Domanda di Francesca, Istituto professionale statale per i servizi commerciali "A. De Pace".

Signora senatrice, la mia è una terra di frontiera ormai da tutti conosciuta come esempio di generosità e ospitalità, nell’accoglienza di coloro che qui arrivano e sono considerati diversi perché differenti per cultura, religione, costume e abitudini. Gli extracomunitari hanno trovato nella mia scuola gli strumenti, le modalità e l’affetto per essere a casa e sentirsi alla pari. Non si può essere discriminato perché la pelle, la lingua, la fede sono differenti. La nostra età deve essere vissuta nella solidarietà e nell’amicizia. Non crede, senatrice, che lo Stato italiano che oggi qui Lei rappresenta, debba attivarsi per favorire sempre di più il processo di integrazione e il diritto all’educazione, tra l’altro sancito dall’articolo 28 della Convenzione sui diritti dell’infanzia?

Risposta del sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Grazia Sestini.

Io divido la risposta a questa interessantissima domanda in due parti. La vostra amica evidenzia il grande sforzo ma anche la grande testimonianza che questa terra ha dato all’Italia negli ultimi 10 anni, che è la testimonianza dell’accoglienza.
Voi, spesso da soli, avete insegnato a tutta l’Italia che cosa vuol dire l’accoglienza in concreto di chi viene da noi e ha bisogno, in qualunque condizione arrivi e da qualunque motivazione sia spinto.
Bisogna distinguere tra quelle che sono le politiche dell’immigrazione, su cui il Parlamento comincerà a discutere tra qualche giorno, e quella che è la cultura dell’accoglienza che appartiene al nostro popolo.
Voi avete testimoniato come questo sia possibile e la scuola è stata indubbiamente in prima linea in un processo ormai irreversibile. Noi siamo stati capaci di accogliere ragazzi ma anche adulti provenienti da culture diverse, perché secoli di civiltà ci hanno insegnato ad accogliere chi è straniero, bisognoso e povero.
Allora, il mantenimento di questo livello di coscienza tra di noi ci permette di non annullarci in una multiculturalità che non dice nulla ma di accogliere l’altro per quello che è nelle espressioni più vere della sua civiltà.
Il secondo punto: il diritto all’educazione. Riprendo quello che ho detto prima in riferimento al volontario dell’UNICEF che insegna a cantare.
Il diritto all’educazione, per ogni bambino, è innanzitutto il diritto all’educazione là dove vive; per questo, per esempio, uno dei filoni più interessanti del nuovo piano dell’infanzia e dell’adolescenza sarà proprio quello che, con un termine brutto, è stato chiamato adozione a distanza. Vuol dire che voi, con le vostre famiglie, privandovi di veramente poco, potete garantire attraverso le centinaia di organizzazioni internazionali che lavorano su questo fronte il diritto all’educazione di bambini come voi nei posti dove sono nati e dove continuano a vivere insieme alle loro famiglie.
Questa è una scommessa grande, perché se noi riconosciamo come un valore l’educazione, il primo impegno è che ognuno possa essere educato là dove vive.
Sono due, dunque, gli aspetti. L’educazione per voi che ormai è un diritto acquisito, e l’educazione per tutti; quello che al di là della carta dell’ONU, è un diritto di natura.

Domanda di Francesca, Scuola elementare "E. De Amicis".

Onorevole Burani oggi in Italia arrivano molti bambini dai paesi poveri, vorrei sapere quale sarà il loro futuro. Che state facendo voi tutti perché sia garantito il diritto alla salute e da grandi si possa vivere tutti insieme, senza disagio?

Risposta della presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia, Maria Burani Procaccini

I bambini che vengono dai paesi più poveri hanno un grande problema. Le vostre mamme, quando eravate piccoli, vi portavano a fare le vaccinazioni, invece i bambini di questi paesi non hanno vaccinazioni verso malattie gravi e anche mortali. La prima cosa dunque è di vaccinarli.
Esiste poi un altro grande problema che vale per voi e per i bambini che arrivano dall’estero. Bisognerà formare nelle scuole una figura che sia accanto ai bambini, ai miei tempi c’era la vigilatrice scolastica ed è bene che accanto alla famiglia ci sia la scuola, non solo con il lavoro che fanno i vostri insegnanti, spesso al limite dell’insostenibile, ma che ci siano équipe, gruppetti di persone che possano aiutarvi a superare il disagio. Dovete pensare che un bambino su quattro ha un momento di grande sconforto nella vita. Noi lo chiamiamo disagio psichico, è un momento di grande solitudine e non vogliano che voi abbiate questi momenti, perché il disagio psichico poi crea tutta una serie di malattie che, invece, dovremmo evitare, per fare sì che voi e i vostri amichetti che vengono dall’estero divengano cittadini italiani in buona salute e felici.

