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Bruno


PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Donato Bruno, presidente della Commissione affari costituzionali della Camera.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione della Camera. Signor presidente, vorrei ringraziare il presidente della Corte costituzionale, dottor Ruperto, i giudici costituzionali intervenuti e anche il presidente Trantino. I seminari interistituzionali promossi dal Comitato per la legislazione, insieme alla Presidenza della Camera, mirano a perseguire sempre finalità concrete e pratiche, per promuovere migliori condizioni per lo svolgimento del processo legislativo e dar corso alla funzione, di stimolo e di costante sollecitazione, che il Comitato per la legislazione è chiamato a svolgere nei confronti di tutti gli attori del processo legislativo.
Va subito detto che la legislatura è cominciata da troppo poco tempo per sentirci responsabili dell'insufficiente attenzione finora prestata alla giurisprudenza della Corte costituzionale. Possiamo però essere chiamati in causa per formulare proposte dirette a migliorare tale stato di cose. Partendo dal quadro delineato dai due studiosi che mi hanno preceduto, si possono premettere alcune considerazioni di tipo generale per poi formulare proposte concrete attinenti alle procedure parlamentari. L'ordinamento italiano ha accolto un modello di Corte costituzionale distante dal potere politico. Il giudizio della Corte interviene in prevalenza ex post e in concreto, avendo per oggetto leggi già in vigore e controversie sulla loro costituzionalità, rimesse alla Consulta dal giudice a quo. Si tratta di un modello che presuppone l'intervento della Corte una volta raffreddato il conflitto politico che inevitabilmente accompagna l'approvazione parlamentare delle leggi più innovative.
La distanza tra Corte e Parlamento può essere, in una certa misura, considerata necessitata proprio per conferire all'attività della Consulta quei caratteri di obiettività, imparzialità e autorevolezza che appaiono indispensabili per esercitare, con credibilità, le delicatissime funzioni connesse al sindacato di costituzionalità. Distanza non deve tuttavia significare indifferenza tra Corte costituzionale e Parlamento. Se si fa eccezione per la linea calda rappresentata dai conflitti di attribuzione in materia di insindacabilità parlamentare, le interazioni tra Corte e Camere sono state sorprendentemente deboli, salvo poi dare luogo a specifici conflitti, più o meno palesi. È noto come il Parlamento, tranne che in alcuni casi di massima rilevanza politica, abbia prestato pochissima attenzione alla ricaduta sull'attività legislativa dell'insieme delle pronunce della Corte. Uno strumento apparentemente molto forte, già previsto nei regolamenti parlamentari, come la possibilità di abbinare le sentenze sulla legittimità costituzionale all'esame dei progetti di legge, non ha trovato alcuna utilizzazione.
All'indifferenza del Parlamento ha risposto in passato la supplenza della Corte che si è manifestata in varie forme: anzitutto le sentenze additive con le loro differenti tipologie e il problematico impatto con l'articolo 81 della Costituzione. Si tratta di interventi che hanno, il più delle volte, esposto la Consulta, suscitando interrogativi nell'opinione pubblica e nella dottrina costituzionalistica: è un dato che non può e non deve essere considerato fisiologico. A maggior ragione, alla luce delle forti implicazioni della giurisprudenza della Corte e in considerazione delle esperienze di altri paesi (ricordate dai professori Ridola e Nania), si può anzi dire che ciò è stato causa di reciproche incomprensioni e di disfunzioni molto serie in passato. L'indifferenza tra Parlamento e Corte, se non riconosciuta e corretta, può oggi rendere ancora più difficile il quadro di funzionamento del sistema delle fonti, che sta divenendo sempre più complesso e problematico.
All'inizio di una nuova legislatura si è in condizioni di mettere un punto e a capo. In questi giorni, mentre si apre una fase di difficile transizione nei rapporti tra Stato e regioni, ci si trova forse nella necessità di farlo. Ciò è indispensabile se si vuole che il contenzioso costituzionale aggiuntivo, che rappresenta il principale costo delle attuali disfunzioni, non aumenti in modo incontrollabile e caotico. Il nuovo titolo V della seconda parte della Costituzione è destinato ad accorciare le distanze tra la giurisprudenza della Corte e l'attività legislativa delle Camere e delle regioni. Si darà luogo, con ogni probabilità, ad un ricorso, molto più ampio rispetto al passato, all'istituto dell'impugnazione diretta delle leggi, con il conseguente rischio di scaricare sulla Corte una pressione fortissima. Il Parlamento ha il dovere di prevenire il profilarsi di situazioni di ingolfamento e, soprattutto, di esposizione politica della Corte costituzionale. Tale obiettivo si può raggiungere soltanto introducendo più ordine nell'attività legislativa e ricorrendo a soluzioni che servono a prevenire i conflitti e a chiarire i rilevantissimi problemi di rapporti tra le fonti normative, lasciati aperti dalla riforma costituzionale.
