Padre Franco IMODA, Magnifico Rettore Pontificia Università Gregoriana.
SFIDA EDUCATIVA E IL MISTERO DELLA PERSONA
Introduzione
Ogni generazione è chiamata a riscoprire e a mettere in atto un progetto educativo
con cui non soltanto far sopravvivere la cultura e i valori ricevuti ma anche preparare i
propri membri ad ulteriori scoperte e conquiste. "Legittimamente si può pensare che
il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere
alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza" (Gaudium et Spes n.31).
La possibile alternativa di un inaridimento, di un impoverimento o anche di un
imbarbarimento resta sempre un'impellente minaccia. Nessuna conquista umana porta il
marchio di garanzia di assoluta validità e di indefettibilità.
Ogni esperienza educativa con la sua insopprimibile esigenza di approfondimento delle
verità e dei valori si situa oggi in un contesto in cui diviene sempre più difficile
dare una risposta e trovare soddisfazione. Ricerca frenetica, superficialità,
dispersione, insoddisfazione o indifferenza sono solo alcuni sintomi di un'inquietudine
che non riesce ad orientarsi e a mantenersi nella serenità e nella gioia senza cadere in
depressione e in desolazione.
A. Mistero perduto
L'epoca in cui viviamo, definita come "postmoderna", porta con sé
caratteristiche del mondo virtuale, che, al di là delle differenze, comportano un
elemento comune di "perdita". Ecco la sfida ad educare il bambino virtuale. La
perdita si manifesta come smantellamento dell'espressione, appiattimento della distanza
tra realtà e apparenza; una perdita della capacità di costruire la dimensione affettiva
(Hendin, The Age of Sensation, New York: 1977); la perdita del senso della
storicità e del tempo; la scomparsa della concatenazione dei significati, con un modo di
sperimentare nuovo e una perdita di capacità di distanza critica; la perdita o, almeno,
la diminuzione della capacità di impegno stabile e incondizionato.
La realtà della persona, intesa (con G. Marcel, Il mistero dellessere,
Torino, 1970) come più di una somma di problemi, come mistero, sembrerebbe allora
condannata, secondo queste regole, a rimanere al massimo, implicita. La domanda, inizio
del sapere e della saggezza, rimane se non muta, limitata. Invece della meraviglia che la
provoca, si rileva spesso una specie di confusione, di indifferenza o di torpore. La
capacità d'interpretare e di critica tende a lasciare il posto ad associazioni, a "collages".
La tensione e inquietudine, più che mai presenti, invece che principio di creatività,
restano uno stato di ansia. La decisione, espressione della libertà, viene spesso
sospesa, rimandata. La volontà più o meno paralizzata tende o a rinviare, lasciando la
persona, sconcertata e perplessa, in un presente incapace di assumere il passato personale
e culturale e di orientarsi ad un futuro con un progetto e in attesa, o a precipitarsi in
soluzioni "tecniche" inadeguate alle sue potenzialità.
Ma proprio contando su queste potenzialità della persona che é "mistero", si
può pensare, sperare ed operare per una riscoperta di un fondamento più reale e non solo
virtuale, ed un'attuazione delle potenzialità, nonostante il contesto sfavorevole.
Diviene fondamentale il processo pedagogico. Non lo abbiamo sottovalutato? Tale progetto
non può non interessare tre aree: il conoscere (logos), l'agire (praxis), e
l'affettività (il pathos).
b. Recupero del mistero
Nell'area conoscitiva (Logos)
Ogni vita è itinerario, percorso, ricerca, viaggio, significato da raggiungere
all'interno del mondo o nella trascendenza più radicale. Dov'è situato o nascosto il
tesoro che ognuno deve scoprire?
Svilupparsi, crescere, comporta aprirsi cognitivamente ad un altro, scoprire l'esistenza
di realtà nuove in sé, nel mondo e nelle culture circostanti, lasciarsi interrogare
dall'incontro con aspetti nuovi del proprio ambiente, corporeo, sociale, culturale, coi
valori, che trascendono l'individuo e anche la specie. Non solo, quindi, accumulo di
informazioni, ma pensiero e senso critico; non solo collages di concetti, ma
capacità di valutare; senso della storia, saggezza.
