Commissione parlamentare per l'infanzia

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
2 luglio 2003

Approvazione del Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per il biennio 2002/2004, ai sensi dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Vista la legge 23 dicembre 1997, n. 451, recante istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia ed in particolare l'art. 2 che prevede l'adozione ogni due anni del Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, con decreto del Presidente della Repubblica, sentita la Commissione parlamentare per l'infanzia e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

Visto l'art. 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13;

Visto l'art. 2, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo del soggetti in età evolutiva per il biennio 2002-2004, predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia;

Acquisito il parere della Commissione parlamentare per l'infanzia, reso nella seduta dell'8 aprile 2003;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

Decreta:

Art. 1.

1. È approvato il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età' evolutiva per il biennio 2002-2004, che forma parte integrante del presente decreto.

Il presente decreto, previa registrazione da parte della Corte dei conti, sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Dato a Roma, addì 2 luglio 2003

  • CIAMPI
    Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
  • Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
  •  

    Registrato alla Corte dei conti il 12 settembre 2003
    Ufficio di controllo preventivo sui Ministeri dei servizi alla persona e dei beni culturali, registro n. 4, foglio n. 338

    PIANO NAZIONALE DI AZIONE E DI
    INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI E LO
    SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA
    2002-2004

    Parte prima

    1. Premessa

    Con il Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004 il Governo conferma l'attenzione ai bambini e agli adolescenti come punto di partenza di ogni progetto politico teso a sviluppare il "sociale" in un'ottica di evoluzione, programmata sui mutamenti culturali e di costume.

    È il secondo Piano Nazionale da quando è in vigore la legge 23 dicembre 1997, n. 451 "Istituzione della Commissione Parlamentare per l'Infanzia e dell'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia".
    Le linee strategiche e le priorità individuate dal Governo in questo Piano discendono sia dal lavoro svolto nei mesi scorsi dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, sia dalla verifica delle azioni e delle iniziative realizzate nel periodo giugno 2000-giugno 2002 svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Centro nazionale di documentazione e Analisi sull'infanzia e l'adolescenza e con tutte le Pubbliche Amministrazioni coinvolte nelle "politiche a misura di bambino".

    Il principio generale che informa tutte le azioni del nuovo Piano è il dettato fondamentale dell'interesse superiore del fanciullo, enunciato nella Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176.
    Tale principio deve essere una considerazione preminente in tutte le decisioni relative ai minori, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi.
    Si richiamano, inoltre, tutti gli impegni sottoscritti dall'Italia nel documento conclusivo della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all'Infanzia, svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002. In particolare le linee di questo piano pongono a loro fondamento l'impegno n. 15 del documento sopraccitato il quale afferma che la famiglia è il nucleo di base della società e come tale deve essere potenziata e ha diritto a ricevere una protezione e un sostegno totale e l'impegno n. 29 il quale indica che il quadro di riferimento degli interventi a favore dei bambini e degli adolescenti è costituito dai principi generali dell'interesse preminente del bambino, della non discriminazione, della partecipazione, del diritto alla vita e allo sviluppo.
    Ad ogni modo il Governo, con questo Piano, si impegna a non lasciare intentato alcuno sforzo al fine di proseguire nell'impresa di creare un mondo a misura di bambino, che sia fondato sulle conquiste raggiunte nel corso del decennio passato e ispirato ai principi della priorità dell'infanzia. In modo solidale con un vasto numero di partner il Governo si impegna a portare avanti un movimento globale a favore dell'infanzia, (,,,) sostenuto dalla consapevolezza che, attribuendo la massima priorità' ai diritti dei bambini, alla loro vita, alla loro protezione e al loro sviluppo, si serve l'interesse generale dell'umanità intera e si garantisce il benessere di tutti i bambini in tutte le società.

    2.    Attuazione del Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000 - 2001

    Il monitoraggio sull'attuazione del precedente Piano mostra come il periodo 2000-2002 sia stato ricco di interventi legislativi e di azioni a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia, stimolati, soprattutto, dalla progettazione "partecipata" e dai finanziamenti della Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza".

    2.1 Interventi legislativi e Convenzione Onu

    In tema di riconoscimento dei diritti è stato approvato dal Parlamento il disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei bambini; sono in corso di esame due disegni di legge sull'ascolto dei minori non solo nei procedimenti giudiziari ma anche in quelli amministrativi (in attuazione della Convenzione europea sull'ascolto dei minori). In tema di organi di tutela il progetto di legge n. 2.517 "Misure urgenti e delega al Governo in materia di diritto di famiglia e dei minori" e il progetto di legge n. 2.501 "Modifiche alla composizione ed alle competenze del tribunale penale per i minorenni" di iniziativa governativa si propongono di attuare una riforma organica della magistratura minorile.
    È stato presentato un disegno di legge sull'istituzione del pubblico tutore dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, uffici di tutela minorili e difensori dei diritti dei bambini.

    2.2 Il miglioramento delle condizioni di vita dei minori

    Attraverso la legge 28 agosto 1997, n. 285 si sono avviate azioni di rilancio, monitoraggio e valutazione sui programmi sviluppati durante la sua attuazione, azioni di sostegno alle aree prioritarie nella sua applicazione e progetti da essa finanziati volti a sostenere le relazioni familiari del minore. Un manuale sulla metodologia di piano è stato realizzato per aiutare gli Enti locali a utilizzare la legge n. 285/1997 e per sviluppare progetti innovativi nel campo dei servizi.
    Il sostegno alle famiglie si è attuato attraverso azioni di diffusione della conoscenza nel paese sulla nuova legge dei congedi parentali (L. 53/2000), la valutazione della sperimentazione in atto i n materia di reddito minimo di inserimento, una campagna informativa rivolta alle famiglie sui diritti dell'infanzia.
    Numerosi sono gli interventi di sviluppo in tema di fruizione degli spazi: la promozione del progetto Città sostenibili delle bambine e dei bambini, dei progetti per la fruizione dei beni artistici rivolti ai minori, dei "Contratti di quartiere", dei "progetti 285" sui temi del rapporto tra infanzia e ambiente urbano.
    I servizi alla persona e il sostegno allo sviluppo dei servizi innovativi a favore della famiglia e dei minori passa in primo luogo per l'approvazione del disegno di legge sui servizi socio - educativi per i bambini di età inferiore ai tre anni.
    L'art. 70 della Legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Finanziaria 2002) ha istituito un Fondo per gli asili nido (fissato in 50 milioni di euro per l'anno 2002, 100 milioni di euro per l'anno 2003 e 150 milioni di euro per l'anno 2004), che deve essere ripartito alle Regioni dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentita la Conferenza Unificata Stato - Regioni - Città. Le Regioni, poi, provvedono a ripartire le risorse finanziarie tra i comuni, singoli o associati, che ne fanno richiesta per la costruzione e la gestione degli asili nido nonché di micro-nidi nei luoghi di lavoro.
    In secondo luogo è stata svolta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la collaborazione del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l'Infanzia e l'Adolescenza un'indagine sulla presenza dei servizi per l'infanzia sul territorio nazionale.
    Sono stati definiti indirizzi e individuate azioni di supporto per iniziative di formazione e sperimentazione delle figure tecniche di sistema a sostegno della qualità dei servizi. Sono state elaborate linee di indirizzo ed azioni di promozione per sostenere l'attivazione e l'utilizzo di fondi europei da parte degli enti di governo locale e dei soggetti del privato sociale.
    Sono state promosse iniziative di formazione congiunta - attraverso azioni coordinate e concertate tra Ministeri e tra essi e le Regioni - rivolte agli operatori dei servizi sociali, sanitari e educativi.
    La definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e il Piano Nazionale Sanitario 2002-2004 garantisce un livello essenziale ed appropriato di assistenza ostetrica e pediatrica neonatologica; garantisce che il bambino sia curato in ospedale soltanto nel caso in cui l'assistenza di cui ha bisogno non possa essere fornita a pari livello a domicilio o presso ambulatori; garantisce adeguata assistenza al bambino con malattie croniche e disabilitanti, accentuando la tendenza alla deospedalizzazione con adeguati piani di assistenza sul territorio; assicura in ogni ospedale delle aree a cui possano accedere, in condizioni di urgenza-emergenza, i minori e attivare in ambito regionale strutture ospedaliere di riferimento per l'urgenza-emergenza pediatrica.

    2.3 Interventi per l'adolescenza

    La "cittadinanza attiva" è stata attuata attraverso la promozione della conoscenza da parte degli studenti dello Statuto degli studenti della scuola secondaria e delle Consulte provinciali degli studenti, il sostegno e la valorizzazione dei luoghi di aggregazione giovanile spontanea, la promozione dell'educazione itinerante (educatori di strada), la promozione della messa in rete dei servizi scolastici ed extrascolastici e delle risorse sul territorio, la promozione di strumenti di partecipazione quali lo statuto cittadino degli adolescenti, i referendum consultivi locali, la conferenza annuale cittadina sull'adolescenza, i patti per l'uso del territorio.
    Per la prevenzione del disagio adolescenziale si sono sostenute azioni di promozione di "Spazi Giovani" nei luoghi di aggregazione spontanea, orientati alla prevenzione, informazione ed educazione sanitaria in cui siano privilegiati interventi a carattere psicologico e formativo.
    Si è realizzato con la riforma del sistema scolastico un sistema formativo integrato scuola - formazione professionale - lavoro e assicurata, per l'avvio al mondo del lavoro, la disponibilità di strutture di conoscenza e di informazione. Viene incentivato il processo di individuazione delle competenze all'interno di un sistema di crediti didattici e formativi.
    Sono state realizzate nuove forme di coinvolgimento della famiglia, in particolare dando piena attuazione alla riforma degli Organi collegiali.
    Sono state ampliate, nella scuola, le finalità e la metodologia dell'educazione alla salute anche attraverso un coordinamento con i servizi che operano nella scuola (quali i Sert, i servizi di salute mentale, la riabilitazione dell'età evolutiva, la pediatria di comunità).
    Il miglioramento delle condizioni di vita degli adolescenti è partito dall'approfondimento dei fenomeni del "disagio dell'agio" e della violenza degli adolescenti (bullismo, violenza negli stadi, bande).
    Si è operato per ridurre l'abbandono scolastico, per estendere e sostenere corsi di recupero per i giovani che intendano riprendere la formazione scolastica e potenziare le opportunità formative per i minori prosciolti dall'obbligo scolastico, ma con alle spalle un'esperienza scolastica sofferente e mortificata.
    Sono monitorate le situazioni di disagio giovanile ed è stata effettuata una formazione specifica degli insegnanti.
    Sono stati incrementati, nei confronti dei giovani coinvolti in comportamenti penalmente rilevanti, interventi di risocializzazione anche attraverso l'esperienza della mediazione penale.

    2.4 La tutela a favore di minori vittime di abusi e sfruttamento sessuale

    Contro le violenze sessuali di cui sono vittime i minori si è realizzata un'intensa attività di coordinamento delle attività svolte da tutte le pubbliche amministrazioni per la prevenzione, l'assistenza anche in sede legale e la tutela dei minori vittime di sfruttamento sessuale.
    Per la prevenzione del fenomeno si è incrementata l'azione dei nuclei di polizia giudiziaria istituiti presso le questure e la collaborazione con analoghi organismi esistenti negli altri Paesi europei.
    È stata continuamente monitorata l'attuazione della Legge 3 agosto 1998, n. 269 "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù".
    È stata avviata una Campagna di informazione e sensibilizzazione rivolta a tutti i genitori, finalizzata alla valorizzazione della maternità e paternità.
    Contro i maltrattamenti e gli abusi nei confronti dei minori si è proceduto al reperimento dei dati relativi al fenomeno ed alla mappatura dei servizi e delle risorse disponibili per gli interventi di prevenzione e contrasto.
    Si sono realizzate campagne di sensibilizzazione e di formazione specifica di concerto tra diversi Ministeri nei confronti dei professionisti che hanno particolari rapporti con l'infanzia.
    Si è promossa la stipula di protocolli di intesa tra le varie istituzioni che si occupano del problema.
    Si è avviata la riqualificazione del sistema delle accoglienze residenziali per minori attraverso la fissazione di standard e linee operative.
    È stata sostenuta l'attivazione di servizi attraverso l'adozione di interventi integrati sociosanitari e socioeducativi con equipe territoriali di raccordo specializzate.
    In tema di sfruttamento dei minori sul lavoro si è proseguita la lotta contro le forme più intollerabili di lavoro minorile e contro il lavoro nero degli adolescenti attuando un'azione sinergica tra ispettorati di lavoro, pubblica sicurezza, insegnanti e società civile tutta.
    Si sono promossi programmi di sostegno alla frequenza scolastica, con la previsione di forme flessibili di rientro a scuola e percorsi di formazione mirati, con metodi e forme di apprendimento che possano vincere l'atteggiamento di scarsa motivazione dei ragazzi che hanno sperimentato insuccessi scolastici.
    Si è riformulato un sistema formativo flessibile che consenta processi di sinergia tra scuola e lavoro e/o esperienze di alternanza scuola -lavoro nel ciclo secondario.
    Si sono promosse campagne di informazione per la promozione della formazione (in particolare il sostegno all'esperienza dei "maestri di strada").
    Si è sostenuta l'autonomia scolastica che permette di far fronte alle diversità del fenomeno nei differenti territori e la formazione degli operatori che, in diversi settori, si occupano della problematica, in particolare degli ispettori del lavoro, degli assistenti sociali, degli educatori, degli insegnanti, ma anche degli agenti di pubblica sicurezza.

    2.5 Gli interventi di tutela e protezione dei minori stranieri

    La protezione e integrazione nei confronti dei bambini e degli adolescenti stranieri presenti in Italia è stata attuata in primo luogo attraverso la realizzazione da parte del Comitato minori stranieri di un censimento nazionale sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati allo scopo di mettere a punto standard di accoglienza uniformi sul territorio nazionale e di avviare opportuni rapporti con i Paesi di provenienza ed in secondo luogo attraverso il tempestivo accertamento dell'identità del minore e l'identificazione del suo nucleo familiare in patria e dei suoi congiunti.
    Si sono avviate adeguate politiche dell'integrazione soprattutto a livello scolastico (vigilando sull'adempimento dell'obbligo scolastico, adattando i programmi, attuando interventi individuali o di gruppo per il superamento di particolari difficoltà, sviluppando nella scuola un'educazione attenta alla multiculturalità) e promosse iniziative di formazione congiunta per gli operatori dei servizi sociali, sanitari, educativi e scolastici e per gli adulti appartenenti alle comunità straniere e nomadi.
    Si sono avviati programmi per i bambini e per le madri di sostegno per l'apprendimento della lingua italiana nei primi anni di inserimento scolastico e, allo stesso tempo, la traduzione in lingua delle principali comunicazioni tra la scuola e la famiglia.
    Si favorisce l'inserimento dei minori attraverso l'aggiornamento costante del corpo insegnanti e l'utilizzo di figure quali i mediatori culturali.
    Si promuove l'adozione di moduli e materiali didattici adeguati ai diversi bisogni. Si è avviata una campagna di informazione e sensibilizzazione presso le famiglie immigrate contro le mutilazioni genitali delle bambine.
    Per i minori stranieri sottoposti a provvedimenti coercitivi si è incrementata la presenza di mediatori culturali nelle carceri minorili e si sono promosse azioni specifiche di formazione e aggiornamento per gli operatori.
    Contro lo sfruttamento del minore straniero si è promossa l'attuazione della legge 269/98 attraverso sia azioni di polizia, per colpire lo sfruttamento del minore nella prostituzione e nelle attività criminali, sia azioni di sostegno volte al recupero ed al rientro assistito, se possibile, nel Paese di origine sia ad azioni di integrazione sociale.

