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Pastore


PRESIDENTE. Ha la parola l'on. sen. Andrea Pastore, Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato.

ANDREA PASTORE, Presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato. Grazie a Lei, Presidente, al Presidente Mattarella e al Comitato per la legislazione, per questa opportunità di uno scambio di esperienze e di opinioni sulle vicende parlamentari che riguardano il processo federalista in atto.
Il mio intervento potrebbe sovrapporsi totalmente a quello del collega Bruno, perché stiamo vivendo e abbiamo vissuto un'esperienza assolutamente comune. Prima o poi le questioni che sono state risolte dall'una Commissione sono poste all'altra e possiamo trarne un convincimento che credo appartenga ormai al bagaglio dei colleghi parlamentari, ma anche agli amici presidenti dei Consigli regionali che si trovano ogni giorno ad affrontare le problematicità della riforma costituzionale già in essere.
Il travaglio legislativo è enorme, non dimentichiamolo, e anche quello della giurisprudenza interna delle Camere costituisce un momento di seria riflessione, di dubbi e di soluzioni che quasi mai ci soddisfano totalmente.
Ormai l'esperienza dell'entrata in vigore della riforma costituzionale sta superando i 15 mesi, vi è una consapevolezza, che abbiamo anche evidenziato per quanto riguarda il Senato, nelle audizioni che abbiamo svolto subito dopo l'entrata in vigore della legge e che si sono tradotte in una pubblicazione anche sostanziosa di queste audizioni, che risale al luglio scorso.
Quali sono i punti critici essenziali della riforma già in essere? Innanzitutto l'assenza totale, assoluta di norme transitorie di attuazione. La riforma del titolo V non contiene alcuna norma che consenta un passaggio morbido dal vecchio al nuovo sistema. Inoltre, la confusione legislativa che deriva soprattutto dall'esistenza di una elencazione di materie concorrenti che generano conflitti e difficoltà interpretative a ogni pie' sospinto.
Cosa si può fare a Costituzione invariata? Credo che molto si sia fatto, molto si potrà fare, ma che il molto fatto e che si potrà fare, oltre gli interventi legislativi in essere, è soprattutto dovuto allo spirito di responsabilità di tutti i protagonisti di questa vicenda: del Governo, del Parlamento, delle Regioni, delle autonomie locali. Quello spirito di collaborazione che si è tradotto, sovente, in determinazioni delle varie Conferenze Stato-Regioni-Autonomie locali, Conferenza unificata. Dobbiamo però chiederci sin d'ora fin quando sarà possibile impedire o limitare la conflittualità che la riforma genera di per sé, rimettendoci soltanto alla buona volontà di questi protagonisti, allo spirito di responsabilità di tutti.
Voglio anche aggiungere che se la conflittualità dinanzi alla Corte può essere generata da impugnative dello Stato nei confronti delle Regioni e delle Regioni nei confronti dello Stato, può anche essere generata da impugnative da parte dei cittadini attraverso le procedure ordinarie. Certamente il cittadino che si senta leso dall'esistenza di una fonte normativa impropria potrà invocare proprio questa inadeguatezza della fonte come causa di illegittimità costituzionale della norma. Vediamo questo scenario, cioè, in una prospettiva molto più ampia.
Cosa occorre fare, cosa bisogna fare in questi tre anni di legislatura che mancano? Un intervento di revisione costituzionale al quale il ministro La Loggia sta lavorando con grande impegno, che credo inizierà il suo iter in tempi ragionevoli e che dovrà, però, portare ad una assoluta revisione di questa riforma del Titolo V attraverso quella che ritengo sia una modifica radicale del meccanismo. Quale? L'eliminazione delle potestà legislative concorrenti o una loro drastica riduzione, con alcune norme di garanzia che sono presenti in tutti i sistemi federali.
Innanzitutto credo che bisognerebbe, in questo quadro, stabilire che le Regioni possano legiferare in quelle materie di competenza esclusiva, nell'ambito dei principi generali dell'ordinamento, che già costituisce un riferimento, per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale, per le materie di competenza esclusiva. Secondo, si potrebbe stabilire che lo Stato, quando ravvisi esigenze particolari e con procedure garantiste, possa a posteriori dettare principi fondamentali dell'ordinamento, per armonizzare le materie regionali con quelle statali e per armonizzare interventi legislativi delle Regioni tra loro, cioè cercando di disegnare un vero sistema federale caratterizzato dal fatto che lo Stato federale richiama a sé le competenze delle Regioni quando ritenga che l'interesse nazionale, quello dell'intera collettività, imponga questo intervento statale.
Sembra forse una scelta nuova nell'ambito delle proposte che sono in campo, però credo che sia l'unico modo per evitare quella conflittualità che è generata dall'indicazione di competenze concorrenti in materie così diffuse. Non si può certo sostenere che il processo che ho cercato di delineare sia simile a quello della Costituzione vigente, è esattamente il contrario: la Costituzione individua materie, in astratto, di crisi del sistema; la legge statale che intervenisse successivamente per disegnare principi generali in certe materie interverrebbe, invece, in concreto e quindi individuando con la norma legislativa il campo di applicazione.
Questa che getto sul tavolo come proposta forse provocatoria - ma che può essere benissimo sposata con una drastica riduzione delle materie di legislazione concorrente, anche se il sistema soffrirebbe di una certa contraddizione - andrebbe accompagnata da una robusta norma di diritto transitorio, che preveda che dopo un certo numero di anni (magari a data certa, per non allarmare gli amici presidenti dei Consigli regionali sulle lungaggini parlamentari), scatti il nuovo meccanismo, per cui nel frattempo il Parlamento e le stesse Regioni siano posti in grado di predisporre i nuovi strumenti per realizzare questo disegno. Al compimento di questo disegno esisterebbe una potestà esclusiva dello Stato, una potestà esclusiva delle Regioni, possibilità per lo Stato, entro limiti rigorosi, di dettare principi fondamentali in qualsiasi campo ritenesse opportuno farlo, nel rispetto di certe regole - sussidiarietà, leale collaborazione e così via - e norma transitoria che consenta al sistema di avere un po' di respiro per potersi strutturare adeguatamente per le nuove funzioni.
La riforma della riforma richiede altri interventi, però penso che il punto fondamentale, quello dell'incertezza legislativa sulle varie materie che formano oggetto delle nostre e delle vostre responsabilità, debba passare attraverso una riflessione seria su questo aspetto della riforma del Titolo V, che forse non è stata ancora sufficientemente meditata.

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