Commissione parlamentare per l'infanzia
Risoluzione 7-00023 Tredese ed altri: adozioni internazionali
La Commissione bicamerale per l'infanzia,
premesso:
che la legge 31 dicembre 1998, n. 476, è stata frutto di un lungo e laborioso
lavoro in sede parlamentare che, innovando la precedente legge 4 maggio 1983, n.
184, ha recepito la Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione
in materia di adozione internazionale fatta all’Aja il 29 maggio 1993, ponendo
regole certe e controlli adeguati in un campo, quale quello dell’adozione
internazionale, delicato e difficile;
che il successivo decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1999, n.
492, nell’intenzione di rendere trasparenti le pratiche relative all’adozione
internazionale ed incentivare gli enti ad una maggiore collaborazione, contiene,
però, anche disposizioni di carattere procedurale che possono essere
semplificate;
che la Commissione affari sociali nel corso della XIII legislatura ha votato all’unanimità
la risoluzione n. 7-00997, con la quale richiamava il Governo ad attenersi allo
spirito della legge 31 dicembre 1998, n. 476;
che il nostro Paese ha ratificato la Convenzione dell’ Aja ritenendo di
affidare ai soli enti autorizzati la titolarità a svolgere le pratiche per le
adozioni internazionali, a differenza di altri Paesi che hanno ritenuto di
mantenere la possibilità anche per le famiglie di rivolgersi direttamente alle
autorità dei paesi di provenienza dei minori. Tale scelta però non può
risultare in alcun modo penalizzante per i tanti bambini in attesa di una
famiglia, per le aspiranti famiglie adottive e per gli enti che devono essere
in numero adeguato a livello nazionale;
che lo spirito della legge 31 dicembre 1998, n. 476, era quello di adeguare l’istituto
dell’adozione internazionale ad una maggiore aderenza alla tutela dei diritti
dei minori ponendo al centro la necessità di dare una famiglia ad un minore
abbandonato individuando nella semplificazione della parte relativa alla
produzione della documentazione uno strumento per rendere più accessibile alle
coppie aspiranti all’adozione l’avvicinamento a tale istituto giuridico,
rimanendo ferma la necessità di una piena tutela dei diritti del minore ad una
famiglia;
che il Ministro per le pari opportunità, delegato ad esercitare le funzioni di
indirizzo politico nella materia delle adozioni internazionali, ha dichiarato la
propria disponibilità ad esaminare le problematiche connesse alla complessità
della procedura di adozione, con l’obiettivo di semplificare gli adempimenti,
garantendone, al contempo, la trasparenza, in funzione della tutela del
superiore interesse del minore;
che dal momento dell’entrata in vigore della citata legge 31 dicembre 1998, n.
476, e del successivo regolamento attuativo (decreto del Presidente della
Repubblica 10 dicembre 1999, n. 492) le famiglie aspiranti all’adozione continuano ad incontrare crescenti difficoltà burocratiche nell’accesso
all’istituto dell’adozione con conseguenti attese che si prolungano a volte
fino a tre-quattro anni;
che il numero delle adozioni conclusosi con l’entrata dei minori in una
famiglia, pur incrementato nel 2002, è comunque di molto inferiore al numero
delle idoneità rilasciate dai tribunali per i minorenni, e tale discrepanza è
anche il frutto dei tempi di attesa eccessivamente dilatati richiesti dagli enti
autorizzati;
che pur valutando positivamente l’iniziativa presa dal Ministro per le pari
opportunità e dalla Commissione per le adozioni internazionali volta a
stabilire parametri congrui di spesa, questa varia a seconda delle associazioni,
e comunque troppo spesso risulta eccessiva per una famiglia che percepisca un
reddito da lavoro dipendente, e talvolta differente tra associazione e
associazione;
che non risulta sia stata attivata alcuna modalità per facilitare ed accelerare
l’inserimento nelle famiglie dei bambini in età scolare che da più tempo
permangono negli istituti, pur essendosi recentemente realizzato un incremento
di tale tipo di adozione;
che le norme che regolano l’adozione internazionale, risultanti dalla lettura
congiunta della legge 31 dicembre 1998, n. 476, e della legge 28 marzo 2001, n.
