchie decine di volte alla ditta Sovreco dei rifiuti pericolosi senza che la pericolosità fosse stata evidenziata attraverso una serie di analisi che andavano effettuate.
Non starò a dirvi che sono rimasto particolarmente deluso del risultato: infatti, dopo aver nominato quattro consulenti e aver sostenuto delle spesi enormi, il risultato massimo, rappresentato da un’ipotesi contravvenzionale ai sensi del comma 3 dell’articolo 51 del decreto citato, non si poteva dire certamente brillante, tanto più che non esisteva alcuna ipotesi che accentrasse il reato in Catanzaro. Io ero partito con l’ipotesi ai sensi dell’articolo 416-bis, ma sono finito con delle contravvenzioni; ho inviato copia degli atti alla procura della Repubblica di Crotone, dove ha sede la Sovreco, e alla procura della Repubblica di Roma, ma nel contempo ho dato incarico al nucleo regionale di polizia tributaria, in concorso con gli ultimi consulenti (che erano inseriti nella precedente Commissione sul ciclo dei rifiuti, e quindi penso di rivolgermi ai massimi esperti), di esaminare su scala nazionale tutte le società che abbiano conferito in maniera illegittima rifiuti pericolosi alla Sovreco. Ovviamente, a meno che non dovessero emergere elementi nuovi, dovrò necessariamente inviare ai procuratori della Repubblica competenti gli atti perché procedano, in quanto si tratta di un’ipotesi che fuoriesce completamente dagli schemi dei reati distrettuali. Nel contempo sto continuando gli accertamenti, che però finora non hanno dato alcuna indicazione positiva in ordine all’ipotesi che era stata formulata inizialmente, vale a dire che questa società in realtà avesse assunto una posizione di monopolio e che quindi negli inceneritori di Crotone confluisse addirittura tutto quello che non doveva certamente confluire. Sono stati fatti numerosissimi servizi di OCP da parte della Guardia di finanza, sono state effettuate verifiche fiscali nei confronti di queste tre società, ma non sono emersi elementi che abbiano corroborato l’impostazione iniziale.
Le ipotesi sono due: o noi (noi nel senso del procuratore e tutta una serie di ufficiali della Guardia di finanza e di consulenti) non siamo riusciti a trovare il filo conduttore per arrivare ad un risultato oppure – ipotesi inversa – abbiamo tentato di raggiungere un certo risultato che, o per nostra incapacità o per la non responsabilità - non bisogna escluderlo - dei soggetti nei cui confronti sono state compiute delle indagini, è stato assolutamente deludente. Aggiungo che un’indagine meno impegnativa, in quanto che le indicazioni sono state minimali sin dall’inizio da parte della polizia giudiziaria, è stata tentata nella provincia di Vibo Valentia, a San Calogero, un piccolo paese di quella regione in cui si era avuta notizia che l’appalto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani era stato aggiudicato ad un componente della famiglia Mancuso. Per chi abita in queste zone, nel sentire il cognome Mancuso scatta immediatamente il campanello d’allarme; in quel caso era avvenuto tutto con la massima linearità, ma non sono così ingenuo da pensare che le cose siano avvenute in quella maniera. Ufficialmente, esaminate le carte, la polizia giudiziaria ha concluso, nonostante intercettazioni telefoniche, perquisizioni, visura e controllo degli atti dell’appalto, che non erano state trovate tracce di fatti costituenti reato.
Quindi la conclusione cui sono pervenuto è la seguente. Tutte le indagini che sono state fatte, ad eccezione della prima che è partita da un dato oggettivo quale il ritrovamento di ferriti laddove non dovevano esserci, sono state sempre intraprese dalla procura della Repubblica su notizie non qualificate di reato: la denunzia di Legambiente, l’informativa, la lettera spesso anonima, l’indicazione espressa in misura massiccia secondo la quale la Calabria dovrebbe essere la pattumiera d’Italia, tenuto conto della presenza al suo interno di zone molto vaste e spesso inaccessibili, deposito addirittura di rifiuti atomici. Purtroppo, allo stato, non sono stato in grado di accertare tutto ciò.
La legislazione in materia non è certamente adeguata all’importanza del problema. Anni fa, durante un convegno, si parlò dell’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale. La lotta al vero abusivismo edilizio, al fenomeno dell’inquinamento ambientale non può passare attraverso l’ipotesi contravvenzionale. La previsione del delitto ambientale consente un livello di intervento più adeguato e di contrarre la quantità di norme proveniente da una serie illimitata di disposizioni di legge che spesso sono di difficile interpretazione da parte degli stessi consulenti dei quali noi ci serviamo. Di volta in volta si leggono tabelle in cui l’aggettivazione del rifiuto cambia continuamente: l’ultimo consulente ci ha detto che l’unico aggettivo valido è "pericoloso", identificato con quello che corrisponde alle caratteristiche individuate nel decreto legislativo del 1997.
Sono pericolosi i rifiuti conferiti alla Sovreco? E’ tutto da accertare perché il conferimento illecito è stato dedotto dal fatto che non era stato precisato attraverso i documenti di trasporto a quale rifiuto ci si riferisse; se accertiamo che la documentazione non è corretta (anzi, in qualche caso è addirittura falsa) riteniamo che quei rifiuti siano pericolosi. In realtà non sappiamo se le cose stiano così anche perché spesso, a distanza di anni, è quasi impossibile verificarlo.
Aggiungo che la Guardia di finanza si è fatta carico, nel proseguire le indagini, di verificare qualcuno di tali conferimenti nel momento in cui effettivamente avvenivano per analizzare i rifiuti e concludere se essi potessero farsi rientrare nel concetto di pericolosità.
La relazione cui ho fatto riferimento, i dati statistici che i colleghi esperti di informatica hanno rilevato, le deleghe principali alle quali ho fatto cenno rappresentano un materiale che mi permetto di mettere a disposizione della Commissione. Non si tratta certo della prova di un successo. O meglio: un processo finirà sicuramente in modo positivo perché sono state trovate tonnellate di ferriti. Dopo il 1998 risultati oggettivamente individuabili non ne ho ottenuti se non una serie di indagini nelle quali ho cercato di raggiungere determinati obiettivi, senza finora esserci riuscito.
PRESIDENTE. Acquisiamo con piacere gli atti che lei ci fornisce, procuratore Lombardi.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Il procuratore Lombardi ha parlato a lungo della società Sovreco che gestisce le discariche nel crotonese. Vorrei far presente ai componenti della Commissione che si tratta della stessa società cui l’ufficio del commissario ha affidato la gestione dello smaltimento dei rifiuti di tutto il crotonese: volevo metterlo in evidenza.
MARIANO LOMBARDI, Procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro. Non intendevo criminalizzare nessuno.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Mi riferisco agli interventi che abbiamo ascoltato prima di lei: i commissari ed i subcommissari delegati per l’emergenza rifiuti hanno parlato di "bomboniera" a proposito della discarica di Crotone; ho voluto far presente ai colleghi che non conoscono la storia di questo territorio che si tratta della stessa discarica su cui il procuratore ha indagato.
MARIANO LOMBARDI, Procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro. Ho concluso dicendo che non ho accertato nulla; poiché sono obbligato, in un certo senso, a pensar male, ho ritenuto che ciò dipendesse magari da una mia incompetenza.
PRESIDENTE. Mi sembra che si stia parlando della stessa cosa: il riferimento che abbiamo ascoltato finora riguarda la conduzione "da pic-nic" di tale discarica, non rispetto allo specifico, che per altro mi pare sia tutto da verificare.
RENZO MICHELINI. In sede di procedimento giudiziario è stata fatta una perizia sulla tossiconocività di quelle sostanze in quella determinata concentrazione?
MARIANO LOMBARDI, Procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro. Ho disposto due consulenze ed i risultati della prima non sono stati in linea con quelli della seconda. I consulenti, sulla base degli stessi elementi e procedendo ad accertamenti con metodiche diverse, sono pervenuti a risultati non dico opposti, ma comunque non convergenti. I secondi consulenti hanno ritenuto che i primi non avessero centrato l’obiettivo.
Io sono l’unico organo non tecnico (con questo non voglio qualificarmi come organo giuridico perché magari non sono neanche quello) rispetto a materie di estrema specializzazione. Mi sono allora fermato a quell’ipotesi contravvenzionale cui ho fatto cenno, che è il minimo cui si può arrivare. Ritengo però che una difesa accorta, nel momento in cui il procuratore territorialmente competente disporrà una citazione a giudizio, risolleverà il problema della vera natura di queste sostanze; probabilmente ci sarà una terza perizia. Io ho disposto le consulenze ai sensi dell’articolo 360, avvertendo gli indagati, i quali sono comparsi con i loro avvocati e con i loro consulenti di parte, che hanno fornito risultati diametralmente opposti a quello dei primi e dei secondi. Non so che natura abbiano tali sostanze.
PRESIDENTE. Vorrei chiederle se nell’ambito delle attività svolte si sia rilevata una connessione tra le organizzazioni criminali territoriali e quelle che operano in altre zone, in modo particolare Cosa nostra e la camorra.
MARIANO LOMBARDI, Procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro. E’ un problema che mi sono posto lo scorso anno quando le notizie sulla camorra imperavano ed anche per quanto riguarda Reggio Calabria, in quanto la procura di quella provincia aveva tratto in arresto uno dei nostri indagati per motivi completamente diversi. Ci siamo scambiati informazioni e materiale cartaceo ma non è venuto fuori nulla che collegasse i fatti della camorra tanto pubblicizzati dai mezzi di comunicazione con quelli verificatisi a Reggio Calabria. D’altra parte siamo partiti da un presupposto che ritengo teoricamente corretto, ma difficilmente dimostrabile: è un po’ quello che accade quando ci si trova di fronte all’ipotesi dell’immigrazione clandestina.
Alla fine di ottobre-principio di novembre si svolse una riunione presso il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di Crotone, alla quale partecipò il sottosegretario Taormina; ai margini di tale riunione espressi il convincimento teorico che non fosse possibile scindere il fenomeno dell’immigrazione clandestina con sbarchi che si verificavano sempre sugli stessi territori del crotonese ferreamente controllati da cosche mafiose da quello dell’immigrazione. Fin quando si sbarca a Montepaone, o a Soverato (zone in cui non si sa neanche cosa sia la ‘ndrangheta) si tratta di casi in cui qualcuno disponeva di qualche mezzo; ma se si sbarca a Crotone, a Capo Colonna, a Steccato di Cutro, vale a dire in zone realmente controllate dalla criminalità, ritengo come presupposto strategico che questi fenomeni siano collegati.
Ma in quell’occasione, in cui mi si chiedeva se avessi delle prove, dovetti rispondere di no e che anzi avevo le prove del contrario perché avevamo concluso da poco un’indagine su una cosca di Cutro, che controllava anche la marina; c’erano state migliaia di ore di conversazioni telefoniche intercettate e di intercettazioni ambientali nelle quali le parole "immigrato", "scafo", "clandestino" e quant’altro non erano assolutamente emerse. Si tratta quindi di un’impostazione strategica che più che ad Austerlitz mi ha portato a Waterloo.
La stessa cosa vale per i rifiuti. Se ipotizziamo, come era avvenuto in provincia di Napoli, di Caserta, di Avellino, che centinaia di mezzi carichi di rifiuti si spostassero da un luogo all’altro, non è pensabile che la destinazione potesse essere Cutro, Crotone, Rossano Calabro o Corigliano, vale a dire in zone realmente controllate dalla ‘ndrangheta. In altri processi abbiamo avuto la riprova di tutto ciò: alcuni collaboratori ci hanno portato a vedere il radar impiantato dall’organizzazione della ‘ndrangheta per controllare le motovedette della finanza. Quindi, se il controllo del territorio e del mare viene effettuato a quel livello, è impossibile ipotizzare l’esistenza di un’autocolonna di mezzi carichi di rifiuti destinati ad essere scaricati in un luogo controllato da un’organizzazione ‘ndranghetistica.
Si tratta anche in questo caso di un presupposto strategico. A parte la considerazione che di un tale fenomeno non abbiamo avuto notizia, devo dire che tutte queste cosche sono state monitorate e non hanno mai dimostrato un qualsiasi interesse verso questo settore. Con mia grande sorpresa – sono intervenuto con degli accertamenti anche in tal senso – si parlò di rifiuti tossici o addirittura derivanti da lavorazioni atomiche nella zona di Zagarise, nelle vicinanze del villaggio Mancuso. Si trattò di notizie avute in modo assolutamente informale; abbiamo fatto svolgere accertamenti e nominato dei consulenti; sono state impiegate attrezzature estremamente sofisticate: purtroppo però, anche per la genericità della notizia, non siamo riusciti ad ottenere risultati positivi, della qual cosa mi dispiace.
PRESIDENTE. La ringrazio, procuratore Lombardi.
I lavori, sospesi alle 14.40, riprendono alle 15.55.
Incontro con il procuratore generale della Repubblica di Catanzaro, Domenico Pudia, con il sostituto procuratore delegato dal procuratore distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Mario Andrigo, con il sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Alfredo Laudonio, con il sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria, Francesco Neri e con il procuratore aggiunto della Repubblica del tribunale di Palmi, Bruno Giordano.
PRESIDENTE. Ringrazio i magistrati presenti per la loro disponibilità e per l’opportunità che ci offrono di riflettere su alcuni temi.
La nostra Commissione non intende solo comprendere fenomeni ed avere un quadro complessivo del ciclo integrato dei rifiuti in Calabria, ma ha anche l’esigenza di valutare se la strumentazione offerta dalla normativa sia adeguata alle esigenze di indagine, se vi siano stimoli e suggerimenti in tal senso e se nell’esercizio della vostra attività si sia riscontrata qualche lacuna normativa che noi possiamo valutare ai fini di dare compiutezza al nostro compito, che non è solo di tipo investigativo ma anche di proposta.
E’ nostro interesse comprendere il livello di coinvolgimento della criminalità nella gestione dei rifiuti, l’attività in corso, le iniziative svolte e quanto si va programmando di effettuare rispetto a tale fenomenologia. La nostra valutazione non riguarda solo singoli fatti, magari indicativi di problematiche più generali, ma anche la comprensione del fenomeno nella sua articolazione su questo territorio.
DOMENICO PUDIA, Procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. Ho dovuto compiere una breve indagine attraverso le otto procure del distretto per verificare la situazione. Questa mattina avete già ascoltato il procuratore Lombardi, il quale vi avrà sicuramente informato della situazione relativa alla procura di Catanzaro.
In base alle statistiche, nell’anno 2002 si sono svolti 64 processi e ne sono pendenti ancora 40. I numeri però dicono poco: la situazione non è certamente buona. Ho con me una relazione della sezione NISA che si interessa di problemi ambientali presso la procura. In essa si parla in particolare della discarica di Catanzaro in località Alli. Premetto che la discarica serve un consorzio di comuni con 220 mila abitanti circa: si tratta quasi dell’intera provincia di Catanzaro.
Ciò che colpisce è che sono stati trovati dei macchinari che non erano mai entrati in funzione e la discarica, nella sua totalità, funziona al 35 per cento. E’ un dato preoccupante perché la discarica è aperta da sei o sette anni. Viene segnalato, inoltre, che le vecchie discariche sono state chiuse ma ancora alcuni abusivi vi si recano per scaricare rifiuti. D’altra parte, basta girare per Catanzaro, nelle strade secondarie, per rendersi conto dell’esistenza alla periferia della città di discariche di materiale edilizio e di altra spazzatura. E’ sufficiente andare in via Corrado Alvaro: non so perché abbiano dedicato a questo scrittore una strada che potrebbe definirsi alla stregua di un immondezzaio, e non lo dico per polemica.
Per quanto riguarda la procura di Paola, ho con me un’ordinanza di custodia cautelare emessa da tale procura relativa a 18 indagati per vari reati relativi alla gestione e trasporto abusivo di ingenti quantitativi di rifiuti solidi, ordinanza che metto a vostra disposizione.
Quanto alle altre procure, non vi sono casi da segnalare se non quella di Castrovillari, in cui si parla di 47 procedimenti dei quali parte pendenti e parte definiti con l’archiviazione o rinvio a giudizio ed in fase dibattimentale. Le altre procure o non hanno svolto indagini o non hanno di questi problemi, a quanto mi riferiscono.
Voglio segnalare in particolare la situazione della Pertusola di Crotone. Il procuratore Tricoli mi ha comunicato di non potermi fornire informazioni a così breve scadenza perché momentaneamente non è in funzione la banca dati. Ho qui con me, però, una rivista che esce a Crotone che affronta il problema della Pertusola, rappresentato dalle ferriti di zinco, cioè da materiali di risulta della lavorazione dello stabilimento chimico Pertusola, che è stato sequestrato. Tale sequestro è stato convalidato e si è andati davanti al tribunale del riesame che ha convalidato a sua volta il sequestro preventivo.
Le ferriti di zinco, a quanto ho accertato, contengono una percentuale elevata di metalli pesanti, quindi molto pericolosi. Si contesta alla società irregolarità sia nello stoccaggio (che avveniva in aree libere), sia nel trasporto, sia nell’eliminazione tramite navi. Il trasporto avveniva con automezzi non protetti: praticamente il materiale era a cielo aperto e quindi il vento disperdeva tutti i residui pericolosi non solo lungo il tragitto ma anche sulle auto di passaggio e sui pedoni.
Nella richiesta del riesame si afferma che in merito al capo c) dei reati contestati in materia di sicurezza dei lavoratori allo stato non sussiste alcun pericolo per questi ultimi in quanto, pur non essendo formalmente estinti i reati per mancanza del decreto di archiviazione, sussiste comunque in atti la richiesta di archiviazione della ASL n. 5 di Crotone, fondata sull’ottemperanza alle prescrizioni impartite con il verbale del 19 novembre 2001 e sul pagamento della relativa sanzione amministrativa. Ne consegue che, in attesa dell’estinzione dei reati contravvenzionali contestati, non sussiste allo stato alcun pericolo per i lavoratori.
Non so se sono io che ho capito male, ma pare che il pericolo per i lavoratori (a parte il fatto che il rischio sussiste anche per il resto della cittadinanza perché questi materiali si disperdono nell’ambiente) venga meno una volta estinto il reato o pagato l’obolo della contravvenzione.
Voglio aggiungere che in Sila, zona notoriamente pulita, esiste una miniera di caolino dalla quale partono regolarmente per la provincia di Modena decine e decine di TIR carichi di caolino in polvere puro all’80 per cento. Ebbene, questi TIR vengono regolarmente coperti con teloni in modo da non disperdere il caolino puro nell’ambiente. Mi chiedo come sia possibile che invece, per i residui di lavorazione della Pertusola, non vengano adottate adeguate misure di sicurezza ma addirittura – è una voce di corridoio - si vorrebbero legalizzare questi trasporti mediante automezzi completamente liberi i quali dovrebbe attraversare una parte della 106 o l’interno di Crotone per arrivare al porto, inquinando il mare per poi essere stivati nelle navi e condotti non so dove.
Questi sono i fatti più eclatanti. Sono comunque pronto a rispondere ad eventuali domande.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. La ASL ha certificato che questi materiali non sono nocivi?