    2.6 Gli interventi di sostegno nei confronti dell'infanzia in difficoltà in altri Paesi nel mondo

    Si è rafforzato lo strumento della cooperazione internazionale e del sostegno a distanza e si ricorre più sistematicamente a programmi multisettoriali integrati e ad iniziative di sensibilizzazione perché si sviluppi nei Paesi di origine una cultura a favore dell'infanzia.
    Si è attuata la riserva, nell'ambito degli stanziamenti per la realizzazione di vari programmi nei Paesi beneficiari, di una quota dei finanziamenti per iniziative a favore dell'infanzia.
    Si investe nel settore educativo e si prevedono nei programmi di cooperazione anche interventi di lotta al lavoro minorile, con strategie di incentivazione a favore dei paesi in via di sviluppo.
    Si è avviato il coordinamento tra cooperazione governativa e cooperazione decentrata, e tra gli interventi di cooperazione sviluppati dalle istituzioni pubbliche e quelli promossi dal privato sociale.
    Sono stati aumentati i fondi per la cooperazione allo sviluppo finalizzata ad interventi volti al miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo per l'infanzia in difficoltà.
    Particolare attenzione è stata dedicata anche all'ospitalità temporanea in Italia di ragazzi stranieri attraverso un'adeguata selezione delle famiglie e delle strutture di accoglienza dei minori stranieri, le segnalazioni ai servizi sociali locali delle situazioni di temporanea ospitalità, la definizione dei livelli di responsabilità dei diversi organismi coinvolti e il controllo delle associazioni.

    2.7  Il quadro riassuntivo degli interventi e dei progetti attuati nel primo triennio di applicazione della legge 285/97

    La Banca dati dei servizi e delle esperienze sull'infanzia, l'adolescenza e la famiglia promossa a livello locale con i fondi della L.285/97, realizzata dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza per raccogliere la documentazione, debitamente organizzata e catalogata, dei piani territoriali d'intervento, dei progetti esecutivi e delle attività realizzate a livello di ambito territoriale, consente di tracciare un primo quadro sulle esperienze regionali e delle città riservatarie per il primo triennio.
    La banca dati al 31 maggio 2002 fornisce uno spaccato informativo di natura quantitativa e qualitativa sui progetti e sugli interventi attivati nell'ambito della L.285/97.
    I progetti, complessivamente considerati, presenti nella Banca dati sono risultati 2.863.

    Tavola 1 - Progetti secondo l'articolo o gli articoli della legge a cui fanno riferimento e regione (primo triennio).

        Articoli

        Totale

         




        Regioni




        Art. 4




        Art. 5




        Art. 6




        Art. 7




        Altro



        non indicato




        v.a.




        %

        Progetti
        per
        10.000 minori
        di 0-17 anni

        Piemonte

        92

        28

        65

        21

        63

        1

        270

        9,4

        4,3

        Valle D'Aosta

        1

        -

        4

        -

        -

        -

        5

        0,2

        2,8

        Lombardia

        174

        29

        70

        32

        0

        20

        325

        11,4

        2,3

        Trentino Alto Adige

        1

        0

        5

        0

        0

        5

        11

        0,4

        0,6

        Veneto

        113

        19

        66

        39

        6

        18

        261

        9,1

        3,6

        Friuli-Venezia Giulia

        64

        7

        26

        30

        11

        14

        152

        5,3

        9,5

        Liguria

        46

        4

        28

        4

        0

        2

        84

        2,9

        4,1

        Emilia-Romagna

        16

        4

        3

        8

        46

        9

        86

        3,0

        1,6

        Toscana

        158

        41

        98

        44

        1

        2

        344

        12,0

        6,9

        Umbria

        12

        7

        12

        5

        3

        0

        39

        1,4

        3,1

        Marche

        43

        6

        67

        22

        3

        13

        154

        5,4

        6,7

        Lazio

        75

        9

        34

        16

        36

        1

        171

        6,0

        1,9

        Abruzzo

        20

        2

        5

        2

        20

        0

        49

        1,7

        2,1

        Molise

        3

        0

        1

        0

        10

        1

        15

        0,5

        2,5

        Campania

        111

        6

        14

        2

        27

        7

        167

        5,8

        1,2

        Puglia

        70

        13

        62

        13

        48

        8

        214

        7,5

        2,4

        Basilicata

        2

        0

        2

        0

        20

        0

        24

        0,8

        1,9

        Calabria

        77

        9

        81

        17

        13

        24

        221

        7,7

        4,9

        Sicilia

        98

        2

        68

        12

        37

        1

        218

        7,6

        1,9

        Sardegna

        15

        4

        8

        4

        6

        11

        48

        1,7

        1,5

        non indicato

        1

        0

        0

        0

        1

        3

        5

           

        ITALIA

        1.192

        190

        719

        271

        351

        140

        2.863

        100,0

        2,8

    Uno dei criteri di classificazione dei progetti riguarda l'articolo o gli articoli di legge a cui fanno riferimento, cosa che evidenzia, innanzitutto, che mediamente ogni progetto fa riferimento a più di un articolo.
    Nel merito si presenta più frequentemente nei progetti l'art. 4 (Servizi di sostegno alla relazione genitori-figli, di contrasto della povertà' e della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali).
    I progetti ex art. 4 sono pari a 1.455 (il 45,3% del totale delle frequenze). Anche l'art. 6 ha una frequenza molto alta (Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero): pari al 32,4% del totale. Molto meno frequente è l'art. 7 (Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza) - 437, pari al 13,6% del totale - e ancor meno l'art. 5 (Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia) - 278, pari al 8,7% del totale -.
    Appare evidente che ambiti territoriali e città riservatarie si sono maggiormente attivati in progetti e interventi che si riferiscono agli articoli di legge che, seppur non tralasciando gli aspetti innovativi, contemplano un approccio più tradizionale alle tematiche dell'infanzia e dell'adolescenza.Difficile dire quanto questa scelta sia motivata da una attenta analisi dei bisogni e quanto condizionata da una relativa maggior semplicità nella redazione dei progetti e nella organizzazione degli interventi, oltre che dalla sicurezza derivante dal cimentarsi su terreni più vicini e consueti.
    Nel dettaglio, si contano nella Banca dati 1.192 progetti riferiti esclusivamente all'art. 4, 190 riferiti esclusivamente all'art. 5, 719 all'art. 6 e 271 all'art. 7. Tra le soluzioni miste, interessante risulta il valore dell'art. 4 combinato con l'art. 6 che riguarda 146 progetti e dell'art. 6 combinato con l'art. 7 relativo a 73 progetti.
    Tutte le altre combinazioni mostrano valori decisamente più contenuti e sistematicamente inferiori ai 40 progetti.
    Un quadro più approfondito è delineato nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 285/97, all'esame delle Camere.

    2.8 Uno sguardo d'insieme alla legge 285/97 per un nuovo impulso alla progettazione

    Dall'attività di ricognizione sui progetti realizzati in attuazione della legge 285/97 emergono punti di forza e punti di debolezza.
    Tra i punti di forza vanno segnalate le attività di promozione e di formazione realizzate dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l'Infanzia e l'Adolescenza.
    Le attività promozionali sono state pensate nei termini di attivazione di circoli virtuosi, di trasformazione di vincoli in risorse e di partecipazione allargata dei soggetti istituzionali e hanno implicato la partecipazione di tutti gli attori in gioco nella messa a punto del progetto con la conseguente costruzione di una partnership sia con le Regioni che con i successivi referenti territoriali individuati riassumendo in sé le dimensioni qualificanti sia della progettazione partecipata che di quella dialogica. Si è arrivati ad una vera e propria co-costruzione di interventi promozionali confezionati a misura di contesto e configurati a partire dalle narrazioni fatte dai protagonisti territoriali da cui trarre ed evidenziare eventuali processi di blocco da trasformare in oggetti di lavoro.

    Figura 2 - Il percorso metodologico: co-progettazione

    Obiettivi
    1. Definizione ambito o sub-ambito

    2. Individuazione referente territoriale
    3. Acquisizione conoscenza approfondita area territoriale di intervento
    4. Individuazione punti di forza e trasformazione
    5. Definizione tipologia di intervento "calibrato" sul territorio
    Protagonisti
    1. Staff - CNDA

    2. Referenti regionali
    3. Referenti territoriali

    Strumenti e Strategie

    1. Interviste in profondità (griglia mirata) Strategie

    2. Co-costruzione percorso promozionale 285

    In sintesi l'attivazione della partecipazione dei diversi attori interessati più o meno direttamente all'esperienza promozionale si è rivelata conditio sine qua non e dimensione qualificante di tutta l'azione progettuale e valutativa, in quanto ha consentito ai diversi attori protagonisti di attivare e riconoscere come propri i processi di coprogettazione del prodotto finale, di condividere e rendere 'meno rischioso il percorso di valutazione e, soprattutto, di attribuire alle attività promozionali un significato-valore per se stessi e per la propria realtà territoriale.
    Questo essenzialmente il plus valore dei progetti pilota realizzati e della modalità valutativa adottata. Certo con sfumature, modalità e significati diversi ma, a detta degli stessi operatori, presente in ogni contesto raggiunto: la costruzione di un significato-valore pubblico che ha consentito di intravedere nuovi percorsi progettuali, nuove strategie e nuove azioni future.
    Con riferimento alle attività di formazione, se la legge n. 285/97 è da considerare un laboratorio per le specificità che la caratterizzano, la formazione nazionale per la l. 285/97 è in realtà un 'laboratorio nel laboratorio, e la conclusione della terza annualità può anche in questo caso consentire alcune considerazioni di sintesi più mirate.
    Si può parlare di legge n. 285/97 come laboratorio, perché con 2863 progetti esecutivi e i 6927 interventi realizzati in tutta Italia, si sono concretizzati diritti ed opportunità per l'infanzia e l'adolescenza ed anticipati di fatto diversi strumenti previsti dalla riforma per tutte le politiche sociali: gli strumenti per la mobilitazione delle risorse sul territorio; le nuove collaborazioni fra i vari soggetti istituzionali, specie in tema di pianificazione e gestione del lavoro di rete; le collaborazioni non meno importanti fra istituzioni e soggetti del privato-sociale; la progettazione partecipata; gli strumenti ed i modelli di monitoraggio e di valutazione che proprio nel corso del 2001 e del 2002, con la conclusione di tutti i progetti connessi alla prima triennalità, saranno compiutamente sperimentati.
    Si può parlare di l. 285 come laboratorio nel laboratorio perché molti degli input che sono stati dati - dal primo manuale 285 al secondo manuale più metodologico - e più ancora quelli costruiti congiuntamente nelle 26 attività seminariali, dalle 2 alle 6 giornate ciascuna, realizzate fra il 1999 ed il 2000 con l'apporto di oltre 70 esperti a livello nazionale e sulle tematiche più varie (dalla pianificazione e programmazione nelle politiche sociali, alle problematiche della gestione e valutazione, dalle finalità progettuali alle procedure amministrative nella prima parte delle attività svolte; dai flussi informativi e dalla documentazione alla genitorialità, fino alle problematiche interistituzionali e di rapporto pubblico privato in ambito amministrativo nella seconda parte della formazione effettuata), rappresentano un patrimonio che ha consentito la realizzazione di nuove iniziative formative a livello territoriale ed una diffusa innovazione di molte prassi operative. Inoltre, in alcuni casi, si pensi ad esempio al personale amministrativo, non erano mai state realizzate iniziative di confronto così allargate ed è in questo modo che una scelta all'inizio ritenuta azzardata, riguardante proprio l'opportunità di organizzare iniziative rivolte anche agli amministrativi, si è rivelata una delle proposte formative più apprezzate ed utili in assoluto.
    Si conferma l'effetto incentivante che sembra avere la L. 285/97 per le politiche territoriali per l'infanzia e l'adolescenza. Ben 10, rispetto alle 8 delle precedente rilevazione (1), sono le regioni che dichiarano di aver adottato atti pubblici relativi a queste fasce d'età, conformi allo spirito delle legge.
    Ed in negativo si conferma il funzionamento del Gruppo Interassessorile, che è stato costituito ma non si è mai riunito in 6 regioni ed in altrettanti casi non è stato neppure costituito.
    __________________________

    (1) Per maggiori approfondimenti consultare la RELAZIONE ANNUALE AL PARLAMENTO SULLA STATO DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE 28 AGOSTO 1997, N 285

    Sono ben 12 le regioni che hanno attivato iniziative di raccordo tra i Piani, coordinamento che nella gran parte dei casi (10) avviene attraverso una o più riunioni regionali ed in 4 casi attraverso riunioni tecniche in tutti o in qualche ambito. Le circolari e le riunioni coordinate delle amministrazioni provinciali sono i mezzi attraverso i quali si esplica questo coordinamento. 
    Viene confermato che la funzione di coordinamento della Regione si è sviluppata più a livello di piani territoriali (ambiti) che a livello di progetti esecutivi. Sono 9 le regioni che dichiarano di non aver attivato iniziative di raccordo tra i progetti esecutivi, con un coordinamento a livello regionale. Tra le 6 regioni che hanno attivato tale raccordo, le modalità che vengono maggiormente utilizzate sono le riunioni regionali e quelle tecniche.
    La verifica dei piani territoriali coordinata a livello regionale è stata attivata in 13 regioni, a testimonianza di un'attenzione particolare posta al tema della verifica sullo stato di avanzamento dei piani. Questionari da riempire e riunioni periodiche sono le modalità maggiormente utilizzate per tale verifica.
    Le regioni che dichiarano di effettuare iniziative di monitoraggio/verifica sui progetti esecutivi sono 11, un numero sufficientemente alto da far pensare che ci sia una buona attenzione da parte delle Regioni alla verifica del livello operativo dei progetti.
    Seppur buona la risposta data dalle regioni in relazione al monitoraggio dei piani e dei progetti esecutivi, non altrettanto si può dire delle attività di valutazione in itinere. Il momento della valutazione è considerato come un atto successivo alla conclusione degli interventi. In realtà la valutazione è affidata a funzionari regionali che la attuano con le modalità di un mero controllo amministrativo e non anche come un'analisi della qualità dell'intervento stesso.
    La carenza di una valutazione in itinere fa sì che scarso sia il numero di regioni che apportano modifiche ai Piani territoriali approvati. Altro aspetto di parziale criticità è l'impiego delle risorse economiche.
    Solo 11 regioni hanno proceduto all'impegno ed alla liquidazione dell'ultimo anno del primo triennio.
    Invece al 30 aprile 2001 tutte le città riservatarie risultavano aver impegnato la quota di finanziamento relativa alla terza annualità del primo triennio.
    La liquidazione mostra invece una situazione diversificata da città a città e questo probabilmente anche in relazione al ritardo che in alcuni casi si è verificato nell'accreditamento dei fondi statali.
    In risposta a ciò alcune amministrazioni comunali hanno scelto di farsi carico del ritardo procedendo alla liquidazione con propri fondi al fine di garantire la continuità richiesta dagli interventi.

