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Seduta del 20/10/2004


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Seguito dell'audizione di Giampiero Sebri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione di Giampiero Sebri, iniziata nella seduta di giovedì 14 ottobre scorso.
Ricordiamo al signor Sebri che ha l'obbligo di rispondere alle domande che gli verranno poste dal presidente e dai commissari e, naturalmente, di dire la verità.
Al termine del precedente incontro erano rimasti da affrontare due capitoli rispetto ai quali qualcosa, per la verità, lei, signor Sebri, aveva già indicato, ma sui quali bisogna andare un po' più a fondo: i due capitoli sono «Marocchino» e «Rajola Pescarini».
Vediamo di capire come nascono i suoi rapporti con Marocchino, quando nascono e quale è stato l'andamento di questo rapporto, anche perché lei sa che su questo tema - poi ne faremo oggetto di specifica contestazione - lei ha rilasciato dichiarazioni alquanto divergenti l'una dall'altra. Questa, dunque, è l'occasione per fare chiarezza ed anche per spiegarci le ragioni di queste diverse versioni, soprattutto per quanto riguardi gli incontri tra lei e Giancarlo Marocchino.
Allora, secondo lei, chi è Giancarlo Marocchino e - come dicevo - come, quando e dove l'ha conosciuto?

GIAMPIERO SEBRI. Io ho conosciuto Giancarlo Marocchino in un primo incontro avvenuto a cavallo del 1987-88, presentatomi da Luciano Spada. Questo incontro è avvenuto al bar della Rinascente di Milano, all'ultimo piano.

PRESIDENTE. Prima aveva mai sentito parlare di Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, ne avevo semplicemente sentito parlare.

PRESIDENTE. In che senso ne aveva sentito parlare e da chi?

GIAMPIERO SEBRI. Da Spada.

PRESIDENTE. E cosa le diceva Spada di Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. Che c'era un nostro uomo in Somalia.

PRESIDENTE. Che significa «nostro uomo»? «Nostro» con riferimento ai traffici illeciti?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Spieghi bene, allora. Parliamo prima di questo primo comparto: cosa sa lei di Marocchino prima che


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Spada glielo presenti? Per quello che mi è parso di capire, solo attraverso Spada lei ha notizie su Marocchino, esatto?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Allora ci dica tutto quello che le aveva detto Spada prima di presentarle Marocchino.

GIAMPIERO SEBRI. Mi ha detto che aveva un uomo di fiducia in Somalia. Niente altro. Dopo di questo avvenne l'incontro alla Rinascente.

PRESIDENTE. E questa fiducia come si manifestava? Le aveva detto perché era di fiducia, in relazione a quali operazioni, in quali circostanze, in quali tempi?

GIAMPIERO SEBRI. In quali tempi, non lo so. Uomo di fiducia si intende, chiaramente, per quanto riguarda i traffici di rifiuti tossici-nocivi e anche traffici d'armi; anzi, prendo l'opportunità, come si suol dire, per consegnare a lei un rapporto del Corpo forestale dello Stato, del Nucleo operativo di Brescia, ispettore De Podestà Gianni.

PRESIDENTE. Del 7 gennaio 1998?

GIAMPIERO SEBRI. L'inchiesta Romanelli, sì.

PRESIDENTE. Lo abbiamo.

GIAMPIERO SEBRI. Perfetto.

PRESIDENTE. Lo voleva ricordare per che cosa?

GIAMPIERO SEBRI. Lo volevo ricordare perché da indagini e intercettazioni, da quello che leggo da questo documento che mi è stato consegnato dal mio difensore di fiducia, emerge l'attività del signor Marocchino Giancarlo per quanto riguarda i rifiuti tossico-nocivi e il traffico d'armi.

PRESIDENTE. Questo è quello che risulta da una relazione di servizio, da un rapporto del 1998, e a noi risulta tutto; ma io volevo sapere le sue consapevolezze, cioè che cosa Spada le diceva a proposito di questi traffici illeciti. Le aveva detto di qualche operazione fatta, di qualche affare fatto insieme a Marocchino oppure no?

GIAMPIERO SEBRI. Questo riguarda l'operazione Urano.

PRESIDENTE. Gliene aveva parlato Spada di questo?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Mi dica.

GIAMPIERO SEBRI. Riguarda l'operazione Urano, cioè dei rifiuti da smaltire in parte nel deserto del Sahara, con l'operazione ATS...