DOMENICO PUDIA, Procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. No, avrebbe chiesto l’archiviazione perché c’è stato l’ottemperamento alle prescrizioni previste. Non credo che la ASL possa chiedere l’archiviazione di un reato: è una competenza del pubblico ministero. Non so in cosa consista questa sanatoria: vi riporto la notizia dalla fonte che ho consultato, perché da parte della procura non ho ottenuto nulla. La rivista però si stampa a Crotone e credo che il senatore Filippelli la conosca: è una rivista di giurisprudenza.
PRESIDENTE. Per ora la ringrazio: sarà comunque utile ottenere elementi più certi tramite la procura.
ALFREDO LAUDONIO, Sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. Signor presidente, signori componenti della Commissione, sicuramente avete piena contezza dei lavori della Commissione che vi ha preceduto in questo difficile lavoro. A tale Commissione, in sede di audizione, ho rappresentato – insieme al collega Neri che allora lavorava a Palmi, al collega Pace che operava a Potenza e altri – come avessimo disposto un monitoraggio di quasi tutto il territorio calabrese, comprendendo la procura di Palmi, quella di Vibo, eccetera, anche mediante l’utilizzo di mezzi sofisticati per l’epoca, come un satellite francese, per avere una ricognizione completa del territorio che ci consentisse di individuare discariche altrimenti non facilmente rintracciabili.
A quel lavoro è seguita un’ulteriore attività di indagine che ha reso possibile l’individuazione di determinati siti ove venivano stoccati rifiuti che, almeno per quanto riguarda il mio territorio, non si sono rivelati particolarmente pericolosi: erano rifiuti industriali provenienti anche da altre regioni. I relativi processi si sono poi conclusi.
Per rispondere più ordinatamente alle questioni poste dal presidente, ritengo che occorra operare una distinzione tra due tipi di attività: quella delle discariche normali, comuni a tutti il territorio nazionale, e quella di transito o di stoccaggio provvisorio o definitivo di materiali che si rivelino pericolosi.
Per quanto riguarda il territorio della procura della Repubblica di Vibo, sotto quest’ultimo profilo non ho motivo di ritenere che tale fenomeno sia verificabile. E’ ovvio che l’attenzione nelle indagini è sempre presente. Allo stesso modo è da distinguere, anche nell’ambito delle attività delle discariche ordinarie, un interesse da parte della criminalità comune oltre che di quella organizzata (della quale ovviamente non mi occupo rientrando nella precipua competenza della procura distrettuale ogni attività in merito). Che però sussistano anche interessi della criminalità comune nella costruzione di siti da destinare a discariche o comunque nell’individuazione di terreni che abbiano un rilievo economico è assolutamente indubbio.
I sistemi di indagine che l’attuale normativa consente partendo dal mero fatto contravvenzionale e non potendosi far ricorso a strumenti investigativi quali quelli previsti, ad esempio, dall’articolo 416-bis (intercettazioni telefoniche, ambientali, eccetera) rendono più difficile individuare con precisione un’attività criminale di particolare spessore. L’interesse criminale può partire dalla semplice ipotesi estorsiva, che però è difficile da dimostrare e richiede un particolare impegno.
Ipotesi di questo tipo si intravedono almeno in due procedimenti che si trovano in fase preliminare e quindi coperti da segreto investigativo (che ovviamente non riguarda voi, ma eventuali risposte a domande da voi formulate sull’argomento dovrebbero essere segretate), in materia proprio di attività estorsiva.
Più difficile è l’individuazione dell’altra sfera del fenomeno che concerne il transito e lo stoccaggio anche temporaneo di rifiuti nocivi che in epoca passata hanno lambito il territorio di mia competenza. Ricordo l’esempio della Jolly Rosso: c’è stato un periodo in cui abbiamo dovuto studiare le coordinate per definire le competenze territoriali relative al carico di quella nave. Si tratta di fenomeni che interessano anche questa regione.
Per quanto riguarda poi il fenomeno più generale delle discariche, la creazione di società a partecipazione pubblica o con consorzi di comuni tende a scoraggiare l’invasività del fenomeno criminale, anche se a mio avviso non riesce ad escluderlo del tutto poiché, mediante interposizioni fittizie ed altri sistemi, si può ancora aggirare la normativa e consentire a questi interessi criminali di integrarsi nel sistema in maniera non diretta ma più subdola: ci si serve di prestanome per far parte di determinate imprese o società e trarre guadagno dall’affare rifiuti.
Resto a vostra disposizione per eventuali domande.
BRUNO GIORDANO, Procuratore aggiunto della Repubblica del tribunale di Palmi. Sono procuratore facente funzioni dal 20 ottobre, in attesa che arrivi il nuovo procuratore, che dovrebbe insediarsi nei prossimi mesi.
Ho predisposto una tavola sinottica, un prospetto riassuntivo dei procedimenti pendenti presso l’ufficio dal momento dell’entrata in vigore delle varie leggi che regolano la materia dell’inquinamento (il decreto Ronchi, il decreto legislativo n. 22 del 1997, il decreto legislativo n. 152 del 1999 in materia di inquinamento delle acque e, in materia di inquinamento atmosferico, il decreto n. 203 del 1988). Il prospetto contiene tutti i procedimenti avviati, definiti o pendenti presso l’ufficio di procura di Palmi. Se la Commissione è d’accordo, posso consegnare lo schema che rappresenta, quantomeno statisticamente, il quadro d’insieme delle situazioni di intervento giudiziario da parte della procura in materia di inquinamento.
Per quanto riguarda l’oggetto specifico della convocazione, nello spirito che ritengo di cogliere nel documento pervenuto, non ho molto da dire, per due ragioni: innanzitutto perché la piana di Gioia Tauro, i 33 comuni che ne compongono il circondario non sono caratterizzati da una grossa presenza industriale; quindi non abbiamo rifiuti particolarmente pericolosi prodotti in loco, se si fa eccezione per le piccole attività produttive di oleifici o industrie di trasformazione dei prodotti agricoli, specie nel settore agrumicolo. Vi è poi un soggetto potenzialmente molto inquinante, cioè il porto di Gioia Tauro, che però, per quanto possa apparire paradossale, sia per il regime di controlli cui è sottoposto da parte della Capitaneria di porto, sia perché di fatto in esso si svolge semplicemente un’attività di transito, di scarico di container e di ricarico su altre navi che trasportano per gli altri porti del Mediterraneo, non presenta, in atto, dei grossi fattori di inquinamento.
Tali fattori, quindi, si risolvono in quelli speculari alla malamministrazione dei singoli comuni; spesso il fattore inquinante principale è la comune fogna. Proprio questa mattina ho dovuto sollecitare la Capitaneria di porto in seguito ad una serie di segnalazioni di bagnanti, che sulla spiaggia di Palmi, alla tonnara, non riuscivano a fare il bagno per il cumulo di rifiuti, anche trasportati dal mare, che impediva la balneazione; la Capitaneria ha fatto un intervento immediato sia da terra sia da mare, constatando che il 70 per cento delle fogne di Palmi, anziché confluire nel collettore principale, che poi conduce al depuratore di Gioia Tauro, scarica direttamente in mare. Questo per una serie di lavori non effettuati o effettuati male o in corso di effettuazione, per i quali si è già svolta un’indagine lo scorso anno. Ho avviato un nuovo procedimento penale per verificare se vi siano ulteriori responsabilità. Chiaramente un discorso di questo genere deve fare i conti anche con le disponibilità economiche dei comuni, con le loro possibilità concrete di attivare determinate procedure e di impegnare fondi, altrimenti non si possono fare addebiti agli amministratori.
Questo è il panorama di fondo, al quale vorrei aggiungere alcune puntualizzazioni. Per quanto mi riguarda, e ferma restando la competenza della procura distrettuale su questo aspetto specifico, non ho ricevuto segnali di un coinvolgimento della malavita organizzata in attività di riciclaggio di scorie nocive a vario titolo, provenienti da altre parti d’Italia. Qualche segnale di allarme qua e là si è fatto sentire: ad esempio, abbiamo avviato un procedimento penale relativamente ad una segnalazione fattaci dal commissariato di Gioia Tauro, secondo il quale, in una radura adibita ad autodemolizioni sita nei pressi del paese di Gioia, il rinsecchimento di alberi secolari d’ulivo e una situazione di inaridimento della vegetazione lascia pensare alla presenza di materiale radioattivo. In effetti il commissariato di Gioia Tauro fece un primo accertamento facendosi coadiuvare da una ditta privata specializzata in trasporti di sostanze radioattive, dopo di che interessammo il Ministero della salute pubblica, che mandò dei propri tecnici con dei rilevatori. Partecipai anche io al sopralluogo nello scorso mese di ottobre; in quella occasione fu esclusa categoricamente la presenza di materiale radioattivo. Quel degrado ambientale, sia pure circoscritto, che si era verificato era stato determinato dalle carcasse di autovetture che, marcendo sul posto (con le batterie e l’acido in esse presente), aveva determinato infiltrazioni nel sottosuolo e nelle radici degli alberi.
Quindi, per quanto riguarda il discorso principale, residuano gli scarichi dei frantoi, degli oleifici e delle piccole industrie agrumicole, che spesso, disattendendo la legislazione, scaricano nei piccoli corsi d’acqua, nei torrenti o in zone abbandonate, provocando spesso anche disagi alla popolazione, dalla quale riceviamo segnalazioni per il cattivo odore che si avverte. Si tratta comunque di interventi "fisiologici" in una realtà che presenta un grosso livello di degrado ed anche di debolezza economica, per cui certe situazioni sono comprensibili anche se su di esse chi è preposto – la stessa Capitaneria di porto nelle zone litoranee e l’ufficio di procura in generale – interviene di solito immediatamente, eleva i verbali, eccetera.
Abbiamo avuto qualche segnalazione più inquietante. Oltre a quella che ho riferito e che si è risolta in un nulla di fatto (ho fotocopiato le pagine più significative del fascicolo, che peraltro è già archiviato, non sussistendo la fondatezza della notizia di reato), vi è stata a Galatro e Laureana di Borrello, nei mesi scorsi, una denuncia da parte di alcuni cittadini i quali sostenevano la presenza di sostanze radioattive sia nelle acque sia nel terreno; si addebitava una serie di casi di patologie gravi (8 decessi per tumore) alla presenza in grossa quantità di sostanze radioattive. Sono intervenuti i vigili del fuoco di Reggio Calabria ed hanno effettuato prelievi delle acque del torrente e dei terreni sui quali si assumeva fossero presenti queste sostanze radioattive; l’esito anche in questo caso è stato negativo. Corrono queste voci allarmistiche, probabilmente amplificate da una ricorrenza in determinati territori di un certo tipo di gravi patologie, però noi non siamo stati in grado di verificare se vi sia un rapporto di causa ed effetto, nel senso che tutti i sondaggi e gli accertamenti effettuati nell’ambito dei diversi procedimenti penali non hanno consentito di accertare la presenza di radioattività sul territorio.
Non ritengo di avere altre circostanze di rilievo da segnalare oltre a questa "fisiologia" di inquinamento da piccole fabbriche oppure da sistemi fognari inefficienti o non funzionanti o da depuratori che funzionano male e determinano situazioni di carico di sostanze inquinate o sul mare o nei fiumi.
PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore Giordano e cedo la parola al sostituto procuratore Mario Andrigo.
MARIO ANDRIGO, Sostituto procuratore delegato dal procuratore distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Rivolgo al presidente ed ai commissari il mio saluto personale nonché quello del procuratore distrettuale che mi ha delegato a questa audizione.
In questo momento, nella procura di Reggio Calabria, come ufficio sia distrettuale sia ordinario, si trattano procedimenti di cui cercherò di dare una sintetica visione, cominciando da quelli che riguardano la procura distrettuale, dove si è principalmente concentrati sull’aspetto dell’infiltrazione di interessi che fanno capo alla criminalità organizzata nel settore dello smaltimento dei rifiuti e della gestione di discariche. Non ci sono procedimenti che riguardino, come ha già detto il collega della procura di Palmi, lo smaltimento abusivo di rifiuti radioattivi, il cosiddetto traffico interregionale o internazionale. In passato ce ne sono stati e probabilmente dirà qualcosa in proposito il consigliere Neri. Su questi procedimenti, che sono in fase di indagini, non posso riferire particolari, ma posso solo genericamente dire che trattano sia la fascia di Reggio centro, con la quale noi individuiamo la competenza del circondario della procura di Reggio Calabria, sia la fascia tirrenica, che coincide con la competenza territoriale della procura di Palmi.
Per quanto riguarda altri procedimenti che possono interessare i signori commissari, faccio riferimento ad una serie di procedimenti che riguardano il fenomeno delle discariche abusive sotto il profilo amministrativo: abbiamo un numero non rilevantissimo ma abbastanza fisiologico di casi segnalati, che rientrano, per quanto riguarda il nostro ufficio di procura, nella competenza di un gruppo specializzato creato con le tabelle approvate dal Consiglio superiore. Si tratta di casi concernenti la mancanza di provvedimenti amministrativi, ovvero la gestione di discariche formalmente autorizzate ma che vengono gestite in modo difforme rispetto alle indicazioni dell’autorizzazione amministrativa, oppure il conferimento in discarica di rifiuti non consentiti, con la conseguente applicazione delle normative, soprattutto del decreto Ronchi.
C’è poi – e da questo punto di vista siamo nella stessa situazione rappresentata dal collega Giordano – una serie di procedimenti che riguardano l’inquinamento "spicciolo", cioè il fatto che purtroppo siamo in una zona in cui la tematica ambientale culturalmente non è forse allo stesso livello di altre parti d’Italia; quindi c’è una fisiologia di comportamenti che provocano anche risvolti penali, che però non hanno rilevanza proprio per la mancanza di insediamenti industriali e produttivi che possono raggiungere un livello paragonabile a quello delle altre regioni. Si tratta di comportamenti dovuti ad una scarsa cultura ambientale.
Per quanto riguarda invece il problema del traffico di rifiuti speciali o radioattivi, il loro smaltimento abusivo, le attività lucrose connesse a questo fenomeno, attualmente non ci sono procedimenti. Ci sono stati e ci sono alcuni input dovutamente attenzionati ed in alcuni casi sviluppati; in particolare vi è stato un procedimento che si collegava a ciò che diceva il procuratore Laudonio, che ha interessato inizialmente la procura circondariale e poi, in parte, la procura distrettuale. Però il procedimento è stato già definito e trasmesso per competenza alla procura di La Spezia; di esso la Commissione, nel corso della legislatura precedente, è stata ampiamente resa edotta.
Circa i fenomeni che potrebbero in questo momento far pensare ad un’attività di questo genere, si è svolta un’indagine che ha riguardato una segnalazione secondo la quale alcune "carrette del mare" utilizzate per gli sbarchi clandestini avrebbero dovuto essere utilizzate nel viaggio di ritorno per lo smaltimento abusivo di rifiuti; l’indagine, sia perché è stata avviata in base ad una segnalazione anonima, sia per la difficoltà estrema di porre in essere un’attività d’indagine preventiva, non ha sortito un risultato concreto.
Un’altra segnalazione recentissima si è avuta sulla costa ionica, quando pochissimi mesi fa sono stati rinvenuti in un’area molto estesa (oltre 30 chilometri), che copre sia il circondario della procura di Reggio Calabria sia quello della procura di Locri, rifiuti di probabile origine ospedaliera; si è riscontrata la presenza di sacche di plasma, di siringhe usate, di aghi e altro genere di residui che hanno allarmato immediatamente le amministrazioni locali. C’è stato l’intervento del commissario straordinario che ha provveduto alla bonifica di alcuni siti; ora si tratta di risalire, sempre che ciò sia possibile, all’origine dei rifiuti, poiché l’ipotesi sulla quale in questo momento il collega titolare dell’indagine - che è partita da pochissimo, perché la segnalazione purtroppo è arrivata con un certo ritardo – è che si tratti di uno smaltimento a mare di rifiuti speciali. Non è esclusa l’ipotesi che si possa essere trattato di un versamento o di un imbrattamento "intelligente" perché nel rilievo delle fasce interessate si è riscontrato che alcune zone erano state colpite mentre altre no sulla stessa fascia litoranea. L’indagine è alle fasi iniziali.
PRESIDENTE. Un inquinamento selettivo.
MARIO ANDRIGO, Sostituto procuratore delegato dal procuratore distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Questa può essere una spiegazione.
Non ho altro da segnalare. Sono a disposizione per fornire eventuali ulteriori chiarimenti.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Neri, sostituto procuratore della Repubblica, delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria.
FRANCESCO NERI, Sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria. Porgo anche io al presidente e ai commissari il mio saluto personale e un ringraziamento da parte del procuratore generale, il quale mi ha delegato perché mi sono occupato di reati ambientali sin da quando ero pretore di Taurianova, allorché sequestrai tutti i frantoi della piana che scaricavano fenoli nel terreno ed inquinavano l’acqua, e oggi Gioia Tauro ha problemi di inquinamento dell’acqua. Le proroghe effettuate permettono agli agricoltori di continuare a scaricare in maniera abusiva nei torrenti, per cui ancora oggi c’è il problema dello scarico dei rifiuti dei frantoi. Questo è un aspetto, ma credo che il problema sia molto più ampio.
Bando agli allarmismi: non ce n’è bisogno, perché chiunque abbia un po’ coscienza di queste realtà sa benissimo che l’allarme cresce in relazione al rifiuto che viene trovato. La battaglia all’ecomafia o allo smaltimento illecito di rifiuti si può fare in due fasi: quella preventiva, cioè attuando delle normative che consentano alle autorità pubbliche (aziende ospedaliere, ASL, prefetture) il controllo della migrazione di rifiuti da un territorio o da una regione all’altra; quella repressiva, cioè individuando i siti, cercando di scoprire i responsabili e mettendoli in galera. Sia su un piano sia sull’altro la legislazione attuale è un completo fallimento, per il semplice motivo che i reati sono contravvenzionali e, come voi ben sapete, si prescrivono in quattro anni e mezzo, per cui, pur se identificato il responsabile, non si riesce nemmeno ad arrivare alla fase dell’udienza preliminare. Il danno è rimasto alla collettività perché quei soggetti non saranno perseguibili penalmente; civilmente non so cosa l’Avvocatura dello Stato riuscirà a pignorare. Una cosa è certa: una zona sarà stata devastata e, a seconda del rifiuto che sarà stato trovato, occorrerà bonificare con danni erariali inimmaginabili e ambientali a volte difficili da risolvere.
La situazione della Calabria è identica a quella di tutto il meridione. Sicuramente andrete in Campania e vedrete che il fenomeno dell’ecomafia vera e propria, cioè della camorra che ha gestito negli anni scorsi il traffico dei rifiuti, soprattutto industriali e tossici, è di una rilevanza tale che intere zone della regione, come quella di Pozzuoli, sono inquinate (ne hanno parlato i pentiti e sono agli atti della Commissione, di cui sono stato consulente, per cui ho seguito queste vicende).
