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De Ghislanzoni Cardoli


PRESIDENTE. Cominciamo gli interventi per i singoli settori dei rappresentanti della Conferenza delle Assemblee regionali e delle Commissioni parlamentari. Ha la parola l'on. De Ghislanzoni Cardoli, Presidente della Commissione agricoltura della Camera.

GIACOMO DE GHISLANZONI CARDOLI, Presidente della Commissione agricoltura della Camera. Come abbiamo sentito da alcuni dei relatori che sono intervenuti in precedenza, l'agricoltura è uno dei settori in cui è più evidente l'intreccio tra le politiche e le attività legislative poste in essere nei diversi livelli territoriali.
Anzitutto assai rilevante è la quota di potere decisionale che viene esercitata a livello comunitario. Basta sfogliare una Gazzetta ufficiale delle Comunità europee o scorrere le "macroposte" del bilancio comunitario per accorgersi del rilievo, anche quantitativo, delle scelte che vengono compiute a Bruxelles. Lo strumento dei regolamenti comunitari, gli atti cioè immediatamente efficaci in tutti gli Stati membri, è utilizzato con particolare intensità in materia agricola, anche per disciplinare aspetti assai particolari, in considerazione del fatto che quasi il 50% del bilancio dell'Unione europea è tuttora dedicato all'agricoltura. Oppure, se vogliamo accennare a questioni di particolare attualità, basta vedere l'intensità del dibattito che si sta svolgendo in tutti i paesi europei attorno alla riforma della Pac proposta nei mesi scorsi del commissario europeo Fischler, con la centralità che il capitolo agricolo ha avuto nei negoziati per l'allargamento dell'Unione europea. O ancora basta ricordare come le decisioni dell'Unione europea abbiano giocato un ruolo decisivo sulle due problematiche più scottanti che l'agricoltura italiana ha dovuto affrontare nell'ultimo decennio, come quella dell'emergenza della Bse e quella del regime delle quote latte.
Già notevole e ulteriormente in crescita, alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione, è il ruolo delle Regioni in materia agricola. Sul piano delle competenze costituzionali è noto che l'agricoltura rientrava nelle materie indicate come di legislazione concorrente, ai sensi del vecchio articolo 117 della Costituzione. Non essendo più richiamata all'interno della nuova disposizione costituzionale sul riparto del potere legislativo, né nel secondo, né nel terzo comma, essa è ritenuta ora ricompresa tra le materie di legislazione residuale esclusiva delle Regioni. Solo chi ha un'idea superficiale delle caratteristiche del settore agricolo può pensare davvero che in proposito il legislatore statale non abbia più titolo ad intervenire. Basti pensare a quanto pesantemente incidano sulle materie agricole questioni prevalentemente riconducibili alla tutela dell'ambiente, all'ordinamento civile e penale, alla tutela della concorrenza, nonché alla materia dell'alimentazione, tanto per citare solo alcuni esempi.
Forse mai come nel caso dell'agricoltura, ragionare solo nell'ottica della separazione delle competenze puòrivelarsi falsante e profondamente errato. I legislatori nazionali e regionali, lungi dall'essere liberi nei fini, sono sempre più spesso tenuti ad attuare le macropolitiche decise a Bruxelles, contemperando gli interessi nazionali e le diverse realtà produttive presenti nel territorio. E allora è chiaro che il Parlamento è chiamato ad intervenire laddove il sistema richiede delle regole generali comuni, applicabili all'ordinamento giuridico nel suo complesso, mentre le Regioni saranno chiamate a sviluppare tali principi, integrandoli nelle diverse realtà produttive, in un'ottica di avvicinamento delle politiche agricole ai bisogni dei cittadini, in tale campo assai diversificati a seconda degli assetti del territorio.