    Gli snodi critici:

    • i tempi dell'attuazione degli interventi e del follow up che non sempre hanno collimato con le esigenze di riprogrammazione del piano territoriale o che si sono collocati in contesti totalmente altri per il follow up;
    • il mantenimento delle trasformazioni avviate una volta conclusosi il percorso promozionale e la necessità riscontrata di una prosecuzione di attività di sostegno agli interventi di promozione (distinta sempre dalla consulenza tecnica) realizzate dal Centro eventualmente con il contributo delle regioni;
    • la necessità di un accompagnamento all'acquisizione di competenze a livello di gestione e di coordinamento rivolte ai soggetti istituzionali che svolgono una funzione di regia nel proprio ambito territoriale;
    • il trasferimento di questa metodologia in altri ambiti territoriali.

    I punti di forza delle attività realizzate:

    • la progettualità partecipata e dialogica;
    • la disponibilità dei referenti;
    • la co-costruzione degli interventi e del processo valutativo;
    • la realizzazione di interventi calibrati sui bisogni e sui territori;
    • l'attivazione di nuovi circuiti regolativi o la riattivazione tra i diversi soggetti istituzionali e non di circuiti regolativi bloccati o "irrigiditi";
    • la costruzione di reti sul territorio;
    • la mobilitazione culturale;
    • l'uscita dalla "solitudine" e la costruzione di un senso più ampio di appartenenza sovrazonale e di identità territoriale.

    Le buone pratiche

    Area sostegno alla genitorialità:

    • Stelle nascenti del Comune di Bari;
    • Crescere insieme del Comune di Busalla (GE);
    • Pane e cioccolata. Centro per bambini e famiglie del Comune di Orvieto (TR);
    • Servizio di sostegno alle famiglie con minori portatori di disagio sociale dell'Ausl Bologna sud - Distretto di Porretta Terme (BO);
    • Infanzia a rischio. Punti nascita dell'Asl di Napoli;
    • Nascita del bambino portatore dei handicap: sostegno alla famiglia e Fasi evolutive del bambino portatore di handicap: sostegno alla famiglia dell'Ulss 5 Ovest vicentino, Arzignano (VI);
    • A casa con sostegno: un aiuto i più per le famiglie con figli disabili del Comune di Parma;
    • Progetto socioeducativo dell'Ausl 4 Medio Friuli - Distretto sociosanitario, S. Daniele del Friuli (UD);
    • Diventare genitore; Ospitalità': famiglie che aiutano famiglie; Rapporti tra generazioni; Paprefu: educare alla pace e al rispetto ambientale; Spazi urbani per l'infanzia; Potenziamento dei servizi di rete per la prevenzione del rischio psicosociale del Comune di Ferrara

    Area adolescenti:

    • Costruire integrazioni, del Consorzio intercomunale dei servizi di Piossasco (To),
    • Dueottocinque spazi ed occasioni, del Consorzio intercomunale servizi socio-assistenziali di Cuorgné (To),
    • Quartiere Diamante, del Comune di Genova,
    • Argento vivo, del Comune di Pisa,
    • Ombelico del mondo, del Comune di Orvieto,
    • Fateci spazio, del Comune di Mantova,
    • Area giovani, del Comune di Ferrara,
    • Centro educativo di accoglienza, del Comune di Rovigo,
    • Chanche, del Comune di Napoli,
    • Centro aggregazione dell'ambito territoriale Castelli romani (Roma),
    • Interventi educativi territoriali, del Comune di Corigliano Calabro (Cs).

    Area maltrattamento ed abuso sessuale:

    • Punto di ascolto al pronto soccorso per violenza e maltrattamento a donne e bambini; Lavoro di rete sulla violenza per la promozione delle relazioni di cura; Adolescenze difficili del Comune di Venezia
    • Contrasto, prevenzione e presa in carico del fenomeno di abuso e maltrattamento dei minori del Comune di Trieste;
    • Maltrattanti e maltrattati della Provincia di Torino
    • Spazio Qui, Quo, Qua del Comune di Torino;
    • Progetto Peter Pan ; La famiglia con minori alla ricerca di un clima di felicità, amore e comprensione: le parole per dirlo; Progetto integrato ed interistituzionale per lo sviluppo di una cultura di tutela dei diritti dei bambini e l'evoluzione dei servizi per l'infanzia della Provincia di Milano;
    • Dall'isolamento all'integrazione. Una rete a protezione dell'infanzia, formazione di un gruppo per
    • contrastare l'abuso della Provincia di Lecco;
    • Centro per la famiglia dell'Azienda Usl di Vicenza;
    • Ampliamento del centro di accoglienza e consulenza sul maltrattamento e l'abuso all'infanzia Centro donne contro la violenza Catia Franci del Comune di Firenze;
    • Primi interventi di sensibilizzazione e formazione per la costituzione di una rete di servizi per la prevenzione, trattamento e recupero nei casi di maltrattamento, abuso di minori della Provincia di Perugia; Pierino e il lupo: progetto pilota per la prevenzione e l'intervento territoriale sull'abuso e il maltrattamento ai minori e Raggiungere gli irraggiungibili: un progetto di intervento domiciliare per i neonati ad alto rischio come intervento preventivo di contrasto del disagio psicologico e sociale del Comune di Roma;
    • Progetto di rete per la prevenzione e il trattamento del maltrattamento e dell'abuso all'infanzia del Comune di Napoli
    • Albachiara centro antiviolenza del Comune di Bari
    • Centro antiviolenza (Centro Crisalide) del Comune di Brindisi
    • Centro antiviolenza e casa di accoglienza Ondarosa del Distretto sanitario di Nuoro
    • Centro di sostegno, soccorso ed ospitalità per le donne e i figli minori vittime di violenza fisica, sessuale o di maltrattamenti del Distretto sanitario di Sassari
    • Interventi di prevenzione, di promozione e cura dei maltrattamenti, abusi, violenze e gravi trascuratezze dell'infanzia del Comune di Reggio Calabria.

    Area bambini ed adolescenti immigrati:

    • Al Giazirah (L'isola) del Comune di Palermo;
    • Kaleodoscomunity. Per una comunità accogliente del Comune di Manfredonia (Foggia);
    • progetto Problematica rom a Giulianova. La mediazione sociale del Comune di Giulianova (Teramo);
    • Polo interetnico. Progetto socioeducativo rivolto a minori stranieri ed italiani del Comune di Bologna;
    • In/oltre del Comune di Torino;
    • Le culture a scuola.
    • Progetto di educazione interculturale per l'integrazione di bambini e ragazzi stranieri a scuola del Comune di Venezia;
    • Bambini e nuove culture a Genova del Comune di Genova;
    • Programma di intervento in ambito di prostituzione minorile (progetto Miriam) della Provincia di Padova.

    Queste esperienze, pur rappresentando modi differenti di affrontare le tematiche relative ai target individuati, hanno offerto un importante spaccato sull'attuazione della Legge 285/97, focalizzandone le virtù e i nodi problematici su cui è necessario operare per migliorarne l'attuazione.

    1. La strategia europea a favore dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza

    È stata approvata nel dicembre 2000 la Carta Europea dei diritti fondamentali contenente disposizioni specifiche sui diritti dei bambini (art. 24 e 32).
    È stata istituita una Giornata europea dell'infanzia e dell'adolescenza da celebrarsi ogni anno nel mese di novembre (18 novembre 2000 Parigi; 9 novembre 2001 Bruxelles).
    È stato istituito il Gruppo intergovernativo permanente "Europe de l'Enfance" (composto da rappresentanti dei ministeri competenti in materia di infanzia e adolescenza).
    Il Governo italiano ha partecipato con impegno alle riunioni dei ministri degli Stati membri europei competenti in materia di infanzia e adolescenza (in occasione della giornata europea e in vista della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull'Infanzia).
    È stato istituito il Segretariato della Rete Europea di Centri Nazionali sull'infanzia e l'adolescenza e la gestione delle funzioni di coordinamento è stato affidato dal Gruppo intergovernativo al Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l'infanzia e l'adolescenza.

    Parte seconda

    1. Le strategie per il nuovo Piano

    Il Governo individua il punto di partenza di ogni azione politica tesa a costruire una società sempre più rispettosa della dignità di ogni persona nel riconoscimento e nella tutela dei diritti delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità per affrontare la realtà in modo responsabile e positivo.
    L'ambizioso obiettivo è superare le banalizzazioni che spesso caratterizzano gli argomenti cosiddetti trasversali, individuare le cause del malessere e le ragioni del benessere soprattutto del mondo adolescenziale e giovanile, capirne i valori e le aspirazioni.
    Per questo occorre pensare e scrivere regole dinamiche e flessibili di un "sociale in divenire", che renda tutti responsabili, attraverso un attivo coinvolgimento dei bambini, degli adolescenti e degli adulti, nel costruire la società civile.
    Il Governo riconosce l'importanza e la ricchezza dei risultati ottenuti dalle precedenti politiche sociali su temi che riguardano i diritti fondamentali dell'infanzia e dell'adolescenza. Si tratta ora, di concerto con il Parlamento, le Regioni e i Comuni, di approntare energiche strategie operative facendo proprio l'ascolto dei messaggi della vita quotidiana di bambini e adolescenti, a volte drammaticamente estremi.

    L'attenzione speciale che le Istituzioni devono dedicare ad un programma di interventi a favore dell'Infanzia e dell'Adolescenza va necessariamente orientata verso una svolta culturale di ridefinizione e riqualificazione dei "Servizi alla persona" sotto il profilo della solidarietà, della cooperazione, della promozione e del sostegno con contenuti innovativi e ampliativi dei diritti fondamentali. I minori che versano in situazione di disagio socio-familiare, quelli disabili, affetti da malattie croniche, sieropositivi, tossicodipendenti, ecc. sono portatori di "diritti"; pertanto la realizzazione di servizi che garantiscano tali diritti non si iscrive tra i meriti e le innovazioni dell'Amministrazione Pubblica, ma tra i "doveri" la cui inosservanza deve essere sanzionata.
    Ed è per questi motivi che un processo di cambiamento necessita prima di tutto di chiarezza sulle distinzioni tra interventi di orientamento amministrativo e interventi di stimolo del confronto parlamentare per migliorare l'apparato legislativo, modificando normative inadeguate o colmando lacune legislative.

    1.1 Diritti del minore e famiglia

    Il diritto primario del minore a vivere, a crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia è un principio che interessa in maniera trasversale tutte le politiche sociali. Esso è diritto costituzionalmente garantito e rafforzato dalla Legge 28 marzo 2001, n. 149 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile" che individua i presupposti per l'attuazione del diritto alla famiglia nella crescita, nella condizione della vita e nell'educazione del minore nell'ambito prioritario della famiglia di origine, senza limitazioni o ostacoli; esso è riconosciuto anche a minori che vivono in famiglie che versano in condizioni di indigenza e di temporanea difficoltà.

    L'importanza della famiglia e della centralità del suo ruolo nello sviluppo sociale è quindi un punto strategico anche per le politiche per i minori.
    La penalizzante condizione di disinteresse da parte del mondo politico, di cui ha sofferto in passato il pianeta famiglia, si deve principalmente all'influenza esercitata dall'ideologia individualistica che ha messo in crisi la storia, la tradizione e la cultura della società italiana, percepiti come non al passo con i tempi e quindi assolutamente da rivisitare.
    Principi fondanti dell'etica e della morale hanno lasciato il posto ad estemporanee ricette di comportamento: i genitori si sono trovati "spiazzati" nel loro ruolo di educatori a causa di un malinteso concetto di libertà e reciproco rispetto che ha contribuito all'anarchia nei rapporti tra genitori e figli, alla smarrita definizione di doveri e diritti, ad una cultura edonistica ed individualistica che è parsa sempre più rappresentare l'unico modello valido. Di questo fenomeno la politica è stata, al tempo stesso, causa ed effetto: causa per non aver saputo cogliere l'esatta portata della crisi per poi affrontarla con azioni efficaci; effetto per averne piuttosto subito, così esaltandoli, gli effetti negativi.

    La famiglia italiana reclama una protezione reale, concreta, attraverso il soddisfacimento dei suoi bisogni primari; reclama altresì un intervento pubblico discreto e al tempo stesso partecipante.
    L'intervento del settore pubblico deve poter consentire alla famiglia di essere protagonista nelle iniziative che la riguardano e di decidere le soluzioni nelle situazioni di disagio, diventando soggetto attivo di fronte ai propri bisogni.
    L'ingerenza statale nell'applicazione dei supporti offerti alle famiglie in difficoltà ha spesso sconfinato in situazioni di conflitto e "l'aiuto" ha provocato forti tensioni nei ceti sociali più deboli.
    Affermare questo non significa negare il ruolo fondamentale del pubblico nella tutela del minore in quelle situazioni, drammatiche, in cui l'allontanamento provvisorio o definitivo dal nucleo familiare di origine e spesso, addirittura, anche dall'ambito parentale più vasto è l'unica via per assicurare al minore il diritto al "benessere".

    Si vuole affermare piuttosto che c'è stato spesso un risultato indesiderato e che l'intervento di sostegno è stato visto come intervento punitivo a torto o a ragione: un meccanismo che non ha certo facilitato il consolidamento della funzione sociale come baluardo di progresso e di difesa dei valori familiari.

    La famiglia e l'educazione emergono quali nuove questioni sociali del terzo millennio.
    Tali questioni accompagneranno la politica attraverso una rivoluzione silenziosa che rafforzerà la popolazione italiana nel superamento della crisi del Welfare State.
    Un piano strategico di interventi per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza deve svilupparsi attraverso un impegno politico che prenda innanzitutto in considerazione il riconoscimento della relazione tra i minori e la famiglia.
    La famiglia non va soltanto sostenuta con agevolazioni economiche o con la creazione di servizi, ma va protetta e al tempo stesso "valorizzata" nella sua funzione primaria e innovativa di supporto sociale.
    È dalla famiglia e con la collaborazione della famiglia, che lo Stato può partire per la realizzazione di una politica nuova per l'infanzia.
    Troppo spesso si è assistito al tentativo di creare strutture e servizi per minori trascurando i primi servizi necessari, cioè il sostegno alle famiglie affinché i figli, soggetti autonomi di diritti e doveri, possano vivere, crescere ed essere educati.