Un fenomeno molto più allarmante è quello del trasferimento transfrontaliero dei rifiuti. E’ chiaro che abbiamo un fronte europeo e industrializzato da una parte ed uno non industrializzato dall’altra: la Calabria non è una regione industrializzata, come non lo sono la Basilicata, la Puglia e, in parte, la Campania. E’ chiaro che questo è territorio di conquista. Ora indubbiamente, da un punto di vista criminologico, è facile dire che la mafia controlla il territorio, e sappiamo bene che la forza centrale delle organizzazioni criminali al sud è proprio il controllo del territorio. Sta alle indagini verificare se questa occupazione abbia portato anche all’occultamento di siti. Però, ripeto, sul piano repressivo qualunque tipo di iniziativa mira a scoprire il sito e bonificarlo, perché allo stato attuale della legislazione penale qualunque iniziativa delle procure è destinata al totale fallimento, e non solo per i costi delle indagini. Cito un esempio: per verificare se vicino a un’industria chimica siano stati seppelliti rifiuti tossici o nocivi, per fare le trivellazioni occorrono centinaia di migliaia di euro. Quindi affinché il Ministero della giustizia dia l’autorizzare ad un PM per fare un’indagine così costosa occorrono uno o due anni e forse le indagini a quel punto saranno scadute; pertanto il nostro inquinatore l’avrà fatta franca. La situazione è questa, è inutile negarlo!
Quali sono le emergenze? Sono stato titolare, insieme con il dottor Scuderi che oggi dirige la distrettuale, di un’indagine – disponete di gran parte degli atti – sul cosiddetto inabissamento delle navi nella zona ionica. La popolazione è allarmata non solo per il clamore che allora ebbe l’indagine ma anche perché essa non ha dato grandi risultati: la nave più sospetta non è stata ritrovata. L’indagine è stata un fallimento nonostante fosse supportata da gravi indizi di colpevolezza in ordine all’esistenza delle holding che avevano organizzato lo smaltimento del deposito nucleare di Bratislava, con il coinvolgimento di alcuni apparati più o meno segreti del nostro e di altri Stati, di ministri di altri Stati che dovevano fornire i mezzi per l’evacuazione. Qualcuno mi ha detto che la presenza dei vulcani nella zona ionica (Stromboli e Etna) innalza la soglia dell’inquinamento radioattivo, nel senso che una cosa è misurare della sabbia o dell’acqua di mare vicino a vulcani o nella zona di loro influenza e cosa diversa è misurare la radioattività di fondo in altri siti: questa è una comoda copertura.
Svolgendo l’indagine mi chiesi perché la Calabria, perché le fosse dello Ionio. Una spiegazione scientifica c’è: la Calabria ha una situazione meteomarina particolare, perché morfologicamente e geologicamente la costa scende a picco sul mare, per cui i detriti che di anno in anno si depositano lungo il bordo del precipizio (quelli che portano le cosiddette fiumare) automaticamente creano una specie di valanga, definita tecnicamente "corrente di torbida", che porta i detriti sul fondo e copre tutto quello che c’è sotto. Quindi, la scelta del sito non era del tutto casuale, perché era scientificamente provato che quel sito era idoneo a coprire qualunque tipo di rifiuto. A distanza di anni – questo mi ha allarmato, nonostante la nave non sia stata trovata –, poiché dall’indagine risultava che la vicenda riguardava non solo l’affondamento delle navi con truffa all’assicurazione, ma anche l’immersione di interi container di rifiuti (non mi chiedete che tipo di rifiuti, perché l’indagine non ha consentito di scoprirlo), il fatto che il mare abbia vomitato a riva tutto quello che c’era sul fondo dimostra che qualcuno ha affondato i rifiuti ospedalieri ritenendo la discarica del mar Ionio idonea scientificamente.
Sul piano operativo, le forze dell’ordine si impegnano poco su questo fronte. Vi spiego perché: spendere soldi, energie, uomini per poi sentirsi dire che il reato si è prescritto non premia. Quindi è chiaro che urge – come è già stato detto alla precedente Commissione con il precedente Governo – l’approvazione del progetto di legge predisposto dal procuratore nazionale antimafia Vigna, che prevede le intercettazioni telefoniche ed ambientali, l’istituzione del reato di associazione finalizzata al traffico e all’occultamento di rifiuti e soprattutto la trasformazione del reato ambientale da contravvenzione a delitto. Senza queste premesse, tutto quello che verrà è, secondo me, ad alto rischio. Non dimentichiamo – è giusto dirlo – che ecologia non è solo inquinamento, ma può essere anche terrorismo. Questo è un campo che quell’indagine aveva aperto ma che non ebbe seguito (non so se il collega fece delle rogatorie internazionali o altro). Infatti, risultava che alcune di quelle navi, verosimilmente, invece di essere affondate, dato che contenevano rifiuti liquidi ad alta intensità, furono consegnate al Libano, all’Iran e all’Iraq; vi era traccia di questo nel processo, perché avevamo intercettato dei bonifici di 8 e 16 milioni di dollari che passavano dall’Iran alla Deutsch Bank. Non so che fine abbiamo fatto le rogatorie, però è chiaro che i paesi non nuclearizzati o che non hanno know how atomico erano, già negli anni passati, alla ricerca di materiale radioattivo. Voi sapete meglio di me che cosa è il materiale radioattivo: le centrali producono il plutonio che serve a fare le bombe atomiche; 5 chili di plutonio fanno la bomba più grande che esista in natura. Il traffico dei rifiuti liquidi delle centrali non ha solo un interesse come rifiuto, ma è anche una risorsa, se va in mano ad organizzazioni terroristiche o a paesi che vogliono destabilizzare certe zone. Ricordo che nell’indagine il primo a farsi vivo fu il servizio segreto israeliano, il Mossad, che mi garantì che nessuno mi avrebbe ammazzato perché l’indagine serviva anche a loro per scoprire se effettivamente i rifiuti nucleari arrivassero a paesi come il Libano, l’Iran o l’Iraq; era infatti possibile che, invece di affondare le navi, i rifiuti fossero stati venduti a nazioni che avevano bisogno di quei materiali.
Se verranno accertati depositi abusivi o meno di materiale nucleare anche sul nostro territorio, così come l’indagine prevedeva, i rischi evidentemente non sono solo per la popolazione ma riguardano anche attentati terroristici. Sappiamo bene che se queste organizzazioni dovessero sapere dove sono questi siti, ufficiali o ufficiosi, vi sarebbe un pericolo ulteriore.
Quindi, i fronti sono diversi ed amplissimi. Quando si parla di rifiuti, non bisogna averne un concetto soltanto negativo, ma vanno considerati anche come una merce di scambio preziosa in grado di produrre, a livello della droga, vantaggi economici a chi se ne occupa di enorme rilievo.
E’ chiaro che noi magistrati dobbiamo non solo parlare per teoremi, ma soprattutto darvi risultati, che però sarà difficile ottenere – lo ribadisco con forza – finché non ci sarà una normativa preventiva adeguata: avere abrogato ogni controllo sul transito e sui registri dei rifiuti prodotti significa che le istituzioni, qualunque esse siano, non sono in grado di dirci quanto l’industria o le centrali producano e dove i rifiuti vadano a finire. Se non sappiamo quanti ce ne sono in casa, non possiamo sapere quanti ne siano usciti e dove siano stati stoccati. Questo è stato un errore legislativo incredibile, che ha dato carta bianca a qualunque tipo di organizzazione voglia occuparsi di questo settore. Sul piano repressivo, insisto affinché il Parlamento, al più presto, si renda conto della situazione. E’ inutile dire che non c’è emergenza se poi non si possono svolgere le indagini, che costano moltissimo. Tutti conosciamo le difficoltà: è veramente assurdo andare a scoprire il sito inquinato, iscriverlo a carico di ignoti e fare spendere alla collettività soldi per bonificarlo. Anche questo è giusto, ma è ingiusto che chi ha commesso un crimine così grave non debba pagare anche penalmente.
MICHELE VIANELLO. Un dato accomuna le osservazioni fatte da voi oggi e quelle degli amministratori che abbiamo ascoltato questa mattina: un tentativo di normalizzazione, uscendo dal commissariamento, e contemporaneamente il perdurare di discariche abusive, nonostante esista il piano. E’ un residuo legato ad un antico costume quello di guadagnare qualche lira sul trasporto, fermarsi per strada invece di arrivare alla discarica regolare, oppure ci sono organizzazioni criminali che controllano questi passaggi? Da un lato si chiede la fine del commissariamento e si dice che la situazione si avvia alla normalizzazione e dall’altro, se perdurano attività criminali che usano le vecchie discariche chiuse o che dovrebbero essere abbandonate, la situazione è ancora preoccupante.
La seconda questione riguarda la Calabria, ma anche molta parte dell’Italia: il caso di Pertusola è uno di quelli di aree sfruttate dal punto di vista industriale, pesantemente inquinate e poi abbandonate, lasciando il tutto alla collettività. Comincia però ad esserci qualche esempio interessante: non è finito bene il lodo Stato-Montedison su Marghera, però è un primo esempio del fatto che chi ha inquinato deve pagare. Si può cominciare a pensare che anche in luoghi come Pertusola si aprano procedimenti giudiziari da parte dello Stato, che si è costituito parte civile, che possano portare ad un cospicuo versamento di denaro da parte di chi ha inquinato. Altrimenti il principio "chi inquina paga" non può essere attuato.
LOREDANA DE PETRIS. Abbiamo avuto dall’ufficio del commissario i dati relativi alla chiusura delle discariche. Al momento del commissariamento nella regione Calabria vi erano 530 discariche, un po’ abusive, un po’ autorizzate dall’articolo 13. Dalle vostre dichiarazioni emerge che moltissime di queste discariche continuano ad essere attive. Non ho ben compreso se questo fatto sia stato opportunamente segnalato all’ufficio del commissario – nella relazione di oggi questi elementi non comparivano affatto – e se all’interno di queste discariche siano stati effettuati sequestri, magari di rifiuti pericolosi o tossici.
PRESIDENTE. Mi interesserebbe comprendere se la norma approvata in coda alla legislatura trascorsa (mi riferisco all’articolo 52-bis del decreto Ronchi, che definisce meglio il traffico di rifiuti e inasprisce le pene) rappresenti uno strumento utilizzato e in che misura abbia prodotto effetti.
L’Istituto nazionale di geofisica, che sarà audito dalla nostra Commissione nelle prossime settimane, ha già fornito del materiale su uno strumento di indagine straordinario che alcune procure hanno già utilizzato a bassissimo costo che consente di verificare in modo non invasivo smottamenti e soprattutto cavità non naturali che siano state realizzate al fine di occultare materiali di risulta, rifiuti e quant’altro.
BRUNO GIORDANO, Procuratore aggiunto della Repubblica del tribunale di Palmi. Mi sono limitato a fornire dei dati, un po’ per deformazione professionale, un po’ perché ho voluto evitare di addentrarmi in un’analisi che non potevo supportare con circostanze di fatto obiettive.
Completo il discorso del collega Neri: l’articolo 53-bis introdotto dalla legge del marzo 2001 non solo ha notevolmente elevato il limite di pena ma ha trasformato da contravvenzione in delitto una determinata categoria di reati, attribuendo delle pene da 3 a 8 anni e consentendo le intercettazioni ambientali e telefoniche; pertanto, uno strumento operativo sia pure recentissimo esiste. Questa mia affermazione si inserisce nella cornice generale che in Italia contrappone la linea di demarcazione dei poteri dello Stato. L’ufficio di procura può monitorare tutto il territorio e stabilire in astratto, preventivamente, senza un procedimento penale che giustifichi anche questo esercizio di spesa, quali siano i siti atti per i depositi e quali quelli non idonei? Queste spese nell’ambito di quale processo vanno iscritte e chi le paga? Fare della sociologia o discorsi di carattere generale è bello, ma l’ufficio di procura è legato alla notitia criminis e noi ci riferiamo ad un tipo di investigazione preventiva, cioè senza la notitia criminis, che comporterebbe delle spese elevatissime. La prima domanda che mi permetto di rivolgere alla Commissione è la seguente: questo è tecnicamente possibile? Chi pagherà le spese? In secondo luogo, per quanto riguarda le risorse in loco, ho parlato di piccole entità, ma poi sono i mattoni che fanno la casa: quindi, tante piccole fonti di inquinamento finiscono con l’essere generalmente perniciose per il territorio su cui insistono. Anche su questo piano, il collega Neri ha detto di aver sequestrato tutti i frantoi, e allora io mi pongo un problema: il tipo di iniziativa che il collega ha ritenuto di dovere espletare nell’esercizio delle sue funzioni in che termini incide su un tessuto economico già fortemente penalizzato?
Passiamo ora alle attività di risarcimento dello Stato. Un frantoio che non ha le risorse (nella maggior parte dei casi si tratta di piccole iniziative commerciali e imprenditoriali) inquina perché i costi per essere efficienti e concorrenziali sono elevatissimi. Spesso si tratta di iniziative che durano tre o quattro anni e finiscono col naufragare. Queste forme di inquinamento, in definitiva, sono dettate più dalla necessità che da una cultura dell’inquinamento. Anche qui devo contestare, senza voler polemizzare con nessuno: prima di parlare dell’inquinamento delle nostre fiumare andiamo a vedere quello che ha portato il Po in Adriatico, così a proposito della cultura dell’inquinamento o del non inquinamento ci sediamo tutti intorno ad un tavolo e ne discutiamo in maniera paritaria.
Abbiamo accertato e accertiamo quotidianamente delle forme di inquinamento (ho fornito un elenco di dati statistici che raggruppano alcune centinaia di procedimenti esistenti), ma il mio interrogativo è il seguente: siamo autorizzati a svolgere un’inchiesta amministrativa preventiva per stabilire il tipo di territorio, la qualità delle cavità e individuare in astratto i posti in cui sia possibile inserire eventuali sostanze inquinanti, senza una notizia di reato che giustifichi questo tipo di iniziativa e le spese correlative? Se dovrò farlo lo farò, ma a condizione di sottoporre al ministero un quesito per sapere chi pagherà.
Non abbiamo tracce di una circolazione dei rifiuti particolarmente pericolosi né di altra natura. E’ in corso un unico processo a Palmi che prevede otto imputati e che purtroppo è stato istruito prima che entrasse in vigore l’articolo 53-bis; si tratta cioè di reati contravvenzionali che, come diceva il collega, sono in corso di prescrizione. Esso concerne alcune ferriere o centri siderurgici del bresciano che, invece di smaltire nelle forme ordinarie questi rifiuti che erano relativamente tossici, si erano messi d’accordo con una ditta di Gioia Tauro che li aveva riciclati facendone dei laterizi, che servivano anche a costruire forni per pizze.
Da accertamenti effettuati sembra che il livello di pericolosità di questo tipo di riciclaggio fosse molto relativo: in altre parole, se si fosse andati tutti i giorni a mangiare la pizza cotta in quei forni si sarebbero potuti accusare nel giro di un anno alcuni disturbi gastrici, ma niente di più.
Non abbiamo notizia che nel territorio di Gioia Tauro esistano rifiuti di questa natura, o che vi sia un traffico organizzato che abbia consentito di utilizzare il territorio per costruire discariche abusive. Come accertiamo l’astratta idoneità del territorio ad essere depositario di tali situazioni? Chiedo scusa se probabilmente ho indugiato più del consentito su questo argomento ma ho voluto a mia volta rispondere in forma interrogativa, perché o operiamo una rassegna di dati di fatto e di elementi obiettivi oppure ci addentriamo in una analisi sociologica come uffici di procura ed allora ci troviamo di fronte ad una serie di interrogativi che mi sembra doveroso porre perché si tratta di spese, di energie disperse e dell’attuale assenza di notizie di reato in relazione alla presenza di un grosso circuito di riciclaggio dei rifiuti in zona.
PRESIDENTE. Ovviamente a noi interessano atti e fatti specifici dai quali poi trarre una conoscenza del fenomeno complessivo.
FRANCESCO NERI, Sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria. Concordo pienamente con quanto detto dal collega Giordano. Non penso che un procuratore inizierebbe un procedimento costoso senza avere una notizia di reato. E’ anche ovvio che il monitoraggio preventivo non spetta alle procure; si tratta di un compito specifico delle ASL. Esistono i PMP che hanno proprio questo compito; c’è anche un osservatorio regionale e c’era l’ANPA, che non so se sia stata trasformata. La Commissione a mio avviso dovrebbe fornire uno stimolo per essere aggiornata sui dati a livello preventivo dei rifiuti da parte di questi enti che ho citato.
E’ vero che è stata introdotta la norma prima citata, ma essa riguarda solo il traffico e non lo smaltimento. Forse non sono stato chiaro: il problema non riguarda solo il traffico che possiamo controllare a livello internazionale e che è quello che più preoccupa, ma anche e soprattutto la discarica a livello interregionale, su cui occorrerebbe incidere maggiormente. La notizia di reato di solito non precede il danno ambientale: si trova la discarica e ciò costituisce la notizia di reato. Occorrerebbe invece disporre degli strumenti preventivi di informazione in modo che le procure possano acquisire prima la notizia di reato. Un accertamento compiuto da una ASL che segnali un innalzamento dei picchi di radioattività o una tossicità nell’acqua per fenoli o altre sostanze inquinanti rappresenterebbe una notizia di reato. Ma è chiaro che non può essere la procura ad inviare i carabinieri ad effettuare preventivamente i prelievi; deve essere un altro organo dello Stato – questo credo intendesse dire il collega – a fornirci il supporto perché, come avevo premesso, questi accertamenti costano moltissimo.
Vorrei rispondere all’onorevole Vianello sul tema della normalizzazione. Con questo termine si intende il fatto che si sono bonificati i siti, che si sono costruiti gli inceneritori, che i comuni sono riusciti ad attuare pienamente la raccolta differenziata? Non credo che la regione Calabria abbia per ora raggiunto questi obiettivi, anche se speriamo di farlo; non ritengo che la raccolta differenziata sia attuata in modo ottimale, perché evitare la discarica significa riciclare il prodotto, ma non penso che la Calabria sia all’avanguardia sotto questo punto di vista. Parlare di "normalizzazione" in questa situazione mi sembra quindi un po’ azzardato: è un’opinione personale e non dispongo dei dati per fornirvi risposte precise. Mi risulta che in altre regioni, più avanzate della nostra (come la Toscana o l’Emilia Romagna) anche la raccolta differenziata abbia creato problemi. La difficoltà sta a monte, come prevede la legge Ronchi, cioè nel creare contenitori che siano facilmente riciclabili e che i relativi costi non siano eccessivi rispetto a quanto si vuole ottenere. Ad esempio, la Germania ha tanta carta da potercela dare gratis: le nostre cartiere producono carta senza bisogno di abbattere gli alberi in Colombia. Insomma, dipende anche dal tipo di raccolta differenziata posta in essere; per quanto riguarda la plastica, la situazione è drammatica ed il mare è inquinato da questo materiale.
Per quanto riguarda il controllo delle discariche, bisogna intendersi se parliamo di discariche abusive accertate e censite dal commissario, di discariche abusive pure e semplici, o di discariche non scoperte.
LOREDANA DE PETRIS. Al momento della nomina del commissario (1997) il primo censimento effettuato dal suo ufficio parlava di più o meno 530 discariche, molte delle quali autorizzate dai sindaci in via di urgenza. Questa mattina abbiamo sentito che quelle 530 discariche sono state chiuse e che ne esistono 10 autorizzate. Nell’audizione del procuratore distrettuale è stato detto che molte fra queste discariche sono state formalmente chiuse ma continuano ad essere oggetto di conferimenti abusivi di rifiuti, soprattutto di quelli inerti.
Vorrei chiedervi se, a parte questo caso, siano mai stati portati a vostra conoscenza dagli investigatori elementi significativi oppure siano stati sequestrati rifiuti particolari: ripeto che mi riferisco a quelle 530 discariche che ho citato.