Nell'area dell'agire (Praxis)
Il recupero del mistero dovrà avvenire non solo cognitivamente, ma anche con un
crescente impegno di una volontà che divenga capace di impegnarsi, assumendo il suo
passato in un libero progetto per il futuro.
Il mistero ha bisogno della temporalità per esplicarsi. Il presente si fonda sulla
capacità di accettare un passato che non è più, e di anticipare un futuro che non è
ancora. L'accettazione del proprio passato, e quindi delle esperienze, memorie, emozioni,
rappresentazioni che lo costituiscono, e l'anticipazione del proprio futuro sono la via
per vivere il presente e la presenza. Il ricupero del mistero, a cui l'opera pedagogica
mira, passa attraverso il ricupero della temporalità concreta, nella storia della
persona, come memoria, come attesa.
La persona umana è sempre in tensione tra un "dato", ricevuto, e la capacità
di scelta, possibilmente creativa. Si trova sempre in qualche modo come un
"risultato" (con uno sguardo al passato) ma anche come un "progetto"
(con uno sguardo al futuro). Il cammino umano e di crescita non può essere soltanto
accettazione rassegnata del "carattere" che limita, costringe e diviene
giustificazione per non crescere, per non rischiare e non divenire ciò che si è chiamati
ad essere. Né può essere una fuga in illusioni immaginarie, in un mondo autocreato che
sfugge alla realtà. Educare alla libertà, nel mondo virtuale, comporta dare attenzione e
aiuto speciali a scegliere nel concreto del proprio vissuto un futuro per cui impegnarsi..
Nell'area del sentire (Pathos)
Troppo spesso dimenticata, l'affettività resta una componente fondamentale dello
sviluppo come dell'opera educativa che lo accompagna.
Attraverso il pathos, il sentire, l'esperienza della persona, radicata nell'elemento
corporeo/vitale, nel "bios", comunica con il livello di significato, di
"logos". E' a questo livello della persona "psichica" che si
incontrano il somatico e lo spirituale. E' qui che l'ansia e le emozioni si configurano e
trovano il loro campo d'azione e il loro influsso. E' qui che la motivazione o una grande
passione può trascinare una vita. Qui più che mai il mistero della persona può essersi
perduto nella frammentazione affettiva, nello "scoraggiamento" in una
depressione generalizzata . Non si può prescindere da questa dimensione affettiva per
ritrovare la forza e la gioia di vivere.
Si tratta di quel "pathos" che accompagna la vita umana dall'inizio alla
fine e attraverso il quale si opera la mediazione tra l'aspetto vitale, biologico,
fisiologico e quello propriamente umano di esperienza che diviene poi conoscenza e libera
adesione alla pienezza del vero e del bene. L'appropriazione della verità e
l'interiorizzazione dell'alterità, non si effettuano solo sul piano cognitivo o volitivo,
ma anche su quello in cui il "sentire" come disposizione coinvolge i sensi, la
corporeità, i bisogni, il cuore (capitolo II.7). Attraverso il pathos l'esperienza,
radicata nell'elemento vitale, nel "bios", comunica con il livello di
significato, di "logos".
C. osservazioni pedagogiche
Una pedagogia che sia incontro personale
La pedagogia diviene inevitabilmente larte di riconoscere non solo le domande e
la ricerca, ma anche le risposte e le soluzioni che il soggetto si è dato. La pedagogia
è però anche larte di cogliere le domande e le risposte possibili. E
larte di cogliere come mai certe domande e certe risposte hanno trovato la via
dellattuazione e sono state accolte, mentre altre sono state evitate, nascoste,
represse, trasformate o camuffate.
A. Vogliamo superare lo spettro di una pedagogia fondamentalmente "autoritaria"
che, sul piano etico, come su quello tecnico, avendo individuato uno scopo, stabilito un
dover essere, una legge, vi conduce il soggetto, con il suo essere attuale, richiedendo o
esigendo i cambi, gli adattamenti necessari e opportuni. Libertà e creatività sono qui
mortificate e sacrificate ad un moloch prestabilito.