Al tempo stesso il Parlamento deve essere nelle condizioni di compartecipare attivamente alle decisioni prese in sede comunitaria. A Bruxelles infatti non agisce un soggetto del tutto estraneo rispetto a quelli che si muovono nell'arena parlamentare. Sono i ministri e i sottosegretari a costituire i Consigli dei ministri europei e anche il ruolo dei parlamentari europei è ormai tutt'altro che marginale. La perdurante esigenza di una legislazione statale sembra trovare conferma anche nella stessa attività che le Regioni hanno svolto in questi primi quindici mesi ormai trascorsi dall'entrata in vigore del nuovo titolo V della Costituzione. Esse non sembrano, infatti, disconoscere del tutto una competenza dello Stato nel comparto primario, attendendo, al contrario, che la linea di confine riguardo l'ambito di intervento sia definita con un provvedimento attuativo del disposto costituzionale. Inoltre occorre considerare che le Regioni intervengono spesso a monte del procedimento legislativo, concordando, in qualche misura, le linee del provvedimento dello Stato e negoziando anche il trasferimento delle relative risorse finanziarie. Tuttavia si tratta di un intervento che si manifesta per lo più attraverso il sistema delle Conferenze Stato-autonomie territoriali, oppure attraverso i canali informali dei parlamentari eletti nelle singole regioni.
L'accavallarsi di questo intervento con il tradizionale procedimento legislativo rischia di originare un corto circuito istituzionale, rischio che si è concretizzato con particolare evidenza nel corso del cosiddetto "collegato agricolo". In quella vicenda, per evitare che la sede della Commissione si trovasse ad essere completamente tagliata fuori dall'esito del processo negoziale tra Governo e Regioni, si è dovuto iniziare nuovamente l'iter quasi da capo, deliberando un rinvio del disegno di legge dall'Assemblea alla Commissione.
Per evitare problemi di questo tipo, pur nell'invarianza delle norme e dei regolamenti parlamentari scritti nel 1971, quando le Regioni ordinarie erano ancora in fase di avvio, la Commissione agricoltura della Camera ha in qualche caso anticipato la richiesta di parere alla Commissione affari costituzionali, ma soprattutto si è proposta di ascoltare sistematicamente, o in audizione informale o in indagine conoscitiva, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni. Si tratta di un primo passo che a mio parere va nella giusta direzione, ma che deve essere sviluppato in modo da consentire un dialogo continuo e sistematico tra il legislatore statale e quello regionale e che in prospettiva deve assicurare il coinvolgimento anche dei Consigli regionali.
In questo senso non posso non esprimere l'auspicio che le norme e i regolamenti della Camera e del Senato che saranno chiamati ad integrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali, in attuazione dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, intervengano anche su altri aspetti del procedimento legislativo per agevolare il formarsi di metodi della legislazione strutturalmente aperti, sin dall'esame presso le Commissioni di merito, all'intervento delle Regioni e degli enti locali. La logica profonda del principio di sussidiarietà, sia nei rapporti tra enti territoriali sia nei rapporti tra Stato e società, comporta la necessità di azioni coordinate e congiunte dei poteri pubblici e l'approntamento, con legge, di percorsi decisionali idonei a soddisfare, in concreto, l'interesse dei cittadini e a valorizzare il più possibile le loro iniziative.
In questa logica non deve sorprendere che il legislatore statale ricorra sempre più spesso a norme di delega o a disposizioni di carattere procedurale, che mirano cioè a coordinare l'azione svolta da altri soggetti. Ciò è un bene, a patto però che le finalità e gli oggetti degli interventi siano chiaramente esplicitati dal legislatore e, soprattutto, che le disposizioni in questione siano il frutto di un processo che sin dall'inizio si è dimostrato consapevole della necessità di un continuo confronto tra i diversi livelli territoriali. Quello che occorre, in conclusione, e che la Costituzione oggi richiede con particolare forza, è dunque una legislazione statale diversa nei metodi e quindi anche nei contenuti e credo che il seminario odierno, così come tutta l'attività che il Comitato per la legislazione svolge, possano aiutarci ad individuare il modo più corretto per interpretare, oggi, il nostro ruolo di legislatori.

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