ALFREDO LAUDONIO, Sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. Sì, sono stati sequestrati e continuano ad essere sequestrati; trattandosi di reati contravvenzionali, che poi riguardano discariche esistenti, i comuni richiedono adeguamenti, recinzioni e così via per poter continuare a smaltire i rifiuti anche consorziandosi. Mi pare evidente che 8 discariche in tutta la regione (di cui non conosco la dimensione né la collocazione) non possano essere sufficienti a far fronte alle esigenze di smaltimento.
OSVALDO NAPOLI. Io le riporto quanto detto dalle autorità che abbiamo ascoltato questa mattina: le 10 discariche autorizzate coprono bene il territorio.
DONATO PIGLIONICA. Credo che le 10 discariche rimarranno tali solo se il ciclo integrato funzionerà, nel senso che in discarica entreranno solo il 40 o il 30 per cento dei rifiuti e, dopo l’entrata in funzione dei termovalorizzatori, il 15 per cento.
ALFREDO LAUDONIO, Sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. Indubbiamente, almeno nel mio territorio, vengono sequestrati siti adibiti a discariche, anche se in misura inferiore rispetto al passato.
LOREDANA DE PETRIS. Anche di rifiuti pericolosi?
ALFREDO LAUDONIO, Sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. No, si tratta di rifiuti urbani generici. Devo dire anche che la raccolta gestita in forme nuove che vedono la presenza di società a partecipazione più o meno pubblica dà maggiore affidabilità.
DOMENICO PUDIA, Procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. Per quanto riguarda l’attività della magistratura, è inutile che ripeta che noi siamo recettori di notizie e quindi non possiamo operare in via preventiva, e tanto meno possiamo effettuare un monitoraggio delle discariche esistenti o dei territori eventualmente idonei a fungere da discariche clandestine. Non solo non abbiamo la possibilità economica, ma non disponiamo neanche della competenza per farlo.
Quanto al numero delle discariche, l’onorevole Napoli riferiva che si è parlato di 10 di esse; anche 8 potrebbero bastare. La Calabria ha più o meno 2 milioni di abitanti; la discarica di Catanzaro serve un bacino di utenza di 220 mila abitanti.
OSVALDO NAPOLI. Le persone che abbiamo ascoltato questa mattina hanno affermato che 10 discariche coprono bene il territorio ed il servizio.
DOMENICO PUDIA, Procuratore generale della Repubblica di Catanzaro. Non intendevo assolutamente contestare quello che diceva; possono bastare anche 8 discariche, purché non siano come quella di Alli, che funziona al 30 per cento delle sue potenzialità ed in cui esiste una macchina che dovrebbe procedere ad una cernita dei rifiuti che non ha mai funzionato. Questo è il problema: altrimenti costruiamo le solite cattedrali nel deserto che non servono a nulla. Se si effettua un’opera, deve essere efficiente; altrimenti è meglio non farla.
Secondo me uno degli strumenti per una reale bonifica del territorio è costituito da una raccolta differenziata, anche perché è redditizia per chi la effettua. Sappiamo che in Campania si pagano i tedeschi affinché ricevano parte dei rifiuti solidi urbani: perché non realizzare opere in loco? Il territorio calabrese si presterebbe a tale scopo; si creerebbero posti di lavoro, fonti di energia e si darebbe vita ad un imponente indotto. So che tutto ciò non riguarda la magistratura: è un semplice suggerimento che avanzo per la normalizzazione della situazione.
FRANCESCO NERI, Sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria. Riallacciandomi a quanto diceva il procuratore generale, faccio presente una novità. In questo momento in procura generale viviamo un grande problema. Sapete che la costa ionica e parte del reggino è interessata dallo sbarco clandestino di immigrati. Al di là delle fasi di accoglienza, del rimpatrio e della repressione del fenomeno, occorre considerare l’inquinamento causato da queste "carrette del mare". Esse vanno bonificate, costituiscono rifiuti speciali e devono essere inviate in discarica; il Governo si è addirittura fatto carico, con la legge finanziaria, di predisporre fondi speciali per consentire alle procure interessate e alle altre autorità coinvolte (parlo delle ASL e dei sindaci) di smaltire queste imbarcazioni. A volte si tratta di vere e proprie navi. La capitaneria di porto è in panne perché gestire gli appalti per la rottamazione è difficilissimo.
Il comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria ci ha fatto presente – e noi a nostra volta stiamo inviando una comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri perché la normativa ha previsto, indipendentemente dal procedimento penale in corso, una competenza in materia – la difficoltà di sanare una situazione di degrado ambientale e soprattutto di inquinamento. I sindaci, ai quali il comandante della capitaneria di porto si è rivolto, non hanno i soldi per bonificare e smaltire i rifiuti lasciati dai clandestini nelle navi. Gestire le bonifiche è quindi molto difficile: figuratevi cosa voglia dire operare su discariche che hanno funzionato per decenni. Non so come siano state bonificate o chiuse, ma anche quello potrebbe rappresentare un fronte non troppo "pacifico".
GAETANO PASCARELLA. Vorrei fare una breve considerazione di carattere generale. In Calabria, come in altre regioni, si è avvertita la necessità di commissariare questo settore. Nelle regioni in cui si sono verificati ritardi di carattere amministrativo si sono avute notizie di reati che hanno allertato le procure di quei territori e si è giunti ad evidenziare l’esistenza di varie forme di illegalità.
A mio avviso nel campo dei rifiuti c’è un livello di illegalità diffuso in tutto il paese e quindi non solo nelle regioni in cui si è verificato tale ritardo amministrativo. Sono anche convinto però che le autonomie che agiscono sui territori abbiano obiettivi da raggiungere fino in fondo. Stamane abbiamo avuto modo di apprendere sia dal presidente della giunta regionale sia dai subcommissari governativi di questa regione che il processo di normalizzazione era quasi completo, cioè che era pronta la pianificazione per giungere al ciclo integrato dei rifiuti, che già oggi è possibile utilizzare una parte di quest’ultimo, cioè le discariche, il che consente di raggiungere obiettivi quali l’aumento della raccolta differenziata, e che, tranne casi isolati, non si riscontra una presenza della criminalità organizzata nel trasporto e nello smaltimento dei rifiuti.
D’altro canto, da parte vostra – che avete la competenza sul controllo del territorio – ho appreso che in Calabria non accade ciò che si verifica invece dalle mie parti in termini di presenza nelle campagne di discariche di pneumatici, di rifiuti costituiti da indumenti che hanno occupato interi moggi di terreno, eccetera. Questa regione, da tale versante, può quindi ritenersi fortunata perché lo smaltimento a carico degli enti locali, se non vi è il coinvolgimento delle prefetture e dei commissariati – cioè della regione – comporta un ulteriore depauperamento delle risorse degli enti locali medesimi. Vi siete invece soffermati sui problemi del vostro territorio, collegati al trasporto dei clandestini in Italia e sul riutilizzo di queste navi per il commercio e la trasformazione di armi pericolose.
Suppongo inoltre – ma dovremo verificarlo stasera – che non siano in corso iniziative dell’autorità responsabile dei controlli e del monitoraggio ambientale del territorio, cioè l’ARPA. Sicuramente – anche per i tempi che tale organismo ha avuto a disposizione – non vi sono stati risultati significativi per quanto riguarda l’acquisizione di tecnologie che potessero consentire una migliore conoscenza del territorio.
Dobbiamo quindi assumere che esiste una pianificazione – che è l’aspetto più significativo dal punto di vista della politica amministrativa – che va avanti, ma che vi sono anche dei rischi soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, almeno potenziali, perché non supportati da dati. Ci avete infatti confermato che non avete notizie che vi facciano pensare che la criminalità organizzata sia interessata a questo settore…
PRESIDENTE. Non esistono fatti specifici!
FRANCESCO NERI, Sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria. Il collega Andrigo ha parlato di indagini in corso sul traffico dei rifiuti: vedremo i risultati.
GAETANO PASCARELLA. Io non parlavo di episodi specifici perché, come ho detto prima, è possibile che in questo settore vi siano atti di delinquenza dalle Alpi alla Sicilia; parlavo del fenomeno nella sua generalità e dicevo che complessivamente possiamo ritenere che non vi sia un chiaro interesse delle famiglie che fanno parte della criminalità organizzata di questo territorio rispetto al settore di cui ci interessiamo.
Ho letto un dato contenuto nella relazione di questa Commissione della scorsa legislatura su cui ho riflettuto: si riportava che nel 1998 e nel 1999 si smaltivano circa 700 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani. Questa mattina abbiamo appreso che il dato si avvicina al milione di tonnellate. Considero quindi fisiologico lo sversatoio nella strada dedicata a Corrado Alvaro: oggi potrebbe essere utile il telecontrollo, che prima non esisteva. Il sindaco dovrebbe emettere una delibera per poter ottenere dalla regione un piccolo contributo allo scopo di controllare quell’area.
Considerando che siamo nettamente al di sopra della media nazionale per quanto concerne la produzione pro capite di rifiuti urbani quotidiana, credo che gli organi inquirenti potrebbero attivare un certo interesse in materia. Mentre in precedenza la preoccupazione era che non tutto venisse portato in discarica, oggi il problema potrebbe essere che si dichiara di portare in discarica più di quanto si conferisce realmente.
FRANCESCO NERI, Sostituto procuratore generale della Repubblica delegato dal procuratore generale di Reggio Calabria. Condivido la sua preoccupazione ma noi abbiamo bisogno di una notizia di reato, per cui il circolo si fa vizioso.
GAETANO PASCARELLA. Nella mia esperienza di amministratore locale ho incontrato difficoltà perché le prefetture – divenute organi di commissariamento – potevano autorizzare l’utilizzo di camion per il trasporto dei rifiuti solidi urbani. Si può però tranquillamente effettuare un calcolo a campione del numero dei camion che vanno a discarica e della quantità che ciascuno di essi trasporta normalmente. Questi controlli possono rientrare nella routine; il semplice controllo cartaceo, senza mettere uomini sulla strada, potrebbe portare a certe conclusioni: questa è la mia esperienza.
ALFREDO LAUDONIO, Sostituto procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. L’attività del pubblico ministero segue normalmente la commissione di un reato; ciò non toglie che spesso di propria iniziativa – unitamente alle forze di polizia giudiziaria – l’inquirente, intravedendo ipotesi di reato da accertare, può intervenire. Sicuramente questa strada viene perseguita non solo dal pubblico ministero ma anche dalle forze di polizia, che sentirete successivamente e che potranno darvi indicazioni su scala regionale delle discariche sequestrate – per rispondere alla domanda della senatrice De Petris – in particolare con riferimento alla Guardia di finanza e al NOE dei carabinieri.
I pubblici ministeri, nell’ambito delle loro competenze, effettuano un tipo di accertamento su ipotesi di reato quali quelle che il senatore Pascarella ha evidenziato.
PRESIDENTE. Vi ringrazio per la collaborazione offerta a questa Commissione e avremo sicuramente ulteriori occasioni per approfondire questi temi alla luce delle indicazioni che ci avete offerto che saranno oggetto di ulteriori valutazioni e discussioni.
Incontro con il comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria.
PRESIDENTE. Ringrazio per la sua presenza il generale Domenico Achille, comandante regionale per la Calabria della Guardia di finanza, al quale chiediamo di fornirci ogni possibile elemento utile per comprendere il fenomeno del ciclo integrato dei rifiuti, le possibili connessioni con la criminalità organizzata, gli aspetti critici e le esigenze anche di modifica normativa che emergono dalla sua esperienza.
DOMENICO ACHILLE, Comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria. Anzitutto desidero ringraziare lei e tutti i componenti della Commissione.
Non ho particolari elementi di dettaglio da fornire nel senso che lei mi chiedeva. Posso semplicemente dire che nel quadro più generale della tutela dell'ambiente la Guardia di finanza destina a tale scopo una considerevole quota di risorse. Ciò si concretizza in un’attività di monitoraggio degli ambiti territoriali, sviluppata prevalentemente dalla componente aeronavale, in sinergia con i reparti territoriali.
Ciascun comando regionale ha una componente aeronavale che si articola su una sezione aerea, una stazione navale, due o più sezioni operative e navali e delle squadriglie navali. Durante queste ricognizioni aeree, che possono costituire un osservatorio privilegiato dei fenomeni che si verificano a terra, facendo poi convergere sul luogo i reparti navali o territoriali, sono state sviluppate una serie di attività anche su territorio calabrese.
Ho acquisito alcuni dati relativi all’ultimo triennio. Sono stati eseguiti 430 interventi nel triennio 2000-2002 che hanno consentito di procedere al sequestro di varie discariche. Occorre intendersi però sulla dimensione del fenomeno. Nel momento in cui c’è un impiego operativo di risorse si rileva l’episodio che ha portato al sequestro di un’area più o meno ampia e alla segnalazione all’autorità giudiziaria di uno o più soggetti. Di questi 430 interventi, abbiamo operato 160 interventi nel 2000 pervenendo al sequestro di 37 discariche più o meno estese; sono state sequestrate aree demaniali ed immobili e sono stati denunciati a vario titolo – prevalentemente a piede libero – vari responsabili, tra cui anche amministratori locali in ragione dell’obbligo di vigilanza che loro competeva oppure per responsabilità che sono state rilevate.
Nel 2001 gli interventi sono stati 184 e le discariche sottoposte a sequestro sono state 36. Nei primi mesi di quest’anno sono stati operati 86 interventi ed effettuati 10 sequestri di discariche. Inoltre, nel corso del 2000, in attuazione di uno specifico programma stabilito a livello di comando generale nel contesto di un’analisi delle implicazioni patrimoniali e tributarie di soggetti appartenenti a organizzazioni criminali, abbiamo avviato una serie di attività di polizia tributaria nei confronti di vari soggetti verso i quali si aveva motivo di ritenere che potessero emergere dati più significativi.
Quanto al comando regionale della Calabria, esso è stato interessato a 12 verifiche, che hanno consentito l’accertamento di cospicue violazioni in termini fiscali ma non di acquisire elementi di collegamento, all’epoca dei fatti (parliamo del 2000), in ordine alla gestione di possibili traffici illeciti da parte di organizzazioni criminali di stampo mafioso o similare.
Ho con me un elenco di sequestri che fanno riferimento ai dati numerici appena tratteggiati che possono significare molto ma al tempo stesso possono ridursi ad una mera elencazione: ad esempio, il sequestro di una vasca di lagunaggio nei pressi del depuratore di Cropani o quello di due depuratori non funzionanti che attraverso tubi sotterranei riversavano liquami non trattati in area demaniale, con la conseguente denuncia di tre soggetti. Vi sono poi una serie di attività che riguardano i vari ambiti terrritoriali delle provincie calabresi: sono in posseso di dati relativi a Catanzaro, a Cosenza, a Crotone, a Reggio Calabria.
Per quanto mi è stato possibile constatare, queste attività sono state sviluppate in maniera pressoché omogenea, pur tenendo conto delle risorse impegnate sul territorio. Il personale di cui disponiamo nei comandi operativi è stato definito a livello centrale e quindi in relazione alle dotazioni organiche, che sono ben individuate e trovano collocazione nelle leggi di bilancio, la ripartizione su tutto il territorio nazionale è stato frutto di una decisione a livello centrale. In Calabria siamo 2.700 persone e svolgiamo tutti i compiti che fanno normalmente capo all’istituzione, dall’attività tributaria a quella extratributaria, dal controllo del territorio alla lotta alla criminalità organizzata, dal traffico degli stupefacenti all’immigrazione clandestina.
Questa attività viene sviluppata in presenza di indirizzi, di indicazioni, di filoni investigativi. Le ricognizioni aeree, ad esempio, consentono attraverso il rilevamento del sito oggetto di un determinato fenomeno l’intervento del reparto a terra e quindi le investigazioni successive per risalire a chi ha organizzato la discarica abusiva. Si tratta infatti, per quello che vedo, soprattutto di questo: c’è Amantea, Paola, Scalea, Cosenza, Rossano, Montegiordano, Castrovillari. Parliamo comunque sempre di discariche abusive di circa 10 mila metri quadri, con 300 mila chilogrammi di rifiuti; si verifica la denuncia di un responsabile, il sequestro di immobili con copertura in Eternit: si tratta di contesti operativi che come collocazione concettuale rientrano nell’ambito dell’inquinamento e dell’attività di tutela dell’ambiente.
Vi è poi un’attività svolta dal gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata del nucleo regionale della polizia tributaria di Catanzaro e dal GICO, collocato nell’ambito del comando provinciale di Reggio Calabria, che può essere ricondotta a fenomeni associativi di tipo mafioso; ma tali attività, per la specificità del reparto che le deve eseguire, partono normalmente da indirizzi forniti dall’autorità giudiziaria. A Catanzaro abbiamo avviato in passato un paio di indagini per le quali si sta procedendo d’intesa con l’autorità giudiziaria. Stiamo acquisendo la documentazione sulla base dei conferimenti effettuati dai vari soggetti che hanno operato in quelle discariche. E’ stata nominata una commissione di tecnici, che acquisisce gli atti relativi ai conferimenti per valutare se si tratti di prodotti che potevano essere conferiti o meno, nel senso che questi ultimi dovevano essere trattati prima del loro trasporto in discarica.
Non dispongo di altri elementi per definire il fenomeno nella sua interezza. Se vi fossero richieste specifiche potrei documentarmi, anche perché la mia permanenza in Calabria risale ad un anno fa, mentre prima operavo presso il comando regionale del Lazio.
DONATO PIGLIONICA. Vorrei chiedere al generale Achille se le discariche sequestrate contenevano rifiuti solidi urbani oppure di natura industriale; la seconda domanda è se vi sia mai capitato di verificare il coinvolgimento in smaltimenti illeciti di soggetti che gestiscono imprese di smaltimento. In Puglia in questi giorni è accaduto che lo smaltimento illecito sul territorio della Murgia, nella zona di Santeramo era effettuato da aziende che si occupavano di smaltimento di rifiuti industriali.
DOMENICO ACHILLE, Comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria. Fra i dati che ho a portata di mano – ferma restando la possibilità di acquisire qualche ulteriore elemento di dettaglio – credo che queste ipotesi siano presenti. I dati di cui sono in possesso infatti non si riferiscono solo ai rifiuti solidi urbani ma anche, ad esempio, al sequestro di una cava abusiva, di un'area all'interno della quale sono stati scaricati rifiuti speciali ferrosi, eccetera. Come ho detto, gli interventi sono stati 430 e hanno riguardato oltre 70 discariche: si va dallo scarico di calcinacci all’immissione di acque reflue in zone in cui ciò non è consentito. Probabilmente si verificherà anche il caso di conferimento di prodotti da parte di aziende che avrebbero dovuto smaltire determinati rifiuti in aree diverse da quelle apposite oppure casi di aziende con concessioni scadute. Non posso tuttavia trarre elementi di dettaglio precisi da quanto sono in possesso in questo momento.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Constatiamo che la Guardia di finanza è molto sensibile verso il problema della tutela dell’ambiente e prendiamo atto degli interventi compiuti e del sequestro delle varie discariche.
Vorrei però chiederle se si è mai pensato di verificare se queste discariche fossero state create volontariamente o meno da cittadini oppure se si potesse ravvisare l’intervento di organizzazioni criminali anche di tipo mafioso. Molte discariche abusive possono essere create dai cittadini perché in Calabria non esiste una discarica in grado di raccogliere il materiale di risulta delle costruzioni demolite, per cui esso viene buttato sugli argini dei fiumi o altrove senza che vi sia l’intervento di alcuna organizzazione mafiosa: il fenomeno dipende solo dall’impossibilità di portare quel materiale in una discarica pubblica.