Per fare un solo esempio, non è pensabile che un Parlamento responsabile rinvii, come è accaduto in passato, alla giurisprudenza costituzionale, l'onere di individuare i principali fondamentali di competenza della legislazione statale per tutto il vastissimo ambito della legislazione concorrente tra Stato e regioni. È compito della politica, in primo luogo del raccordo Governo-Parlamento, definire i grandi indirizzi di politica istituzionale necessari per orientare l'azione di riforme e per l'attuazione delle nuove norme costituzionali. A fronte di queste esigenze, va segnalata e riconosciuta la tempestività con cui si sono mosse le due Camere, ancora prima dell'entrata in vigore della legge costituzionale, per individuare una serie di strumenti pratici diretti a migliorare la qualità ed il grado di consapevolezza dell'attività legislativa, rispetto al nuovo quadro costituzionale.
Alle Commissioni affari costituzionali è stato attribuito il compito di esprimere uno speciale parere sulla compatibilità con il nuovo assetto delle competenze tra Stato e regioni dei progetti di legge approvati in sede referente dalle Commissioni e degli emendamenti presentati direttamente in Assemblea. Si tratta di un compito che le Commissioni intendono svolgere con il massimo impegno, ma che richiede anche la realizzazione di strumenti specifici di supporto tecnico e la valorizzazione di questi profili e del rapporto con il Governo. Sul versante governativo, infatti, si giocherà una sfida altrettanto centrale: il Governo sembra avere avvertito in modo chiaro la rilevanza e la delicatezza dei problemi sollevati dal nuovo titolo V, tanto che ha deciso di far marciare in parallelo l'elaborazione della revisione della legge costituzionale n. 3 del 2001 con le iniziative necessarie alla sua attuazione.
Proprio l'esempio nel nuovo titolo V mostra, quindi, l'esigenza che anzitutto ciascuno faccia la sua parte, cioè che il circuito delle istituzioni politiche definisca in modo chiaro gli indirizzi politici e le determinazioni relative alle scelte fondamentali. Alla Corte costituzionale spetterà poi valutare la tenuta di queste scelte e la loro compatibilità giuridica con il dettato costituzionale. Ciascuna istituzione deve dunque fare la propria parte e, in una situazione sempre più complessa ed articolata, per farla efficacemente ha bisogno di strumenti specifici per conoscere i dati essenziali. Un processo legislativo che funzioni meglio e che introietti, anche criticamente, com'è naturale che sia in un'arena politica, il problema della costituzionalità delle leggi, può contribuire a prevenire le situazioni nelle quali la Corte costituzionale viene chiamata ripetutamente ad intervenire sulle stesse questioni, ovvero a svolgere ruoli impropri di supplenza rispetto alle istituzioni rappresentative.
In conclusione, in coerenza con le finalità di questo seminario, occorre dunque avanzare proposte concrete per migliorare il funzionamento del processo legislativo da questo fondamentale punto di vista. L'esperienza sin qui svolta consiglia di abbandonare l'idea di procedure speciali dedicate al seguito delle sentenze della Corte costituzionale, che non hanno avuto buon esito. Una nuova impostazione può nascere da un effettivo inserimento della giurisprudenza costituzionale nel cuore del processo legislativo ordinario, nell'attività di elaborazione istruttoria dei progetti di legge che si svolge in seno al Governo, per i disegni di legge di origine governativa e nelle Commissioni, per tutti i progetti di legge. Questo obiettivo si potrebbe raggiungere attraverso una serie di azioni coordinate.
In primo luogo il Governo dovrebbe rendere più esplicita la considerazione della giurisprudenza costituzionale nelle relazioni di accompagnamento dei disegni di legge, che dovrebbero contenere le risultanze dell'attività di valutazione tecnica prevista dalle norme vigenti, indicando le sentenze rilevanti ed i giudizi di legittimità costituzionale in corso. In secondo luogo, vanno responsabilizzate le Commissioni di merito che, nell'ambito dell'istruttoria legislativa e sulla base della documentazione fornita dal Governo e dagli uffici delle Camere, devono acquisire la conoscenza e la valutazione politica delle sentenze della Corte costituzionale per gli aspetti rilevanti alle decisioni di merito. In questa fase, in terzo luogo, la Commissione affari costituzionali potrà essere in grado di svolgere il suo compito e di assicurare, sulla base di una visione generale dei problemi di costituzionalità, una verifica delle valutazioni operate dalle Commissioni di merito, in modo da indicare i criteri dotati di una certa continuità e coerenza. In quarto ed ultimo luogo, il Comitato per la legislazione, ove coinvolto, potrebbe anch'esso concorrere all'attività di supporto e di verifica dell'istruttoria svolta dalle Commissioni di merito, concentrando la propria attenzione sugli aspetti direttamente connessi alla qualità delle norme e all'uso ordinato dei diversi strumenti normativi, con particolare riferimento a quelli sottoposti al suo parere obbligatorio.
Ho concluso, augurando che il dibattito possa fornire altre indicazioni e proposte, anche con il contributo di altri parlamentari, che saluto e ringrazio, e degli autorevoli componenti della Corte costituzionale che sono oggi qui presenti e che ringrazio ancora.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Bruno per il suo intervento particolarmente stimolante.

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