Trond WAAGE, Norvegia. Cari
membri del Parlamento, colleghi europei, è bello essere in Italia per discutere
sui problemi dell'infanzia. Ci troviamo in un momento di grande slancio in
Europa: nel 1997 il Consiglio d'Europa ha raccomandato a tutti gli Stati membri
di creare un ufficio indipendentemente per i bambini, per difenderne i diritti.
Poi c'è una Commissione molto importante a Ginevra, la Commissione dell'ONU per
i diritti del fanciullo - dove c'è anche un membro italiano, uno della Norvegia
e dove sono rappresentati tutti gi Stati che hanno firmato la Convenzione
dell'ONU sui diritti del fanciullo – che invita a creare un ufficio
indipendente per i minori. Tre settimane fa abbiamo avuto notizia dall'Irlanda
del nord, che è stata in guerra per oltre trent'anni, che dopo tre anni di
lavoro, sono riusciti a mettersi d'accordo sulla affermazione dei diritti dell’infanzia,
perché questo concetto per trent'anni non si era usato. Dunque i problemi dei
bambini non sono politiche di partito, ma di consenso.
I problemi dei bambini non hanno a che vedere con i fondi e i finanziamenti, ma
rappresentano questioni di coraggio politico. Negli anni '70 in Norvegia si
parlava di una riforma della legge sull'infanzia e c'è stato un dibattito molto
acceso, nel quale si diceva che gli interessi dei minori non venivano protetti
nel nostro piccolo Paese del nord: i bambini erano come una specie di appendice,
di allegato ai diritti degli adulti. Invece i bambini dovevano essere visti come
investimenti e non come spese, come potenziale di sviluppo e non soltanto come
problemi di difficile soluzione, come si legge spesso nei giornali in tutta
Europa. Quando la proposta di legge è arrivata nel 1981 in Parlamento si diceva
che un garante per l'infanzia avrebbe messo in pericolo o minacciato l'autorità
dei genitori, perché in Norvegia negli anni '70 pensavamo che i bambini fossero
proprietà della famiglia come un oggetto, non come un soggetto individuale. Si
diceva anche si sarebbero sottratti alle ONG i loro compiti, che andavano
evitate la burocrazia e l’aumento di spese a carico dei contribuenti, comunque
la legge è stata adottata col 49 per cento di contrari e 51 a favore. Così
abbiamo avuto un garante per i minori in Norvegia, il primo nel mondo. Nel 1995
se ne è valutata l'attività con un rapporto molto elogiativo, nel quale si
diceva che l'influenza che aveva avuto nella politica norvegese era stata ottima.
Io sono il terzo garante dell'infanzia in Norvegia, dove ci sono un milione e
250 mila bambini, pari al 25 per cento della popolazione. Questa funzione è
aperta, trasparente, e viene molto discussa nei media e nell'opinione
pubblica, perché c'è molto potere informale insito in questa posizione: si
diventa una figura pubblica con dei pareri che tutti devono ascoltare, magari
non seguire, ma ascoltare.
Attraverso una certa selezione si arriva a scegliere un unico candidato che poi
viene nominato per quattro anni e si può ripresentare per un secondo mandato.
Io sono Presidente da sette anni. La funzione è indipendente: nessuno può dare
istruzioni o ordini all'ufficio. Ho un gruppo interdisciplinare di cinquanta
persone, pedagoghi, avvocati, dottori, addetti ai media, con un punto
centrale: non vengono nel nostro ufficio esibendo la loro etichetta di psicologo
o di altro, ma si collabora perché si ha uno spirito di dedizione e si crede
nei bambini e nel loro futuro, altrimenti non si può lavorare in questo ufficio.
Sottolineo ciò perché in Norvegia abbiamo un grave problema, probabilmente lo
stesso della maggior parte dei Paesi in Europa, che io chiamo "sindrome
della settorizzazione": ogni piccolo settore miope si occupa della sua
funzione, per esempio chi si occupa di educazione, di medicina, di affari
sociali… Tutti questi settori sono in lotta tra di loro per i fondi e perdono
di vista il bambino stesso: questa è la "sindrome della settorizzazione".
Come è strutturato il mio Ufficio per quanto riguarda il ruolo che svolgo?
Possiamo suddividere l'attività in due parti. Una è il ruolo di controllo
riguardante la normativa e la protezione, accanto al quale però devo anche
avere un ruolo estremamente attivo. Questo significa che tutti rappresentiamo i
bambini, i bambini che non sono parte della storia, bensì del futuro, anzi sono
il futuro, e perciò un atteggiamento estremamente attivo è molto importante.
Io sorveglio il lato oscuro del mio Paese, devo riferire al Governo e al
Parlamento quando le cose non funzionano. Posso chiedere dei cambiamenti, però
poi tocca al processo democratico mettere in azione il tutto, non tocca a me.
Poi ho anche un potere di altro tipo, importante: se si riesce a svolgere bene
il proprio ruolo, io posso per esempio telefonare al presidente della Nokia o
della Sony Ericson e chiedergli di incontrarlo, perché l'industria o il settore
del telefono si ripercuote sul bambino e questo non si può regolamentare in
Parlamento, per lo meno non nel mio Paese. Mi occupo anche delle aziende
private, chiedo loro di rispettare il proprio codice etico e li sorveglio per
quanto riguarda i minori.
