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Soda


On. Antonio SODA: Più che tirare le fila e concludere, vorrei rappresentarvi due altre semplici riflessioni. La prima riguarda il ruolo che rivestono il Comitato per la legislazione- in sede nazionale attraverso il regolamento parlamentare - e gli analoghi istituti creati presso le Regioni - attraverso i regolamenti assembleari - e che in misura rafforzata dovranno svolgere al fine di avere più forza e potere di incidere in quel processo di auto-limitazione del legislatore, di cui parlavo nel mio intervento iniziale.
Mi spiego: oggi il Comitato per la legislazione formula pareri che si esprimono o in osservazioni o in condizioni per le Commissioni di merito, che possono però essere superate con una semplice motivazione - a volte apparente - che giustifica il superamento di questa condizione.
Nella mia esperienza, in questo periodo, al Comitato per la legislazione, il tema più spinoso è quello proprio della semplificazione, per la presenza nei testi normativi di provenienza sia governativa che parlamentare di forti elementi di eterogeneità, quando non addirittura di contraddittorietà delle norme e delle materie oggetto dei provvedimenti.
E dunque una apposizione di condizione, quando può essere superata dalla volontà politica senza vincoli, indebolisce il Comitato, indebolisce il processo di semplificazione, aggiunge complicazioni e contraddizioni all'interno del sistema.
Direi che i tempi rendono matura l'esigenza di un rafforzamento di questi strumenti, apparentemente tecnici, che però nascono da una volontà politica del legislatore che si auto-limita, che si deve auto-limitare con forza e con coraggio.
La seconda riflessione riguarda l'assenza di un istituto di "riserva dei codici", non presente neanche nella riforma costituzionale pur ampia e organica attualmente all'esame del Senato. Sarebbe auspicabile e doveroso - anche per la storia e la cultura e la tradizione dei codici civile e penale nonché dei codici di regolazione processuali civile e penale - sostituire alla concezione del codice polivalente e onnivoro, come era il codice napoleonico, dei corpi organici, ordinati per materie, coerenti tra di loro. Per fare questo occorre affermare come vincolo costituzionale la riserva dei codici, nel senso che ogni qualvolta si interviene in una materia di natura penale o in una materia che è disciplinata dal codice civile, si deve intervenire in quella sede, non attraverso migliaia e migliaia di percorsi. Nell'attuale legislatura, per esempio, a fronte delle proclamazioni che tutti facciamo, di depenalizzazione, noi abbiamo creato nuove fattispecie penali, noi abbiamo ripenalizzato ciò che a volte non lo era più: mi riferisco, ad esempio, ad alcuni aspetti della materia del diritto di autore e dell'editoria. Non so se giustamente o ingiustamente, legittimamente o illegittimamente - valutazione che cambia a seconda dei parametri adottati - certo è che si interviene, attraverso una legislazione penale, al di fuori del codice penale. In questo senso, un vincolo costituzionale per materie costringerebbe il legislatore ordinario a seguire le strade coerenti della semplificazione, dell'ordine, della sistemazione e quindi dell'accessibilità.
Questa penso che debba essere, dal punto di vista sostanziale, una nuova frontiera di elaborazione politico-culturale e scientifica, accanto a quella della informatizzazione.

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