PRESIDENTE. Che significa?

GIAMPIERO SEBRI. Amministrazione Territoriale del Sahara.

PRESIDENTE. Quella di cui abbiamo parlato la volta scorsa.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente. E Spada mi disse che l'uomo di fiducia in Somalia era Giancarlo Marocchino, che io conobbi - ripeto - alla Rinascente, al bar.

PRESIDENTE. Che altro le aveva già detto?

GIAMPIERO SEBRI. Dopo di questo non...

PRESIDENTE. E dell'operazione Urano cosa le aveva detto Spada? In che cosa consisteva questa operazione?

GIAMPIERO SEBRI. Spada mi aveva detto che c'era un grosso quantitativo di rifiuti da smaltire, che era in atto una...


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PRESIDENTE. Da dove venivano questi rifiuti?

GIAMPIERO SEBRI. Dagli Stati Uniti.

PRESIDENTE. E le aveva detto che percorso facevano? Era implicata anche l'Italia nei vari passaggi?

GIAMPIERO SEBRI. Io non credo che fosse implicata l'Italia. Credo che il tragitto di questi rifiuti fu Stati Uniti-Germania, Germania-ATS, dopo di questo Somalia.

PRESIDENTE. Quindi, l'ATS è un passaggio intermedio verso la Somalia?

GIAMPIERO SEBRI. La Somalia, da quello che so io...

PRESIDENTE. Era il terminale.

GIAMPIERO SEBRI. No. Terminale era questo cratere di cui parlai la volta precedente, ma purtroppo - o meno male, a seconda di come la si vuole intendere -, e non ne so il motivo, l'azione non proseguì. Dopo di questo, la destinazione finale fu la Somalia.

PRESIDENTE. Ho capito. In quali anni avvenne questa operazione Urano, secondo le dichiarazioni di Spada, perché a lei non risulta niente, personalmente?

GIAMPIERO SEBRI. Nossignore.

PRESIDENTE. A lei, nulla. Quindi solo de relato può dire. Ricorda se le disse in quali anni?

GIAMPIERO SEBRI. Sinceramente, l'anno esatto non lo ricordo.

PRESIDENTE. Siamo nel 1988-89, quindi diciamo...

GIAMPIERO SEBRI. Nel 1987-88.

PRESIDENTE. Quindi, anni ottanta.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Perché viene fuori l'esigenza, o l'opportunità, o l'occasione (può essere stato soltanto un fatto puramente estemporaneo) per cui Spada decide di presentarle Marocchino, al bar della Rinascente a Milano?

GIAMPIERO SEBRI. È nata così, perché questo era il suo modo di agire: un giorno Spada mi disse «Ti presento una persona con la quale tu sicuramente andrai d'accordo» e mi presentò Giancarlo Marocchino.

PRESIDENTE. Perché anche lei faceva traffici, in questo senso.

GIAMPIERO SEBRI. No, come ho detto la volta precedente, io ho lavorato per Spada dal...

PRESIDENTE. Sì, sì.

GIAMPIERO SEBRI. Tutto qua. E ero pienamente cosciente del lavoro...

PRESIDENTE. Che Spada faceva e che lei eseguiva, praticamente.

GIAMPIERO SEBRI. Eseguivo come portaborse.

PRESIDENTE. Come portaborse, ecco. Quindi, «una persona con la quale andrai particolarmente d'accordo» - mi corregga se sbaglio - voleva dire che vi potevate coordinare per lo svolgimento di queste attività di traffico di rifiuti.

GIAMPIERO SEBRI. Guardi, questo di coordinare non lo so. Semplicemente mi disse...

PRESIDENTE. Avere dei rapporti, dei contatti.

GIAMPIERO SEBRI. Sì. Vediamo se riesco a spiegarmi: «conoscendo il tuo modo di agire, il tuo modo di pensare, eccetera, eccetera, con questa persona andrai


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d'accordo». Perché con Luciano Spada, lo ripeto, c'era un rapporto in primo luogo di grandissima amicizia e, anche se a nessuno può interessare, sono stato uno dei pochi che sono andati al suo funerale, perché era un amico. Secondo, forse passava più tempo con me che a casa sua, perché come portaborse ero sempre insieme a lui. Ma non che coordinassi insieme a Marocchino, eccetera. Mi ha presentato una persona e mi ha detto «ti farò conoscere una persona con cui tu sicuramente andrai d'accordo». Tutto qua.