Domanda di Ilenia, Scuola media "Paolo Stomeo - Giuseppe Zimbalo".

Signor Presidente, molti bambini soffrono a causa della guerra e noi li vediamo soffrire senza poter far nulla. In che modo si potrebbe intervenire perché non subiscano gli effetti della guerra?

Risposta del presidente dell’UNICEF, Giovanni Micali.

Esiste tutta una strategia che l’UNICEF è già abituata ad attuare nei momenti di emergenza. Prima di tutto deve essere garantita la sopravvivenza. In secondo luogo, occorre mantenere la continuità della scuola, perché anche in condizioni di emergenza, e in Afghanistan operano 70 uomini dell’UNICEF, si predispongano tende per le scuole e all’interno ci sta tutto il necessario. Abbiamo visto, e gli psicologi ce lo insegnano, che i bambini che sospendono, a causa della guerra la scuola, subiscono uno shock piuttosto forte e hanno bisogno di un sostegno psicologico maggiore: per questo è necessario dare continuità alla scuola.
Molti bambini soffrono di altre cose, di non poter giocare, di non poter vedere i colori, di non poter vedere un aquilone. Ora speriamo che si apra una nuova era che consenta ai giovani e alle società di questi paesi di poter respirare un’aria democratica.

Domanda di Valentina, Istituto tecnico commerciale "F. Calasso".

Illustri onorevoli, una mia amica è ospite di un istituto per minori dove si sente freddo e nel quale non si vive con gioia. Per questo chiedo che si promulghi una legge che renda gli istituti veramente accoglienti e pieni di umanità perché noi ragazzi, per crescere, abbiamo bisogno di calore umano e di modelli di riferimento rassicuranti.

Risposta di Luigi Pepe, componente della Commissione parlamentare per l’infanzia.

Noi abbiamo parlato di differenze tra bambini italiani, che sono tra i fortunati, e altri bambini che sono fuori. Ma anche in Italia ci sono bambini in istituto che vivono in modo diverso, forse con la freddezza di cui parlava Valentina.
Certamente deve essere un impegno di tutti noi fare qualcosa che renda più accoglienti questi istituti perché ogni bambino è figlio di Dio e ha il diritto di potersi sentire felice insieme agli altri. È un impegno prima umano e poi politico e noi speriamo di poter contribuire, ognuno secondo le proprie possibilità, a rendere più accoglienti e umani i posti dove i bambini devono vivere felici, almeno nei limiti del possibile.

Risposta del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Grazia Sestini.

Questa è una questione calda e vorrei dire che una legge dello Stato prevede la chiusura degli istituti. Il nostro impegno è che, entro il 2006, in Italia tutti gli istituti siano chiusi perché vogliamo favorire due cose fondamentali. La prima, l’affido familiare, laddove questo sia possibile e non parlo di adozioni, perché in questi casi sappiamo benissimo che si tratta di ragazzi non adottabili. Il Governo farà la sua parte rendendo le procedure più semplici, ma mi sento veramente di fare un appello a voi, ma anche a tutte le vostre famiglie, perché aprano le loro porte all’accoglienza. Capisco che si tratta di una scommessa difficilissima, ma su questo vogliamo lavorare.
La seconda cosa è la costruzione di case famiglia, ambienti più piccoli, meno freddi, in cui questi ragazzi possano ricominciare un’esistenza serena, in parte da soli quando sono abbastanza grandi e in parte con l’aiuto degli adulti, e su questo vorrei fare un pubblico ringraziamento a tutte le associazioni di volontariato impegnate nell’accoglienza ai minori, perché di fatto sono loro che hanno accettato questa sfida. I primi istituti in Italia si stanno chiudendo perché loro hanno iniziato con i loro operatori queste prime esperienze di case famiglia. Si tratta di riconventire decine e decine di istituti in Italia e questo è un invito che facciano agli enti locali, ai Comuni e alle Regioni, ma il Governo farà la sua parte perché lo consideriamo un atto di civiltà.
Scusate se mi sono impossessata del microfono ma ieri sera, in un convegno che è stato organizzato a Padova, l’Osservatorio dell’infanzia e dell’adolescenza ce l’ha posta come questione prioritaria e quindi volevo, anche a voi, dare una risposta.

