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Bressa


PRESIDENTE. Do la parola all'on. Gianclaudio Bressa, Vicepresidente della Commissione affari costituzionali della Camera.

GIANCLAUDIO BRESSA, Vicepresidente della Commissione affari costituzionali della Camera. Grazie, Presidente. Non le nascondo che la tentazione di rispondere alla provocazione antimoderna e antistorica del "dualismo d'acciaio" del Presidente Pastore sarebbe molto grande, ma sarò forte, non indurrò in tentazioni e mi limiterò a discutere del tema che mi è stato affidato.
Siamo chiamati a ragionare intorno ai metodi necessari per migliorare la qualità della produzione normativa. Prescinderò dall'esistenza dell'operatività, sia della seconda Camera delle autonomie che della "Bicameralina". Il mio sarà un ragionamento tutto concentrato sull'esistente, per una sorta di criterio di precauzione che di questi tempi è quanto mai opportuno.
Dobbiamo imporci di pensare a nuove e più efficaci forme di cooperazione e di reciproca conoscenza tra i diversi attori del processo legislativo a Costituzione vigente. Partiamo dai dati in nostro possesso. Faccio riferimento a dati aggiornati all'11 febbraio 2003. Prendiamo i ricorsi per questioni di legittimità costituzionale sollevati dalle Regioni: su 40 ricorsi, 38 riguardano l'ipotesi di invasione e lesione della potestà legislativa concorrente e regolamentare delle Regioni. Di fronte a questo dato mi verrebbe da dire, riferendomi all'iniziativa legislativa dello Stato, che è ora di desistere, desistere, desistere. Ma più meditatamente la riflessione da fare riguarda la preoccupante propensione, da parte dello Stato, a operare come se il Titolo V della seconda parte della Costituzione non fosse cambiato.
Per ricordare una felice sintesi del prof. Falcon, la svolta da imprimere da parte dello Stato dovrebbe essere che per alcune materie si dovrebbe trattare di una pura e semplice rinuncia a legiferare, per altre si tratta di rivedere contenuti e tecniche della legislazione. E' proprio di questo che si tratta, contenuti e tecniche. Su questo si deve riflettere.
Se la legge statale ha cessato di essere una fonte a competenza generale, non per questo, a mio modo di vedere, ha perso il suo valore unificante nell'ambito dell'ordinamento. Con l'art. 114 Stato, Regioni ed enti locali sono oggi soggetti parimenti costitutivi della Repubblica. La ripartizione dei livelli di interesse nazionale è stata sottratta al criterio gerarchico ed è subentrato il principio di sussidiarietà. Di conseguenza le esigenze unitarie possono e debbono trovare la loro tutela nelle sedi e nelle forme paritarie della leale collaborazione, non in quelle di un intervento dello Stato ispirato a supremazia.
Se a questo aggiungiamo la complessità che deriva da materie che, sottoposte a potestà legislative diverse, si intrecciano e sovrappongono in ragione del fatto che sono in gioco la conformazione di interessi da tutelare ed i fini pubblici da perseguire, comprendiamo che la concorrenza non può reggere e funzionare in un sistema di separazione o, peggio, di decisioni unilaterali, né, di converso, può resistere una sorta di competizione permanente tra poteri, ma richiede la ricomposizione, in un quadro complessivo e funzionale, delle scelte proprie di ciascun livello legislativo.
Restando ai piani bassi del metodo di legislazione e attendendo le riforme istituzionali e legislative proprie, è del tutto evidente che quanto fino ad oggi attuato, cioè la procedura di rafforzamento dei pareri delle Commissioni affari costituzionali in relazione al rispetto del nuovo Titolo V è sostanzialmente inefficace, in quanto il parere è rimesso alla votazione di un organo politico in cui prevale la maggioranza di Governo.
L'ultimo esempio che abbiamo sotto gli occhi riguarda il parere dato dal Comitato pareri della Commissione affari costituzionali della Camera relativamente alla "riforma Moratti", che conteneva una originalità costituzionale, che consiste nella definizione di principi, criteri e direttive della delega attraverso successivi regolamenti. Neppure di fronte a una cosa così singolare, il parere del Comitato pareri è stato conseguente a quella che dovrebbe essere la sua funzione, cioè un parere contrario. Anche in questo caso il parere è stato positivo. Ritengo che ci voglia, allora, qualche cosa di sostanzialmente diverso, all'altezza della mutata funzione legislativa del Parlamento, di un Parlamento che è sempre meno luogo di elaborazione e di produzione delle decisioni e sempre più luogo in cui si designano i percorsi e i confini entro cui quelle decisioni vanno prese. Penso a un ruolo diverso e sempre crescente per importanza, della Commissione per le questioni regionali, in cui si dovrebbero concentrare le attività e le procedure conoscitive finalizzate all'istruttoria legislativa dei progetti di legge nelle materie di legislazione concorrente. Penso ad un potenziamento, in alcuni casi, degli effetti del parere della Commissione per gli affari regionali nel procedimento legislativo, da parificare alle Commissioni permanenti nell'utilizzo degli strumenti di indirizzo e controllo. Così come penso ad un progressivo passaggio a funzioni sempre più rilevanti, conoscitive e di controllo, per quelle Commissioni competenti per materie oggi in larga parte rimesse alla potestà dei legislatori regionali, funzione questa che assegnerebbe anche alle Commissioni in oggetto una maggiore effettività del controllo parlamentare sul processo decisionale del Governo, che è l'altro corno del problema, che comunque oggi non affrontiamo.
Analogamente, sul versante delle Regioni si potrebbero prevedere, per ogni Assemblea regionale, delle Commissioni per l'istruttoria legislativa per le materie concorrenti.
Una siffatta architettura di Parlamento e Assemblee regionali consentirebbe, attraverso periodici incontri tra la Commissione per gli affari regionali e le Commissioni per l'istruttoria legislativa delle Regioni, di garantire, almeno sul piano del metodo e della reciproca conoscenza di attività, quella leale cooperazione che costituisce un vero e proprio adattamento dei metodi della legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento previsto dall'art. 5 della Costituzione.
Per me quindi, oggi, il migliore, il più efficace dei controlli possibile si chiama collaborazione tra Parlamento e Regioni, su un piano di parità, con la forza che in questo caso deriva dalle posizioni sul merito degli interessi delle competenze e non dagli schieramenti politici.

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