PRESIDENTE. Chi era presente a questo incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Nessuno.

PRESIDENTE. Voi due. Questo fu il primo incontro con Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Quanto durò e di che cosa avete parlato?

GIAMPIERO SEBRI. Riguardo a quello di cui abbiamo parlato - se permette, sarò più preciso, mi deve scusare un po' di confusione... - è stato ribadito quando io fui interrogato dai funzionari mandati dal dottor Ionta presso la questura di Milano. Non vorrei sbagliare... (Consulta alcune carte).

PRESIDENTE. Cosa fa, mi ripete quello che ha detto?

GIAMPIERO SEBRI. Io confermo l'incontro avuto...

PRESIDENTE. No, lei non conferma niente. Poi vediamo! Dica quello che ricorda. Il cattivo ricordo è sempre oggetto di buona considerazione.

GIAMPIERO SEBRI. Il discorso - credo di ricordare bene - fu che Marocchino era molto arrabbiato per come si stavano svolgendo i lavori, eccetera, eccetera. Mi ricordo, perché la cosa mi è rimasta impressa, che addirittura chiese come fosse possibile avere una pistola, un'arma. Marocchino disse che c'erano dei giornalisti che si stavano interessando a tutta la vicenda.

PRESIDENTE. Quale vicenda?

GIAMPIERO SEBRI. Sempre quella dei rifiuti. Signor presidente, il discorso, sia nel primo sia nel secondo incontro con Marocchino, non fu su caramelle: è sempre stato incentrato sui rifiuti tossico-nocivi e il traffico d'armi.

PRESIDENTE. Ed anche radioattivi? Scusi se insisto su questo punto.

GIAMPIERO SEBRI. Anche radioattivi, sì. Cioè, non è che venisse detto esplicitamente...

PRESIDENTE. Però si capiva che erano anche quelli.

GIAMPIERO SEBRI. Chiaramente.

PRESIDENTE. Allora?

GIAMPIERO SEBRI. Niente. Marocchino si lamentò perché c'erano dei giornalisti che si stavano muovendo, eccetera, eccetera.

PRESIDENTE. Questo nell'incontro del 1988-89?

GIAMPIERO SEBRI. Nel primo incontro, se ricordo bene. Non vorrei fare confusione.

PRESIDENTE. Spada muore nel 1989, quindi prima di quella data.

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. In che mese muore Spada, lo ricorda?

GIAMPIERO SEBRI. Penso a marzo o ad aprile.


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PRESIDENTE. Quindi, questo incontro è avvenuto o ai primi del 1989 o durante il 1988.

GIAMPIERO SEBRI. Sì, 1987-88.

PRESIDENTE. Nel 1987-88, benissimo. Faceva riferimento a giornalisti?

GIAMPIERO SEBRI. A giornalisti che si stavano interessando a tutta questa faccenda. E chiese a Luciano Spada se era possibile tranquillizzare un po' tutta questa situazione.

PRESIDENTE. Che significa «questa situazione»?

GIAMPIERO SEBRI. Situazione nel senso che c'erano dei giornalisti, delle persone...

PRESIDENTE. Quindi, vedere di dare una calmata a questi giornalisti.

GIAMPIERO SEBRI. Calmata...

PRESIDENTE. Insomma, intervenire presso questi giornalisti perché non continuassero in questa loro opera di investigazione.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Fece il nome dei giornalisti o indicò l'area di appartenenza?

GIAMPIERO SEBRI. No, no.

PRESIDENTE. Giornalisti in generale. E che titolo aveva Spada per poter intervenire su giornalisti non meglio specificati?

GIAMPIERO SEBRI. Come le ho detto l'altra volta, presidente, Spada aveva un forte potere per quanto riguardava piazza Duomo 19. Infatti Spada rispose che non poteva muovere...

PRESIDENTE. Cioè piazza Duomo 19 poteva essere contattata da Spada perché intervenisse sulla stampa affinché non desse più fastidio.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente. Tutto qui.

PRESIDENTE. Parlaste di altro o solo di questo? E quanto durò questo incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Più o meno un'oretta.

PRESIDENTE. Avete concluso qualche affare?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Come vi siete lasciati? Che intesa avete avuto? Di cooperazione, di coordinamento, di aiuto?