B. Ma vogliamo anche superare lo spettro di una pedagogia del "laissez faire"
dove la proposta educativa accetta la formulazione della domanda, del desiderio del
soggetto (bambino o no) e vi si adatta, facendo coincidere il più possibile
lofferta alla domanda, secondo il modello di una esigenza di mercato che vuol
rispondere ai desideri del consumatore. La libertà può esercitarsi in modo
autodistruttivo. E' una forma di abbandono.
C. Ci vuole invece un'interazione complessa tra il soggetto e
l"educatore". La pedagogia così intesa non è solo una risposta ad una
domanda, ma è lermeneutica di una, anzi di ogni, domanda. E il tipo di
intervento che riconosce la complessità dei livelli a cui domande e risposte si pongono
allinterno della tensione propria della mente e del cuore umano. Promuove la
libertà nella creatività.
Le domande e le risposte che sorgono in vari momenti della vita umana, sono domande e
risposte che emergono sullo sfondo del mistero della persona. Sono domande che, mentre
esprimono "problemi" specifici, e che richiedono soluzioni specifiche, possono
anche essere, e in genere sono sempre, espressione di domande più profonde e radicali, e
in ultima analisi di quellinquietudine fondamentale che esprime la realtà
antropologica più profonda di mistero.
Uninterpretazione del dialogo complesso tra domanda e risposta, meglio, tra il
soggetto e laltro che gli fa da pedagogo, sia esso persona, avvenimento o valore,
con tutte le domande e risposte possibili.
Di fronte alle sfide dell'educazione la scienza da sola non basta. Non basta
perché nell'opera pedagogica come nella vita si incontrano inevitabilmente temi di vita e
di morte, ma anche temi delle origini (passato) e della fine (futuro), della fuga e
dell'impegno, della fantasia e della realtà, della colpa e dell'innocenza, del tempo e
dell'eternità, dell'intimità e della solitudine, del dolore e della felicità.
L'educazione non può essere solo il risultato della messa in atto di una tecnica. La
persona umana, nella sua realtà di mistero non potrà mai essere trattata solo come una
combinazione meccanica di forze
Al di là del logos e del monologo verso il dialogo
La persona deve poter ricuperare ridivenire non solo virtualmente, ma realmente
mistero. Pedagogicamente, avvicinarsi ad essa comporta, oltre ad un atteggiamento di
meraviglia e di conoscenza, anche un atteggiamento di rispetto della libertà come
sorgente di scelte e di impegno.
Di conseguenza, un approccio che affronti il mistero delluomo tenendo conto di
questa dimensione interpersonale, di scambio, dovrà rivolgersi all'area affettiva,
all'empatia o di simpatia, oltre che attraverso la debita comprensione dei processi e
dinamiche motivazionali in atto. Le regole dello scambio educativo non potranno essere
soltanto regole del conoscere o del fare, ma anche del sentire.
Lesigenza di appropriazione della verità umana, radicata e suscitata dalla
complessità del suo essere "mistero", irriducibile ad una pura
"teoria", postula una debita attenzione, una specie di ritorno agli eventi
concreti, e soprattutto a quelli che sono capaci di illuminare quella verità di mistero
dando accesso alla fragilità umana che al mistero delluomo è così intimamente
legata. La fragilità è quindi una strada maestra per il mistero umano.
In modo speciale, alla luce del ruolo decisivo svolto dalla fragilità affettiva nella
costituzione antropologica del mistero umano, acquista un interesse tutto particolare
lattenzione specifica che le scienze psicologiche, per la loro natura e vocazione,
rivolgono allarea affettiva della persona. E questo in relazione non solo ad un
approfondimento cognitivo, ma soprattutto ad un trattamento pratico ed educativo
di questa vulnerabilità.