    1.2 Famiglia e servizi

    Tra le forme di sostegno di primaria importanza riteniamo debba essere iscritta l'informazione puntuale dei diritti e delle opportunità presenti e attivabili sul territorio. Non sempre è correttamente conosciuto il ruolo e le competenze degli operatori sociali e l'esistenza stessa di alcuni servizi socio-assistenziali. Questo è causato dall'assenza di punti di riferimento e di collegamento tra i vari servizi e soprattutto di corretta strategia comunicativa.
    La soluzione a questa criticità è data dalla creazione e dalla valorizzazione - ove già esistano - di Agenzie di collegamento tra pubblico e privato con ruolo prevalentemente informativo in grado di orientare le necessità delle famiglie e di suggerire gli interventi specifici al caso.
    Gli Enti locali devono dotarsi innanzitutto di "punti famiglia" con fruizione libera al quale accedere per qualsiasi tipo di informazione e che siano luoghi di ascolto per genitori fin dal momento della nascita di un figlio, un interlocutore d'autorità nei rapporti con la scuola e con le agenzie di socializzazione non formali, che ricoprono un importante ruolo durante il tempo non tutelato, con le A.S.L.

    È fondamentale la riqualificazione professionale dei servizi che agiscono a diretto contatto con i minori e le loro famiglie nell'ambito del processo minorile in qualità di ausiliari del giudice con funzione di ricognizione all'interno delle complesse dinamiche familiari.
    Il compito di redigere relazioni informative su elementi cognitivi di carattere socio-ambientale, non sempre accessibili agli organi di Polizia, spesso risulta incompatibile con il ruolo di erogatore di servizi (basti pensare all'assistenza ad anziani, a diversamente abili e a famiglie in crisi) e di interlocutore attento ai segnali di crisi familiare, capace di azioni di sostegno e di prevenzione del disagio.
    È necessario, pertanto, rivedere il ruolo dei Servizi Sociali, cui è affidato questo preciso compito nell'ambito di una diversa definizione dei ruoli per evitare rischi di confusione tra funzioni di aiuto e di sostegno alle famiglie e funzioni ispettive, dando impulso all'intervento di Enti e Associazioni del Terzo Settore in grado di garantire quei servizi che, se ben organizzati e codificati nei ruoli, fungono da sostegno nei rapporti genitoriali in crisi e aiutano quei genitori che, trovandosi in difficoltà, risultano inidonei a crescere ed educare i figli.
    Operatori competenti possono attivarsi per rimuovere le cause di disagi, tenendo presente che uno degli obiettivi più importanti della tutela del minore non è quello di sottrarlo ad una famiglia che non lo educa correttamente, ma è soprattutto quello di recuperare la sua famiglia d'origine all'esercizio del suo ruolo di comunità educante.

    1.3 Il sostegno alla genitorialità

    Richiamando un concetto già espresso e ribadendo il diritto dell'infanzia alla crescita nella propria famiglia, si vuole evidenziare che è compito delle Istituzioni attivare sul territorio tutte le risorse al fine di una reale applicazione di questo principio; ciò significa che gli operatori che agiscono in questo settore non solo devono verificare le condizioni familiari e le carenze, ma attivare misure di prevenzione, di contrasto, di aiuto e di sostegno all'indigenza.
    Alcuni casi giudiziari che hanno avuto ad oggetto il drammatico distacco di minori dalle loro famiglie a causa della povertà hanno certamente ispirato il legislatore nella formulazione dell'articolo 1 della legge 149/01.
    Una corretta applicazione della norma, e del principio cui essa si ispira, impegna gli Enti locali a privilegiare l'utilizzo delle risorse finanziarie innanzitutto per l'incentivazione di misure di sostegno alla famiglia che versa in stato di difficoltà economica.
    L'impegno di Stato, Regioni ed Enti locali, nel rispetto del nuovo assetto costituzionale e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, deve essere la concreta applicazione delle disposizioni della legge.
    Le Regioni e gli Enti Locali devono inoltre dotarsi di normative specifiche di risposta alle necessità primarie, al fine di garantire una vita libera e dignitosa al nucleo familiare prevedendo forme di aiuto diretto nel rapporto con le autorità scolastiche, con i centri sanitari e con le strutture di assistenza.
    Il sostegno della maternità e della paternità può essere integrato da facilitazioni nei contratti di lavoro da attuarsi in primo luogo da parte degli Enti locali: aiuti diretti alle madri che scelgono di non riprendere il lavoro nei primi tre anni di vita del bambino, assegni ai familiari che svolgono assistenza post-partum, contratti part-time per familiari che si sostituiscono ad assistenti ospedalieri o domiciliari, aiuti infine a quei genitori che si trovano (separati, vedovi, abbandonati) soli ad affrontare la crescita dei figli.

    I nidi d'infanzia, nella nuova definizione legislativa che il Parlamento sta approntando, devono rappresentare nell'ambito dei servizi educativi per la prima infanzia il modello di intervento lasciato alla libera autonomia degli Enti locali in stretto raccordo con le comunità locali.

    Il sostegno alla genitorialità da parte delle Istituzioni si rende principalmente necessario quando la famiglia entra in crisi ed in particolare nella fase della separazione.
    In questa fase emerge il problema dell'affidamento dei figli e dell'esercizio delle potestà genitoriali sui figli.
    Sono oggi all'attenzione del Parlamento disegni di legge sull'introduzione nel nostro ordinamento dell'istituto dell'affidamento condiviso, nella legislazione vigente già possibile solo a certe condizioni in sede di divorzio e su accordo dei coniugi in sede di separazione consensuale. Pur condividendo le ragioni che ispirano questo istituto e pur ritenendo necessario l'intervento del legislatore per un sostegno più incisivo sulla piena realizzazione della bigenitorialità, le esperienze di cronaca ci inducono a guardare con diffidenza impostazioni che non mettano in primo piano la tutela del minore, eventualmente anche a scapito dei diritti dei genitori.
    L'interesse del minore, vittima incolpevole della frattura familiare, va valutata caso per caso pur nella piena realizzazione dei principi garantiti. Avallare la scelta dell'affidamento condiviso "obbligatorio per legge", significa porsi nell'ottica di totale ingerenza e controllo dei rapporti personali e familiari da parte dello Stato. L'esperienza insegna che, in ogni modo, i problemi sorgono ugualmente quando l'accordo su qualche decisione indifferibile per il figlio viene meno.
    In sostanza, l'affidamento condiviso dovrebbe realizzare, nella separazione, il totale accordo su ogni problema che riguarda il figlio: questo è irreale. L'istituto potrebbe al più realizzare un attutirsi dei toni del conflitto. Una tutela migliore per i figli è rappresentata dalla previsione di un obbligo per i genitori che si separano di concordare un "progetto educativo" riguardo ai figli: un programma relativo alla crescita dei figli, con particolare riferimento alle scelte relative all'educazione scolastica e culturale, alla abitazione, alle esigenze economiche, di salute e sportive, vincolante sotto il profilo delle responsabilità. È assurdo, infatti, demandare totalmente ad altri decisioni così importanti ed intime. Un servizio sociale ben strutturato e adeguatamente preparato può anche per questi casi svolgere azioni di intervento molto efficaci.

    1.4 Sostenere la genitorialità inadeguata

    Fino ad oggi la famiglia giudicata inadeguata o inidonea è stata completamente abbandonata a se stessa e sostanzialmente punita con l'allontanamento dei figli senza una precisa politica di "prevenzione, cura e recupero". È assolutamente necessario ridurre i casi di abbandono dei minori attraverso una campagna di sensibilizzazione sull'importanza del patrimonio che questi ultimi rappresentano e attuare una prevenzione radicalizzata nel metodo e nell'impostazione. Madri e padri che trascurano e maltrattano i figli spesso sono a loro volta vittime di violenze subite, di degrado o sottocultura. Sono situazioni che vanno analizzate con spirito attento e mai punitivo. È auspicabile che si possa offrire a questi genitori forme di sostegno affettivo, sensibilizzando le loro famiglie di origine, offrendo vie d'uscita con una assistenza diretta al cuore del problema. Strumenti efficaci sono le forme di "affido familiare allargato" che affiancano alla funzione di cura del minore quella di sostegno dei suoi genitori. Si tratta di progetti sperimentali che vedono nella rete associativa di famiglie il principale protagonista. Una famiglia che si faccia carico di un'altra famiglia è la realizzazione di una piena solidarietà.

    2. Le priorità

    Nel Documento predisposto dall'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza si afferma che "il futuro di una società è legato alla sua capacità di rinnovarsi continuamente per rispondere ai nuovi bisogni emergenti e per realizzare il costante progresso dell'umanità. Questo rinnovamento non può che essere il compito delle nuove generazioni; ma un giovane può progettare, costruire, rinnovare solo se è una personalità libera e critica. Compito precipuo dell'educazione è appunto quello di garantirne le condizioni.
    Le Istituzioni che hanno competenza sulla tutela dei diritti dei minori, in collaborazione con la società civile, devono assicurare che:

    Sono stati individuati due principi condivisi che sottendono a qualsiasi azione di attuazione in tal senso:

    1. la valorizzazione della famiglia come comunità educante;
    2. la ricerca di strumenti di rafforzamento della protezione dei minori da ogni forma di violenza: protezione da intendersi nella sua triplice accezione della prevenzione, della tutela e del recupero del soggetto in età evolutiva in difficoltà.
    2.1 Il diritto primario del minore: vivere, crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia

    Gli interventi di politica sociale che vogliono favorire la condizione dei minori si devono collocare innanzitutto in una prospettiva di sostegno alla famiglia nella sua duplice veste di istituzione e nucleo vitale di socialità per la semplice considerazione che essa costituisce il luogo primario della formazione dell'identità e della crescita del bambino. Favorire la famiglia significa di per sé favorire l'infanzia, prevenire quindi possibili disagi e ottimizzare risorse economiche e sociali che altrimenti inevitabilmente si rischia di disperdere.
    In questo senso diventa prioritaria la promozione di politiche sociali esplicitamente dirette al sostegno della famiglia in quanto tale secondo un'ottica non più assistenziale, riparatoria e sostitutiva (aiuti a famiglie povere, "assenti" o inadeguate), ma promozionale e preventiva, tesa a rendere compatibile la scelta del fare famiglia con le più generali strategie di realizzazione degli obiettivi di vita dei singoli individui.

    2.2 La tutela del minore nel campo educativo, formativo, lavorativo e del tempo libero

    Le politiche educative e sociali devono riconoscere e valorizzare le azioni e gli interventi per bambini e adolescenti, in cui essi:

    1. possano fare esperienze relazionali buone nel tempo dedicato alla socialità e allo sviluppo di interessi;
    2. abbiano riconosciuto il loro diritto all'educazione, qualunque sia la loro condizione di partenza;
    3. abbiano una offerta di percorsi educativi-formativi adeguati alle attitudini e capacità di ciascuno;
    4. siano coinvolti in interventi mirati di tipo educativo qualora si manifestino potenziali forme di disagio e rischio di emarginazione sociale.

    Il diritto allo studio comporta anche il diritto ad un'esperienza scolastica di qualità.
    Di conseguenza, è imprescindibile l'arricchimento delle risorse tradizionali della scuola attraverso l'attivazione di relazioni con istituzioni e risorse esterne alla scuola (l'Ente locale, l'associazionismo, la agenzie sportive, musicali, ...), per la promozione di esperienze formative efficaci sia sul piano dell'apprendimento (e della lotta all'insuccesso scolastico) sia sul piano della valorizzazione delle capacità personali.

    Ogni adolescente ha diritto ad avere un percorso educativo -formativo adeguato alle proprie attitudini e capacità, tenendo conto altresì che situazioni di difficoltà socio-familiare possono aver pesantemente disturbato l'inserimento positivo in tali percorsi.
    Nel rispetto delle competenze del sistema formativo, occorre verificare di quali soggetti educativi non scolastici è necessario l'apporto per attivare percorsi formativi personalizzati che tengano conto delle specificità del soggetto e per creare le condizioni didattiche e logistiche tali da consentire a tutti di fruire a pieno titolo delle opportunità formative.
    Occorre inoltre incentivare l'orientamento scolastico e professionale come una reale possibilità per tutti gli adolescenti e le loro famiglie di essere messi in grado di riconoscere il percorso educativo e formativo più utile allo sviluppo delle proprie potenzialità.
    Il tempo libero per i preadolescenti e gli adolescenti deve essere vissuto, perciò, in un contesto ricco di proposte e non povero di sfide. Una situazione di "povertà espressiva" di tali spazi organizzati, infatti, non favorisce che il tempo sia esperito come evoluzione positiva della propria esperienza di socialità.

    Occorre potenziare le azioni educative affinché tale tempo:

    1. non sia origine di comportamenti rischiosi nella inevitabile ricerca di stimoli e di nuove esperienze da parte degli adolescenti;
    2. non ristagni dentro l'assenza di creatività e di sviluppo di capacità appropriate.

    Nel prospettare il potenziamento dei servizi nel campo educativo-animativo e informativo-culturale occorre favorire una proposta di tali servizi che favorisca libere aggregazioni di adolescenti e giovani e che potenzi centri spontanei di aggregazione, in modo che le ragazze e i ragazzi diventino protagonisti del loro tentativo comunitario e non semplicemente fruitori di un servizio precostituito, favorendo in tali contesti la presenza di figure tutoriali accolte e non tollerate, non solo adulte ma anche giovani in età superiore.
    Nel progettare azioni in questa area non ci si può dimenticare del fenomeno sempre più diffuso della "strada" e della "piazza" come luogo abituale di incontro spontaneo per gli adolescenti e per i giovani.
    Occorre affrontare tale fenomeno come "risorsa" e non associarlo meccanicamente a situazioni di rischio, di disagio, di abbandono, di incipiente trasgressione. È necessario pertanto che tali luoghi diventino "luoghi progettuali", di incontro nelle forme più spontanee possibili e punto di partenza per libere aggregazioni e sviluppo di interessi.