GIAMPIERO SEBRI. No, nessuna. Spada tranquillizzava Giancarlo Marocchino, gli diceva di tranquillizzarsi che...

PRESIDENTE. Che sarebbe intervenuto e avrebbe fatto quello che avrebbe potuto.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Quando ancora ha incontrato Marocchino, lei? Dopo non gli ha più parlato, non lo ha più sentito telefonicamente?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. In alcun modo?

GIAMPIERO SEBRI. No, no. Nell'autunno 1993 ebbi una telefonata dall'avvocato Maggi con la quale fui convocato perché c'erano delle persone che mi volevano parlare, ed erano presenti Giancarlo Marocchino, il signor Luca Rajola Pescarini più un'altra persona.

PRESIDENTE. Siamo nel 1993.


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GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Dove siamo, nello studio di Maggi?

GIAMPIERO SEBRI. No, siamo in zona Arena, Milano.

PRESIDENTE. In un bar, in un ristorante?

GIAMPIERO SEBRI. No, per strada.

PRESIDENTE. Vi siete incontrati per strada.

GIAMPIERO SEBRI. Le preciso: all'Arena di Milano c'è un parcheggio più avanti, sulla sinistra, più o meno in quella zona.

PRESIDENTE. Eravate: Sebri, Marocchino...

GIAMPIERO SEBRI. Il signor Luca Rajola Pescarini e una terza persona.

PRESIDENTE. Cioè?

GIAMPIERO SEBRI. Una terza persona che praticamente non disse mai nulla.

PRESIDENTE. Era con Pescarini?

GIAMPIERO SEBRI. Con Pescarini, sissignore.

PRESIDENTE. Che lei non conosce, non sa chi fosse.

GIAMPIERO SEBRI. No, non so chi sia.

PRESIDENTE. Maggi non c'era?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Però Maggi procura l'incontro.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. E con quale motivazione?

GIAMPIERO SEBRI. Che c'erano delle persone che mi volevano parlare.

PRESIDENTE. Niente di più.

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Quanto dura quest'incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Non dura più di un'ora.

PRESIDENTE. Ed è l'ultima volta che lei vede Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. È l'ultima volta che io vedo Marocchino.

PRESIDENTE. Quindi, la seconda volta è anche l'ultima.

GIAMPIERO SEBRI. Poi non l'ho più rivisto.

PRESIDENTE. L'incontro dura più di un'ora: che succede in quest'incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Succede che parte una discussione, o uno scambio di idee, come lo si vuole chiamare, fra Giancarlo Marocchino e il signor Luca Rajola Pescarini. Quella terza persona non diceva mai nulla, era lì.

PRESIDENTE. Si conoscevano Luca Rajola Pescarini e Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. Come no! Si conoscevano molto bene.

PRESIDENTE. Si davano del tu?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, sì. Io ero lì e a un certo punto io stesso mi domando cosa ci faccio, perché mi sembrava di essere lì solamente per assistere ad una diatriba tra loro due. Il signor Luca Rajola Pescarini non mi era stato ancora presentato


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e l'unica cosa che vedevo era che quella terza persona continuava a guardarmi; ad un certo punto, giustamente, gli chiedo chi fosse. Non si presenta questa persona e si presenta, invece, questo signore: Luca Rajola Pescarini, eccetera, eccetera.

PRESIDENTE. Si presenta come chi? «Mi chiamo Luca Rajola Pescarini», d'accordo, ma dice che lavoro fa, dice...

GIAMPIERO SEBRI. No, non dice niente. Non vorrei sbagliarmi, presidente, ma forse dice di essere un colonnello dell'esercito, o forse nemmeno quello.

PRESIDENTE. Ma si presentò come SISMI o come...

GIAMPIERO SEBRI. No, no.

PRESIDENTE. Forse come colonnello dell'esercito.

GIAMPIERO SEBRI. Se ricordo bene, come colonnello.

PRESIDENTE. Tanto per fugare ogni dubbio: lei, poi, avrà avuto modo di vedere personalmente Luca Rajola Pescarini in tempi successivi, per televisione o sul giornale.

GIAMPIERO SEBRI. Nossignore.

PRESIDENTE. Le domando: sulla base delle consapevolezze successive, siccome lei non conosceva Luca Rajola Pescarini e lo vede per la prima volta nel 1993...