DOMENICO ACHILLE, Comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria. L’indagine effettuata nel 2000 aveva probabilmente a monte proprio l’esigenza di verificare se fosse possibile rilevare questo fenomeno attraverso l’individuazione di determinati soggetti che si potessero ritenere in qualche modo collegati con la criminalità locale ed interessati alla gestione di un traffico inteso in senso lato, nonché attraverso l’analisi patrimoniale del soggetto. Secondo gli elementi a suo tempo comunicati all’esito di questa attività, sono stati rilevati cospicui redditi non dichiarati, sottratti a tassazione; ma da questo non si è potuto certo affermare l’esistenza di un’associazione finalizzata a gestire una discarica abusiva, nel senso più tradizionale e completo dell’espressione.
Nella maggior parte dei casi troviamo il frigorifero gettato nell’alveo del fiume o la lavatrice che non funziona; non voglio banalizzare il servizio condotto dai miei militari, perché la discarica di copertoni che non si sa come smaltire è abusiva; le aree sottoposte a sequestro, i pubblici amministratori che sono stati denunziati sono i sindaci di vari comuni più o meno interessati…
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Non vorrei che fosse soltanto una denuncia continua contro i sindaci.
DOMENICO ACHILLE, Comandante regionale della Guardia di finanza della Calabria. Non solo nei confronti dei sindaci. Purtroppo è un fenomeno che si è fermato a quel punto, senza consentirci di fare il passaggio ulteriore che sarebbe stato logico e che pure ha stuzzicato la fantasia degli investigatori cioè vedere se per caso dietro la discarica di copertoni o dietro un punto di raccolta di calcinacci vi potesse essere un interesse dell’organizzazione criminale. Questo purtroppo attualmente non sono nelle condizioni di dirlo.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale Achille, manifestandogli la nostra gratitudine per le notizie che ci ha offerto, anche alla luce delle attestazioni di forte stima nei confronti della Guardia di finanza che sono venute quest’oggi dal fronte della magistratura. Avremo sicuramente modo in altre occasioni di utilizzare nuovamente le professionalità acquisite per metterle in campo in modo che siano per noi stimolo per ulteriori valutazioni.
Incontro con il capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria.
PRESIDENTE. Ringrazio il colonnello Mauceri, capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria, il tenente Russo, comandante di sezione del NOE di Napoli, che copre l’intera Italia meridionale, il maresciallo capo Giampà, del NOE della Calabria, per aver accolto il nostro invito.
La nostra Commissione vuole acquisire elementi specifici tesi alla comprensione di un fenomeno e alla necessaria fotografia della vicenda ma è anche interessata ad avere un quadro più completo dell’intera fenomenologia regionale, per una valutazione anche dal punto di vista normativo di ulteriori emergenze ed esigenze.
Oggi sono emersi utili spunti; sono venuti fuori un quadro di luci e di ombre di un’apparente normalità e, allo stesso tempo, legittime e forti perplessità sul fatto che, al di là di questa apparente normalità ed in assenza di notitiae criminis, esista una realtà criminale di spessore e di rilievo.
A tale proposito, ci interessa molto capire se in questo settore vi siano connessioni con la criminalità organizzata e se il fenomeno sia in ascesa; in sostanza, vorremmo un panorama dal vostro privilegiatissimo osservatorio, che ci consenta di acquisire ulteriori elementi ai fini della comprensione totale della vicenda.
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. La mia carica di capo di stato maggiore mi mette nelle condizioni di svolgere un’attività soprattutto per quel che attiene all’apparato burocratico e non mi permette certamente di essere operatore in prima linea per acquisire in concreto notizie utili grazie al contatto con la realtà che ci circonda. Sono qui da circa dieci mesi e, prendendo spunto dall’invito che mi avete rivolto per questa audizione, mi sono documentato presso coloro che operano sul campo. Come voi sapete, la nostra articolazione capillare, si può dire per ogni comune, ci mette nelle condizioni di individuare i sintomi delle situazioni, in base ai quali si svolge l’attività informativa che molto spesso ci permette di apprendere notizie utili ai fini dello sviluppo di eventuali indagini. Noi lo facciamo con l’Arma territoriale in Calabria, così come avviene dappertutto; lo facciamo con i reparti speciali.
Per quanto attiene alla problematica che mi viene sottoposta, dico che essa è oggetto di particolare attenzione nell’attività di contrasto che viene svolta quotidianamente. Già dal 1997, da quando in ogni regione e quindi anche in Calabria vi è la presenza di un nucleo operativo ecologico, questa materia viene seguita con molto impegno. Numerosi sono i reati – almeno per quanto ci riguarda – che sono stati perseguiti.
Quanto alle eventuali connessioni con la criminalità organizzata, certo la Calabria è una regione a rischio e, allo stato delle cose, per quanto mi viene riferito, non si può escludere che esistano. Abbiamo dato applicazione alla legge, ma non abbiamo ancora trovato, anche se non è escluso che potrà avvenire, connessioni di questo tipo. Non mi è stato riferito che qui esista questo problema. Abbiamo ottimi rapporti con l’autorità giudiziaria e siamo quasi sempre sul terreno (facciamo questo ma anche tante cose), però abbiamo sicuramente un punto di riferimento importante nel NOE.
Per quanto riguarda i rifiuti solidi, la situazione è sufficientemente normalizzata rispetto a prima; quanto alle discariche abusive, nell’ultima settimana del mese di gennaio 2001 ne sono state individuate tre. I tecnici mi dicono che molto spesso si fa un uso improprio della terminologia "discariche abusive", magari quando si tratta solo di oggetti abbandonati su un terreno oppure di un deposito incontrollato di rifiuti; in questo caso non siamo di fronte a discariche abusive.
La nostra componente informativa territoriale opera con il supporto non solo del NOE ma anche del nucleo elicotteri (a Vibo Valentia vi è l’ottavo nucleo elicotteri); questo tipo di supporto e di utilizzazione è mirato anche all’osservazione antinquinamento, tant’è vero che sono state scoperte le tre discariche abusive nella piana di Gioia Tauro, nei terreni di tre diverse imprese. Dopo che è stato effettuato questo servizio mi è stato detto che la zona era coperta da alberi ad alto fusto e quindi era difficilmente visibile se non dall’alto. Tra i compiti specifici dell’ottavo nucleo elicotteri rientra l’osservazione che ci ha consentito di individuare quelle tre discariche abusive, sostanzialmente le uniche scoperte in un periodo temporale che va dall’inizio dell’anno 2000 fino ad oggi. Il nucleo elicotteri è stato utilizzato nelle cinque province della regione e si è dimostrato elemento di supporto molto utile, al di là del servizio istituzionale che la stazione presente in ogni comune più facilmente riesce a svolgere perché conosce bene la situazione del suo territorio.
Il NOE, giustamente istituito nel 1997 e disciplinato dallo stesso decreto istitutivo del commissario straordinario dell’emergenza Calabria, ha preso spunto dall’esistenza di fosse nella locride e credo faccia riferimento proprio ad un rapporto stilato dal personale del NOE per sensibilizzare sul problema. Il NOE è sempre presente; noi abbiamo la fortuna di poter disporre, così come avviene in ogni regione, di nuclei operativi come il NOE. Qui in Calabria ne abbiamo uno con sede a Reggio Calabria, che si interessa di tutti i fatti concernenti la legislazione in questione in tutta la regione.
Io mi attengo al piano generale, ma posso anche sottolineare alcuni fatti; sicuramente gli operatori possono essere molto più dettagliati e più incisivi di me per far capire quale sia il grande impegno in questo ambito, perché siamo sensibili a questo problema che non riguarda solo i rifiuti, le autorizzazioni, la disciplina dei depuratori o quant’altro; si tratta naturalmente di pensare alle connessioni con la salute pubblica. Se le indagini o i tanti episodi che si verificano dovessero consentirci di mettere le mani su qualcosa che coinvolge i grandi interessi economici che esistono qui come altrove, sarebbe per noi motivo di grande soddisfazione sviluppare in profondità quest’aspetto e riferire all’autorità giudiziaria, con la quale abbiamo ottimi rapporti, come penso tutte le forze di polizia. Le dico, non perché è un carabiniere a parlare ma perché la nostra articolazione territoriale ci offre questa capillarità, che indubbiamente le occasioni di contatti e di rapporti sono più frequenti proprio perché siamo dappertutto. A Tortora, per esempio, è stata svolta un’operazione di servizio che credo sia stata la prima in Italia (marzo 2002) alla quale è stato applicato l’articolo 53-bis. Successivamente, una seconda applicazione è avvenuta anche a Bari. Abbiamo operato tre arresti; si trattava in questo caso di rifiuti liquidi di industrie per la lavorazione delle pelli; i liquidi di risulta sono stati rinvenuti…
DONATO PIGLIONICA. Si trattava di cromo trivalente o esavalente?
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. Esavalente. Furono arrestate due persone, una delle quali era l’amministratore unico ed anche la segretaria della società, e furono segnalati all’autorità giudiziaria anche altri sedici correi, fu sequestrato l’impianto di depurazione e fu fatto quant’altro richiesto dagli adempimenti in casi del genere. Questo può valere per avere soddisfazione in quello che si fa; certamente se in casi di questo tipo si dovessero trovare infiltrazioni della criminalità organizzata saremmo ben lieti di poterlo appurare e sviluppare convenientemente.
La Calabria è una regione a rischio, con tutte le sue problematiche di natura socioeconomica, per cui è facile che la legislazione vigente trovi minore applicazione per una minore sensibilità di chi deve far rispettare leggi e regolamenti. Tuttavia, vi posso assicurare la nostra sensibilità nei confronti del settore che, come si usa dire oggi, monitoriamo; è una problematica delicata. Il NOE e il NAS molto spesso possono trovarsi ad operare insieme, perché lì dove finisce il compito di un nucleo può iniziare quello dell’altro.
Ho degli esempi provincia per provincia, perché ho fatto fare un’analisi del problema.
PRESIDENTE. Possiamo acquisirla?
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. L’ho un po’ scarabocchiata. Visto che domani la Commissione sarà ancora qui, sarei lieto di farvela avere domani in una forma più corretta.
PRESIDENTE. Sarà certamente utile.
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. Ho predisposto uno specchietto riepilogativo dell’attività di contrasto per provincia. Sono numeri, che si possono leggere in vario modo, ma sono reali, perché in definitiva le voci cui fanno riferimento sono concrete. Nella provincia di Reggio Calabria, dove vi è il NOE, abbiamo problemi di tutti i tipi; se nel cosentino ci sono problemi legati più all’industria, per quanto riguarda sempre il tema oggetto della vostra visita, nella parte reggina abbiamo problemi connessi all’industria agroalimentare e ai frantoi (il problema dei frantoi non è solo della provincia di Reggio, è un po’ generale). Abbiamo problemi inerenti al prolungamento della pista aeroportuale. La società appaltatrice dei lavori ha utilizzato, per la costruzione del sottofondo della pista, materiali di risulta provenienti da una vicina discarica abusiva (forse erroneamente definitiva discarica abusiva) e quindi ritenuti inidonei a sopportare le sollecitazioni fisiche degli aerei. Ci possono essere problemi legati agli appalti per la gestione dei rifiuti speciali (in Calabria credo che ci siano tre inceneritori, sufficienti per i rifiuti speciali, almeno per quelli pericolosi). La materia dei rifiuti solidi urbani è meglio disciplinata. Molto di più c’è da fare per la parte dei rifiuti liquidi. Conosciamo la legislazione; la conoscono soprattutto gli operatori e gli specialisti, che sono gli appartenenti al nucleo operativo ecologico. In virtù di questa collaborazione, tutti i fatti che accadono vengono portati a conoscenza del NOE. Normalmente, come succede in tutti i settori, il generico, quando non sa bene come agire, fa riferimento e chiede allo specialista: chiedere è sempre dimostrazione di umiltà e consente di operare per il meglio.
Signor presidente, non mi voglio dilungare e vi farò avere un elenco di attività e di interventi che sono stati svolti.
RENZO MICHELINI. Ho visto da questo prospetto che negli anni considerati vi sono 223 persone denunciate. Quanti sono gli amministratori pubblici e quanti invece gli operatori privati?
In secondo luogo, da queste denunce quanti procedimenti penali si sono instaurati concretamente presso i singoli tribunali? Quanti di questi procedimenti hanno avuto un esito positivo, nel senso che i denunciati sono stati condannati?
MICHELE VIANELLO. E’ chiaro che tra i reati che avete evidenziato ve ne sono di diversa gravità. Mi interessa meno la piccola discarica, mi interessa di più capire se alla luce dei reati che avete individuato dall’attività del NOE e dai rapporti con l’autorità giudiziaria si ritenga che in questa regione, attorno alla partita della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, ci sia la presenza della criminalità organizzata, se vi sia un pericolo reale.
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. Inizio dall’ultima domanda. Quando si dice che un fatto non si può escludere, normalmente si pensa di aver sistemato le cose. In effetti è l’espressione più valida per dire che noi, per gli interventi che abbiamo fatto, se da un lato purtroppo non abbiamo trovato collegamenti e connessioni, dall’altro non possiamo affermare che questo non succederà.
I fatti vengono tutti segnalati all’autorità giudiziaria. Si tratta in questo caso di procedimenti conclusi e definiti. Abbiamo indagini in corso su questi dati – rispondo al senatore Michelini – e in qualche procedimento ci sono persone denunciate per reati associativi ma per la maggior parte si tratta di contravvenzioni.
OSVALDO NAPOLI. Gli amministratori locali sono indagati non per reati associativi ma per non aver ottemperato alle normative per lo smaltimento? Null’altro?
ASCENSO MAUCERI, Capo di stato maggiore dei carabinieri della regione Calabria. In riferimento a questo tipo di controlli, sono state individuate queste fattispecie: discariche abusive trovate e sequestrate (sono state denunciate tre persone); poi controlli in aree di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti.
Tra le persone indagate vi sono alcuni amministratori, ma per la maggior parte sono privati. Il numero naturalmente è ridotto. Non ho inserito questo dato non perché non volessi farlo ma perché ho fatto una valutazione e ho ritenuto di agire in questo modo.
Per quanto riguarda Cosenza, il 13 settembre 2001 a Longobucco per irregolarità connesse con la locale discarica comunale, sono state segnalate all’autorità giudiziaria dieci persone, tra cui il sindaco; il 24 ottobre 2001 in Campana è stata sequestrata un’area adibita a discarica abusiva di rifiuti inquinanti e pericolosi, con conseguente denuncia del locale sindaco. Ho citato questi casi a titolo esemplificativo. Poi ci sono altri casi, ma non sono indicati nella bozza che ho portato con me e che mi serviva esclusivamente per avere degli spunti (contiene solo degli esempi, non tutte le 108 persone).
PRESIDENTE. Ringrazio il colonnello Mauceri per le considerazioni che ci ha offerto. Avremo modo di acquisire, nella giornata di domani, queste ulteriori informazioni. Ringrazio inoltre il maresciallo capo Giampà e il tenente Russo; con quest’ultimo avremo occasione di rivederci fra quindici giorni nel corso della trasferta a Napoli per approfondire utili questioni tese ad una più compiuta valutazione da parte di questa Commissione.
Incontro con il dirigente del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato della Calabria.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Caracciolo, dirigente del Corpo forestale dello Stato, al quale chiediamo di offrirci un panorama, magari anche attraverso singole questioni poste, al fine di consentire a questa Commissione una valutazione più ampia e completa sulla situazione del ciclo integrato dei rifiuti, con particolare riguardo alle connessioni con la criminalità organizzata e con i fenomeni che hanno comportato e comportano tuttora.
VINCENZO CARACCIOLO, Dirigente del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato della Calabria. Vi ringrazio per avermi invitato a dare un contributo di collaborazione. Come sapete, rappresento il Corpo forestale dello Stato. In Calabria abbiamo 17 uffici, circa 105 comandi di stazione, 700 unità che operano sul territorio. La nostra azione, pur nella limitatezza dell’organico, è mirata proprio alla tutela del territorio forestale e montano, soprattutto per quanto riguarda le aree interne, e quindi meno accessibili, meno urbanizzate e meno servite dalle altre forze di polizia.
Nel settore dei rifiuti abbiamo esercitato una notevole azione di controllo e anche di contrasto, soprattutto in passato, quando la Calabria registrava circa 400 siti di discariche abusive, prima che il commissario straordinario per i rifiuti procedesse alla loro chiusura, mettendo in pratica sequestri reiterati, che però non dimostravano di essere risolutivi proprio per la necessità comunque di dover smaltire questi rifiuti in Calabria. Sono stati centinaia i provvedimenti di sequestro operati e altrettanti i provvedimenti di dissequestro, perché subito dopo veniva rappresentata un’emergenza di tipo sanitario, per la tutela della salute dei cittadini. Il provvedimento di chiusura di questi siti abusivi ha senz’altro creato una svolta in Calabria, perché ci ha sollevato dall’incombenza quasi quotidiana di denunciare i sindaci e di procedere ai sequestri.
Abbiamo registrato un miglioramento generale del panorama dopo la chiusura di questi siti per quanto riguarda l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti. Abbiamo una situazione diversificata provincia per provincia; i coordinamenti provinciali registrano situazioni diverse. Sicuramente il quadro è notevolmente migliorato dopo questi provvedimenti; i rifiuti risultano prelevati o smaltiti con regolarità da ditte varie (abbiamo elenchi specifici comune per comune, provincia per provincia) e adesso vengono conferiti nelle discariche autorizzate.
C’è una grande preoccupazione che registriamo su due fronti: il primo è la persistenza di siti abusivi che rappresentano delle vere e proprie bombe ecologiche su territorio regionale, non bonificate perché le dichiarate operazioni in tal senso spesso e volentieri hanno consistito nella semplice copertura con terriccio. Queste migliaia di metri cubi di rifiuti sono stoccati nei luoghi in cui furono scaricati abusivamente e costituiscono una probabile ed in alcuni casi certa fonte di inquinamento per le falde sotterranee e per tutto ciò che possa essere oggetto di un interessamento diretto del percolato e degli stessi rifiuti.
A volte, essendo questi siti abusivi (e quindi non progettati) e non rappresentando la diretta conseguenza di una scelta tecnica più o meno valida, gli stessi sono stati ubicati dove era più comodo scaricare. Quindi conosciamo siti collocati su burroni, o su precipizi, o presso la riva di torrenti; rappresentano un rischio che aggrava la situazione idrogeologica che la Calabria deve registrare. Questo pericolo è ancora più grave perché un eventuale crollo di questi ammassi di rifiuti sulle sponde di alcuni torrenti ostruirebbe i relativi alvei, per cui i rifiuti stessi verrebbero veicolati, con le conseguenze che già abbiamo visto verificarsi in occasione di recenti alluvioni in Calabria che purtroppo risultano sempre più frequenti.
Il Corpo forestale dello Stato, nell’ambito dei comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica (di cui il coordinatore provinciale è ormai membro di diritto), ha più volte rappresentato con relazioni, con studi, con rilievi puntuali la situazione al prefetto, affinché si facesse promotore di un’azione di stimolo diretta ad una vera e propria bonifica di questi siti.
