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Bruno


PRESIDENTE. Passiamo ora agli interventi sul tema dei controlli parlamentari circa il rispetto delle competenze normative. Do la parola all'on. Donato Bruno, Presidente della Commissione affari costituzionali della Camera.

DONATO BRUNO, Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera. Grazie, Presidente Casini. Ringrazio Lei e il Presidente Mattarella per questa riunione. Vorrei ricordare a me stesso e ai tanti partecipanti a questo incontro quello che ebbi a dire alla tavola rotonda svolta circa un anno fa a Milano presso il Consiglio regionale, in tema di rapporti tra Esecutivi e Assemblee nel funzionamento del nuovo sistema normativo tra Stato, Regioni e Unione europea. In quell'occasione avevo avuto modo di indicare due grandi linee guida per il cammino che doveva indirizzare tutti i livelli di governo nel lavoro di interpretazione e di integrazione che la riforma del Titolo V della Costituzione richiedeva. L'entrata in vigore della legge costituzionale 3 del 2001 ha rappresentato infatti una riforma dalle implicazioni molto profonde che, sin dalla sua prima applicazione, ha evidenziato diversi profili di criticità. La prima linea guida era individuata nell'esigenza che il Parlamento e il Governo, così come i presidenti di Regione e i Consigli regionali, riuscissero a definire principi comuni riguardanti il metodo della legislazione e quindi la necessità di muoversi su più livelli. Era in quell'ottica che sottolineavo l'importanza del lavoro in corso sugli statuti regionali e sui regolamenti consiliari e, per quanto riguarda il Parlamento, la rilevanza del lavoro che le Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato stavano inaugurando. Si era subito evidenziata, infatti, l'esigenza che l'attività interpretativa delle nuove norme costituzionali si dovesse esplicare in tutte le fasi e sedi del procedimento legislativo. A tal fine era stato dato specifico rilievo all'azione consultiva svolta dalle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato in virtù delle funzioni ad esse riconosciute circa la verifica della sussistenza della competenza del legislatore statale in relazione al contenuto delle varie iniziative legislative.
A più di un anno di distanza dall'avvio di tale esperienza, il lavoro effettuato dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati sui progetti di legge ad essa sottoposti per il parere ha dato vita ad una giurisprudenza che, da un lato, ha sostanzialmente confermato alcune opzioni interpretative che la dottrina aveva già messo in evidenza e, dall'altro, ha trovato riscontro in alcune recenti pronunce della Corte costituzionale.
Attraverso la lettura dei pareri adottati dalla Commissione trovano conferma, infatti, l'esistenza, nell'attuale articolo 117 della Costituzione, profili di trasversalità propri di alcune materie affidate alla competenza legislativa dello Stato, la possibilità di interventi legislativi da parte dello Stato in ambiti aventi attinenza funzionale, con materie affidate alla competenza esclusiva delle Regioni, ma comunque incidenti su materie demandate alla competenza esclusiva dello Stato, nonché l'esistenza di materie oggetto di legislazione concorrente, che non costituiscono un ambito materiale quanto, piuttosto, una finalità assegnata alla legislazione statale, in presenza delle quali potrebbe rendersi necessaria la formulazione, da parte della legge statale, dei principi fondamentali sotto forma di regole prescrittive. Alcuni di tali aspetti hanno in parte trovato conferma nella giurisprudenza costituzionale. Si pensi infatti alle sentenze 282 e 407 del 2002.
La seconda linea guida che avevo evidenziato era quella della necessità di prendere atto che nessuna istituzione è in grado di svolgere da sola una tale attività interpretativa ed integrativa e che fosse pertanto necessario pensare ad un circuito informativo tra i diversi livelli di governo. E' a tal proposito che auspico un più concreto e continuo scambio di esperienze e di conoscenze tra Assemblee legislative e Governi.
Appare infatti a tal proposito importante che, accanto a sedi già consolidate, ma che non sempre si sono dimostrate in grado di risolvere da sole le varie questioni sul campo - si pensi all'esperienza della Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti locali - si sperimentino altri percorsi istituzionali. A tal fine valuto favorevolmente, in un ambito strategicamente fondamentale quale quello del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, l'istituzione, ad opera dell'art. 3 della legge finanziaria del 2003, di un'alta Commissione di studi con il compito di fornire una relazione nella quale dar conto degli interventi necessari, individuati in una sede unitaria con le autonomie territoriali, per dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione.
Sulla base di tali considerazioni mi sento di insistere anche nella sede odierna su queste linee guida. Dobbiamo infatti considerare quello in atto come un processo ancora aperto e un percorso da completare progressivamente, anche ricorrendo alle necessarie fasi di sperimentazione e di cambiamento, nel rispetto dei principi e dei valori costituzionali.
Per questo alle Commissioni affari costituzionali delle due Camere spetta e continuerà a spettare un ruolo peculiare, sia sul piano della interpretazione attiva e positiva dell'attuale quadro costituzionale, sia sul piano propositivo di esame dell'attuale proposta di legge quadro e delle ulteriori modifiche costituzionali. Le Commissioni affari costituzionali non potranno svolgere un compito così impegnativo, se non potranno avvalersi di un costante dialogo con il Governo, con le altre Commissioni competenti per le diverse materie e con l'intero sistema delle autonomie. Queste ultime, in particolare, sono chiamate a dotarsi di ulteriori strumenti per migliorare e puntualizzare i momenti di confronto e di analisi con l'istituzione statale. Appare infatti fondamentale l'individuazione delle sedi e delle procedure più idonee a promuovere e regolare il confronto, in modo da assicurare il primato della politica nella difficile opera di individuazione di un punto di equilibrio in costante divenire tra le esigenze di tutela dell'unità giuridica, economica e sociale del Paese e quella di massima valorizzazione delle autonomie degli enti territoriali. E' a tal proposito che ritengo opportuno sottolineare, anche in questa occasione, il ruolo che il Parlamento è chiamato a svolgere. Questo ruolo è tanto importante, perché è nel Parlamento che si devono ricercare formule per coniugare la garanzia dell'unità e dell'identità nazionale con le esigenze di pensare nuovi strumenti di ingegneria costituzionale ed ordinamentale, al fine di garantire maggiore efficienza e competitività al "sistema Italia". Questo è vero soprattutto se si pensa che i cambiamenti sin qui intervenuti non appaiono ancora sufficienti a definire il nostro come un sistema autenticamente federalista, se ad essi non si aggiungerà una diversa articolazione dello Stato centrale, che potrebbe trovare il suo punto qualificante nella istituzione di una Camera parlamentare di rappresentanza delle autonomie.

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