Sono stato invitato in molti Paesi che stanno creando la funzione del garante
per l’infanzia e dal 1996 vado in giro e formulo raccomandazioni ai Parlamenti,
mi consulto con loro per quanto riguarda la stesura, la redazione della
legislazione. Alcune raccomandazioni che propongo: vorrei dirvi anzitutto di non
creare un altro garante generale per i bambini se avete già garanti generali
che si occupano di conflitti tra l'individuo e l'amministrazione pubblica, di
non creare un garante generico per i minori. In Norvegia io intervengo laddove
finisce la funzione del garante generale e posso applicare politiche più
specifiche per i bambini. Secondo consiglio: fate attenzione a non approvare una
legislazione sul garante che limiti eccessivamente la sua funzione e la sua
libertà e che gli sottragga spazio di manovra. La legislazione norvegese è una
pagina e mezza e dà una grande di libertà di identificare qualsiasi settore
della società con cui lavorare: io non ho le mani legate dalla legislazione. La
legislazione però deve garantire un potere di inchiesta: bisogna avere la
libertà di fare inchieste. Le istituzioni devono essere aperte ai bambini. I
bambini devono potersi rivolgere a me, devono potermi telefonare, invitarmi,
consultarmi. Io rappresento la loro voce e devono avere un canale aperto verso
il mio ufficio. La legislazione poi deve avere anche il potere di considerare la
promozione e la protezione dei diritti del fanciullo, non soltanto nei confronti
del Governo, ma anche di istituzioni private. Il garante poi deve avere anche
diritto di accesso a qualsiasi tipo di istituzioni: nessuno mi può lasciare
fuori della porta, io posso sempre entrare e fare ricerche, devo riferire
liberamente ai media, al Parlamento, al Governo locale, regionale e
nazionale, e naturalmente devo avere un microfono per parlare ai media.
La Convenzione sui diritti del fanciullo è divisa in tre: protezione,
disposizioni e previsione. La Commissione di Ginevra prevede rapporti nazionali,
ma questo riguarda molto spesso le disposizioni e solo raramente ci si occupa di
protezione. Dobbiamo avere un modello dinamico che dica che il modo migliore per
creare buone disposizioni per i bambini è che i bambini possano partecipare a
questo processo. La protezione e le previsioni devono essere veramente basate
sullo scambio, perché abbiamo un bambino molto competente. Il bambino è
competente in qualsiasi campo, ha bisogno di essere affascinato, di essere
flessibile, di realizzarsi. Sono la generazione futura e devono poter usare le
proprie idee per plasmare il proprio futuro.
La Convenzione dell'ONU per i diritti del fanciullo, ratificata attualmente da
192 Paesi, riflette i vasti cambiamenti della società e questo riguarda non
soltanto la legislazione, ma gli atteggiamenti morali e politici. I bambini
hanno una visione olistica, sono esseri umani, perciò hanno diritto a godere
dei diritti dell'uomo.
La Convenzione dell'ONU sta ridefinendo l'infanzia, c'è un'azione che è stata
avviata, e sono contento che la Norvegia, l'Italia e l'Europa possano farne
parte, perché questo riguarda la mia e la vostra visione dell'infanzia. Qual è
l'immagine del bambino? Se pensate alla tabula rasa, a un cervello vuoto
che si riempie, e se pensate al bambino come un essere con delle esigenze,
avrete un ruolo passivo nella formazione e anche nei piani politici. La verità
è invece che il bambino fin dalla nascita è un essere competente, un
ricercatore curioso. Non possiamo creare dei perdenti nella scuola, tutti devono
essere vincenti, ognuno di questi bambini deve avere un’autostima, deve
conoscere la natura umana, deve vivere insieme, cooperare, avere delle mappe
normative, deve avere degli strumenti per navigare nel futuro, deve fare del suo
meglio della sua vita o nella sua vita e compiere le scelte migliori.
Per concludere, quando viaggio per l'Europa spesso trovo una visione politica
dell'infanzia che spesso si fonda sulla legge e su questa si costruisce un Paese,
oppure con la religione si costruisce il Paese, oppure con l'educazione si
costruisce il Paese, come nel Regno Unito. Adesso c’è poi una questione in
più: internet, la tecnologia dell'informazione. Ma voi sapete che è con
i bambini che si costruisce un Paese. I bambini devono essere visibili,
ascoltati, apprezzati. I bambini e gli adulti devono essere considerati uguali,
devono essere considerati come individui competenti e devono esser visti come
elementi di costruzione: solo così possiamo includere i bambini nella società.
Da un controllo e da una esclusione dobbiamo passare a un'inclusione e a una
mobilitazione per fare della nostra società qualcosa di valido per il futuro.
Mi è stato chiesto di fare un esempio su come abbiamo lavorato nel mio ufficio.
In Norvegia abbiamo una cosa che si chiama "congedi di svezzamento ",
cioè un 80 per cento dello stipendio per dodici mesi, della quale il genitore
deve approfittare altrimenti lo perde. Io sto proponendo quindici mesi invece di
dodici, e tre di questi devono essere presi dal padre. A che cosa serve?
All'inizio della vita del bambino ci vuole un congedo di maternità o di
paternità, non di svezzamento, dunque tre mesi su quindici mesi liberi pagati
devono essere considerati un investimento. Non è il denaro del petrolio o del
mare del Nord questo investimento, ma è una prova di coraggio politico e di
saggezza politica dare modo ai genitori di seguire i propri figli. L'infanzia si
proietta su tutta la vita, non dobbiamo mai dimenticarlo.