L’altro aspetto che desta in noi preoccupazione e sul quale per la verità riusciamo ad incidere assai poco è l’abbandono incontrollato ed occasionale di rifiuti. Non si tratta quindi delle discariche, un problema che a mio avviso ha trovato una soluzione egregia almeno rispetto alla situazione precedente. Stiamo parlando invece della maleducazione del frequentatore non solo calabrese delle zone interne della nostra regione e della scarsa sensibilità rispetto ad un problema che, se affrontato con puntualità, potrebbe evitare di rovinare i nostri panorami, le nostre zone interne, i nostri boschi, alla cui tutela in modo particolare siamo preposti.
Rispetto a tale fenomeno il Corpo forestale ha richiesto ai sindaci centinaia e centinaia di ordinanze ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 22 per la rimozione di questi rifiuti. Spesso gli autori sono ignoti; tante volte siamo riusciti ad individuarli. C’è una certa inerzia nel dare esecuzione a queste ordinanze; riteniamo che ciò non sia sempre imputabile ad una cattiva volontà del sindaco perché, restando ignoto l’autore, non esiste alcun soggetto cui addebitare le spese. Spesso i piccoli comuni della Calabria hanno anche problemi finanziari. Noi siamo dislocati nel territorio interno e non possiamo non tener conto anche di questa situazione. Fatto sta che queste "minidiscariche", come le chiamiamo, sono destinate a volte a restare dove sono e provocano un danno, oltre che ecologico in senso stretto, anche dal punto di vista ambientale e del panorama che offriamo al turista o al visitatore delle nostre aree.
Un altro aspetto è rappresentato dal fatto che il sistema sanzionatorio – in gran parte, se non del tutto, depenalizzato – si rivela scarsamente efficace perché l’autorità amministrativa non ci dà notizia dell’effettiva esecutività di tutte le sanzioni amministrative che il Corpo forestale commina in misura incisiva e consistente a tutti coloro che riesce ad individuare come autori di abbandono occasionale di rifiuti. Siamo alquanto mortificati nel nostro servizio: rappresento un’amministrazione che da 180 anni opera in questo settore e vediamo un po’ svilita l’efficacia dell’azione, pur modesta, che entro questi limiti riusciamo a porre in essere.
Quanto a fenomeni di connessione con la criminalità organizzata, abbiamo in corso indagini soprattutto in provincia di Cosenza rispetto al conferimento di rifiuti pericolosi che provengono anche dalla Campania. In passato abbiamo avuto situazioni analoghe anche in provincia di Vibo, con probabili conferimenti che abbiamo pensato – ma non abbiamo potuto concludere tale indagine – provenissero dal Lazio.
Siamo pochi e non possiamo effettuare sul territorio indagini o operazioni di intelligence in grado, se non in casi sporadici, di dare risultati o consentire di tracciare quadri chiari del fenomeno. Operiamo molto di più nell’ordinario, nelle attività che il cittadino vede quotidianamente percorrendo la nostra regione e nei rapporti con le amministrazioni locali.
Abbiamo un censimento completo di tutti questi siti abusivi distinti per località, per superficie occupata dai rifiuti, per probabile volume stoccato (trattandosi di siti abusivi possiamo solo ipotizzare le dimensioni dei battenti, ma i tecnici che fanno parte della nostra amministrazione certamente non sbagliano di molto nelle loro stime). Abbiamo una scheda relativa a ciascuno di questi siti che riguarda la recinzione, la copertura, la vicinanza di sorgenti, di corsi d’acqua, la possibilità di scoscendimento, la presenza di questi siti in località vincolate idrogeologicamente in base alla legge Galasso ed in genere alla normativa che riguarda il territorio.
E’ un patrimonio che il Corpo forestale ha elaborato di recente con il sistema informativo della montagna; so che il comandante del Corpo lo ha consegnato a tutte le autorità che lo hanno richiesto. E’ articolato per provincia, rispetto a ciascuna delle quali disponiamo di una mappatura tecnico-quantitativa ed anche qualitativa di ciò che è contenuto nelle discariche abusive cui prima facevo riferimento.
Io avrei concluso ma sono a vostra disposizione per eventuali domande.
GAETANO PASCARELLA. C’è un dato che provoca in me sconcerto e che non deriva dalla sua relazione, che ho trovato estremamente puntuale (invito il presidente ad acquisire tutti i dati che sono stati enunciati relativi ai singoli siti, alla loro localizzazione e sulla quantità e qualità dello sversato); mi riferisco al fatto che mentre nelle regioni limitrofe della Campania e della Puglia abbiamo potuto notare molto frequentemente il fenomeno dello smaltimento di scorie di vario tipo e prevalentemente di natura industriale, in una regione come la Calabria, che si presta meglio ad occultare tali scorie, tale fenomeno non sia stato assolutamente verificato. Quello calabrese, infatti, è un territorio montuoso, ricco di vegetazione.
Un altro aspetto che voglio sottolineare è il seguente. Si è detto stamattina e si è ripetuto anche poco fa che la situazione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani è positiva e che non c’è inquinamento da parte della criminalità organizzata. Tuttavia, le autorità preposte – e quindi lo stesso commissariato per l’emergenza ambientale – sembrano stendere quasi un velo pietoso su quanto lei diceva precedentemente. Non è stato adempiuto il dovere proprio degli amministratori locali ed anche del commissariato e dei subcommissari di Governo di attuare quelle procedure che consentissero la messa in sicurezza del territorio. Se lasciamo indisturbate le discariche abusive o i rifiuti abbandonati nei letti dei torrenti oppure sulla cima delle montagne non si pone in essere alcun tipo di attività diretta alla tutela ambientale.
Chiedo quindi al presidente della Commissione di mettere in risalto questi aspetti perché alla fine potremo disporre di una fotografia di questa realtà non completamente convincente. Se occorre valorizzare un aspetto positivo relativo alle procedure, chiedo che vengano sottolineati anche gli elementi che abbiamo acquisito adesso perché la nostra azione in difesa dell’ambiente sia realmente efficace, grazie anche all’attivazione di tutti gli strumenti necessari dal punto di vista legislativo e dei finanziamenti.
LOREDANA DE PETRIS. Vorrei chiedere al dottor Caracciolo se può fornire alla Commissione il censimento di tutte le discariche abusive cui ha fatto cenno.
VINCENZO CARACCIOLO, Dirigente del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato della Calabria. Attualmente dispongo solo di appunti sparsi, ma posso senz’altro farvi pervenire il censimento entro breve tempo.
OSVALDO NAPOLI. Vorrei semplicemente ringraziare il dottor Caracciolo perché, mentre generalmente si muovono molti rimproveri ai sindaci, da parte sua ho notato l’uso del buon senso nei confronti di sindaci che sono impotenti per vari motivi rispetto allo svolgimento dei loro compiti.
DONATO PIGLIONICA. Vorrei capire meglio: quando lei parla delle discariche abusive ricomprende anche in esse anche quei 400-500 siti che, più che abusivi, sembravano mal progettati ma nei quali si svolgeva una normale attività di smaltimento dei rifiuti solidi urbani dei comuni, cioè quelli che il provvedimento adottato dal commissario ha fatto chiudere? Mi pare di capire, in sostanza, che la vera emergenza in Calabria è quella di provvedere alla bonifica dei siti chiusi e che rappresentano una specie di invito: chi si accorge, infatti, se in una discarica chiusa si è gettato un rifiuto in più? Esiste una vigilanza su questi siti? Esiste un piano di interventi anche servendosi dei fondi comunitari? Condivido anch’io l’apprezzamento nei confronti dell’opera di progettazione per il futuro svolta dal commissario, anche se appartiene ad uno schieramento politico opposto al mio, perché la tutela dell’ambiente è un patrimonio comune; mi chiedo se sia altrettanto comune anche la preoccupazione relativa ai siti chiusi e se non sia il caso di pensare ad un programma organico di intervento su queste 500 aree.
RENZO MICHELINI. Vorrei avere qualche informazione in merito ai depositi delle autovetture destinate alla demolizione.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. L’intervento del comandante Caracciolo è un po’ datato nel senso che egli si riferiva ad un’attività che il Corpo forestale della Calabria ha svolto in passato; oggi le cose sono cambiate perché tutte queste discariche sono state chiuse e ne restano in funzione solo 10. Il vero problema è che dovremo suggerire alla regione Calabria che una parte delle risorse finanziarie destinate all’ambiente siano riservate alla bonifica delle discariche, che altrimenti rappresenteranno sempre una tentazione per continuare lo smaltimento abusivo.
VINCENZO CARACCIOLO, Dirigente del coordinamento regionale del Corpo forestale dello Stato della Calabria. Vorrei cominciare a rispondere al senatore Filippelli: quando parliamo di discariche abusive ci riferiamo proprio a quello. Infatti, si tratta di un termine improprio: non sono più abusive perché sono state chiuse. Tuttavia, per rispondere anche all’onorevole Piglionica, vorrei sottolineare che questi non erano siti mal progettati ma semplicemente abusivi, che in un certo qual modo si sono dovuti accettare perché erano gli unici possibili. Le cosiddette discariche consortili e controllate non si è riusciti a realizzarle in Calabria se non in casi sporadici.
Nel rispondere al senatore Filippelli mi rivolgo anche all’onorevole Napoli: non facciamo alcuno sconto ai sindaci. Sono un ufficiale delle forze di polizia e sconti non ne faccio a nessuno; tuttavia operiamo sul territorio. Mi piangeva il cuore quando dovevo denunciare il sindaco sapendo benissimo che un attimo dopo avrei dovuto mettermi a sua disposizione per aiutarlo ad affrontare le conseguenze di quella denuncia. Il problema esisteva e non era nei poteri del sindaco risolverlo; con rammarico abbiamo fatto ogni volta e senza sconti il nostro dovere denunciando i sindaci al procuratore della Repubblica e poi li abbiamo aiutati ad ottenere il dissequestro giustificando l’emergenza di quella situazione. Non giustifichiamo oggi i sindaci quando vediamo che non si impegnano molto nei confronti dell’abbandono occasionale di rifiuti sul ciglio delle strade; non sensibilizzano sufficientemente i cittadini nei confronti della necessità di una crescita culturale.
Se oggi parliamo bene del commissario lo facciamo in relazione alla situazione precedente; non esprimiamo giudizi assoluti sul commissario, non avendo gli elementi necessari per farlo anche perché egli opera in modo assolutamente indipendente. Per avere una copia delle ordinanze del commissario ci siamo dovuti rivolgere ai prefetti che molto cortesemente ce le hanno fatte conoscere. Non si è riusciti a creare una stretta rete di collaborazione per conoscere cosa avvenga sul territorio e quindi intensificare l’azione di vigilanza.
Rispetto alla preoccupazione su cosa avvenga in questi siti, devo dire che essi sono quotidianamente monitorati in alcune provincie da parte del nostro Corpo. Noi svolgiamo decine di migliaia di controlli. In provincia di Vibo Valentia effettuiamo un controllo quotidiano e assicuriamo al prefetto con relazioni trimestrali una verifica giornaliera su tutti i siti chiusi: se di notte viene portata una busta di plastica il giorno dopo viene segnalato un abbandono incontrollato.
L’azione di sequestro-dissequestro di cui si parlava prima ha portato i sindaci dell’epoca, per evitare la pressione della nostra azione, quanto meno a recingere le discariche. Il maggior fastidio che il sindaco riceveva da parte del procuratore della Repubblica consisteva nel pericolo di inquinamento derivante dalla possibilità di transito in queste discariche di cani randagi o altri animali. Quindi il sito, pur essendo abusivo, era stato in qualche modo, sia pure precariamente, recintato. Dopo la chiusura abbiamo disposto il ripristino di queste recinzioni. Abbiamo fotografato una per una queste discariche: non si tratta di 400 o 500; abbiamo un monitoraggio preciso.
In provincia di Crotone, dove siamo presenti in numero inferiore, svolgiamo due controlli settimanali; in altre zone ne facciamo tre. In altre parole, abbiamo codificato un sistema di controlli che nessuno conosce: e per questo nessuno ci gratifica perché siamo in pochi, un po’ bistrattati e abbiamo vissuto parecchie vicissitudini per cui non riusciamo a far capire il sacrificio che compiamo: non lo facciamo per gloria o per l’onore, ma perché siamo innamorati dell’ambiente e riteniamo che questo sia il nostro compito e debba continuare ad esserlo anche nel futuro.
Per cui questi siti non sono abbandonati sotto il profilo del controllo e non c’è lo scarico di ulteriori rifiuti, anche perché nella maggior parte dei casi questi siti sono stati coperti di terra. Tutto ciò è stato definito "parziale bonifica"; non la consideriamo assolutamente tale ma certamente ha migliorato l’aspetto paesaggistico ed ha posto rimedio anche allo sconcio che osservavamo percorrendo le strade. Tale copertura ci consente di accorgerci immediatamente di ogni scarico ulteriore che fosse eventualmente effettuato in quelle zone; tuttavia, ad eccezione di qualche conferimento selvaggio e sporadico in occasione dei mercatini rionali, non si tratta di siti tuttora utilizzati.
La preoccupazione relativa a tali siti non è quella espressa dai componenti della Commissione che si sono soffermati su questo aspetto, vale a dire uno stimolo per un ulteriore scarico di rifiuti negli stessi. Questo problema oggi è in qualche modo risolto; il discorso riguarda invece quello che c’è dentro, di cui non abbiamo idea. I siti erano abusivi, mal gestiti o non gestiti affatto; probabilmente di giorno si scaricavano i rifiuti provenienti dai comuni e quindi prodotti dai cittadini: che cosa sia stato scaricato di notte non possiamo saperlo. Probabilmente, bonificando queste discariche, troveremo grosse sorprese. La nostra preoccupazione concerne quindi la valutazione di impatto ecologico, i possibili inquinamenti che potrebbero riguardare, nel caso meno grave, le sorgenti con i conseguenti rischi idrogeologici legati anche alle alluvioni; ma se in quelle discariche sono presenti rifiuti ospedalieri o radioattivi, come riteniamo possa essere accaduto in seguito ad interramenti incontrollati (effettuare verifiche su 500 siti mentre giornalmente su di essi lavorava una ruspa del comune era impossibile), non possiamo saperlo. Riteniamo quindi, come Corpo forestale dello Stato, che da un punto di vista tecnico una bonifica di tali siti sia assolutamente prioritaria.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Caracciolo per la puntualità della sua esposizione e anche per la passione manifestata. Naturalmente acquisiremo il materiale che lei ci fornirà e credo che non mancherà l’occasione di utilizzare ancora la sua competenza laddove si renderà necessaria una valutazione della situazione dal punto di vista del Corpo forestale dello Stato.
Incontro con i comandanti delle capitanerie di porto di Gioia Tauro e di Reggio Calabria.
PRESIDENTE. Ringrazio per la loro presenza i nostri ospiti. La nostra Commissione è interessata a conoscere le eventuali connessioni in essere tra l’attività della criminalità organizzata e il ciclo dei rifiuti; siamo interessati a fatti specifici rappresentativi di un fenomeno più generale e a conoscere le iniziative in corso e quelle future per disporre di ogni elemento utile non tanto ai fini di un’attività inquisitoria quanto per individuare eventuali carenze normative da colmare. Saremmo lieti di acquisire suggerimenti in tal senso per migliorare l’efficacia delle iniziative di tutela ambientale.
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Sono il direttore marittimo di tutta la Calabria e come autorità marittima posso dire che le questioni relative al ciclo dei rifiuti sono oggetto della nostra attenzione sotto un duplice aspetto.
In primo luogo si tratta dell’eventuale passaggio dei rifiuti all’interno dei porti principalmente in direzione delle discariche abusive che purtroppo nel Meridione vengono realizzate in modo inconsulto – specie per i rifiuti inerti – lungo i torrenti, le spiagge e le zone meno frequentate dai bagnanti. Lungo il litorale della Calabria, in particolare quello ionico, abbiamo avuto modo di accertare che buona parte dei torrenti sono invasi da rifiuti speciali, soprattutto inerti, non esistendo discariche dedicate specificamente ad essi. È quindi invalso l’uso per cui tutto il materiale proveniente dalla demolizione di fabbricati o da scavi di materiale che non può essere riutilizzato in agricoltura viene scaricato nell’alveo dei torrenti.
Ciò determina un duplice fenomeno: innanzitutto l’intasamento delle foci dei torrenti, nei casi in cui d’inverno si verifica una discesa d’acqua che porta il materiale nella parte bassa dei torrenti stessi. Una conseguenza di questo è stata la famosa disgrazia di Soverato. Purtroppo noi possiamo intervenire solo sulle discariche che rientrano nell’ambito del demanio marittimo; le capitanerie di porto sono organi di polizia giudiziaria solo in tale ambito e per i reati previsti dal codice della navigazione e dalle altre leggi speciali, come quelle in materia di pesca o di diporto. Abbiamo anche una competenza specifica per quanto riguarda la legge sulla difesa del mare, che si riferisce all’inquinamento proveniente da navi: mi riferisco allo scarico in mare di prodotti oleosi. Svolgiamo questa attività anche in via preventiva, controllando i documenti e il rispetto di tutte le precauzioni che una nave deve adottare in virtù del famoso decreto Bordon, che ha limitato molto l’ingresso delle petroliere e delle navi cisterna soprattutto nelle aree protette come Genova, Marghera o lo stesso Stretto di Messina. In quest’ultimo, dopo l’incidente della nave Patmos, è stato istituito il divieto di transito per petroliere superiori ad un certo tonnellaggio, mentre per altri tipi di petroliere è stato imposto il pilotaggio obbligatorio. A ciò deve aggiungersi che proprio con la legge n. 41 del 2001 è stato finanziato il progetto del VTS (vessel traffic system) nazionale, che consentirà nell’arco di tre o quattro anni di effettuare il controllo del traffico non solo delle acque territoriali ma anche di quelle che arrivano fino a 50-60 miglia dalla costa.
Il primo modulo di questo VTS è già stato montato a Messina; i lavori relativi ad un altro modulo sono iniziati in questi giorni a Reggio Calabria, in modo da coprire non solo la zona di Reggio Calabria ma anche tutta la fascia ionica e buona parte di quella tirrenica. Questo strumento ci consentirà di verificare le rotte delle navi, che qualche volta sfuggono ai controlli, e soprattutto di evitare incidenti nello Stretto di Messina, che rappresenta un’area a grande rischio, come anche le Bocche di Bonifacio, dove è prevista l’installazione di un analogo sistema.
Per quanto concerne invece i porti, i nostri controlli sono limitati all’aspetto documentale. In relazione particolarmente al controllo dei container, trattandosi di merci sigillate che partono dalla fonte accompagnate da un documento doganale, non rientra nei nostri compiti effettuare i controlli bensì in quelli della circoscrizione doganale, cioè della Guardia di finanza. Non di meno, come capitaneria di porto – quando abbiamo sentore che qualcosa non vada nel verso giusto – effettuiamo comunque delle verifiche: ciò avviene con una certa solerzia anche nello Stretto, proprio perché siamo stati sollecitati in tal senso qualche anno fa da questa Commissione che venne a Messina e chiese un’intensificazione del controllo sui traffici via mare. In buona sostanza, si paventava che dalla Sicilia verso la Calabria venissero trasportati con camion rifiuti speciali che potevano passare inosservati. È stato instaurato un sistema di controlli sia all’imbarco a Messina che allo sbarco a Villa San Giovanni. Questi controlli non si svolgono 24 ore al giorno perché richiederebbero uno sforzo immane che non possiamo permetterci, date le limitate risorse di cui disponiamo sia in termini di uomini che di mezzi; considerate che nello Stretto di Messina si effettuano 516 partenze e arrivi di navi al giorno, per cui controllare ogni cosa è impossibile.