Risposta, in rappresentanza della Provincia di Lecce, della dott.ssa Loredana Capone.

La Provincia di Lecce è impegnata da anni sul progetto famiglie, minori e affido per cui volevo rappresentare al sottosegretario che il Salento non parte da zero rispetto a questo problema. Esiste già un progetto con 5 anni di attività, attraverso il quale la Provincia mette a disposizione dei Comuni e delle istituzioni le proprie risorse, ma soprattutto il coinvolgimento delle associazioni di volontariato e degli assistenti sociali, attraverso convenzioni.
Stanno nascendo le prime case famiglia e, attraverso il rapporto anche con le associazioni, si cerca di divulgare al massimo la conoscenza dell’affido familiare per consentire proprio il maggior utilizzo possibile di questo istituto così importante, non soltanto attraverso periodi limitati ma attraverso un periodo sempre più lungo. La speranza è che, proprio, attraverso l’impegno delle istituzioni, e appena ci sarà anche una legge regionale che renderà l’affido familiare ancora più possibile, si formi maggiormente una coscienza sociale che, elimini quelle contraddizioni che abbiamo visto anche attraverso i filmati; la contraddizione che vede bambini costretti a crescere troppo in fretta, impegnati in responsabilità che sono certamente più grandi di loro, un dolore insopportabile se si considera che esiste una Convenzione, quella dei diritti dell’infanzia, che vede il bambino tutelato fino a 18 anni di età.
Di fronte a queste apparenti contraddizioni, talvolta, è importante l’impegno di tutti per cui un ringraziamento ancora per questa opportunità offertaci e la tranquillità che l’impegno della Provincia sarà sempre maggiore e più grande a difesa di questi diritti.

Domanda di Gabriele Liceo scientifico "G. De Giorgi".

Onorevole Burani, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia raccomanda agli stati di emanare leggi che impediscano ai fanciulli di essere separati dai genitori. Accade, invece, quando i genitori si separano o divorziano che i figli siano costretti a vivere con l’uno o l’altro. In Italia, solo i ragazzi che abbiano compiuto i 16 anni vengono ascoltati dal giudice prima di decidere sul loro affidamento. Perché non permettere anche ai più piccoli di potersi esprimere in modo da non subire le decisioni degli adulti?

Risposta del presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia, Maria Burani Procaccini.

Ti ringrazio Gabriele. Questo è un argomento che si dibatte ormai da qualche anno, anche relativamente al fatto di cercare di vedere in quale maniera i bambini e gli adolescenti possano essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano, però è un argomento molto delicato che riguarda proprio la legislazione italiana nell’ambito del codice penale e civile. Non è facilissimo da risolvere. Come giustamente osservavi, solo dall’età di 16 anni, con un permesso particolare, per esempio per alcuni motivi un ragazzo può sposare (anzi secondo me si dovrebbe alzare l’età in cui si possa costituire una famiglia), per altre cose, invece, si dovrebbe abbassare l’età perché voi, con il tipo di vita che fate, con la possibilità che avete di comunicare con gli altri, siete più aperti sul mondo e, quindi, più capaci di fare delle scelte ma non potete essere soli in questo. Ecco che si parla, dunque, di un tutore dell’infanzia e dell’adolescenza che vi possa affiancare perché è vero che dovete dire voi se volete stare di più con il papà o con la mamma (e i giudici in questo senso sono più attenti ai vostri desideri), però è anche vero che siate assoggettati alle liti che, purtroppo, ci sono nelle famiglie quando si arriva alla separazione e, quindi, parteggiate o per l’uno o per l’altro in maniera troppo emotiva; bisogna anche vedere come potete essere accolti meglio proprio per diventare serenamente grandi.
Noi pensiamo ad una figura di tutore, di garante dell’infanzia, che deve essere a livello nazionale ma poi anche regionale, calato nelle città, perché possa essere accanto ai bambini e agli adolescenti nei loro momenti importanti, in cui, certe volte, la famiglia per vari motivi non ha la possibilità di esservi accanto. Circa 29 coppie su 100 sono quelle che si separano ormai in Italia, quasi un terzo delle famiglie finisce nei primi anni del matrimonio e chi ci rimette siete certamente voi ragazzi. Noi non vogliamo che questo accada e stiamo pensando a istituti di tutela.

