Roberto MARONI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente, colleghi, signori e signore. Ho colto con molto interesse e apprezzamento questa iniziativa della Commissione e garantisco l'impegno del mio Ministero e di tutto il Governo alla massima diffusione, in particolare del mio Ministero attraverso le sue articolazioni periferiche.
Mi sembra interessante, utile e opportuno promuovere la diffusione di questo opuscolo in tutte le famiglie, nelle istituzioni scolastiche, ovunque si parli di bambini, perché il tema della comunicazione è davvero un passaggio cruciale.
Noi siamo reduci dalla Seconda Conferenza dell'infanzia e l'adolescenza di Collodi, che ha affrontato numerosi temi individuati dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Temi prioritari il sostegno alla famiglia, la lotta allo sfruttamento del lavoro minorile, l'infanzia e l'adolescenza in difficoltà, le politiche internazionali e regionali di attuazione della Convenzione dell'ONU, le politiche per l'adolescenza e, appunto, il rapporto tra i ragazzi e il mondo delle comunicazioni in generale. Su questo ci sono stati spunti molto interessanti con la presenza anche di testimonianze importanti, rappresentanze dei vertici di Mediaset, della RAI, del mondo della carta stampata, del mondo dell'informazione, l'Autorità garante per le comunicazioni, oltre naturalmente al Ministero per le comunicazioni, al Ministero per l'istruzione, università e ricerca, parlamentari, terzo settore ed enti di ricerca.
Sul punto delle comunicazioni si è concentrata l'analisi e l'attenzione della Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza.
Una recente indagine dell'ISTAT presentata in quella sede dimostra che le famiglie italiane sono le più multimediali in Europa: su 6 milioni e mezzo di famiglie il 96% possiede almeno un televisore, il 94% possiede molti libri, il 93% una radio, il 92% un cellulare, l'88% almeno un videoregistratore. Un altro dato importante emerso dalla ricerca è che bambini e bambine, ragazzi e ragazze vivono diversamente nelle varie fasi della vita il loro rapporto con i mezzi di informazione. Al crescere dell'età il minore passa da una dominanza della televisione a un ricco menù di consumi audiovisivi, si personalizza il consumo e si compone variamente la multimedialità.
I nuovi cittadini sono i soggetti multimediali emergenti: vedono la televisione, ascoltano la radio, usano il videoregistratore, il personal computer, i videogiochi, vanno al cinema, leggono libri e giornali, usano il cellulare.
Si realizza un processo di integrazione tra vecchi e nuovi media che il mondo degli adulti a tutti i livelli - la famiglia, la scuola, la società in genere - non sempre riesce non solo ad anticipare ma persino a volte a comprendere. Vi è la necessità di comunicazione e informazione; vi è la necessita, di studiare il rapporto tra infanzia, adolescenza e comunicazione.
Bisogna rendere in primo luogo il mondo degli adulti capace di capire il linguaggio dei giovani perché questo non sempre si verifica in modo apprezzabile.
E' stato detto per esempio con una battuta (che forse è qualcosa di più di una battuta) da uno psicologo che oggi un maestro elementare che non conosca almeno il nome di dieci pokemon non può fare il maestro elementare.
I piccoli cittadini valorizzano pienamente le potenzialità dei mezzi di comunicazione, apprendono, si informano, scoprono il mondo giocando.
E' stata rilevata anche una criticità: l'accessibilità ai media non è uniforme, le differenze continuano ad essere legate alle caratteristiche geografiche e sociali del contesto d'origine.
L'indagine dell'ISTAT mostra in modo clamoroso, anche dal punto di vista dell'utilizzo, che bambini da 3 a 5 anni, ragazzi da 5 a 10 anni e giovani oltre gli 11 anni utilizzano in modo diverso i mezzi di comunicazione, che pure hanno a disposizione, a seconda che risiedano in una regione d'Italia al nord piuttosto che al sud e a seconda anche della qualità della vita all'interno del rapporto familiare.
I genitori, il loro livello d'istruzione e le loro condizioni all'interno della famiglia, così come osservava la professoressa Parsi, sono determinanti anche nel modo con cui i giovani utilizzano i mezzi di comunicazione. Vengono a crearsi, quindi, così gli strumenti culturali.
Attraverso i media il mondo entra nelle vite dei giovani anche con tutti i suoi pericoli. Prepotentemente emergono due ordini di priorità che sono stati sottolineati a Collodi: insegnare a bambini ed adulti a cogliere le opportunità delle integrazioni tra i media e proteggere i piccoli utenti dai pericoli. L'alfabetizzazione degli adulti di cui parlavo prima, ancora tanto indietro rispetto ai loro figli nell'uso delle tecnologie informatiche, è il punto di partenza.