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Mi scusi. Innanzi tutto, il periodo qual è? Il 1993, ma ricorda in che mese?

GIAMPIERO SEBRI. Autunno.

PRESIDENTE. Autunno. Allora, le domando: dopo aver acquisito consapevolezze intorno alle caratteristiche somatiche di Luca Rajola Pescarini, oggi lei può confermare che, in effetti, quello che ha incontrato nel 1993 era Luca Rajola Pescarini?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Lei capisce che questo per noi è un dato molto importante, perché Ilaria Alpi viene uccisa nel marzo 1994, quindi siamo a quattro-cinque mesi dall'omicidio. Non che io voglia fare un collegamento con Marocchino o con Luca Rajola Pescarini, ma intanto mettiamo insieme i tasselli del mosaico. Quindi, loro litigavano per questioni loro personali.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Però lo fanno in pubblico, quindi a voce alta, presumo, per cui lei ha sentito perfettamente quello che dicevano. Su cosa litigavano?

GIAMPIERO SEBRI. Litigavano innanzi tutto perché c'era Marocchino che era in difficoltà finanziarie, e queste difficoltà finanziarie gli creavano problemi sia locali che a lui a livello personale.

PRESIDENTE. Locali in Somalia?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente. Litigavano perché secondo Marocchino c'erano delle persone dei servizi...

PRESIDENTE. Scusi. Problemi finanziari con riferimento a quale attività? O soltanto perché gli mancavano i soldi in tasca?

GIAMPIERO SEBRI. Sono passati degli anni... lui non ha mai detto: non ho i soldi... ma difficoltà finanziarie, da quello che più o meno riesco...

PRESIDENTE. Qualche affare andato male?

GIAMPIERO SEBRI. No, no. I patti non erano stati rispettati.


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PRESIDENTE. Quali patti?

GIAMPIERO SEBRI. Questo non lo so.

PRESIDENTE. Cerchi di riflettere. I patti tra lui e Rajola Pescarini?

GIAMPIERO SEBRI. No, i patti non erano stati rispettati con i somali. Vedo di spiegarmi meglio: Marocchino a me non disse «mi mancano i soldi». Dato che era il responsabile, il coordinatore, l'uomo di fiducia (come l'ho chiamato prima), lui si era assunto responsabilità per quanto riguarda i somali, per quanto riguarda tutto di questi traffici e i patti non erano stati rispettati. Secondo: c'erano delle persone che remavano contro, nel senso che queste persone o addirittura uno (non so se mi è concessa questa frase) se la intendeva con uno di questi giornalisti.

PRESIDENTE. In che senso «con uno di questi giornalisti»? Cosa c'entrano ora i giornalisti? Va bene che i giornalisti c'entrano sempre, ma ora esce fuori dal suo narrato un riferimento ai giornalisti.

GIAMPIERO SEBRI. In sostanza, Marocchino disse a Rajola che c'erano delle persone del gruppo di Rajola che gli remavano contro e addirittura, forse, una di queste se la portava pure a letto, qualcosa del genere, questa era la discussione.

PRESIDENTE. Dice che ci sono persone del gruppo di Rajola - che noi sappiamo essere uomo del SISMI che operava, in questa qualità, in Somalia; poi noi faremo gli altri collegamenti - che gli remavano contro. Ma «del gruppo di Rajola» non significa che chi appartiene al gruppo di Rajola sia un giornalista.

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Quindi i giornalisti non c'entrano niente; lasciamoli perdere. Ora parliamo del gruppo, poi parleremo dei giornalisti, se dobbiamo parlarne. In che senso il gruppo remava contro?

GIAMPIERO SEBRI. Nel senso che c'erano dei giornalisti, o una giornalista, adesso non ricordo più, che addirittura andava a colpo sicuro, cioè aveva delle informazioni dirette da uno del gruppo Rajola, per essere chiaro.

PRESIDENTE. Ecco. C'era qualcuno dei giornalisti che lavoravano in Somalia...

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. ...che lavoravano in Somalia che tirava fuori notizie troppo precise, per cui non poteva essere stato altri che Rajola a dirgli le cose.

GIAMPIERO SEBRI. Non Rajola: uno del gruppo di Rajola.

PRESIDENTE. Uno del gruppo. E questi giornalisti che andavano a colpo preciso chi erano? Fu detto in quella lite?

GIAMPIERO SEBRI. No, non uscì mai nessun nome.