    2.3 La tutela delle famiglie e dei minori in difficoltà

    C'è un malessere in molte famiglie con minori che non è necessariamente disagio latente o inesploso, ma un momento di difficoltà che rientra dentro il quotidiano vivere del rapporto genitori-figli (difficoltà a gestire gli ambiti di autonomia, il percorso scolastico, l'insuccesso scolastico, l'incuria educativa dovuta a situazioni problematiche di malattia, precarietà lavorativa, ecc).
    Se tale malessere però trova la famiglia sola e impotente, esso può degenerare in situazioni conflittuali gravi ed esasperate.
    A tale malessere non si può rispondere prevalentemente e unicamente con modalità di tipo clinico o psico-sociale, medicalizzando cioè esigenze legate alla vita quotidiana della famiglia, ma sollecitando risposte all'interno dell'ambito di mondo vitale a cui la famiglia appartiene.
    La strada privilegiata perciò per raggiungere tali situazioni è quella di favorire forme naturali di aiuto offerto da reti familiari di mutuo aiuto, da associazioni di famiglie o realtà che praticano l'assistenza domiciliare di tipo educativo e relazionale. In tale contesto sono da prevedere forme di aiuto tra famiglie che contemplino anche il dispositivo dell'affido temporaneo diurno o semiresidenziale in un clima parentale in cui la famiglia di origine rimane soggetto di diritti-doveri nei confronti del figlio.
    Tali progettualità, favorendo e incentivando forme di aiuto alla famiglia, che rientrano nella quotidianità, hanno forte carattere educativo e preventivo, anche se sembrano non rispondere ad una emergenza sociale, rappresentano invece un investimento importante per la qualità del rapporto educativo tra genitori e minori.
    Rappresentano inoltre una esemplificazione significativa di cosa significa creare solidarietà sociale intesa come capacità autonoma di brani di società di diventare rete di sicurezza sociale, in cui cresce progressivamente la possibilità di affrontare e risolvere insieme i problemi educativi e relazionali rafforzando la famiglia prima che essa sia coinvolta in modo più problematico in situazioni di disagio e malessere con i propri figli.
    Tutto ciò, inoltre, va a rafforzare la piena attuazione della legge 28 marzo 2001, n. 149 che prevede che, innanzitutto, siano predisposte forme di aiuto per tutelare la permanenza positiva del minore nel nucleo familiare di origine (data la necessità di ogni bambino di sentirsi figlio) valorizzando in tal senso anche la rete parentale adeguatamente sostenuta, attraverso lo stesso ammontare di mezzi economici che un Ente Locale spenderebbe per l'eventuale inserimento del minore in comunità.

    Laddove non è sufficiente l'aiuto alla famiglia, occorre privilegiare l'affidamento familiare, diurno o residenziale, ricentrando l'esperienza educativa nell'intervento di affido; poiché è una famiglia che lo realizza, il compito principale della famiglia è quello educativo. Oltre a sostenere le famiglie "normali", bisogna pensare a progetti sperimentali e a percorsi di aiuto per la famiglia di origine. Senza di essi, non è possibile pensare al rientro in famiglia dei bambini o alla loro deistituzionalizzazione.

    Nel contesto delle comunità per minori, particolare significato e valenza educativa hanno le comunità la cui coppia residente è effettivamente una famiglia che si assume la guida, la responsabilità educativa e la conduzione di una comunità (in molte Regioni sono denominate come "casa-famiglia").
    Si tratta di una forma di accoglienza estremamente significativa perché i minori, specie se nell'età adolescenziale in cui l'affido risulta spesso problematico, possono vivere in un ambito comunitario in cui è assicurato il coinvolgimento con un vissuto familiare, pur con regole e modalità che possono essere diverse da quelle tipiche dell'affido.
    Sarà un dato di qualità e di pregnanza sociale se nel nostro Paese, nei prossimi anni, aumenteranno il numero di famiglie non solo disponibili all'affido ma anche ad essere soggetto protagonista di un'opera e una struttura di accoglienza diurna e/o residenziale.

    2.4 Il benessere degli adolescenti

    Occorre creare un tessuto sociale ricco di stimoli e di proposte in cui l'adolescente sia accolto nel suo bisogno di apertura verso la realtà e, anche attraverso lo sviluppo di particolari interessi, poter sperimentare relazioni educative con adulti che possano diventare significativi nell'avventura della costruzione della propria libera personalità.

    Le politiche dei servizi devono riconoscere e valorizzare le azioni e gli interventi per gli adolescenti, in cui essi:

    1. possano fare esperienze relazionali buone nel tempo dedicato alla socialità e allo sviluppo di interessi;
    2. abbiano riconosciuto il loro diritto all'educazione, qualunque sia la loro condizione di partenza;
    3. abbiano un'offerta di percorsi educativo-formativi adeguati alle attitudini e capacità di ciascuno;
    4. siano coinvolti in azioni educative con forte valenza preventiva qualora si manifestino potenziali forme di disagio e rischio di emarginazione sociale.

    Avere adolescenti protagonisti, inoltre, significa privilegiare interventi che valorizzino la creatività dei soggetti giovanili e la loro partecipazione attiva nel costruirli.

    2.5 Il contrasto alla devianza e alla delinquenza giovanile

    Negli ultimi venti anni la devianza minorile in Italia ha subito profonde trasformazioni.
    Sotto il profilo quantitativo, infatti, il numero dei ragazzi denunciati penalmente è più che raddoppiato, anche se negli ultimi dieci anni è iniziata la parabola discendente nella stima del fenomeno; sotto il profilo qualitativo, alla difficile condizione di vita che nel Meridione vivono i cosiddetti "ragazzi della mafia" (cioè i minorenni coinvolti in attività di criminalità organizzata o che comunque ne hanno subito la subcultura) si contrappone nelle regioni centrosettentrionali la consistente e talora massiccia presenza di ragazzi stranieri, che commettono reati.
    A questa non facile situazione si è venuta di recente aggiungendo quella costituita dall'emergere di una devianza nuova con manifestazioni inedite, che vanno dal bullismo nelle scuole ad altre di una violenza tanto esasperata quanto immotivata. Essa presenta caratteristiche peculiari sue proprie, differenti da quella prospettata in precedenza: perciò per distinguerla da quella tradizionale e quantitativamente molto più rilevante, essa viene correntemente definita con termini non tecnici quali il "malessere del benessere" ovvero il "teppismo per noia".
    Si pongono quindi problemi nuovi e complessi per la giustizia italiana, abituata in passato a gestire una devianza minorile di carattere prevalentemente bagatellare.Il primo punto da cui partire è la realizzazione in ogni regione di un'adeguata conoscenza della devianza e della criminalità minorile, del suo sfruttamento da parte della criminalità adulta e della costante evoluzione di tali fenomeni.

    In secondo luogo bisogna rivedere la prospettiva degli interventi da svolgere, tenendo conto dell'accentuarsi della crisi della famiglia e del fatto che il fenomeno della devianza si sta estendendo, tanto da non essere più solo "minorile", ma ampliandosi all'intera famiglia e divenendo perciò "devianza familiare", come confermano i recenti gravi fatti di sangue endofamiliari, gli abusi sessuali ed i maltrattamenti in famiglia, le protratte istituzionalizzazioni; rivedere il diritto penale familiare superando la sua separatezza dalla tematica complessiva del diritto familiare e minorile e realizzando anche in questa materia l'indispensabile specializzazione. Occorre anche che gli interventi di recupero da svolgere non siano mirati solo ai minorenni, ma si estendano anche ai genitori, responsabilizzandoli, sul modello di quanto avviene in tema di messa alla prova.

    È necessario sostenere la ricerca di strumenti alternativi a quello giudiziario per la risoluzione dei conflitti (dalle camere arbitrali al processo del lavoro, dalle camere di conciliazione alle ADR, alla composizione bonaria dei conflitti da parte della Polizia, alle udienze non contenziose davanti al giudice di pace, al tentativo di conciliazione nella separazione coniugale e di fatto, alle esperienze dei tribunali di sorveglianza).

    Infatti la mediazione nelle sue più diverse modalità di realizzazione (familiare, scolastica, sociale, ecc.) ed in particolare la mediazione penale accompagnata dalla riparazione sta acquistando sempre più un ruolo significativo.

    2.6 La lotta agli abusi, allo sfruttamento sessuale e alla pedofilia

    I principali messaggi del Primo Rapporto Mondiale su Violenza e Salute dell'OMS attestano che la violenza è il principale problema di salute pubblica del mondo intero:
    in aggiunta alla morte e alla disabilità, la violenza contribuisce a una varietà di altre conseguenze sulla salute (alcool, droga, fumo, disturbi alimentari e del sonno, HIV e malattie sessualmente trasmesse);
    la violenza è prevenibile, non è un problema sociale intrattabile o una parte inevitabile della condizione umana;
    la violenza è il risultato dell'interazione di fattori individuali, familiari, comunitari, e strutturali e sociali;
    un approccio di programmi di salute pubblica basati sulla prevenzione può contribuire a ridurre la violenza.
    Oltre al tema della violenza, gli accordi sottoscritti dall'Italia centrano l'attenzione sulla condizione di povertà vissuta da tanti minori.

    Emerge così prepotentemente l'esigenza di rigorosi piani di studio del fenomeno al fine di favorire la capacità di raccogliere dati sulla violenza, di definire priorità e supportare la ricerca su cause, conseguenze, costi e misure preventive della violenza, di aumentare la collaborazione e l'interscambio di informazioni sulla prevenzione della violenza e di promuovere e monitorare l'aderenza a trattati internazionali, leggi e altri meccanismi di protezione dei diritti umani.
    È opportuno sottolineare la trasversalità del tema del monitoraggio costante dei fenomeni e della ricerca.
    Bisogna poi realizzare un'adeguata stima del fenomeno dell'abuso e del maltrattamento attraverso la messa a punto di sistemi di registrazione costanti e omogenei dell'incidenza (numero casi per anno) del fenomeno dell'abuso all'infanzia in tutte le sue forme, con adeguata individuazione di sub-categorie e degli elementi caratterizzanti.
    È necessario affidare ad agenzie competenti un'organica ricerca "retrospettiva" sulle vittime di abuso sessuale (analisi della prevalenza); attivare tempestivamente forme di raccolta dati che definiscano con precisione i contorni del problema della violenza assistita intrafamiliare e che ne dia una quantificazione.
    Inoltre, a seguito dell'istituzione del Comitato Interministeriale CICLOPE presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità - che vede al suo interno i rappresentanti di 11 amministrazioni e la partecipazione, mediante audizione delle ONG e delle associazioni che operano nel campo dello sfruttamento e dell'abuso sessuale, è necessario coordinare tutte le attività delle Pubbliche Amministrazioni relative alla prevenzione, assistenza, anche in sede legale, e tutela dei minori dallo sfruttamento sessuale e dall'abuso sessuale.

    3. L'applicazione del principio di sussidiarietà

    Il nuovo Piano Nazionale non deve essere l'occasione solo per individuare le priorità di contenuti da tradurre in progetti e azioni, ma anche un momento privilegiato per incentivare modalità di progettazione e attivazione dei medesimi secondo il principio di sussidiarietà orizzontale.
    L'applicazione corretta di tale principio presuppone una nuova cultura e una nuova organizzazione dei servizi alla persona e perciò un nuovo modo di intendere la solidarietà sociale nelle relazioni di servizio alla persona stessa.
    Per tale motivo il rapporto tra Ente pubblico e le realtà del terzo settore deve superare sia l'idea di integrazione-valorizzazione (in cui il pubblico decide quali spazi debba occupare il privato sociale) sia l'idea di supplenza (in cui il privato sociale interviene laddove e fintanto non arriva il pubblico).
    Si tratta invece di favorire la nascita di servizi e opportunità in cui sia effettivamente documentato l'incontro tra il bisogno (del minore e della famiglia) e il soggetto pubblico o privato che offre le proprie risorse e capacità per rispondere al bisogno.

    L'Ente Locale deve partecipare alla costruzione delle rete di servizi e opportunità:

    Le realtà associative devono partecipare alla costruzione della rete di servizi e opportunità:

    3.1 Sussidiarietà e famiglia

    L'aiuto alla famiglia per poter assolvere il proprio compito educativo nei confronti dei figli adolescenti deve superare:

    1. la logica assistenzialistica che concepisce la famiglia come un referente assistenziale e non un vero e proprio interlocutore attivo;
    2. la tradizionale elargizione di servizi precostituiti e preconfezionati .

    Occorre pertanto che il sistema di interventi e servizi volti a sostenere le responsabilità familiari nel campo educativo sia costruito su un modello che vede la famiglia non come oggetto di attenzione di progetti e iniziative condotte da altri (progetti costruiti perché la famiglia ha bisogno di aiuto o di sostegno), ma come soggetto al quale viene riconosciuta una libertà di scelta, di progettazione, di gestione e di valutazione dei servizi educativi dei quali riconosce il bisogno: la famiglia, perciò, come titolare di diritti e doveri che l'intero settore pubblico riconosce non attraverso agevolazioni e benefici assistenziali ma attraverso l'attribuzione di risorse che permettono l'adempimento di tali diritti-doveri.

    Ambiti indicativi di intervento di titolarità familiare sono:

    3.2  Sussidiarietà e servizi: dall'organizzazione centralistica dei servizi all'offerta di opportunità: lo strumento del voucher

    Uno strumento adeguato per favorire un incontro libero tra bisogno di un servizio e opportunità di risposta potrebbe essere quello del "voucher":

    1. educativo-ricreativo, se si tratta di servizi riguardanti gli interessi del tempo libero;
    2. educativo-formativo, se si tratta di servizi riguardanti il potenziamento scolastico, formativo e i servizi di orientamento.

    Lo strumento del voucher potrebbe gradatamente sostituirsi ad altre modalità di attivazione di servizi (gare di appalto, bandi, ecc.) che possono essere validi in situazioni iniziali, quando l'utenza non conosce le realtà che operano in tali servizi.
    Il voucher invece garantisce che, nel tempo, possa continuare, fermo restando la permanenza dei requisiti, il rapporto di fiducia stabilitosi tra utente e gestore del servizio scelto.

    Parte terza
    Il programma 2003-2004 - I traguardi

    1. Premessa

    In attuazione degli impegni assunti con il documento finale della Sessione Speciale dell'assemblea Generale delle Nazioni Unite sull'Infanzia (n. 59) il Governo indica per ciascuno degli obiettivi e dei traguardi specifici individuati dal presente Piano la scadenza temporale e misurabile del 31 dicembre 2004.
    Nell'attuazione del Piano verranno tenute in considerazione l'interesse preminente del bambino e, in armonia con la legislazione vigente, i valori religiosi, etici e culturali, nel rispetto di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali.
    Il Governo si impegna, a tal fine, ad assicurare il coordinamento, gli strumenti di attuazione e le risorse necessarie.
    Il Governo si impegna, inoltre, a considerare l'interesse superiore del fanciullo in tutte le politiche governative nazionali, nei programmi di sviluppo, nelle strategie di lotta alla povertà, negli interventi multisettoriali, in collaborazione con i principali esponenti della società civile - tra cui le ONG che lavorano per e con i bambini, con gli stessi bambini, in base alla loro età e maturità, e con le loro famiglie.
    Il Governo si impegna a effettuare un monitoraggio annuale sia a livello nazionale sia regionale con la collaborazione del Centro nazionale di Documentazione e Analisi per l'Infanzia e l'Adolescenza, a valutare i progressi ottenuti allo scopo di affrontare con maggiore efficacia gli ostacoli esistenti e accelerare gli interventi e di diffondere a livello regionale le buone pratiche emerse.
    Nell'attuazione degli obiettivi di questo Piano il Governo si impegna a potenziare la collaborazione con bambini e adolescenti, con i genitori, le famiglie e i tutori legali, con i governi di livello regionale e locale, con le Commissioni Parlamentari competenti in materia di infanzia, con le ONG, con il settore privato e le aziende, con i leader religiosi e spirituali, con i mass media e le loro associazioni, con le organizzazioni internazionali e con tutte le persone che lavorano a diretto contatto con i bambini.