Questo approccio al mistero delluomo è un processo che riguarda di fatto ogni
persona: bambino, giovane, adulto Alcuni, per il ruolo che sono chiamati a svolgere come
genitori, come educatori, secondo modi, compiti e stili diversi, come consiglieri o come
guide, sono investiti in modo speciale del compito di accompagnare e quindi di avvicinarsi
ed entrare nel mistero della persona umana. Lopera educativa è però qualcosa a cui
ciascuno è chiamato, non solo nei confronti degli altri come compagni dello stesso
cammino, ma anche nei confronti di se stessi.
Questo processo di auto-educazione non solo è irrinunciabile, ma costituisce la dignità
stessa della vita umana. Divenire quello che si è chiamati ad essere non può essere
esclusivamente il risultato di influssi esterni che tolgano alla libertà della persona il
merito di essere, al meno relativamente, autori del proprio sviluppo e partecipi di una
più vasta opera creativa.
Educare è anche e soprattutto risvegliare la responsabilità di crescere vincendo quella
paura a cui si riferiva Henri Card. Newman quando diceva: "Non temere che la tua vita
possa terminare, temi piuttosto che non possa mai avere un inizio"?
C'è, dunque, un legame complesso tra gli umili eventi e circostanze dello sviluppo della
vita umana, con le quali si confronta il discorso pedagogico, e i grandi temi della vita e
della morte, ai quali ugualmente si accosta il discorso filosofico e culturale. Che la
dignità della persona, debba dipendere dalle fragili relazioni con altre persone umane,
dove la vulnerabilità dei partner può condurre ad illusioni, limitazioni e abusi, mentre
allo stesso tempo sia propria questa debole relazione umana che diventa il canale e la
mediazione per costruire, oscurare o recuperare questa dignità, è qualche cosa di
meraviglioso, "tremendum".
Pedagogia e "ortopatia"
La persona umana, che è impossibile ridurre ad una gamma di problemi tecnici, può
essere accostata non tanto per mezzo di una definizione e comprensione astratta, ma come
un mistero le cui mediazioni sono modellate durante lo sviluppo non solo a livello
cognitivo, o a quello degli ideali e dei valori, ma anche a livello delle prime esperienze
vitali: sensoriali, motorie, ed emotivo-affettive.
Tali mediazioni non sono affatto casuali o indifferenti per lavventura della vita.
Lordine proprio del "sentimento", stabilito a questo livello, condiziona i
passi successivi nel tempo e nel dispiegarsi di operazioni che sono più caratteristiche e
tipiche dellumano; lesperienza, in altre parole, condiziona il pensiero e la
scelta. "Lortopatia" è importante per "lortodossia" e
"lortoprassi".
Non cè bisogno di soffermarsi sullimportanza del pensare corretto
("ortodossia" in senso etimologico e lato). Porre le domande giuste, per
permettere lemergenza delle domande più profonde, più vere e decisive, come anche
di quelle che possono essere sepolte nei recessi del cuore dove sono spesso allopera
le dinamiche inconsce, è dato per scontato.
Ma le difficoltà e gli ostacoli ad un pensare corretto rimandano spesso e primariamente,
anche se non esclusivamente, allarea esperienziale dellesistenza.
In breve, ortopatia significa sentire corretto. Le scienze umane psicologiche
continuano a confermare ancor oggi il tremendo e meraviglioso influsso dell'ambiente
famigliare e culturale in cui lhomo sentiens e lhomo patiens
prendono forma durante quegli anni delicati in cui si mettono le basi di un retto sentire.
Equilibrio dinamico che può facilitare il passaggio a più ampi e ricchi orizzonti o
blocchi affettivi che possono poi compromettere lo sviluppo di tutta la persona: il suo
retto conoscere, scevro di chiusure e pregiudizi, ma anche, al di là di incontrollabili
ansie, la sua capacità di impegnasi con scelte responsabili nel ritorno alla
prassi dovrebbero condurre la persona ad unesperienza creativa più ricca e
feconda.
"L'educazione è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il
mondo per assumerne la responsabilità, e in più per salvarlo da quella che sarebbe una
rovina inevitabile senza questo rinnovamento e senza questo arrivo di giovani e di nuovi
venuti" (Hannah Arendt, La crise de l'éducation. In La crise de la culture, Paris
Gallimard 1972, p.251-252)