PRESIDENTE. Quindi, vi fu questo scambio di contestazioni tra Rajola e Marocchino. Poi, che altro c'è stato nel corso di questo battibecco tra i due? E come si risolse la discussione?

GIAMPIERO SEBRI. Non si risolse in nulla, perché l'unica cosa che si risolse...

PRESIDENTE. Rajola cosa ribatteva?

GIAMPIERO SEBRI. Di rimanere molto tranquillo, che tutto il problema si risolveva, e basta. Quello arrabbiatissimo...

PRESIDENTE. E a proposito dei soldi, delle difficoltà economiche cosa disse?

GIAMPIERO SEBRI. Rajola tranquillizzò tutta quanta questa situazione.

PRESIDENTE. Cioè disse che sarebbe intervenuto per risolvere i problemi economici?


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GIAMPIERO SEBRI. No, no, non disse «io intervengo per risolvere questo problema». Tranquillizzò tutta quanta...

PRESIDENTE. Disse «Stai tranquillo, che provvederemo a tutto noi».

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Poi?

GIAMPIERO SEBRI. Poi basta. Ognuno andò per la sua strada.

PRESIDENTE. Lei cosa ha fatto? Ha parlato, ha discusso?

GIAMPIERO SEBRI. No, non dissi nulla.

PRESIDENTE. Assolutamente niente.

GIAMPIERO SEBRI. Le assicuro, ero lì. L'unica cosa che riuscii a capire era che mi volevano informare, o, forse, coinvolgere, in questo tipo di discussione. Tutto qua. Se mi ricordo bene.

PRESIDENTE. Forse manca qualche pezzo a questo racconto, perché sembra una cosa non dico inverosimile, perché nella vita siamo abituati a tutto, ma abbastanza fantasiosa. C'è Marocchino, che lei aveva visto una sola volta e che, quindi, non poteva aver alcuna ragione di particolare fiducia nei suoi confronti, per quanto lei fosse stato presentato da Spada, che era amico di Marocchino; Rajola lei non lo conosceva; il terzo personaggio, accompagnatore di Rajola, non lo conosceva: lei a che cosa ha pensato che potesse essere servita questa sua convocazione da parte dell'avvocato Maggi, che, tra l'altro, nemmeno era presente?

GIAMPIERO SEBRI. Per quello che ho detto prima: per coinvolgermi maggiormente in questa situazione.

PRESIDENTE. Con Rajola lei ha avuto altri incontri, dopo?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, ho avuto un terzo incontro al quale era presente solo Rajola, senza Marocchino, e quella terza persona.

PRESIDENTE. Il personaggio che l'accompagnava. L'aiutante di campo, diciamo.

GIAMPIERO SEBRI. Non so se era un militare o no. Aveva un po' il modo del militare, ma è una mia impressione e non vorrei sbagliarmi.

PRESIDENTE. Dove è avvenuto questo incontro?

GIAMPIERO SEBRI. In piazza Duomo fuori della galleria Vittorio Emanuele, più o meno dove c'è il bar Campari.

PRESIDENTE. In che epoca?

GIAMPIERO SEBRI. Nel 1994, primavera 1994.

PRESIDENTE. Chi provocò questo incontro? Come fu concordato? Chi fissò l'appuntamento? Eravate lei, Rajola e questa terza persona, quindi l'avete provocato o lei o lui.

GIAMPIERO SEBRI. Io no sicuramente. So che... adesso non ricordo più chi e come... per telefono, c'era la persona che avevo incontrato l'altra volta che mi disse di andare a quell'appuntamento.

PRESIDENTE. Chi è la persona che aveva incontrato l'altra volta, l'amico di Rajola?

GIAMPIERO SEBRI. No, mi telefonò a casa una persona...

PRESIDENTE. Che si qualificò come?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo, sinceramente.

PRESIDENTE. E che disse?


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GIAMPIERO SEBRI. Mi disse di andare ad un incontro in mattinata, dove era presente la persona che avevo incontrato precedentemente.

PRESIDENTE. Ho capito: le ha procurato questo incontro. E nel corso di questo incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Niente. Nel corso di questo incontro la prima cosa che notai è che il signor Luca Rajola Pescarini era informatissimo su di me, più o meno su tutta la mia vita. La seconda cosa che notai è che il signor Luca Rajola Pescarini mi invitava, mi sollecitava ad andare in Somalia. L'altra cosa è che vedendo alcune mie perplessità («In Somalia a fare cosa?») lui mi disse: «Vedere, ambientarsi; poi, l'importante è fare quello che ti dicono di fare». Io non mi ricordo più cosa gli dissi, però gli manifestai...

