Maria  BURANI PROCACCINI, Presidente della Commissione parlamentare per l'infanzia. Permettetemi qualche considerazione di carattere generale. Sono sicura che chi interverrà dopo di me darà un contributo prezioso e competente, ma intendo svolgere in questa sede solo una mia personale riflessione. Il tema di questa giornata di studio dedicata al "bambino virtuale" vuole mettere in primo piano uno degli aspetti più delicati della "questione mediatica", ovvero, quello di ricostruire e comprendere i percorsi che influenzano i rapporti tra le nuove tecnologie della comunicazione e i minori.
L’argomento è complesso ed è sempre meno facile dare un giudizio sui mezzi e i messaggi che attraversano il mondo dell’informazione e mettere a punto una politica delle comunicazioni che sappia stare al passo con le incalzanti evoluzioni tecnologiche proprie della multimedialità. Cibernetica, computerizzazione, informatica hanno sconvolto l’intero paesaggio linguistico che l’ultimo secolo aveva lentamente costruito. Lo stesso binomio informazione-comunicazione, che serviva a designare la modalità degli scambi di messaggi all’interno della società, non è più utilizzabile per descrivere i fenomeni culturali del nostro vissuto quotidiano.
Avete mai provato a consultare un dizionario sotto la voce "comunicazione"? Si trova ormai di tutto: lo scambio dei messaggi genetici, l’analisi dei sistemi, aspetti della teoria degli atomi, ma anche studi della retorica del cinema, del giornalismo, i vari ambiti delle pubbliche relazioni, del marketing, ecc.. Il risultato è lo svuotamento di significato della parola. E lo stesso vale per l’informazione. Cosa intendiamo oggi per informazione? Qualcosa che indica uno scambio di pensieri sotto forma di parola scritta, di testimonianza orale, di immagini visive oppure l’insieme dei dati e delle qualità legate al linguaggio dei computer? Insomma le due parole chiave della nostra principale attività sociale, quella appunto del dialogo, sono diventati i termini ambigui e polivalenti di una rivoluzione silenziosa che scuote i fondamenti sociologici della cosiddetta comunicazione di massa. Televisione, pubblicità, internet, telefonia di seconda e terza generazione e ancora, DVD, videogiochi, editoria integrata, ipertestualità sono i termini identificativi di un sistema culturale che sta inesorabilmente cancellando le nozioni d’accesso, fino ad ora conosciute, al sapere pubblico ma anche le sintesi grammaticali di una confusione semantica che si dibatte tra contenuto e contenitore.
Ma il punto è proprio questo; stabilire una volta per tutte la differenza "tra mezzo e messaggio", in un momento in cui la globalizzazione delle comunicazioni spinge verso una omogeneizzazione dei messaggi e, conseguentemente, verso una omologazione dei mezzi. I giornali assomigliano sempre di più alla televisione, la pubblicità si fa portatrice di nuovi "modi di dire" e la competizione tra i media appiattisce le tematiche sociali in nome della concorrenza. Che differenza c’è tra un’editoria che persegue un record di diffusione e una televisione che insegue l’audience? Direi nessuna. Allora mi domando, quale sapere possiamo oggi condividere con i nostri figli? Come possiamo contrastare lo strapotere invasivo dei media opponendo ad esso un contesto familiare sempre più atipico e disgregato in cui i tempi della produttività hanno sostituito quello dei sentimenti e del dialogo?
Credo che funzione di questa Commissione, che ho l’onore di presiedere, sia quella di offrire alle famiglie italiane una guida critica alla comprensione dei nuovi linguaggi e dei nuovi media. Le mie considerazioni non sono un atto d’accusa verso le nuove frontiere della medialità, ma un richiamo a un senso di responsabilità che deve essere da tutti condiviso. E’ iniziata una nuova epoca. La definirei quella della colonizzazione interiore, dove il terreno di conquista non è più il territorio ma la psiche umana nonché le coordinate spazio temporali che definiscono la personalità dell’individuo.
Guardando gli adolescenti di oggi, occupati a inviarsi messaggi sui telefonini, mi domando quanta elaborazione investano nei loro pensieri e quanto valga, oggi, l’immediatezza dei sentimenti a scapito dell’analisi. Tutto e subito è di per se’ un valore o lascia ancora spazio all’esperienza e ai sentimenti? Ecco perché chiarire il rapporto esistente tra i "mezzi" e i "fini" diventa un argomento centrale. Ma, d’altro canto, è giusto ricordare che, mentre noi ci interroghiamo su un tema virtuoso ma altrettanto impellente come questo, due terzi del pianeta vivono all’oscuro di tutto ciò. Ci sono alcuni miliardi di uomini e donne di questo pianeta che non solo non conoscono internet ma non hanno mai fatto una telefonata nella loro vita.
Alla luce di tutto questo dobbiamo fare uno sforzo per comprendere che il futuro dei nostri figli e la qualità della loro vita dipenderà dalla loro capacità di dialogare con le diversità del mondo e che a noi spetta edificare le premesse di questa intesa. Per concludere, vorrei ricordare la centralità del ruolo degli adulti, della scuola, della famiglia, dei mezzi d’informazione e l’importanza di una ricerca costante della qualità per edificare un senso pacifico di identità e di tolleranza. In tal senso è nostra intenzione produrre un piccolo saggio critico sul tema, destinato a tutti gli attori della formazione mediatica dei minori, una sorta di vademecum destinato in modo particolare ai genitori.
Il mio auspicio è che in un prossimo futuro sia ancora l’uomo a scrivere la sua storia e non sia la tecnologia a parlare di se stessa in freddi termini di evoluzione. Infine vorrei ricordare a tutti il mito platonico della caverna, quando lo schiavo all'interno della caverna non aveva altra realtà che quella virtuale posta dinanzi a lui. Platone si era quindi già posto il problema dello "scambio tra mondo reale e mondo delle immagini" molti secoli fa. Vorrei concludere con una frase di Tolkien, un autore caro ai ragazzi, ma caro anche agli adulti. Bene, Tolkien diceva che la nostra vita deve essere un sogno, ma un sogno che deve interagire continuamente su e giù per le scale della realtà della storia.