Domanda di Debora, Istituto professionale di Stato per i servizi commerciali e turistici "L. Scarambone".

Signora senatrice, la Convenzione sui diritti dell’infanzia, all’articolo 18 stabilisce che lo Stato ha il dovere di aiutare le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano con servizi e strutture atti ad assicurare la dovuta vigilanza sui figli nelle ore lavorative affinché il padre, ma soprattutto la madre, non siano costretti a scegliere fra famiglia e lavoro. Cosa potrebbe fare il Governo italiano per risolvere questo problema?

Risposta del sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Grazia Sestini.

Prometto che sarò brevissima. Il problema che pone la vostra amica è giusto. È il problema della conciliazione tra il tempo del lavoro e il tempo della famiglia. Secondo me è stato fatto un passo importante, e i miei colleghi parlamentari ne sono testimoni, con la legge n. 53 sui cosiddetti congedi parentali. È una legge che deve ancora essere perfettamente applicata. Tenete conto che tutti parlano dei primi articoli di quella legge, quella che permette a padri e madri di avere congedi allo stesso modo ed è stata interpretata come una legge di parità tra i sessi. In realtà è una legge di parità di servizi. E nell’ultima parte di quella legge si parla delle città sostenibili, per i tempi e per gli spazi.
Secondo punto: il Governo è impegnato in una profonda revisione dell’istituto del part-time. Il part-time per chi lavora e ha figli piccoli non ha funzionato in questi anni perché spesso ha gravato le aziende di ulteriore burocrazia e non ha dato, a chi ne faceva richiesta, le risposte adeguate. Siamo quindi impegnati in una revisione profonda dell’istituto del part-time perché per alcuni anni può essere una risorsa importante per la famiglia.
Terzo punto: la Commissione affari sociali della Camera sta discutendo un disegno di legge sugli asili nido che rappresenta un altro servizio importante di sostegno alla famiglia e all’educazione dei bimbi più piccoli per venire incontro alle esigenze che la nostra amica pone.

Domanda di Elinda, Scuola media statale "A. Galateo".

Sono rom e vivo da diversi anni in una piccola roulotte del campo sosta, sono una bambina fortunata perché i miei genitori hanno regolare permesso di soggiorno, mi mandano a scuola e faccio le stesse cose che fanno gli altri, leggo, scrivo, uso il computer; l’anno scorso sono stata invitata da un mio compagno alla sua festa. Ma perché non è così per tutti i bambini rom? Cosa si può fare per quelli di noi che non vanno più a scuola e che vengono costretti ad elemosinare ai semafori?

Risposta del presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia, Maria Burani Procaccini.

Vedi, le prime persone che devi ringraziare tantissimo sono i tuoi genitori, perché sono delle persone splendide, che hanno capito l’importanza della scuola, grazie alla quale tu diventi la compagna di banco di tanti altri bambini e loro hanno cominciato a volerti bene, ed apprezzarti per quello che eri: è proprio questo l’aspetto importante: È giusto infatti mantenere le proprie tradizioni, le proprie feste, per esempio i rom hanno delle feste molto belle che è bene conservare, però è anche importante che i bambini rom si integrino con i bambini italiani, per questo i vostri genitori vi devono mandare a scuola e attraverso la scuola, poi, sarà compito nostro, dei comuni, degli assessorati, starvi accanto, magari aiutarvi anche per quello che vi serve di più e di cui, venendo voi da lontano, avete più bisogno rispetto agli altri compagni di scuola.
Vedi, io sono stata per molti anni in una zona d’Italia, l’Abruzzo, che ha un’integrazione bellissima con le famiglie rom, ci sono intere città come Avezzano, Sulmona dove i rom ormai vivono stanziali e magari hanno i loro parenti che vanno e vengono. Loro sono perfettamente integrati. Io ho insegnato in un liceo a Sulmona e ricordo che una volta mi hanno invitato ad una festa di matrimonio rom, vi assicuro che è stata un’esperienza bellissima. Avete delle cerimonie splendide. Allora è bene mantenere le proprie tradizioni ma è altrettanto bene volersi integrare mandando i bambini a scuola. Purtroppo l’80 per cento dei bambini rom non viene mandato a scuola e questo è il vero problema.