PRESIDENTE. Cioè, era un tentativo di ingaggio?

GIAMPIERO SEBRI. Non so se era un tentativo di ingaggio. Mi invitò ma con un modo...

PRESIDENTE. Invitò a fare cosa?

GIAMPIERO SEBRI. Ad andare in Somalia.

PRESIDENTE. Le parlò di Marocchino?

GIAMPIERO SEBRI. Arrivo. Vedendo le mie perplessità - perplessità del precedente incontro, perché avevo ancora in testa tutte le arrabbiature di Marocchino, tutti i problemi che Marocchino gli aveva elencato, eccetera, eccetera - lui mi disse che la situazione somala si stava sistemando, o era sistemata, e che quella maledetta giornalista comunista era stata sistemata. Punto e a capo.

PRESIDENTE. Glielo ha detto Rajola Pescarini?

GIAMPIERO SEBRI. Il signor Luca Rajola Pescarini.

PRESIDENTE. Per dirle che poteva tranquillamente andare in Somalia perché non c'erano più pericoli.

GIAMPIERO SEBRI. Io, sinceramente, non ho mai chiesto cosa ci andavo a fare.... o meglio, l'ho chiesto. Vedendo che ero molto titubante, avevo molte perplessità, lui mi disse che non c'era nulla da preoccuparsi, che era tutto tranquillo e altre cose che adesso non ricordo più bene. Poi io il signor Luca Rajola Pescarini non l'ho più rivisto, nel modo più assoluto. Non mi viene in mente altro di quella discussione.

PRESIDENTE. Lei ha avuto una lunghissima collaborazione, della quale ha parlato la volta scorsa, con il dottor Romanelli, della procura di Milano. Com'è che di Rajola Pescarini con Romanelli non ha mai parlato? E soprattutto di questi due incontri, uno dei quali per noi particolarmente significativo, laddove venisse riscontrato, poiché vi si fa riferimento al fatto che la giornalista comunista era stata sistemata?
È una cosa importante. Lei, addirittura, volendo sapere qualcosa di più, si mette in contatto con Garelli per capire le informazioni che aveva intorno alla vicenda; quindi aveva un particolare interesse. Essendo in possesso di una informazione così importante come quella che ha evocato anche qui poco fa, perché non ne ha parlato mai con Romanelli? Lei ne parla la prima volta con Maurizio Torrealta, in una intervista televisiva.

GIAMPIERO SEBRI. Io non ne parlo mai con il dottor Maurizio Romanelli: primo, perché ho paura...

PRESIDENTE. Perché ha paura? Con tutto quello che aveva detto ormai la paura doveva essere...

GIAMPIERO SEBRI. Paura per una cosa molto semplice, perché venni a sapere


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leggendo un libro, L'esecuzione, scritto da Torrealta... che lei mi creda o no, io non sapevo nemmeno che quel libro esistesse... Quando ho letto quel libro, immediatamente - forse ha poca importanza per voi - lo stracciai, cioè diventai nervosissimo, e quando ho letto che Luca Rajola Pescarini, la persona che io avevo incontrato precedentemente, era uomo del SISMI la paura mi aumentò. Non so spiegare perché mi aumentò.

PRESIDENTE. Anzi, lo poteva vedere finalmente come uomo delle istituzioni.

GIAMPIERO SEBRI. Se è questo che lei mi sta chiedendo, presidente, il ruolo di Pescarini sta scritto sia in questa informativa di De Podestà sia in altre informative che lei sa benissimo. Anzi aggiungo - e pregherei se lei le accettasse - le lettere del signor Guido Garelli che io ho ricevuto e le rispose che io ho dato.

PRESIDENTE. Poi parleremo delle lettere.

GIAMPIERO SEBRI. È solo un piccolo... dato che io non sono in grado di giudicare...

PRESIDENTE. Scusi: lei di Rajola Pescarini non sa assolutamente nulla di specifico; ha avuto questi due incontri, l'ultimo conclusosi con quella affermazione; c'è stata una sorta di affidamento che lei ha potuto avere intorno a Rajola Pescarini perché c'era stato il primo incontro con Marocchino, allora è un po' strano questo fatto.