    2. Interventi legislativi

    L'attuazione dei principi individuati in questo Piano d'azione necessariamente passa attraverso una serie di impegni di natura legislativa.

    1. In primo luogo l'emanazione di una normativa che integri l'attuale disciplina a sostegno della maternità e paternità, anche in riferimento alla famiglia adottiva e affidataria e che elimini la discriminazione in materia di congedi parentali per i genitori adottivi e affidatari, armonizzando la normativa vigente con le disposizioni previste per i congedi relativi all'astensione obbligatoria e facoltativa ai genitori adottivi e affidatari senza limite alcuno di età e di provenienza dei minori.
    2. In secondo luogo il Governo ha il compito di sollecitare le Regioni ad emanare leggi inerenti le politiche sociali per la famiglia, che ne promuovano i diritti e i doveri a partire dai loro bisogni di essere e di fare famiglia, dando aiuti concreti per lo sviluppo e l'incremento dei compiti genitoriali.
    3. Il Governo ha il compito di sollecitare gli Enti Locali ad elaborare i Piani di Zona in attuazione della Legge n. 328/00 che conferiscano piena soggettività sociale alle famiglie, facendo in modo che le famiglie, singole o associate, possano organizzarsi per progettare, decidere, implementare, contribuire alla verifica della qualità dei servizi di supporto alle necessità quotidiane. Tutto questo tenendo conto del fatto che le famiglie stesse sono unità di servizi primari, a cui le istituzioni pubbliche e private possono fornire tutti gli aiuti necessari, ma in un quadro di primaria libertà e responsabilità delle famiglie stesse.
    4. Il Governo si impegna ad attuare e a rendere efficace con idonee iniziative la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei minori fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e sottoscritta dall'Italia, il cui disegno di legge di ratifica è stato approvato definitivamente l'11 marzo 2003.
    5. Il Governo si impegna a completare l'adeguamento della legislazione italiana ai principi della Convenzione ONU, con la modificazione di quelle disposizioni, che non risultano del tutto coerenti ad essi.
    6. Il Governo si impegna a riformare l'ordinamento penitenziario minorile.
    7. Il Governo si impegna a predisporre il Testo Unico dei diritti dei minori.
    8. Il Governo si impegna a riformare la giustizia familiare e minorile, trasfondendo nell'ordinamento i principi affermati dalle convenzioni internazionali, sottoscritte dall'Italia, tra i quali spiccano in particolare la sostituzione del concetto di responsabilità genitoriale a quello di potestà e l'affermazione del diritto del minore di essere ascoltato (in forma protetta, se necessario) in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerna e valorizzando la specializzazione dei giudici; nella riforma deve essere tenuta in considerazione l'esigenza di unificare le competenze civili e penali, secondo le linee indicate nella Relazione in materia di giustizia minorile approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare per l'infanzia il 17 dicembre 2002 e trasmessa alle Camere (Doc. XVI-bis, n. 1).
    9. l Governo si impegna ad istituire l'Ufficio di pubblica tutela del minore, in maniera conforme ai principi sanciti nell'impegno 31 del Documento conclusivo della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all'infanzia e dalla risoluzione del Parlamento Europeo A 3-0172/92 dell'8 luglio 1992 e alle osservazioni della Commissione Parlamentare per l'Infanzia nella Relazione in materia di giustizia minorile approvata all'unanimità il 17 dicembre 2002 e trasmessa alle Camere (Doc. XVI-bis, n. 1); tale autorità deve avere il compito di tutelare i diritti e gli interessi dei minori, vigilare sull'applicazione delle convenzioni internazionali e delle leggi in materia, ricevere le richieste e le segnalazioni relative, indagare sulle violazioni dei diritti dei minori, formulare proposte circa l'azione dei pubblici poteri a favore dei diritti del fanciullo, nonché riferire annualmente al Parlamento sulla propria attività.
    10. l Governo si impegna a disciplinare il ruolo delle associazioni nella tutela e rappresentanza degli interessi diffusi e collettivi dell'infanzia.
    11. Il Governo si impegna ad integrare la disposizione dell'art. 609 decies c.p. con una sanzione, diretta ad ottenere il pieno e corretto rispetto di tale disposizione a tutela della vittima, chiarendo i principi per l'attribuzione delle competenze attraverso la valorizzazione dei servizi degli enti territoriali preposti alla tutela sociosanitaria dei minori.
    12. Il Governo si impegna a rivedere le norme degli articoli 392 comma 1 bis c.c.p. e 498 comma 4 ter c.c.p., stabilendo che la testimonianza del minore vittima avvenga obbligatoriamente e a pena di nullità nella forma dell'audizione protetta e cioè con il sistema del vetro specchio con impianto citofonico per evitare i gravi disagi che l'incontro con l'imputato produce.
    13. Inoltre, in relazione all'art. 498, comma 4 ter c.c.p., il Governo si impegna a disporre il divieto di esame testimoniale del minore vittima in sede di dibattimento (anche con il sistema del vetro specchio e con impianto citofonico) quando tale audizione - secondo l'attestazione dei sevizi minorili o degli Enti locali - potrebbe produrre grave trauma alla vittima, minorenne all'epoca del fatto, in considerazione del lungo tempo trascorso dall'epoca dei fatti o dalla diversa attuale condizione di vita del soggetto.
    3. Azioni di sistema

    Al fine di assicurare una corretta percezione dei bisogni del mondo dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia e di rendere le istituzioni capaci di predisporre tempestivamente adeguate risposte, il Governo assume i seguenti impegni:

    1. Rafforzare il coordinamento delle azioni relative alle politiche dell'infanzia e dell'adolescenza nell'ambito dell'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza.
    2. Realizzare il Sistema Informativo Nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza.
    3. Monitorare e valutare la spesa sociale e la qualità dei servizi per famiglia e minori.
    4. Garantire a livello nazionale un'azione di monitoraggio delle professioni sociali al fine di costituire una sede permanente di studio, monitoraggio, sperimentazione e confronto mirato ad incentivare nuove metodologie operative e nuove forme di partnership tra operatori e famiglie.
    5. Promuovere l'istituzione in ogni Regione di un'anagrafe di tutti i minori fuori dalla famiglia che possa essere uno strumento di analisi costante e di follow up per una verifica delle politiche attuate, con particolare riferimento alla banca dati dei minori dichiarati adottabili.
    6. Completare il Sistema Informativo sul lavoro minorile Istat - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - OIL.
    7. Promuovere programmi innovativi che incoraggino le strutture scolastiche e le comunità locali ad adoperarsi per individuare i bambini e gli adolescenti che hanno abbandonato la scuola e il processo d'apprendimento, o che ne sono stati esclusi, con particolare attenzione ai minori lavoratori e ai minori disabili.
    8. Attivare, nel contesto del rapporto Stato/Regioni, idonei strumenti di interlocuzione e raccordo ai fini dell'attuazione del Piano e di monitoraggio finalizzato al riordino delle fonti e della quantità delle risorse dedicate alla promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza , dedicando un'apposita sessione della Conferenza Stato-Regioni alla definizione di linee di intervento condivise.
    9. Individuare sistemi di registrazione costanti e omogenei dell'incidenza (numero casi per anno) del fenomeno dell'abuso all'infanzia in tutte le sue forme, con l'adeguata definizione di sub-categorie e degli elementi caratterizzanti e avviare un'organica ricerca "retrospettiva" sulle vittime di abuso sessuale (analisi della prevalenza).
    10. Attivare tempestivamente forme di raccolta dati che definiscano con precisione i contorni del problema della violenza assistita intrafamiliare e che ne diano una quantificazione.
    11. Proteggere l'infanzia del mondo attraverso: a) il rafforzamento delle politiche di cooperazione allo sviluppo destinate ai minori, realizzando un efficace coordinamento operativo tra il Ministero degli Affari Esteri e le altre istituzioni che si occupano di infanzia e adolescenza nei Paesi in via di sviluppo, un aumento delle risorse destinate ai minori per iniziative di cooperazione nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi ad economia di transizione, iniziative di educazione allo sviluppo e di cooperazione decentrata in Italia, un'indagine conoscitiva e una mappatura degli interventi, una valutazione di impatto delle attività rivolte ai minori, un aggiornamento delle linee guida della cooperazione italiana sulle tematiche minorili; b) la revisione dei criteri con cui si realizzano i soggiorni di minori stranieri dell'Est europeo, che trascorrono in Italia alcuni mesi all'anno, e verificare la possibilità di realizzare progetti di sostegno a distanza e di cooperazione internazionale mirati a creare nel loro Paese migliori condizioni complessive di vita ed il superamento della loro istituzionalizzazione. Il Governo si impegna a promuovere un'attenta valutazione preventiva dell'idoneità delle famiglie di accoglienza, poiché accanto a famiglie capaci vi possono essere persone inidonee, che tuttavia non sono sottoposte a nessun vaglio della loro capacità né dai servizi locali che da altri. Inoltre spesso tali soggiorni sono utilizzati per aggirare l'attuale normativa in tema di adozione internazionale, sia per "scegliere" il bambino gradito (rispedendo eventualmente al mittente dopo un primo periodo di accoglienza quello accolto prima e risultato non gradito) sia per precostituire situazioni di fatto dirette a forzare le decisioni dei giudici minorili sia italiani che stranieri; c) lo studio, anche attraverso la modifica degli indirizzi del CIPE, dell'allargamento delle aree di intervento da parte della Cooperazione allo sviluppo in quei paesi da dove provengono in massima parte i bambini e gli adolescenti a rischio di traffico internazionale; d) il monitoraggio rigoroso della presenza di minori stranieri in Italia; e) la promozione di programmi volti a diffondere l'educazione alla multiculturalità, sia in ambito scolastico, sia più in generale nel tessuto sociale, anche attraverso l'inserimento dei mediatori culturali all'interno dei consultori e delle scuole ; f) la previsione, a seguito dell'evento bellico in Iraq, di un adeguato stanziamento, nell'ambito del programma di interventi per il rafforzamento della cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo, a favore degli interventi umanitari per i bambini in zone di guerra.
    12. Monitorare l'applicazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale nell'attivazione dei servizi e delle azioni a favore delle famiglie e dei minori.
    13. Favorire la partecipazione dei bambini e degli adolescenti ai processi di elaborazione delle politiche che li riguardano , anche attraverso la previsione della partecipazione di rappresentanti nelle riunioni dell'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza.
    14. Realizzare una programmazione televisiva "a misura di bambino" mediante l'omogeneizzazione dei codici segnaletici e la creazione di un codice segnaletico riferito all'infanzia valido per tutte le televisioni, che possa portare alla creazione di un marchio di qualità destinato ai programmi per i più giovani. In materia di rapporto tra mezzi di comunicazione e minori deve essere data piena attuazione alla Risoluzione 8-00036 in materia di rapporto tra tv e minori approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare per l'infanzia il 12 febbraio 2003.
    15. Realizzare annualmente, prevedendo i relativi finanziamenti, il riconoscimento "Città sostenibili delle bambine e dei bambini" e il premio per la migliore iniziativa finalizzata a migliorare l'ambiente urbano per e con i bambini, di cui all'art. 17, comma 7, della legge 23 marzo 2001, n. 93, nonché del Forum internazionale "Verso città amiche delle bambine e dei bambini" di cui all'art. 8 del Decreto del Ministro dell'Ambiente del 25 ottobre 2001, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri, e altresì per promuovere le città sostenibili delle bambine e dei bambini in modo da realizzare città con più servizi e meno violenza, sostenendo i progetti dei Comuni d'Italia che partecipano al premio.
    16. Sensibilizzare l'opinione pubblica al problema dell'eradicazione dell'accattonaggio infantile, individuando specifici strumenti di contrasto e di reinserimento sociale.
    17. Dedicare particolare attenzione alla tutela sanitaria, in conformità ai principi del Documento conclusivo della Sessione Speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata all'Infanzia, curando in particolare i seguenti profili:
      - Il benessere materno infantile;
      - L'implementazione dei programmi vaccinali nel quadro delle azioni della cooperazione internazionale;
      - La creazione di appositi reparti finalizzati alla corretta ospedalizzazione dei bambini (promozione degli ospedali amici dei bambini), in cui sia possibile perseguire il diritto all'istruzione, il mantenimento di spazi da dedicare al gioco, la possibilità di una presenza continuativa dei familiari;
      - Iniziative per la prevenzione dei comportamenti devianti per la prevenzione e la cura dell'AIDS pediatrico e per una corretta alimentazione nell'infanzia e nell'adolescenza, favorendo un'informazione diretta a promuovere sane abitudini alimentari e stili di vita adeguati.

    4. Linee guida per gli interventi sul territorio

    Al fine di garantire l'uniforme attuazione dei principi contenuti in questo Piano sul territorio nazionale il Governo individua delle linee di orientamento per la progettazione degli interventi di risposta ai bisogni emersi nei contesti territoriali.

    4.1. Sostenere la famiglia nel suo compito genitoriale

    Nell'individuare alcune linee utili si evidenziano:

    -  La promozione di interventi flessibili ed integrati per l'infanzia rientranti nella logica del mutuo aiuto tra le famiglie e della sussidiarietà tra enti pubblici e terzo settore;
    - L'incentivazione della solidarietà tra famiglie per la gestione della quotidianità affinché siano le famiglie stesse, associandosi, a trovare le risposte idonee ai propri bisogni;
    - Il favorire la costituzione di strutture domestiche per la cura dei bimbi più piccoli (nidi familiari, condominiali, ecc.) e di servizi integrativi per la prima infanzia e il promuovere iniziative di doposcuola, gestite dai genitori stessi, organizzati in forma cooperativa;
    - Il promuovere la più ampia flessibilità degli orari giornalieri degli asili nido;
    - L'incentivare le sinergie tra famiglie e terzo settore, favorendo lo sviluppo di forme di associazionismo familiare, da sostenere e potenziare a livello locale sostenendo la spontanea creazione di "reti di associazioni familiari", con funzioni non solamente consultive, ma anche di authority in sede municipale;
    - L'offerta ai genitori di sussidi in termini di formazione, servizi e competenze professionali;
    - L'aiutare i genitori ad avere un ruolo propositivo, di "cliente" nei confronti delle istituzioni in generale (scuola, servizi sociali e sanitari, servizi educativi, ecc.), attuando il nuovo paradigma della sussidiarietà orizzontale, secondo il quale cittadini ed amministrazioni stabiliscono rapporti, anche duraturi nel tempo, fondati sulla collaborazione, il rispetto reciproco e l'integrazione, anziché sulla rigida separazione dei ruoli, la diffidenza e la separatezza.