149, risultano avere spesso dato adito ad interpretazioni diverse, sia per
quanto riguarda la definizione del nuovo limite di età, innalzato a 45 anni, e
la conseguente eventuale differenza di età tra adottanti e adottati, sia per
quanto riguarda la trascrizione del nuovo cognome del minore adottivo, che in
seguito a decreto di adozione definitivo viene spesso ancora riportato con il
cognome dei genitori naturali. Le interpretazioni in particolare di tali due
norme sono risultate discordanti non soltanto tra i diversi tribunali per i
minorenni, ma anche all’ interno degli stessi tribunali;
che si registra inoltre, da parte di alcuni tribunali per i minorenni, nel
rilasciare alle coppie 1’idoneità all’adozione, la tendenza ad indicare
anche l’età massima dei minore che i coniugi possono accogliere nella propria
famiglia, identificandola nell’età prescolare o addirittura nei primissimi
anni di vita. Tale tendenza, pur motivata con le maggiori difficoltà di
inserimento del minore in età scolare e con la giusta ricerca del "migliore
incontro" tra bambino e genitori adottivi, potrebbe non rispecchiare la
finalità della legge, che non fa alcun riferimento a tale limite di età del
minore, avendo il legislatore già esplicitamente formato il tema dell’età
tra adottanti e adottato;
che l’articolo 45 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante norme
in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, limita l’estensione
delle disposizioni in materia di riposi giornalieri, nei casi di adozione e di
affidamento, al primo anno di vita del bambino, rischiando di creare con ciò una
disparità di interpretazione e di trattamento rispetto ai bambini che vengono
adottati oltre il primo anno di età,
impegna il Governo:
a garantire alle coppie che vogliono adottare un bambino
straniero la libertà di rivolgersi, indipendentemente dalla regione di
residenza, ad uno degli enti autorizzati;
a prevedere, nell’ambito di un nuovo regolamento di attuazione della legge 31
dicembre 1998, n. 476, i casi specifici nei quali la Commissione per le adozioni
internazionali, in applicazione del principio generale sancito dall’articolo
14 della Convenzione dell’Aja, possa, su richiesta, svolgere direttamente, o
delegando ad ente autorizzato, le procedure per l’adozione di cui all’articolo
31 della legge 4 maggio 1983, n. 184, così come modificata dalla legge 31
dicembre 1998, n. 476;
ad assumere iniziative volte a fornire una uniforme interpretazione della nuova
normativa, relativamente al cognome degli adottati ed all’atto di nascita
contenente le nuove generalità del minore indicate nella sentenza di adozione,
attivando in tal senso le prefetture e tutti gli organi competenti per una
uniforme e corretta applicazione della norma da parte degli enti locali preposti;
ad adottare iniziative che chiariscano la possibilità dell’inserimento nelle
famiglie anche dei minori in età scolare, evitando eventuali autonome e
diversificate interpretazioni della legge da parte dei tribunali per i minorenni
tramite l’inserimento del limite massimo di età del minore da adottare, non
previsto dal legislatore;
a promuovere una campagna di informazione che sensibilizzi sulle finalità dell’istituto
dell’adozione, con particolare riferimento all’esigenza di dare una famiglia
a chi non ce l’ha, sottolineando anche la possibilità di adottare bambini in
età scolare, al fine di evitare eventuali discriminazioni;
ad insistere nella promozione di iniziative finalizzate a mantenere e migliorare
l’attuale tendenza positiva a favore delle adozioni di bambini di età
superiore a sei anni, prevedendo eventuali forme "accelerate" nell’iter
di adozione per le famiglie che intendano accogliere minori di età superiore ai
sei anni, fàcilitando in tal modo l’inserimento in famiglia e dedicando loro
specifiche azioni di formazione e accompagnamento;
ad assumere idonee iniziative ed indirizzi affinché la previsione di cui all’articolo
45 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante norme in materia di