DOMANDE DAL PUBBLICO

Intervento

Volevo chiedere in futuro si respirerà meglio oppure no?

Risponde Luciano Mario Sardelli, componente della Commissione parlamentare per l’infanzia.

Secondo te da chi dipende il futuro?

ANDREA - Da noi, dai bambini…

Risponde Luciano Mario Sardelli, componente della Commissione parlamentare per l’infanzia.

Bravissimo. Io rispondo con questa riflessione: il senso di questa giornata, bambini, è che il futuro dipende da voi e se è così anche il presente deve appartenere a voi, quindi se esiste questo dubbio, è giusto che tu ci ponga la domanda ma è altrettanto giusto che voi come scuola lavoriate e facciate delle proposte al sindaco, ai deputati, ai ministri, affinchè abbiano sempre più attenzione per l’ambiente. E questo lo potete fare perché una domanda fatta da un bambino ha molta più forza di una domanda formulata da un adulto, perché il mondo appartiene a voi. Io vorrei che tornaste a casa con questa determinazione: quello che si costruisce oggi si costruisce solo per voi e il senso di questa giornata è anche quello di voler bene agli altri bambini anche se di colore e cultura differente. Grazie per la tua bella domanda.

Intervento

Io non ho un destinatario alla mia domanda. Io sono un bambino delle scuole elementari e non ho capito bene ciò che stanno facendo i ministri per i bambini poveri….

Risponde il sindaco di Lecce, Adriana Poli Bortone.

Occorre vedere di cosa hanno bisogni i bambini poveri. Il Comune ha dei soldini che deve dividere con il suo assessorato per il servizi sociali fra le famiglie che hanno bisogno di qualcosa. Le famiglie fanno una domanda di assistenza, il Comune con i suoi assistenti sociali verifica se effettivamente in quelle famiglie esiste la necessità e interviene con qualche assegno che, secondo me, non è assolutamente tutto, anzi è pochissimo. Ma non poco quantitativamente perché forse sarebbe più utile se, da parte dei Comuni, si dessero a quelle famiglie dei servizi e quindi si potesse essere più organici rispetto a questo.
La tua domanda mi consente anche di esprimere una cosa che ho nel cuore e approfitto di questa giornata perché non avrò più l’occasione di ritrovare tutta la Commissione infanzia intorno a noi. Prego, quindi, la Commissione per l’infanzia, di porre all’ordine del giorno, l’onorevole Ugo Lisi è al corrente e so che si impegnerà su questo, un problema alla sua attenzione: quello dei minori non accompagnati. Io come amministratore intendo sapere chi sono questi minori non accompagnati, da dove vengono, chi riesce a vigilare su di loro il motivo per il quale le amministrazioni locali, cioè i comuni che hanno pochissimi soldi da dare, purtroppo, alle situazioni di povertà che dicevi tu, si debbano sentire costretti ad intervenire solo in termini quantitativi per il problema di minori accompagnati che sono tante volte in quelle mega-strutture delle quali avete parlato finalmente in termini significativi poco fa.
Allora eliminiamo le mega-strutture cerchiamo di sapere qualcosa di più sui minori non accompagnati, chi sono gli adulti che non li accompagnano, e i chi li manda nelle nostre città. Cerchiamo di individuare quale struttura e secondo quali modalità li possa tenere e vedrete che quei pochi danari che gli enti locali hanno riusciranno a distribuirli anche meglio in termini di servizi per venire incontro alle famiglie povere. Ti ringrazio per avermi fatto questa domanda.

Intervento

Volevo dire un’altra cosa: che cosa possiamo fare noi?

Risponde, il sindaco di Lecce, Adriana Poli Bortone.

Voi, secondo me, potete fare le cose quotidiane. Quando voi, in classe, vedete che c’è un bambino che ha bisogno di qualche cosa, se è una cosa piccola ve ne potete privare voi, ma questo già lo fate spontaneamente e gliela potete dare, se pensate che questo bambino abbia un problema un po’ più grosso, ne potete parlare con la vostra maestra e lei ne parlerà con noi, che siamo l’istituzione più vicina al cittadino. Io credo che se costruiamo questa rete possiamo fare qualche cosa di più.