    4.2 Potenziare i servizi per famiglie e minori in difficoltà, attraverso il coinvolgimento di famiglie e associazioni che operino il più possibile nella normalità

    Le linee operative individuate sono:
    - Promuovere la sensibilizzazione sui temi dell'affidamento e dell'accoglienza;
    - promuovere e attivare sul territorio reti di mutuo aiuto, attraverso cui le famiglie possano trovare reciproco sostegno nell'affrontare i quotidiani problemi che il minore affidato ha;
    - incentivare l'attivazione di progetti in cui le famiglie fungono da "antenne sociali" rispetto alla rilevazione, alla segnalazione e alla creazione di forme di mutuo-aiuto per situazioni di disagio familiare e a rischio di esclusione sociale e quanto altro risulti prioritario da una lettura attenta del bisogno del territorio;
    - rilanciare i Consultori Familiari come servizi di sostegno alla famiglia, potenziando la funzione consultoriale non sanitarizzata e prevedendo per alcuni interventi la presenza di soggetti associativi;
    - incentivare a livello locale la realizzazione di strategie di rete per affrontare le situazioni di difficoltà dei minori e delle loro famiglie, coordinando e monitorando le relazioni tra famiglie, associazioni, realtà no profit, servizi pubblici e privati, anche al fine di creare prassi e modalità nuove di incontro e risposta ai bisogni delle famiglie e dei loro figli;
    - incentivare esperienze innovative in tema di associazionismo familiare;
    - favorire i "Centri servizi alla famiglia" dislocati sul territorio, prevedendo, dove esistono le risorse umane e associative, la gestione e l'organizzazione dei medesimi dalle realtà sociali impegnate sul campo della difesa del diritto del minore alla famiglia, attivando o incrementando, in tale contesto, anche i Servizi Affidi;
    - tenere conto nella programmazione di iniziative rivolte ai bambini e agli adolescenti, dell'importanza di renderle fruibili e condivisibili da tutti i bambini, anche se diversamente abili, assicurando l'adeguata presenza di personale per ogni bisogno assistenziale e potenziando le iniziative volte a rimuovere le barriere architettoniche, con particolare riferimento ai servizi igienici, di mensa, ricreativi e sportivi, nonché incentivando il sostegno scolastico;
    - potenziare - al fine di porre i genitori di bambini disabili nelle condizioni di avere informazioni su come gestire le situazioni riguardanti la disabilità - l'efficacia dei segretariati sociali previsti dall'art. 22, comma 4 della legge 8 novembre 2000, n. 328, e dei servizi socio-sanitari, per un'effettiva presa in carico del bambino disabile e della sua famiglia, attraverso una precisa definizione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti istituzionali e dei relativi servizi

    4.3 Attivare collaborazioni educative tra realtà scolastiche e realtà extrascolastiche per prevenire il disagio adolescenziale e l'abbandono del sistema formativo

    Le suggestioni operative delineate sono le seguenti:
    sollecitare le singole realtà scolastiche a promuovere un "patto" tra famiglia e scuola per l'educazione dei ragazzi;
    - incentivare la presenza delle famiglie nelle attività di doposcuola, anche attraverso la collaborazione delle associazioni familiari;
    favorire la creazione di collegamenti formali tra la scuola ed altre agenzie educative presenti sul territorio per la presa in carico congiunta dei ragazzi che presentano maggiori difficoltà;
    - utilizzare lo strumento del "Piano del diritto allo studio", attualmente poco valorizzato sia dagli operatori sociali e scolastici sia dagli amministratori locali, come importante momento di concertazione tra famiglia, scuola ed Ente Locale;
    - potenziare una rete di servizi educativi a cui la famiglia possa rivolgersi per coinvolgere i propri figli in attività educative che tutelino e favoriscano un'esperienza positiva del minore nel tempo fuori dalla famiglia;
    - promuovere nell'ambito degli istituti scolastici, nel rispetto della loro autonomia, azioni finalizzate all'individuazione tempestiva delle situazioni di disagio, concordando con i responsabili e i docenti le iniziative idonee per affrontarle.

    4.4 Attivare nuove strategie formative nei confronti degli adolescenti problematici che abbandonano i percorsi previsti nell'obbligo formativo

    Gli orientamenti messi in luce sono:
    - incentivare l'orientamento scolastico e professionale come una reale possibilità per tutti gli adolescenti e le loro famiglie di essere messi in grado di riconoscere il percorso educativo e formativo più idoneo allo sviluppo delle proprie potenzialità; 
    - sollecitare le realtà scolastiche ad attivare percorsi formativi personalizzati anche attraverso il coinvolgimento di soggetti educativi extrascolastici;
    - promuovere azioni educative extrascolastiche di sostegno per contrastare l'abbandono scolastico e formativo degli adolescenti in difficoltà attraverso l'incontro con operatori ed educatori extrascolastici;
    - sostenere le esperienze dei "maestri di strada" e attività formative mirate e personalizzate per minori in difficoltà (scuola/bottega, atelier, laboratori, etc.) per contrastare l'abbandono dal sistema formativo e l'inserimento precario nel lavoro;
    - sostenere ed incentivare la partecipazione scolastica dei minori disabili, nei vari indirizzi di studio;
    - garantire percorsi scolastici adeguati ai minori ospedalizzati;
    - sollecitare le scuole e gli altri servizi educativi a favorire l'inserimento scolastico da parte dei minori stranieri, accompagnati o non accompagnati, al fine di consentire loro un'esperienza di apprendimento positiva e di integrazione;
    - favorire l'utilizzo degli spazi scolastici per la realizzazione di attività rivolte ai bambini e ai ragazzi, ovvero gestite dagli stessi.
    - incentivare l'orientamento scolastico e professionale come una reale possibilità per tutti gli adolescenti e le loro famiglie di essere messi in grado di riconoscere il percorso educativo e formativo più idoneo allo sviluppo delle proprie potenzialità;
    - sollecitare le realtà scolastiche ad attivare percorsi formativi personalizzati anche attraverso il coinvolgimento di soggetti educativi extrascolastici;
    - promuovere azioni educative extrascolastiche di sostegno per contrastare l'abbandono scolastico e formativo degli adolescenti in difficoltà attraverso l'incontro con operatori ed educatori extrascolastici;
    - sostenere le esperienze dei "maestri di strada" e attività formative mirate e personalizzate per minori in difficoltà (scuola/bottega, atelier, laboratori, etc.) per contrastare l'abbandono dal sistema formativo e l'inserimento precario nel lavoro;
    - sostenere ed incentivare la partecipazione scolastica dei minori disabili, nei vari indirizzi di studio;
    - garantire percorsi scolastici adeguati ai minori ospedalizzati;
    - sollecitare le scuole e gli altri servizi educativi a favorire l'inserimento scolastico da parte dei minori stranieri, accompagnati o non accompagnati, al fine di consentire loro un'esperienza di apprendimento positiva e di integrazione;
    - favorire l'utilizzo degli spazi scolastici per la realizzazione di attività rivolte ai bambini e ai ragazzi, ovvero gestite dagli stessi.

    4.5 Sostenere le realtà e le libere aggregazioni giovanili nella creazione di opportunità positive nel tempo libero

    I suggerimenti operativi ritenuti maggiormente efficaci sono:

    - offrire agli adolescenti l'opportunità di rappresentare le proprie istanze ed i propri bisogni e promuovere situazioni di consultazioni su determinati argomenti;
    - promuovere esperienze di coinvolgimento degli adolescenti in situazioni di gestione diretta di servizi a loro rivolti ed esperienze di corresponsabilità con gli adulti;
    - potenziare i servizi nel campo educativo-animativo e informativo-culturale favorendo libere aggregazioni di adolescenti e giovani o potenziando centri spontanei di aggregazione, in modo che le ragazze e i ragazzi diventino protagonisti del loro tentativo comunitario e non semplicemente fruitori di un servizio precostituito, con la presenza di figure tutoriali non solo adulte ma anche giovani di età superiore;
    - favorire azioni che valorizzino la "strada" e la "piazza" come luoghi progettuali, di incontro nelle forme più spontanee possibili e punto di partenza per le libere aggregazioni e sviluppi di interessi;
    - potenziare, nel tempo estivo, le opportunità relative a campi solari, centri ricreativi estivi, proposte per adolescenti, in attuazione dell'art.31 della convenzione Onu dei diritti dell'infanzia.

    5. La chiusura degli Istituti entro il 2006

    Il Governo riconosce la necessità di attivare strumenti adeguati a livello legislativo e di intervento finanziario per uno specifico "Piano di interventi per rendere possibile la chiusura degli Istituti per minori entro il 2006".

    Il Governo si impegna a valutare, nello spirito della legge 149/01 e tenuto conto della Riforma del Titolo V della Costituzione, l'opportunità della costituzione di un fondo speciale con apposita dotazione finanziaria a partire dall'anno 2004, al fine di avviare, di concerto con le Regioni, considerate le peculiarità territoriali, programmi e interventi alternativi all'istituzionalizzazione. Tali programmi e interventi devono sviluppare esperienze innovative di accoglienza e risposte integrative/sostitutive alla famiglia non idonea e assicurare un adeguato sostegno economico ai genitori adottivi di minori di età superiore ai dodici anni o con handicap grave accertato, erogabile fino al raggiungimento della maggiore età dell'adottato e sia di entità congrua alle sue necessità.

    In particolare per l'attuazione del Piano per la chiusura degli istituti è necessario per il Governo impegnarsi a:

    a) Promuovere l'istituto dell'affidamento familiare in base alle innovazioni e modifiche introdotte dalla legge n. 149/01, in particolare rendendolo più flessibile ed idoneo alle effettive esigenze di tutela del minore e del suo preminente interesse a vivere in un ambiente sano e sereno e valorizzando reti di famiglie e associazioni di famiglie entro cui la singola famiglia affidataria trova sostegno amicale e professionale (art. 5 comma 1 l. 149/01)

    b) Promuovere l'adozione:

    c) Diffondere lo strumento dell'adozione "mite" previsto dalla quarta ipotesi dell'art. 44 della legge 184/83. La giurisprudenza dei tribunali è concorde nel ritenere che la quarta ipotesi dell'art. 44 si applichi in due casi: a) quando vi sia un rifiuto generale a prendere in affidamento preadottivo un minore abbandonato, che presenti difficoltà d'inserimento per la sua età (di preadolescente o adolescente), o per le deprivazioni subite o per gli handicap di cui è portatore; b) quando il minore abbandonato si trova già presso un'altra famiglia, a cui è legato da un rapporto affettivo solido, tanto che un allontanamento determinerebbe per lui un serio pregiudizio. Essa va ora estendendosi ai casi di affidamento familiare nei quali risulti impossibile il rientro del minore nella famiglia di origine.

    d) Riconoscere particolari requisiti per le realtà comunitarie preposte all'accoglimento di bambini vittime di esperienze traumatiche familiari, prevedendo, in particolare, la qualificazione del personale che vi opera, ivi compresa la certificazione della loro idoneità a svolgere il ruolo educativo e garanzie di continuità di presenza dello stesso.

    e) Incentivare comunità in cui è prevista la presenza di famiglie come responsabili educativi.

    f) Usufruendo di quanto previsto all'art.11 comma 4 della legge 328/00, favorire la sperimentazione di altre forme innovative di accoglienza attraverso le quali si esprime la creatività e la responsabilità educativa di una famiglia, di un gruppo di famiglie, di un'Associazione di famiglie, di una Rete integrata di servizi.

    g) Rendere effettivo il divieto di collocare minori sotto i 6 anni negli istituti.

    6. La cooperazione internazionale al servizio dell'infanzia e dell'adolescenza

    6.1 Premessa

    La tematica relativa alla politica internazionale dell'Italia per la tutela e la promozione della condizione minorile si presenta sempre più urgente e complessa:

    Una così ampia complessità d'intervento è stata affrontata solo recentemente in maniera organica, con la costituzione dell'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia e per l'Adolescenza nel quadro del primo Piano d'azione e di interventi per lo sviluppo e al tutela dei soggetti in età evolutiva, ove ogni Ministero fu chiamato ad elaborare e definire il proprio Piano d'Azione.

    6.2 Le strategie di intervento

    La Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo (DGCS), nell'ambito del Piano d'Azione del Ministero degli Affari Esteri (MAE) ha definito e deliberato le prime Linee Guida sulla Tematica Minorile dove , tra le strategie di intervento in ambito MAE, si impegna:

    Tra le strategie di intervento in ambito nazionale la DGCS, nell'ambito delle attività del MAE, si impegna a:

    - istituire congiuntamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, una Commissione Nazionale di coordinamento per la concertazione di politiche e iniziative di cooperazione nei Paesi del Sud del mondo ed in quelli con economie in fase di transizione e di progetti in favore degli immigrati e iniziative di educazione allo sviluppo in Italia.

    Tali iniziative di coordinamento (Osservatorio Nazionale e coordinamento MAE interistituzionale) meritano un ulteriore potenziamento, al fine di superare le attuali frammentazioni e dispersioni di competenze e responsabilità che non favoriscono la programmazione organica di lungo periodo di interventi coordinati tra i molteplici attori istituzionali e della società civile organizzata.

    6.3 Le competenze attuali

    A diverso titolo, con diversi obiettivi e diverse strategie, oggi la questione dell'infanzia e dell'adolescenza a livello internazionale è ripartita principalmente tra questi soggetti istituzionali:

    1. Ministero degli Affari Esteri (MAE), che, attraverso le diverse Direzioni Generali, coordina tutta l'attività di politica internazionale a favore dell'infanzia e dell'adolescenza. In particolare, le Direzioni più impegnate su questa tematica sono:

    - La Direzione Generale per gli Affari Politici Multilaterali ed i Diritti Umani (DGAPM) per il negoziato sugli Accordi internazionali relativi alla tutela e alla promozione dei diritti umani a favore dei fanciulli, in coordinamento con il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU);
    - La Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e Politiche Migratorie (DGIT) per la tutela dei bambini migranti, per le adozioni internazionali ed in seno ad esse i negoziati bilaterali: attraverso il ricorso allo strumento negoziale, infatti, si possono soddisfare i diritti dei bambini/e ed adolescenti rendendo più trasparenti e fluide le procedure adotti ve. È stato istituito un Gruppo di lavoro, composto da rappresentanti del Ministero per gli Italiani nel Mondo e della DGIT, che segue la problematica della sottrazione internazionale di minori. Il Gruppo si riunisce periodicamente, al fine di individuare le linee di condotta più idonee sia sul piano tecnico sia sul piano politico, per prevenire, in relazione a casi singoli, il verificarsi di problemi che coinvolgano i minori o per ridurne l'impatto una volta che questi siano sorti, suggerendo possibili soluzioni per la salvaguardia dell'interesse prioritario del minore;
    - La Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) per la promozione, il coordinamento, il finanziamento, la realizzazione ed il monitoraggio delle politiche e delle iniziative di tutela e di sviluppo sostenibile delle nuove generazioni a rischio, in età minorile, nei Paesi in Via di Sviluppo, in quelli ad economia di transizione e, in Italia, attraverso gli strumenti dell'educazione allo sviluppo e della cooperazione decentrata, in attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e nel quadro della lotta alla povertà;

    1. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Pari Opportunità per quanto riguarda il coordinamento delle azioni di tutte le pubbliche amministrazioni per il contrasto al fenomeno dello sfruttamento, della riduzione in schiavitù e dell'abuso sessuale dei minori e, per il tramite della Commissione per le Adozioni Internazionali, per quanto riguarda l'adozione internazionale e il principio di sussidiarietà;
    2. Ministero del Lavoro e Politiche sociali, per quanto concerne il coordinamento dell'Osservatorio Nazionale per l'Infanzia e l'adolescenza e, per il tramite del Comitato Minori Stranieri, per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano o i soggiorni temporanei di natura terapeutica;
    3. Ministero della Salute per quanto riguarda il minore straniero che venga trasferito per cure in Italia nell'ambito di interventi umanitari o quello che venga trasferito in Italia nell'ambito di programmi di intervento umanitario delle Regioni;
    4. Altre Amministrazioni quali il Ministero della Giustizia, dell'Interno, dell'Istruzione, Università e Ricerca, dell'Ambiente svolgono attività importanti a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza straniera in Italia.