Quanto lavoravo al comando generale di Roma, all’ufficio studi, ho accompagnato il comandante generale presso questa Commissione per un’audizione; in quell’occasione si parlò di installare nei porti dei portali per effettuare la "radiografia" dei carichi, soprattutto quelli dei container ma anche quelli dei camion. Non mi risulta che, almeno nel porto di Villa San Giovanni, che è il principale per quanto riguarda il traffico nello Stretto, tali strumenti siano stati ancora installati.
Sono a disposizione per eventuali domande della Commissione per quanto riguarda la direzione marittima in generale ed i porti di Reggio e di Villa San Giovanni in particolare.
Il comandante Galatolo ha svolto lavori molto interessanti sui rifiuti oleari e agrumari; ha avuto modo di operare di concerto con la procura di Palmi ottenendo risultati molto interessanti, che credo vi illustrerà.
GIOVANNI GALATOLO, Comandante della capitaneria di porto di Gioia Tauro. Ho portato con me del materiale che posso mettere a disposizione della Commissione consistente sia in documenti cartacei sia in supporti informatici.
La giurisdizione territoriale del compartimento marittimo di Gioia Tauro si estende dal comune di Rosarno incluso a nord al comune di Seminara incluso a sud. Il mio comando, a seguito di continui fenomeni di inquinamento, oltre che di sua iniziativa anche su delega di indagine da parte della procura della Repubblica, ha provveduto ad effettuare, nell’anno 2001 e nei primi mesi del 2002, una ricognizione dei corsi d’acqua (fiumi Petrace, Budello e Mesima) che dall’entroterra sfociano nelle acque marine di giurisdizione del compartimento di Gioia Tauro, evidenziando situazioni di degrado ambientale e di danneggiamento paesaggistico.
Tale attività è stata svolta dal personale del nucleo operativo di polizia ambientale di questo comando. Gli sbarchi provengono principalmente dagli insediamenti urbani presenti in zona e dai 325 stabilimenti agroalimentari, frantoi e industrie agrumarie ufficialmente censiti presso le amministrazioni comunali della piana di Gioia Tauro: sottolineo che questo dato è molto significativo.
Le operazioni di polizia ambientale in questione sono coordinate e condotte a cura della capitaneria di porto di Gioia Tauro, in collaborazione con il presidio multizonale di prevenzione settore chimico dell’ASL n. 11 di Reggio Calabria.
Le attività poste in essere sono le seguenti: reperimento della cartografia del territorio ricadente sotto la giurisdizione del compartimento; predisposizione di servizi allo scopo di individuare tutti gli scarichi inquinanti dei corsi d’acqua superficiali (per servizi intendiamo anche appostamenti notturni e diurni, sopralluoghi lungo i corsi d’acqua, eccetera); controlli presso gli stabilimenti e presso le reti fognarie pubbliche. Nei casi di concreta individuazione di fenomeni criminosi si è proceduto alla redazione degli atti di polizia giudiziaria, ed in particolare: accertamento amministrativo relativo al possesso delle prescritte autorizzazioni per lo scarico dei reflui nelle acque pubbliche; prelievo di campioni di acque reflue, giusta decreto legislativo n. 152 del 1999, in collaborazione con il personale dell’ASL; redazione dei fascicoli fotografici e descrittivi dei luoghi; sequestro preventivo ed urgente di iniziativa; assunzione di sommarie informazioni dall’indagato, ai sensi dell’articolo 350 del codice di procedura penale sul luogo o nell’immediatezza dei fatti; comunicazione della notizia di reato all’autorità giudiziaria.
Dal gennaio 2001 al febbraio 2002 sono stati effettuati i seguenti interventi: 150 controlli di stabilimenti industriali, frantoi, industrie agrumarie, impianti di lavorazione degli inerti; 20 controlli effettuati presso scarichi e/o sbocchi di liquame di natura fognaria a cielo aperto. Dalla summenzionata attività sono scaturiti: 19 comunicazioni di notizie di reato, 17 sequestri di iniziativa di attività agroalimentari. Complessivamente la suddetta attività ha impegnato 2 ufficiali, 3 sottufficiali e un funzionario dell’ASL.
Le situazioni di inquinamento talvolta causano concreti danneggiamenti di natura biologica, con conseguente soffocamento e moria della flora e della fauna acquatica. Inoltre, sotto il profilo paesaggistico, si vengono a creare evidenti coltri di schiuma maleodorante. Pertanto, il reato di inquinamento ambientale è strettamente connesso con il reato di danneggiamento.
In coincidenza con l’inizio della stagione olearia e agrumaria si assiste ad un incremento del fenomeno dell’inquinamento marino, causato proprio dalle acque reflue provenienti dalla lavorazione delle olive e degli agrumi; in questo caso all’inquinamento chimico-batteriologico si aggiunge quello organico, causato dallo sversamento delle fogne dei comuni non provvisti di depuratore.
È appena il caso, infine, di accennare alla complessità delle attività sia sotto il profilo operativo, in considerazione delle particolari condizioni ambientali in cui la stessa si svolge (il personale militare ha più volte operato anche in zone impervie dell’Aspromonte ed in ore notturne), sia degli interessi economici che gravitano intorno all’attività in questione, sia ancora sotto il profilo prettamente tecnico (applicazione della recente normativa del decreto-legge n. 152 del 1999 ad impianti industriali di notevoli dimensioni).
Tutta l’attività che ho descritto è riportata anche in questa brochure che ho il piacere di consegnarvi. Mi permetto di sottolineare un dato a mio avviso significativo, concernente la differenza della presenza inquinante nel periodo invernale-primaverile rispetto a quello estivo-autunnale, laddove in quest’ultimo la lavorazione degli agrumi e dei frantoi scema man mano e quindi l’inquinamento estivo è prettamente di natura fognaria.
Un altro aspetto grave, secondo noi, è che purtroppo molti comuni non si sono ancora adeguati alla normativa che riguarda l’allaccio a sistemi fognari a norma.
Per quanto riguarda invece il transito di materiale radioattivo, a Gioia Tauro esso non si è verificato; abbiamo avuto soltanto un caso, in data 27 aprile, nel senso che si prevedeva che una nave arrivasse in porto con le pratiche in corso ma essa ha cambiato rotta e a Gioia Tauro non è mai arrivata. È un dato che mi sembra opportuno comunicarvi per completezza di esposizione.
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Vorrei accennare ad un problema che abbiamo incontrato proprio in questi giorni. Meno di un mese fa è stata segnalata la presenza sul litorale di quattro comuni di rifiuti ospedalieri. Abbiamo effettuato alcuni sopralluoghi congiuntamente con il commissariato di pubblica sicurezza e svolto ricognizioni in mare. Queste ultime non hanno avuto esito, ma a terra erano presenti rifiuti come sacche di sangue, siringhe senza aghi (questi ultimi erano incapsulati) ed altro, sparsi su circa 10 chilometri di costa, anche se in misura non consistente.
Abbiamo chiesto un’analisi delle acque all’ASL n. 9 di cui stiamo attendendo l’esito; vari comuni hanno emesso ordinanze di divieto di balneazione. Il commissariato per i rifiuti speciali della Calabria ha emesso autonomamente un decreto di affidamento lavori per la raccolta e lo smaltimento di tali rifiuti. Solo con molta difficoltà sono riuscito a venire in possesso di questo decreto e vorrei far notare che esiste un certo scollamento tra le autorità locali e quella statale: ci chiamano solo quando il fenomeno diventa così grave che è impossibile non vederlo.
I comuni devono porsi il problema delle discariche come primario. Specialmente i comuni costieri fanno registrare un notevole incremento dell’attività edilizia, che comporta sbancamenti e demolizioni. I comuni, eventualmente consorziandosi, devono trovare il modo di individuare un sito per i rifiuti inerti.
In secondo luogo, perché tutti o quasi i comuni della Calabria e del reggino sono sprovvisti di depuratori, compresa Reggio Calabria? Purtroppo sotto la capitaneria vi è uno scarico fognario e non riesco in alcun modo a farlo eliminare.
OSVALDO NAPOLI. Perché secondo lei i comuni non si dotano di depuratore?
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Perché non hanno i soldi.
OSVALDO NAPOLI. Quindi, non si tratta di una volontà politica.
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Si tratta indubbiamente di un problema di finanziamenti.
GIOVANNI GALATOLO, Comandante della capitaneria di porto di Gioia Tauro. Il fatto che il comune dichiari di non avere i fondi non è esaustivo né risolutivo del problema. La mia proposta è la seguente: i sindaci dovrebbero mettere in bilancio le spese necessarie per gli allacci; il problema è che a mio avviso non li mettono neanche in bilancio.
OSVALDO NAPOLI. Metterli in bilancio in un comune è un discorso diverso.
Il comune – glielo posso garantire io – può fare la scelta politica e dire: devo fare un investimento di 20, 30 o 100 miliardi e scelgo di fare quell’investimento invece di un altro. Se la questione è in questi termini, è giusta, perché si tratta di una scelta politica che oltretutto la legge impone, e certamente ognuno ne trae le conseguenze. Il fatto di mettere i fondi in bilancio senza poi poter attuare l’intervento significa per il comune sobbarcarsi un mutuo insostenibile, nel caso in cui non si tratti di mutuo a fondo perduto.
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Il collega faceva riferimento in modo particolare a Gioia Tauro, dove in effetti un depuratore già esiste ed è gestito dall’ASI; tra l’altro, sta per essere raddoppiato, e dovrebbe servire 40 comuni della piana. Per procedere in questo senso occorre però fare gli allacci.
OSVALDO NAPOLI. Gli allacci da parte di chi? Dei privati?
PIETRO BERNARDO, Comandante della capitaneria di porto di Reggio Calabria. Sia dei privati sia dei comuni.
OSVALDO NAPOLI. Oggi teoricamente i privati hanno l’obbligo di legge di presentare la domanda entro il 12 luglio.
PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per aver partecipato all’audizione.
Incontro con il dirigente dell’ARPA Calabria.
PRESIDENTE. Ringrazio l’architetto Barbera, commissario dell’ARPA Calabria, e il professor Piccione, consulente dell’ARPA Calabria e docente di fondamenti di valutazione di impatto ambientale.
La Commissione è interessata a comprendere, attraverso il vostro privilegiato osservatorio, quale sia la fenomenologia complessiva rispetto al ciclo integrato dei rifiuti, quale sia la condizione attuale e quale negli anni scorsi, cosa possa accadere alla luce delle iniziative poste in essere e soprattutto se si percepisca, dalla fotografia della situazione, l’esistenza di connessioni con vicende ed attività criminali.
Accoglieremo volentieri anche indicazioni in merito agli strumenti normativi che consentono la vostra azione e quelli che meglio permetterebbero di svolgere la vostra attività. Per questo vi ascolteremo con piacere.
BRUNO BARBERA, Dirigente dell’ARPA Calabria. Intanto vorrei fare una premessa: l’ARPA Calabria è stata istituita circa due anni fa, ma purtroppo, per problemi organizzativi e politici, non ha operato, tant’è che l’ex direttore generale è stato revocato e poi sostituito; in atto esiste un commissariamento che in questo momento è sostenuto da me.
Sono stato nominato nel febbraio di quest’anno e gli obiettivi che mi sono stati dati sono stati quelli di organizzare e strutturare il più velocemente possibile l’Agenzia. Infatti, nei primi due mesi abbiamo regolamentato la legge, approvato i bilanci, eseguito un controllo approfondito dal punto di vista amministrativo e tentato una prima organizzazione. Siamo nella fase del nostro primo piano di azione e stiamo attivando le concertazioni con le università, per poi passare all’unione delle province e dei comuni; stiamo attivando anche dei protocolli con l’unione dei consorzi di bonifica e abbiamo già instaurato dei rapporti con l’AFOR e con l’assessorato alla forestazione e alla protezione civile. Il nostro assessorato di riferimento è l’ambiente.
La nostra situazione, fino a questo momento, è di organizzazione e strutturazione, e purtroppo in parte è stata rallentata da alcuni problemi amministrativi e burocratici, come il trasferimento dei fondi ordinari. La regione stanzia per l’ARPA Calabria due miliardi l’anno: dovevamo ricevere cinque miliardi circa, un miliardo del 2000, due miliardi del 2001 e due miliardi del 2002. E’ stato firmato il decreto quattro giorni fa.
Mentre abbiamo organizzato la nostra struttura abbiamo iniziato a valutare e a verificare quello che deve essere il compito sul territorio. Partiamo con una discreta esperienza nel settore dei rifiuti. Ho appositamente pregato il professor Piccione, che è il primo e unico consulente dell’ARPA Calabria (in base alle nostre risorse economiche abbiamo potuto attivare solo questa collaborazione, peraltro preziosa), di accompagnarmi, perché insieme a me e ad altri professori dell’università di Catania ha affrontato delle tematiche molto delicate rispetto alla gestione di una discarica in particolare, quella di Motta Sant’Anastasia; abbiamo attivato un master di valutazione ambientale presso questa discarica e, insieme ai giovani formati da questo master, è stato realizzato un primo programma di adeguamento ambientale di una discarica di RSU. Riteniamo di poter svolgere sicuramente un ruolo utile, compatibilmente con i nostri compiti, per il nostro territorio.
Non abbiamo in atto possibilità di specifiche informazioni, salvo quelle che sicuramente voi già avete circa le problematiche generali per quanto attiene i rifiuti. Certamente qualche considerazione si può fare, anche perché conosciamo il nostro territorio: sono calabrese, vivo in questa regione e conosco le problematiche che circuitano intorno a questo settore, però non sono in condizioni di darvi elementi precisi. Probabilmente fra un paio di mesi, dato che stiamo attivando le procedure e i protocolli per il catasto rifiuti, che è uno dei nostri compiti istituzionali, nel controllo incrociato delle procedure con occhio attento potremo trarre qualche indicazione precisa. Sappiamo che in Calabria il commissariamento rifiuti in quest’ultima fase ha velocemente proceduto ad attivare tutta una serie di meccanismi per arrivare alla bonifica di circa 600 discariche; a tale proposito, non mi è stato trasmesso alcun documento. Ho informazioni abbastanza precise, ma che non ho potuto valutare ex tabula. Posso dirvi che procedere alla bonifica di una discarica prevede interventi che non sono scontati (voi conoscerete sicuramente la metodologia, ma è un elemento di ragionamento); prevede una fase iniziale della valutazione dello stato ante (che poi sarebbe una valutazione post), nel momento prima dell’intervento, per cui occorre una approfondita analisi-fotografia dello stato dei luoghi. Sappiamo che ogni discarica è un elemento a se stante; non si può generalizzare, perché ogni discarica va valutata in ragione delle condizioni pedologiche, della posizione di acclività o meno, del fatto che vi siano o meno corsi d’acqua o falde acquifere limitrofe, che vi siano orti irrigui, che vi sia agricoltura nel contorno, che il suolo sia o meno stabile. Esistono decine di variabili che vanno esaminate nelle analisi e nelle valutazioni. Per noi è fondamentale e delicatissimo lo stato di analisi iniziale, che deve essere rapportato ad uno studio di valutazione di impatto ambientale. A ciò segue una fase di progettazione, da cui deriva l’appalto.
Perché ho fatto questo excursus, che forse è tedioso? Perché se è carente la fase iniziale, automaticamente è carente tutto il ciclo della bonifica, se parliamo di bonifica di discariche.
Chiaramente la Calabria non ha legiferato sulla valutazione di impatto ambientale, per cui non esistono procedure da adottare. Potrebbe essere interessante – sicuramente tutto è stato fatto molto bene – valutare quali siano le procedure adottate prima di passare alla fase di progettazione. Nella valutazione di una discarica, per esempio, deve essere effettuato un campionamento, un carotaggio. Una discarica è diversa dall’altra per l’età: noi sappiamo che in circa trent’anni il materiale dovrebbe essere divenuto innocuo, e pertanto se ci troviamo di fronte ad una discarica che ha venticinque o trent’anni si agisce con una certa serenità, mentre se si tratta di una discarica di tre anni si deve stare all’erta e si deve procedere ad un monitoraggio con molta più attenzione. E’ un discorso delicatissimo, che esige una serie di competenze specifiche e molta prudenza: di fronte a 600 discariche, ritengo che come minimo una regione avrebbe dovuto effettuare una VAS, una valutazione ambientale strategica, che probabilmente non è stata fatta non per negligenza ma per mancanza di alcune specifiche competenze.
MICHELE VIANELLO. So che esistono quaranta siti ad alto rischio.
BRUNO BARBERA, Dirigente dell’ARPA Calabria. E’ una situazione che deve destare attenzione. In questo momento parlo da cittadino, perché come commissario dell’ARPA Calabria non ho elementi ma ho solo obiettivi amministrativi ed organizzativi; vi assicuro che fra sei mesi, se sarò ancora qui, la regione avrà un rapporto molto preciso per ciò che riguarda le nostre competenze. C’è modo e modo di fare le analisi, e noi siamo abituati a farle approfondite e ad incrociare i dati – è il nostro mestiere -, per poi farne derivare delle informazioni. E’ un metodo scientifico.
Si tratta poi di tipologie di rifiuti. Si va a cercare dove c’è il maggior arricchimento possibile.
PRESIDENTE. Siamo ad uno stato embrionale. L’ARPA Calabria non esiste nemmeno dal punto di vista strutturale (sede, dipendenti, struttura organizzativa, professionalità in campo)?
BRUNO BARBERA, Dirigente dell’ARPA Calabria. Il quadro delineato così sembra proprio disastroso, ma non è certo bellissimo. Esiste un forte dinamismo per arrivare all’obiettivo atteso. Il presidente Chiaravalloti ha dimostrato un’enorme sensibilità nel campo ambientale: lo dico sulla mia pelle, perché subisco una pressione continua e quotidiana. Mi rapporto continuamente con lui. Le difficoltà di una regione del sud non sono io a scoprirle e non penso dobbiamo scoprire questa sera, però quello che abbiamo fatto in tre mesi ha seguito tre anni di "piattume" totale; io ho potuto agire perché ho avuto un’assistenza continuativa e un cordone ombelicale diretto con la presidenza della giunta regionale. Stiamo arrivando al decreto di trasferimento del personale dalle ASL ad ARPA Calabria: quello è il momento in cui un’ARPA è strutturata. Abbiamo regolamentato una legge, abbiamo approvato dei bilanci, abbiamo predisposto dei modelli gestionali in un’ottica di management ambientale: tutto bello se lo pubblichiamo, ma nella sostanza un’Agenzia come l’ARPA, che ha dei compiti sostanziali che oltre tutto non sono compresi, viene vista come un ente che vuole ficcare il naso un po’ dappertutto. Riscontriamo continue difficoltà.