tutela e sostegno della maternità e della paternità, relativa alla
possibilità di fruire di riposi giornalieri per i genitori entro il primo anno
di vita del bambino, sia ovviamente da riferirsi, per quanto riguarda i genitori
adottivi, al primo anno dall’ingresso effettivo del bambino nella famiglia
adottiva;
ad intensificare le azioni di informazione alle coppie aspiranti all'adozione
tramite la predisposizione di strumenti di informazione di carattere generale
fin dal momento della richiesta di rilascio di idoneità all’adozione presso
il tribunale dei minori; il lancio di campagne di sensibilizzazione e corretta
informazione in collaborazione con le autonomie locali; un aggiornamento e
approfondimento delle informazioni messe a disposizione sul sito internet della
Commissione per le adozioni internazionali, con particolare riguardo alle
specificità delle diverse aree del mondo dalle quali provengono i bambini, ai
problemi legati all’età degli stessi ed ai costi orientativi da sostenere;
a perseverare nella promozione di accordi bilaterali con quei Paesi che non
abbiano ratificato la Convenzione dell’Aja e di accordi o protocolli d’intesa
con i Paesi firmatari al fine di agevolare e rendere più trasparenti le
procedure per l’adozione;
ad intensificare lo sforzo volto a garantire maggiori strumenti, risorse e
personale alla Commissione per le adozioni internazionali, per potenziare il
pieno svolgimento delle attività previste dalla normativà vigente;
a prevedere l’emanazione di un nuovo regolamento di attuazione della legge 31
dicembre 1998, n. 476, che tenga conto degli elementi di valutazione aggiuntivi
emersi nel corso delle nuove esperienze acquisite anche in seguito alla modifica
della legge 4 maggio 1983, n. 184, dei limiti evidenziati dal regolamento
attualmente in vigore e delle osservazioni della Commissione parlamentare per l’infanzia;
a promuovere forme di sostegno economico a favore delle coppie meno abbienti
anche attraverso l’istituzione di un apposito fondo presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri, mediante l’offerta di servizi e con una
semplificazione delle procedure;
ad assicurare un maggiore controllo ed uniformità circa la partecipazione alle
spese richiesta dagli enti autorizzati alle famiglie, anche in riferimento ai
corsi di formazione a pagamento;
a prevedere nel nuovo regolamento forme di cooperazione tra Autorità centrale
per le adozioni internazionali ed enti, al fine di un impegno comune a favore
delle coppie meno abbienti, secondo parametri determinati dalla Commissione per
le adozioni internazionali, che assicurino una riduzione dei costi per le
procedure, anche in attuazione del citato articolo 14 della Convenzione dell’Aia;
a prevedere nel nuovo regolamento criteri e norme di comportamento ai quali gli
enti autorizzati debbano attenersi, stabilendo altresì forme graduali di
censura in caso di mancato rispetto;
a stabilire nel nuovo regolamento criteri di incompatibilità tra 1’appartenenza alla Commissione per le adozioni internazionali e l’aver
ricoperto nei quattro anni precedenti incarichi negli enti autorizzati;
ad assumere idonei provvedimenti, anche legislativi, affinché, alle coppie in
possesso della dichiarazione di idoneità che abbiano dato mandato ad un ente
nel previsto termine di un anno senza che, per cause indipendenti dalla loro
volontà, sia stata avviata con buon esito la procedura di adozione, sia
consentito di potersi rivolgere, entro il termine di ulteriori sei mesi, ad
altro ente senza dover richiedere nuovamente la dichiarazione di idoneità;
a riferire almeno annualmente alla Commissione parlamentare per l’infanzia
sull’attività svolta dalla Commissione per le adozioni internazionali, con
particolare riferimento al numero di pratiche di adozione avviate, in corso e
concluse, agli accordi e ai protocolli d’intesa firmati o in corso di
elaborazione, nonché ad eventuali difficoltà riscontrate nelle procedure di
adozione.