    La legge 451/97 ha preso atto del fatto che le problematiche e le strategie d'intervento sono tra loro fortemente correlate ed ha favorito il coordinamento ed un pieno scambio di informazioni sulle attività a favore dell'infanzia e dell'adolescenza tramite l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Si evidenzia l'esigenza di una forma di coordinamento delle politiche degli interventi rivolti ai minori stranieri non accompagnati/orfani affinché siano al centro di strategie politiche, che li riconducano a "sentirsi figlio di qualcuno" e membro di una comunità. Anche se per un armonico sviluppo individuale del minore, deve essere primariamente favorito, ove possibile conformemente al principio del suo superiore interesse, l'integrazione nell'ambito del proprio contesto familiare, nonché nell'ambito della comunità di appartenenza.

    Nel quadro del ruolo di coordinamento della politica internazionale svolto dal Ministero degli Affari Esteri, per quanto riguarda le attività di cooperazione allo sviluppo e di emergenza, la Legge 49/87 ne conferma la competenza al Ministero Affari Esteri - Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (DGCS), già peraltro attribuita da leggi precedenti. Con la legge 49/87 la DGCS istituisce, tra i diversi uffici, anche l'Ufficio Donne e Tutela dell'infanzia, promuovendo diverse iniziative settoriali materno - infantile e sanitarie sulla specifica tematica dei minori. Nel 1998, nel quadro del Piano d'Azione governativo per l'infanzia e l'adolescenza e le Linee guida sulla Tematica Minorile promosse dalla DGCS nel quadro del Piano d'Azione a favore dei minori MAE, attribuisce un ruolo centrale alla tematica minorile nel sopraccitato Ufficio cambiandone il nome in Ufficio Donne, Minori e Handicap, ove ciascuna delle tre componenti riveste un ruolo autonomo e trasversale, programmando, finanziando e realizzando iniziative multisettoriali integrate mirate allo sviluppo e al rafforzamento dei Diritti delle nuove generazioni in età minore. Già dal 1987 la DGCS ha realizzato numerosi programmi a tutela dell'infanzia e dell'adolescenza nei settori sanitario, educativo e sociale secondo le finalità della legge che prevede di promuovere azioni "finalizzate al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia...". Nel 1998, con una delibera del Comitato Direzionale, la DGCS promuove le "Linee guida della cooperazione italiana sulla tematica minorile" (assunte dal Ministero Affari Esteri con delibera del 26.11.1998, n.180).
    Tali Linee Guida individuano, tra i "Principi Ispiratori", "il minore come soggetto di diritti fondamentali e inalienabili", "risorsa fondamentale per lo sviluppo di un Paese e indicatore significativo della situazione dello stesso" e "protagonista del proprio sviluppo, riconoscendone la dignità di interlocutore e promuovendone la partecipazione nelle decisioni, nell'adozione di strategie e nell'attuazione degli interventi che lo riguardano", adottando "un'ottica di genere che superi la neutralità della condizione infantile e combatta le discriminazioni sessuali", considerando "crimini contro l'umanità la tratta, lo sfruttamento dei minori nelle forme più intollerabili e la violazione sistematica e su larga scala della loro integrità psichica e fisica a fini economici, commerciali, sessuali, etnici, religiosi, politici, culturali, familiari e comunitarie, valorizzando, negli interventi rivolti ai minori, il ruolo della società civile, delle ONG, delle associazioni ed in particolare delle donne", considerando "l'investimento sui minori come fattore di sostenibilità dei progetti di cooperazione" e adottando "tra i criteri di efficacia degli interventi di Cooperazione i risultati conseguiti nei confronti dei minori". In armonia e in attuazione di tali principi, la Cooperazione italiana ha dato priorità e centralità alla tutela e alla promozione delle nuove generazioni, nell'insieme dei propri programmi di cooperazione allo sviluppo, promuovendo e finanziando numerose iniziative bilaterali concordate con le Istituzioni dei Paesi beneficiari nel quadro dei Piani di Sviluppo Nazionali, multilaterali e di emergenza, in gestione diretta, per il tramite delle ONG, delle Agenzie delle Nazioni Unite (in particolare con l'UNICEF e l'ILO), della Banca Mondiale e degli Enti Locali (Cooperazione decentrata).
    La DGCS ha, inoltre, promosso un'ampia informazione sulle attività svolte nel corso di questi ultimi quattro anni attraverso tre pubblicazioni, due in inglese ed una in italiano - Italy for children's rights - che illustrano dettagliatamente le politiche, ponendo in allegato le Linee Guida e informando sulle iniziative realizzate e i relativi finanziamenti erogati dal 1998 al 2001 compreso.
    Inoltre, la DGCS informa annualmente il Parlamento con una Relazione sulla Cooperazione allo sviluppo, ove è sempre incluso, anche se in maniera sintetica, un capitolo dedicato alle iniziative a favore dei minori.(2) Diversi Rapporti, con allegata la lista delle iniziative in corso di realizzazione, sono stati inoltre redatti, per il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul tema dello sfruttamento del lavoro minorile e per il Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sul tema del traffico per sfruttamento sessuale di bambine e adolescenti e del turismo sessuale a danno delle minorenni. La DGCS è impegnata ad aumentare sempre di più la visibilità, l'informazione e il monitoraggio delle iniziative; a tale scopo ha finanziato due progetti di monitoraggio in America Centrale/Caraibi e nel Sud-est Asiatico, ove saranno chiamati a partecipare, dalla DGCS, anche esperti esterni in rappresentanza di ONG, Enti Locali nei programmi multibilaterali in corso di realizzazione affidate alle Agenzie delle Nazioni Unite attraverso accordi specifici.
    _____________________________
    Capitolo II sez. III vol. 1 della RELAZIONE ANNUALE SULL'ATTUAZIONE DELLA POLITICA DI COOPERAZIONE ALO SVILUPPO NEL 2000 (art. 3 L. 26/87) del Ministero degli Affari Esteri/DGCS

    Si auspica che le Linee Guida siano maggiormente conosciute ed applicate dai soggetti esterni al MAE/DGCS interessati a rafforzare con le loro risorse le iniziative esistenti al fine di raggiungere i qualificati obiettivi che pongono, in particolare la centralità/priorità della questione infanzia ed adolescenza nell'insieme dei programmi di cooperazione.
    Si ritiene che l'Ufficio Donne, minori e disabili, istituito dal Ministero degli Affari Esteri, assuma un ruolo più significativo, rafforzando al suo interno l'attenzione ai minori così da assumere un ruolo specifico per i minori tale da essere il punto "focale" e trasparente del coordinamento delle politiche e delle iniziative. È quindi necessario affidare a tale Ufficio le competenze e le risorse che lo mettano in grado di assumere un ruolo di indirizzo e coordinamento, progettazione, finanziamento e monitoraggio delle numerose iniziative italiane di cooperazione per l'infanzia e l'adolescenza promosse e realizzate dai diversi uffici del Ministero degli Affari Esteri nel corso di questi anni, nell'ambito della Cooperazione multilaterale, bilaterale e di emergenza, sia a gestione diretta sia a gestione delle Agenzie ONU e/o delle Organizzazioni Non Governative e degli Enti Locali.

    Conformemente alle indicazioni più volte ribadite anche in sede delle Nazioni Unite si sottolinea le necessità di incentivare lo sviluppo di programmi volti a sostenere, nei paesi in via di sviluppo, le istituzioni democratiche e a consolidare i diritti umani. Occorre quindi rafforzare gli interventi di cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile al fine di consolidare i diritti dei bambini e degli adolescenti dei paesi poveri, perché ne sono la risorsa primaria e più importante per lo sviluppo dell'economia nella lotta alla povertà, dei processi di pacificazione e di democratizzazione dei Paesi beneficiari e indicatore significativo della situazione dei diritti umani nei diversi Paesi, come per altro già indicato nei principi ispiratori delle Linee Guida sopraccitate.

    In occasione della recente Sessione Speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicata all'infanzia e all'adolescenza (New York 8-10 maggio 2002), i Capi di Stato e di Governo hanno sottoscritto il documento "Un mondo a misura di bambino" composto da una Dichiarazione e da un Piano d'Azione. Nella Dichiarazione viene ribadito l'impegno a "conseguire gli obiettivi del Vertice mondiale per l'infanzia che risultano ancora incompiuti" e "attraverso iniziative nazionali e per mezzo della cooperazione internazionale, ad affrontare le nuove problematiche emergenti, fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi a lungo termine e dei traguardi fissati dai recenti e più importanti vertici e conferenze delle Nazioni unite - in particolare dalla Dichiarazione del Millennio dell'ONU." 
    Per quanto concerne le politiche di cooperazione internazionale, i Capi di Stato e di Governo hanno espresso il loro "...apprezzamento ai paesi sviluppati che hanno concordato e raggiunto l'obiettivo dello 0,7% del PIL da devolvere per aiuti ufficiali allo sviluppo (ODA)" ed esortano " i paesi sviluppati, che non hanno ancora fatto ciò, ad adoperarsi per fa sì che l'obiettivo di devolvere lo 0,7% del loro PIL a favore dell'ODA, come stabilito a livello internazionale, sia raggiunto quanto prima possibile". S'impegnano, inoltre, "...a non risparmiare sforzo alcuno al fine di invertire la tendenza negativa al ribasso dell'ODA e, come pattuito, di conseguire celermente l'obiettivo di utilizzare una percentuale tra lo 0,15 e lo 0,20 del PIL come ODA a favore dei paesi meno sviluppati, in considerazione dell'urgenza e della gravità delle esigenze peculiari dell'infanzia."
    Il Rapporto Internazionale 2001 redatto dal DAC-OECD (Development Assistance Committee dell'OECD) rileva che l'Italia si attesta al penultimo posto nella graduatoria internazionale per la percentuale sul PIL destinata alla cooperazione allo sviluppo, appena lo 0,13% rispetto alla quota standard definita dalle Nazioni Unite (0,70%).
    Si auspica che l'applicazione del nuovo Piano nazionale di azione e di intervento per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva veda l'Italia avvicinarsi quanto più possibile alla quota prevista dall'ONU e di raggiungere quindi l'obiettivo specifico, destinando una quota sempre maggiore di risorse alle iniziative di cooperazione rivolte all'infanzia e all'adolescenza (almeno 0,15/0,20% del PIL in analogia con quanto già conseguito da altri paesi nell'attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo mirati all'infanzia e all'adolescenza).
    Data l'urgenza della situazione di un grandissimo numero di bambini e adolescenti del mondo povero, si richiede di semplificare al massimo e di accelerare l'intero iter procedurale relativo alla realizzazione dei progetti e, non ultimo, la fase relativa al finanziamento delle iniziative e l'effettiva erogazione dei fondi, affinché tutte le risorse destinate siano erogate almeno entro l'anno di finanziamento.

    Si invita a prendere atto della positiva evoluzione della situazione che vede le Amministrazioni centrali, gli Enti Locali, le ONG, le associazioni, fortemente impegnati nel mondo della cooperazione internazionale rivolto all'infanzia e all'adolescenza. Quindi, oltre alle agenzie/organizzazioni internazionali si dispone di questi organismi capaci di intervenire all'interno della cooperazione e diventa quindi necessario sostenerne lo sviluppo al fine di raggiungere una collaborazione più integrata tra tutti i soggetti, secondo le specifiche competenze, ampliando la possibilità di presentare proposte di progetti e di erogare il relativo finanziamento.
    Nell'ambito di questa collaborazione è auspicato un rafforzamento del coordinamento comprendendo anche il monitoraggio e la valutazione delle azioni di cooperazione.

    6.4 L'impegno ad un più efficace coordinamento

    A fronte di questa situazione, si ritiene necessario che, nell'auspicata riforma della Cooperazione allo Sviluppo nell'ambito del MAE, si rafforzi e si strutturi la prevista realizzazione di una precisa funzione di raccordo che funga da coordinamento operativo tra il MAE le altre istituzioni che si occupano di infanzia e di adolescenza nei PVS, evitando quanto più possibile la frammentazione delle competenze e delle strategie di azione.
    Si evidenzia che le "Linee Guida della Cooperazione Italiana sulle Tematica Minorile" deliberate del Ministero degli Affari Esteri il 26ovembre 1998, prevedono tra le "Strategie d'intervento in Ambito Nazionale", di istituire, congiuntamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, "...di una Commissione nazionale di coordinamento per la concertazione di politiche ed iniziative di cooperazione nei paesi del sud del mondo ed in quelli con economia in fase di transizione e di progetti in favore degli immigrati e iniziative di educazione allo sviluppo in Italia". Tale Commissione dovrà promuovere il coordinamento operativo sul piano istituzionale e della società civile di tutti gli interventi in favore dei bambini dei paesi che sottoscrivono atti di cooperazione allo sviluppo con l'Italia, allo scopo di garantire loro il rispetto dei diritti sanciti dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo e degli accordi assunti nell'ultima Sessione Speciale delle Nazioni Unite a New York, o quantomeno opportunità e possibilità di crescita e di sviluppo pari a quelle che garantiamo ai bambini italiani, poiché lo sviluppo sociale, ambientale, economico e culturale deve essere mirato a migliorare la qualità della vita dei minori.
    L'Osservatorio nazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, la prevista Commissione nazionale di coordinamento del Ministero degli Affari Esteri/DGCS, l'Ufficio donne, minori e disabili del MAE/DGCS, la Commissione adozioni internazionali, i Ministeri, le Regioni, gli Enti Locali, il privato sociale ecc. devono lavorare per i bambini e gli adolescenti dei paesi poveri, con una modalità dipartimentale così da ricongiungere la frammentarietà oggi presente.

    Le priorità delle attività di coordinamento sono:

    Parte quarta

    1. Copertura finanziaria

    In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti nel presente Piano, come richiesto dall'articolo 2 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria.
    A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è il DPEF, sulla base del quale verrà definito il disegno di legge Finanziaria.

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