Devo segnalare, e lo faccio con piacere, che in questo momento il mio sponsor principale è il sindacato, che chiaramente si occupa della vita lavorativa delle persone. In questa fase di ARPA Calabria l’oggetto è il trasferimento di alcune centinaia di lavoratori che dalle ASL, ope legis, devono transitare all’Agenzia; e qui c’è un discorso delicatissimo, che penso possa essere interessante anche per la Commissione parlamentare. E’ forse un discorso anche di inadeguatezza e di imprecisione di normative di legge: siamo costituiti con la legge n. 20 del 1999. Naturalmente tutto parte da una direttiva europea, da una legge nazionale che ha recepito la direttiva, e da una legge regionale, che è stata approvata, ancorché in ritardo rispetto ad altre. Dal 1999 ad oggi ARPA Calabria non è ancora sul campo, a svolgere i suoi compiti. Abbiamo un sistema sanitario in grande difficoltà economica; i nostri fondi di gestione ordinaria derivano dal bilancio della sanità, con una percentuale non molto chiara, che dovrebbe aggirarsi intorno all’1 per cento. Nel caso della Calabria dovrebbe trattarsi di circa 46 miliardi, che in atto sono nel bilancio delle ASL; anche se non è il direttore di un’ASL che trasferisce i fondi, è chiaro che interverrà un impoverimento dei fondi delle aziende sanitarie locali. C’è poco da discutere. In particolare, si trasferisce il personale PMP, vale a dire dei nuclei di prevenzione multizonale; la pianta organica approvata dal consiglio regionale e quindi con il trasferimento dei relativi fondi alle ASL prevede circa 480 unità, che nel tempo si sono ridotte (pensioni, trasferimenti e così via); questo personale che sarebbe dovuto transitare è rimasto un po’ abbandonato a se stesso, non sono state rinnovate le attrezzature, non c’è stata innovazione (per non parlare della formazione, che sarebbe stata un lusso). Di fatto vi è stato una riduzione numerica: si tratta di 130 persone. Io pretenderò, se rimarrò commissario di questo ente, che venga trasferito l’intera risorsa economica destinata alla pianta organica di questo personale; non mi riferisco alla risorsa relativa al pagamento degli stipendi accessori del personale che è in forza, perché quelli erano i fondi per il PMP; ARPA Calabria deve lavorare con quei fondi, e questo crea delle oggettive difficoltà al direttore dell’ASL, che ha chiuso il suo bilancio già con difficoltà notevoli. E’ questo a mio giudizio il motivo per cui l’ARPA Calabria ha stentato: abbiamo chiarito la situazione e il presidente sta per firmare il decreto.
PRESIDENTE. Ringrazio il commissario Barbera e spero che ci potremo rivedere fra qualche mese per fare insieme il punto della situazione, ovviamente non con finalità inquisitorie ma piuttosto nel tentativo di essere di supporto operativo e strumentale al decollo di una struttura assolutamente indispensabile alla luce del quadro delineato in questa giornata.
Incontro con i rappresentanti della ASL n. 7 di Catanzaro e della ASL n. 11 di Reggio Calabria.
PRESIDENTE. Vi ringrazio per aver accolto il nostro invito. La nostra Commissione cerca di comprendere il fenomeno del ciclo dei rifiuti, non solo ai fini culturali, scientifici e politici ma soprattutto per fornire al Parlamento soluzioni, proposte, iniziative emendative alle norme volte a superare i punti di criticità, ad evitare i disagi che registriamo, a migliorare la performance complessiva, a rendere impermeabile questo settore alla criminalità organizzata.
Una consistente questione nell’ambito più complesso del ciclo integrato dei rifiuti riguarda quelli ospedalieri, rispetto ai quali diverse procure d’Italia sono al lavoro per verificare la loro corretta gestione e il loro corretto smaltimento, anche alla luce di quanto è recentemente avvenuto in Umbria, con il ritrovamento di ingenti quantità di questi rifiuti sparsi nei campi. Più di recente ma anche oggi ci è stato segnalato un fatto analogo, vale a dire lo spiaggiamento di rifiuti ospedalieri nella costa reggina, e tante volte abbiamo avuto il dubbio se le norme in materia consentano un puntuale adeguamento da parte delle strutture sanitarie dal punto di vista burocratico e se a questo formalismo necessario corrisponda sempre un corretto smaltimento a valle del fenomeno. Non mi riferisco a fatti specifici, ma laddove si verificasse uno smaltimento a prezzi al di sotto dei limiti di mercato sarebbe legittimamente da supporre che si tratti di uno smaltimento rischio.
Abbiamo ritenuto utile chiedere a chi opera sul campo in questo settore una indicazione. Ringrazio pertanto per la loro presenza Antonio Biamonte, direttore sanitario del complesso ospedaliero Soverato-Catanzaro della ASL 7, Mario Donato, direttore amministrativo della ASL 7 di Catanzaro, Nicola Antonio Montepaone, dirigente del servizio provveditorato della ASL 7 di Catanzaro e Lorenzo Jacopino, direttore del dipartimento di prevenzione della ASL 11 di Reggio Calabria e Lucio Nocera, membro del dipartimento di prevenzione della ASL 11 di Reggio Calabria.
Vi cedo la parola, perché sarete certamente più puntuali di noi, alla luce delle competenze che le ASL hanno finora esercitato, anche in assenza di un’attivazione piena e funzionale dell’ARPA Calabria.
MARIO DONATO, Direttore amministrativo della ASL n. 7 di Catanzaro. Noi in quanto ASL di Catanzaro produciamo rifiuti speciali sia nei due presidi ospedalieri di Chiaravalle e Soverato sia nei poliambulatori che abbiamo sul territorio. Il provveditore spiegherà nello specifico le modalità amministrative di aggiudicazione alla ditta che provvede allo smaltimento di questi rifiuti speciali e il direttore sanitario le modalità di raccolta e di consegna di tali rifiuti alla stessa ditta aggiudicatrice.
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Il servizio per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti speciali della ASL n. 7 viene affidato tramite gara pubblica, che è stata espletata l’ultima volta nel 1998 ed aggiudicata ad una ditta di Cirò, la Progetto Ecologia, con validità triennale; ai sensi della legge finanziaria n. 488 è stata prorogata di un anno, con un abbattimento del 3 per cento sul prezzo aggiudicato a suo tempo.
Lo smaltimento dei rifiuti avviene nei presidi ospedalieri, nei distretti sanitari e negli ambulatori, ma avviene anche nelle abitazioni private per le dialisi domiciliari. Abbiamo delle stanze in cui vengono depositati i rifiuti speciali in contenitori idonei che vengono forniti dalle ditte, che vengono esaminati all’atto dell’espletamento della gara e che manteniamo noi come campionatura. I rifiuti vengono poi pesati, sigillati e trasportati. Viene rilasciata una ricevuta, una bolla di consegna di quello che viene ritirato e, a distruzione avvenuta, su un’altra copia con lo stesso numero, da parte della stazione che distrugge i rifiuti viene apposto il visto dell’avvenuta distruzione.
PRESIDENTE. Dove vengono conferiti per la distruzione?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Nel fare la gara chiediamo che vengano indicate le stazioni autorizzate allo smaltimento dei rifiuti.
PRESIDENTE. Nella fattispecie, dove?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. In Campania, in Calabria. Abbiamo anche i rifiuti…
PRESIDENTE. Le dispiace essere più preciso?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Ho portato una documentazione, per esempio relativamente allo stoccaggio di determinati liquidi, anche se adesso i liquidi di sviluppo e fissaggio sono stati molto ridotti, circa dell’80-90 per cento, perché utilizziamo delle sviluppatrici a secco e di conseguenza questi liquidi non vengono quasi più utilizzati. Tali liquidi venivano versati in appositi contenitori e un addetto della ditta ne misurava la quantità, poi venivano ritirati e quindi smaltiti. Per quanto riguarda l’avvenuto stoccaggio e l’avvenuta sterilizzazione in località Timpano, Cirò, ho con me delle bolle, anche se non si leggono bene, ma potrei essere più preciso se…
PRESIDENTE. Mi perdoni, questo è importante per comprendere il funzionamento del meccanismo. Voi vi assicurate che siano stoccati?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. No, anche distrutti.
PRESIDENTE. Allora io le domando: dove vengono distrutti?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. In parte a Crotone, in parte in altre località. A noi arriva un modulo con il timbro per l’avvenuta distruzione. Poiché è in corso l’espletamento della nuova gara (Commenti)… Vengono distrutti a Trapani, Cirò Marina.
ANTONIO BIAMONTE, Direttore sanitario del complesso ospedaliero Soverato-Catanzaro della ASL n. 7 di Catanzaro. I rifiuti solidi vengono smaltiti a Cirò Marina, località Trapani.
NICODEMO FRANCESCO FILIPPELLI. Non può essere così. A Cirò Marina ci può essere il deposito, ma non può avvenire la distruzione di questi rifiuti.
OSVALDO NAPOLI. Esiste uno strumento di controllo della distruzione di quanto è scritto sui documenti? Voi giustamente dite di vedere il timbro, che vi toglie la responsabilità. Ma chi controlla che quel timbro sia corrispondente ad una reale distruzione? Qual è l’ente preposto? Infatti, può essere che i rifiuti prelevati vengano lasciati in un certo posto, certificandovi invece la loro distruzione.
GAETANO PASCARELLA. Come è stato determinato il prezzo nell’asta? Se è previsto il trasferimento per la distruzione, che non può che avvenire con l’incenerimento, vi è una determinazione sulla previsione della quantità, sul trasporto e sulla distruzione.
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Noi paghiamo a chili e a litri. Per questo procediamo alla pesatura.
MICHELE VIANELLO. Nel momento in cui la ditta vince l’appalto, nel contratto si specifica il luogo?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n.7 di Catanzaro. E’ indicato, solo che purtroppo…
MICHELE VIANELLO. Questi signori vi dicono dove smaltiscono?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n.7 di Catanzaro. Sì.
MICHELE VIANELLO. Avviene un controllo per verificare che tutto sia stato regolarmente smaltito in quella località?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Dalla stazione che distrugge viene apposto un timbro e poi il documento viene consegnato a noi per dimostrare l’avvenuto smaltimento.
OSVALDO NAPOLI. Così voi siete a posto, ma come ha detto il collega Vianello vi è la problematica relativa ai controlli. Ci volete dire chi va a controllare che quanto voi consegnate in ordine al quale si appone il timbro sia stato effettivamente smaltito?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Dovrebbe essere l’ufficio.
LOREDANA DE PETRIS. Si tratta purtroppo di un problema che dovrebbe essere oggetto anche da parte nostra di un tentativo di modifica legislativa. Infatti esiste una situazione generalizzata anche nelle altre regioni italiane…
OSVALDO NAPOLI. In Piemonte l’ARPA funziona.
LOREDANA DE PETRIS. Anche a Roma, però purtroppo tutte le giunte che si sono succedute, di qualsiasi colore fossero, non hanno mai previsto un obbligo per le strutture sanitarie regionali di servirsi degli impianti della regione. Roma ha uno degli inceneritori più moderni, ma tre anni fa, grazie a controlli ferrei da parte dei carabinieri del NOE, sono stati trovati, in impianti non autorizzati in Sardegna, materiali provenienti da strutture sanitarie pubbliche del Lazio.
Un modo per aumentare l’efficacia dei controlli è forse quello di obbligare tutte le strutture, anche quelle private, a smaltire negli impianti esistenti nella regione o, nel caso in cui questo non fosse possibile, indicare un ventaglio preciso di impianti dove effettuare la distruzione. E’ un fenomeno molto diffuso in Italia quello dei rifiuti che girano da una regione all’altra e poi è difficile capire dove – e se – effettivamente vengano distrutti.
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n.7 di Catanzaro. Questo avviene. Il controllo dello smaltimento, per quanto ci riguarda, avviene per i farmaci scaduti e per gli stupefacenti; un membro del servizio farmaceutico si reca nella ditta specializzata e assiste alla distruzione. Posso dirlo perché, facendo la gara, mettiamo d’accordo la ditta aggiudicataria con il responsabile del servizio farmaceutico; smaltiamo anche gli stupefacenti delle farmacie. Vanno insieme ai NAS.
PRESIDENTE. Mi perdoni se mi permetto di insistere: i corpi di risulta da sala operatoria vanno distrutti?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Sì.
PRESIDENTE. Che percorso seguono? Al di là del formalismo burocratico e cartaceo che è imposto per norma, la domanda che vi poniamo, che non è inquisitoria, è tesa proprio a capire ciò che accade in Italia e anche, ma non specificamente, nella ASL 7. In sostanza, è tesa a comprendere se esista una attivazione al fine di verificare che vi sia non solo l’attestazione di una serie di interventi che poi sarà utile approfondire ma anche la verifica concreta che ciò che è stato timbrato sia realmente avvenuto. Questo magari grazie ad un controllo a campione, con un’iniziativa testata e misurata. Vogliamo sapere questo.
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n.7 di Catanzaro. Da quanto ne so io, non è stato fatto.
DONATO PIGLIONICA. Dobbiamo tenere presente che le società che svolgono l’attività di smaltimento di rifiuti speciali sono iscritte in un albo regionale, e generalmente devono avere un inceneritore di appoggio, altrimenti non ottengono l’autorizzazione regionale. La verifica quindi teoricamente avviene da parte della regione controllando che esista un collegamento; per esempio in Puglia non c’era un inceneritore e si smaltiva tutto in un megainceneritore di Coriano, vicino Rimini, dove per anni, hanno viaggiato i nostri rifiuti. Ciò che sorprende però è che, nonostante questa garanzia a monte, nessuno si occupi di verificare a valle.
Inoltre, questo non sarebbe particolarmente drammatico se noi non verificassimo le cose che sono state dette finora. Vi ricordo l’episodio dell’agosto dello scorso anno, quando 17 vagoni stazionavano a Foggia, con una temperatura di 40 gradi, perché i rifiuti che venivano da mezza Italia non venivano accettati dall’inceneritore di Melfi, nell’impianto della FIAT a San Nicola. Il blocco era dovuto al fatto che le regioni impediscono di incenerire rifiuti provenienti da altre regioni. Di fronte a questi rifiuti che viaggiano in maniera incontrollata in Italia, a chi come voi e come noi (perché alcuni di noi sono operatori della sanità) tutti i giorni produce materiale che ha bisogno di essere incenerito non viene il dubbio, il desiderio, la curiosità di andare a vedere dove avvenga l’incenerimento di tutto ciò che parte da una ASL? Tra l’altro, la ASL di Catanzaro non deve avere piccole dimensioni, deve avere ospedali di una certa consistenza, e quindi non deve trattarsi di poco materiale.
Seguendo la logica del presidente di vedere quanto la normativa nazionale influisca su questo, quali correzioni andrebbero apportate? Se mi permettete una nota polemica, non è assurdo che in una condizione di questo tipo il Senato, con tutto il rispetto per l’istituzione, abbia provato a rimodificare il trattamento dei rifiuti sanitari, con una minore garanzia rispetto a quella prevista dal testo licenziato dalla Camera? E’ un gioco perverso.
PRESIDENTE. E’ un tema che affronteremo in altra sede.
DONATO PIGLIONICA. Mi domando dunque in cosa la normativa sia carente e se i nostri interventi non peggiorino ulteriormente una situazione che appare così difficile.
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Nella gara che andremo ad espletare l’11 luglio prevediamo anche l’indicazione dell’impianto cui vengono conferiti i rifiuti.
C’è una carenza nel controllo a valle e ci attiveremo per colmarla insieme con il servizio prevenzione.
LORENZO IACOPINO, Dirigente del dipartimento di prevenzione della ASL n.11 di Reggio Calabria. Presidente, nel suo intervento iniziale lei ha detto che la vostra attività ha anche lo scopo di migliorare la legislazione. Non ripeterò quanto già detto dai miei colleghi perché la mia esperienza è praticamente uguale. Le mie delibere sono più recenti, risalendo al 2000. Abbiamo due ditte di stoccaggio, una per i rifiuti ospedalieri speciali pericolosi ed infettivi, un’altra per i liquidi radioattivi. Nella mia azienda operano due ospedali e curiamo tutto il servizio territoriale.
Ho notato che il ribasso praticato dai vincenti è molto limitato: si parla dello 0,2-0,1 per cento; nell’ambito del mercato, cioè, non si scelgono i prezzi più bassi in assoluto proprio per evitare il rischio di affidarsi a ditte che non danno adeguate garanzie. Lei ha messo il dito nella piaga chiedendo chi verifichi l’effettivo smaltimento di questi rifiuti. Credo che sia compito del vecchio PMP o dell’ARPA Calabria che è in corso di istituzione. Il discorso riguarda l’ambiente perché l’ARPA conferisce a monte le licenze agli impianti di smaltimento e di incenerimento; dovrebbe quindi essere la stessa ARPA a controllare successivamente l’effettivo smaltimento di tutti i rifiuti. Non credo che la singola azienda abbia risorse e mezzi sufficienti per recarsi a Crotone a verificare una tantum (tra l’altro non so neanche quale utilità avrebbe una simile verifica) l’effettivo smaltimento.
Sempre in chiave propositiva, vorrei sottolineare che a mio avviso sarebbe importante che nelle aziende sanitarie fosse prevista la presenza di uno sterilizzatore, cosa che sicuramente ridurrebbe il quantitativo dei rifiuti speciali. Purtroppo non ne disponiamo, la massa di rifiuti è ingente ed è difficile seguire il percorso che effettua.
Vedrei con favore anche un intervento della regione.
PRESIDENTE. Qual è il costo per ogni chilo di rifiuto smaltito per entrambe le aziende che fanno capo alle ASL?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Per quanto riguarda i rifiuti speciali solidi, paghiamo 2.100 lire al chilo; per i rifiuti speciali liquidi, paghiamo 1.300 lire, ma c’è stato un abbattimento di questi costi; per i rifiuti speciali di laboratorio analisi paghiamo 1.800 lire al chilo; per i rifiuti tossici e nocivi paghiamo 4.000 lire al chilo; per i rifiuti di fissaggio radiologico esausto paghiamo 300 lire al chilo; per i rifiuti di sviluppo radiologico esausto paghiamo 400 lire al chilo; il prezzo è lo stesso per i rifiuti consistenti in lastre radiografiche; per i farmaci scaduti paghiamo 2.000 lire al chilo.
Si tratta di prezzi che vengono praticati più o meno da tutte le ASL.
MICHELE VIANELLO. Questa tariffa comprende la raccolta, il trasporto e lo smaltimento?
NICOLANTONIO MONTEPAONE, Responsabile del servizio provveditorato della ASL n. 7 di Catanzaro. Compresi i contenitori.
ANTONIO BIAMONTE, Dirigente sanitario del complesso ospedaliero Soverato – Catanzaro della ASL n. 7 di Catanzaro. La raccolta la facciamo noi: parliamo di trasporto e di smaltimento. Le ditte forniscono i contenitori: noi raccogliamo i rifiuti, li disinfettiamo, li etichettiamo.
LORENZO IACOPINO, Dirigente del dipartimento di prevenzione della ASL n. 11 di Reggio Calabria La ditta con cui opero si chiama Ecologia. I prezzi sono di 984 lire al chilogrammo, mentre per quanto riguarda i rifiuti liquidi il prezzo è di 244 lire al chilogrammo. C’è poi un altro prezzo per quanto riguarda i rifiuti radioattivi: un prezzo complessivo pari a 1.596 euro per tutto l’anno.
PRESIDENTE. Vi prego di lasciare a nostra disposizione gli atti deliberativi cui si è fatto riferimento e vi ringrazio per la collaborazione offerta.
I lavori terminano alle 20.30.