Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Vai al Menu di navigazione principale

Stemma della Repubblica Italiana
Repubblica Italiana
Bandiera Italia Bandiera Europa

Inizio contenuto

Vizzini


PRESIDENTE. Ha la parola il sen. Carlo Vizzini, Presidente della Commissione bicamerale affari regionali.

CARLO VIZZINI, Presidente della Commissione bicamerale per le questioni regionali. La tematica dei controlli parlamentari sulla legislazione era stata tradizionalmente inquadrata come controllo sulla qualità della legislazione, ovvero come verifica del rispetto dei parametri di compatibilità finanziaria per un verso e dei principi costituzionali per altro verso. La trasformazione della forma di Stato che si è attuata con la riforma costituzionale del 2001 ha introdotto una nuova dimensione del procedimento di formazione della legge, a causa della necessità di garantire il rispetto costituzionale delle competenze regionali. Questo ha creato - e la riforma costituzionale, per le circostanze in cui è stata fatta, non poteva probabilmente prevedere altro - la necessità di compiere un esercizio che è istituzionalmente difficilissimo. In primo luogo perché abbiamo un numero di competenze concorrenti che, oggettivamente, supera le 22 e quindi comporta una mediazione - qui non si tratta più di controllo, ma di armonizzazione - politica tra le istituzioni. In secondo luogo, anche quando le competenze sono esclusive, l'idea che la competenza esclusiva sia una riga che si traccia, per cui da quel momento lo Stato non c'entra più se è esclusiva della Regione o viceversa, è un'idea che trova la sua radice in una visione di federalismo duale che aveva un senso in una concezione di Stato come Stato minimo e non in uno Stato come quello moderno che, in buona sostanza, ha fatto crescere anche i compiti dei pubblici poteri in una complessità sociale accresciuta.
Il tema di fondo è quindi che, al di là della drastica riduzione delle competenze concorrenti, che è comunque auspicabile, al lavoro fin qui svolto manca un istituto fondamentale. Credo che non ci sia esperienza al mondo dell'avvio di un processo di federalismo con tutta una serie di provvedimenti che modificano la Carta costituzionale, che non veda in uno dei due rami del Parlamento, quale strumento per evitare questioni di conflitto di competenza, l'istituzione di una Camera delle Regioni (o Senato delle autonomie). Senza questo mi sembra davvero difficile pensare che si possa andare non tanto al controllo quanto alla necessaria armonizzazione delle varie legislazioni. Occorre cioè una sede istituzionale che immetta le autonomie territoriali nel cuore del processo legislativo, permettendo di instaurare un negoziato e una mediazione tra gli interessi statali e gli interessi regionali. Badate bene, una mediazione che non si identifica più con quelle tipiche della rappresentanza politica, che segue le linee di una divisione partitica. Qui si tratta di far affiancare la rappresentanza politica da quella degli interessi territoriali. Solo così si potrà definire di volta in volta, sulla base, ovviamente, di principi costituzionali, l'esatto confine tra le competenze statali e quelle regionali. Senza queste stazioni di componimento è inevitabile che il controllo sulla compatibilità della legge con l'assetto federale, venga svolto a posteriori.
Il Ministro La Loggia credo non perda convegno per ricordare che cosa significhi il controllo a posteriori: l'avere affidato alla giurisdizione, cioè alla Corte costituzionale, il regolamento dei rapporti tra Stato e Regioni, con i ricorsi che vengono dall'una e dall'altra parte, in un quadro di certezza del diritto che viene meno e del quale gli operatori economici cominciano a farci carico. Quando arriveranno le pronunce della Corte, sostanzialmente chi fa impresa e ha investito in un quadro di legislazione il proprio capitale, si potrà trovare di fronte a sorprese che certamente provocheranno effetti negativi, ma finiranno col provocarli anche nelle decisioni che il mondo economico deve assumere. L'idea dell'integrazione - perché mi auguro che in questa legislatura si faccia questa Camera delle Regioni (questo Senato delle autonomie) - può entrare in vigore, per essere ottimisti, nella prossima legislatura. In questa fase è prevista l'integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali, la cosiddetta "Bicameralina". Credo che sia un esercizio da compiere, anche per capire, attraverso questo primo approccio, con la presenza dei rappresentanti dei Consigli regionali, con i rappresentanti delle autonomie, quali sono le cose che funzionano e come si deve strutturare la nuova Camera, ma certamente bisogna avere la consapevolezza che siamo di fronte ad una Commissione parlamentare e nulla di più. Essa può assolvere il proprio ruolo così come previsto, solo sino alla modifica del Titolo I della Costituzione e quindi all'istituzione dell'altra Camera.
E' un esercizio che trovo importante e che bisognerebbe cominciare a fare, ma non voglio concludere questo intervento e neanche sforare i tempi, senza porre all'attenzione del dibattito e dei rappresentanti dei Consigli regionali qui presenti un tema. Dico dei Consigli regionali, perché questa è la strada con cui avviamo un rapporto tra poteri legislativi. Oggi il rapporto tra lo Stato e le Regioni passa tutto tra gli esecutivi, sino a determinare, per dirla con Darendorff, una insostenibile leggerezza dei Parlamenti, che non mi sembra più tollerabile.
Il Parlamento sta facendo uno sforzo, perché avere in una propria sede i rappresentanti delle Regioni e i rappresentanti delle autonomie, credo sia una cambiamento epocale. Allora mi permetto di porre anche il tema inverso: non c'è più un controllo, come c'era prima, della legislazione regionale, perché è stato abolito. Il rapporto tra Stato e Regioni è oggi affidato al ricorso possibile alla Corte costituzionale quando una legge della Regione travalica i limiti della Costituzione.
Credo che anche in questo caso si debba trovare una sede politica per armonizzare la legislazione e credo che nella storia della revisione degli statuti, che è anche questo un cambiamento epocale verso il federalismo, ferma restando l'autonomia intangibile di ogni singola Regione prima di correre il rischio di arrivare a 20 Regioni addobbate come una veste da Arlecchino, forse sarebbe meglio trovare anche una sede politica in cui ci si possa confrontare. Verificare se ci sono principi generali all'interno dei quali si possa svolgere il lavoro che le Regioni stanno facendo, per avere un federalismo che sia quello che è stato prefigurato, un federalismo solidale, così come viene chiamato, ma anche con una ratio che lega pezzi del territorio diversi tra di loro ma tutti collegati ad un ordinamento centrale dello Stato.
Questo mi premeva sottolineare nel tentativo di dare un contributo, in attesa delle grandi riforme che sono quelle che potranno risolvere i problemi che oggi stiamo dibattendo.

Fine contenuto

Vai al menu di navigazione principale