I genitori e gli insegnanti devono accompagnare i ragazzi in ogni processo di apprendimento, anche in quello mediatico. Un'altra battuta: oggi un ragazzo diceva che le scuole a volte non dovrebbero insegnare agli studenti l'uso del computer ma agli insegnanti. Occorre formare gli adulti al miglior utilizzo delle tecnologie. La tecnologia può essere utilizzata in tanti modi, noi dobbiamo cercarne il miglior utilizzo, dobbiamo insegnare a leggere un programma televisivo, educarli a vigilare discretamente sui loro figli e a riconoscere i comportamenti rischiosi, a promuovere un uso consapevole dei media vecchi e nuovi, a formare gli adulti in casa e a scuola creando continuità tra famiglie e scuola e facendo crescere la cultura della corresponsabilità educativa.
Gli strumenti di ausilio a disposizione dei genitori stanno moltiplicandosi. Dall'iniziativa del Ministero per l'innovazione e le tecnologie di promozione della diffusione di filtri per proteggere i minori dai rischi della navigazione in rete alla sperimentazione del numero di emergenza 114 su iniziativa del Ministero delle comunicazioni, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero per le pari opportunità e al progetto Ciclope per combattere la pedofilia via internet.
Una volta formati i soggetti cui sono naturalmente attribuite le funzioni di educazione e tutela dei più piccoli le cose che si possono fare sono tante.
La televisione è oggi ancora il mezzo di comunicazione più presente nelle case degli Italiani, ed è innegabile la sua funzione educativa. Questo impone agli adulti di costruire una programmazione a misura di bambino. Nella programmazione televisiva devono essere presenti elementi forti di tutela dei minori che comprendono una molteplicità di aspetti, dalla formazione di adulti e bambini alla creazione di un filo educativo con la scuola, dalla selezione di personale di elevata professionalità alle azioni di sensibilizzazione, dall'emanazione di un unico codice di autoregolamentazione alla previsione e alla concreta erogazione di sanzioni per le violazioni accertate. In questo senso è apprezzabile lo sforzo fatto dal mondo delle televisioni per un nuovo codice di autoregolamentazione e il contratto di servizio con la RAI, ma credo che noi dovremmo essere ancora più efficaci e considerare le concessioni che vengono date, tenendo in primaria considerazione il ruolo sociale oltre che educativo dei media nei confronti dei piccoli cittadini che saranno i cittadini adulti di domani e che prenderanno le redini del sistema produttivo del Paese. In questo senso è fondamentale il ruolo dell’informazione, soprattutto la televisione, perché - come è stato rilevato dalla ricerca ISTAT - il 96-97%, cioè la quasi totalità dei ragazzi dei bambini dai 3 ai 15 anni, usa la televisione come strumento principale di informazione e quindi di formazione culturale.

Mi avvio rapidamente alla conclusione. E' necessario rendere omogeneo il messaggio che va al mondo dell'infanzia creando un codice unico valido per tutte le televisioni, una sorta di marchio di qualità destinato ai programmi per i più giovani. Maggiore attenzione va prestata alle inserzioni pubblicitarie nei programmi per bambini e al tipo dei prodotti reclamizzati. Bisogna poi riflettere sulla produzione cinematografica. In Italia manca un circuito di distribuzione dedicato all'infanzia e all'adolescenza, per questo motivo si rende necessario studiare strumenti di incentivazione alla produzione cinematografica destinata ai ragazzi e sostenere una migliore distribuzione in sala e sul piccolo schermo.
E' utile incentivare sempre più la cosiddetta media education, l'educazione che passa attraverso i canali di comunicazione. In questo percorso nessuno dei dicasteri coinvolti nelle politiche a misura di bambino può studiare autonomamente efficaci risposte: è necessario attivare - e lo abbiamo fatto - un raccordo tra le competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'istruzione, università e ricerca, del Ministero per l'innovazione e le tecnologie, del Ministero delle comunicazioni, dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di RAI-education al fine di individuare strategie pratiche e progetti che tendano a predisporre nei giovani utenti un atteggiamento critico e un uso consapevole dei mezzi di comunicazione di massa. E' ciò che questo Governo ha iniziato a fare con alcune iniziative che ho citato prima, tra cui il progetto Ciclope, ma anche tante altre.
"Costruire un mondo a misura di bambino, perché un mondo a nostra misura è un mondo a misura umana per tutti". Questa la richiesta fatta da bambini e bambine, ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo durante il Children’s Forum svoltosi a New York in parallelo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull’infanzia.
Il nostro impegno - quello del Governo e di noi ministri – l'impegno più cogente, è dare una risposta adeguata a questa richiesta.