GIAMPIERO SEBRI. Non c'è nulla di strano per me, presidente, ma faccio fatica a spiegarmi. Non ne parlai con il dottor Maurizio Romanelli, le ripeto, primo per paura, secondo perché io personalmente...

PRESIDENTE. Nemmeno con i giornalisti di Famiglia Cristiana, che pure la intervistarono, lei fece mai il nome di Rajola Pescarini.

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Perché questo privilegio a Torrealta?

GIAMPIERO SEBRI. Non c'è nessun privilegio...

PRESIDENTE. La mia è una battuta, s'intende!

GIAMPIERO SEBRI. Dato che personalmente...

PRESIDENTE. Non si agiti.

GIAMPIERO SEBRI. Non è che mi agito, presidente, ma a fronte di alcune questioni...

PRESIDENTE. Scusi, signor Sebri. Lei ci deve capire: noi sappiamo di un incontro con Marocchino di cui non abbiamo capito ragione e finalità; poi questo straordinario incontro con Rajola Pescarini che litiga con Marocchino, al quale lei assiste in maniera passiva, dopo essere stato convocato dall'avvocato Maggi; poi, ancora, c'è questa terza situazione che riguarda soltanto Rajola Pescarini, nella quale apprendiamo la cosa importante che ci interessa. Lei capisce che noi facciamo un po' di conti e i conti non ci tornano.

GIAMPIERO SEBRI. Uno più uno fa sempre due, secondo me. Io non ne parlai - per rispondere alla sua domanda - con il dottor Maurizio Romanelli, primo, per paura - le ripeto -, secondo, perché...

PRESIDENTE. Ma lei quando ha saputo che Rajola Pescarini era uomo del SISMI?

GIAMPIERO SEBRI. Dal libro L'esecuzione.

PRESIDENTE. Ma il libro è del 1999. Quindi lei ha saputo nel 1999 che Rajola Pescarini era uomo del SISMI. La collaborazione con Romanelli è del 1997-98.


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GIAMPIERO SEBRI. E dopo proseguì con l'ultimo verbale del 2000.

PRESIDENTE. Nel 1997-98: quindi, siccome l'incontro con Rajola Pescarini lei lo aveva avuto nell'ottobre 1993, nel 1998, quando collaborava con Romanelli, lei non sapeva che il signor Rajola Pescarini era uomo del SISMI, per cui non aveva motivo di avere paura. Se il fatto che fosse uomo del SISMI era la vera causale della sua preoccupazione...

GIAMPIERO SEBRI. No, non è stato solamente per questo.

PRESIDENTE. Allora dica le altre cose che sa.

GIAMPIERO SEBRI. Se mi dà il tempo per rispondere, sì. Il motivo per cui io non feci il nome di Luca Rajola Pescarini al dottor Maurizio Romanelli, oltre che per paura - ripeto ancora -, fu anche che io, forse per mia ignoranza, perché pensavo che le cose si risolvevano dalla sera al mattino o da un mese all'altro, non conoscendo tutti gli andazzi all'interno della magistratura, legali, eccetera, stavo perdendo una certa fiducia. Non solo: ma anche perché mi era stato detto che i nuovo programmi... fra sei mesi è quasi finita, fra tre mesi è quasi finita, all'8-10 gennaio (non ricordo bene) viene fatto... eccetera, eccetera, a questo punto feci una cosa molto semplice: attraverso il giornalista Andrea Di Stefano, il quale mi presentò i giornalisti di Famiglia Cristiana... Cioè, non è che io abbia scelto i giornalisti di Famiglia Cristiana, mi segua, presidente...

PRESIDENTE. Io la seguo.

GIAMPIERO SEBRI. I giornalisti di Famiglia Cristiana, persone molto qualificate, come ho visto io, perché? Perché io a questo punto ero un po' per aria, perché Romanelli non va più avanti, io non ho più fiducia in Romanelli, eccetera, eccetera, e io sono lì come un pesciolino, per così dire.

PRESIDENTE. Scusi, ma la frase «abbiamo risolto il problema della giornalista comunista» o «abbiamo sistemato anche quella giornalista comunista» detta da Rajola Pescarini è importante perché, almeno dal punto di vista lessicale, è coinvolgente nell'uccisione di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin.

GIAMPIERO SEBRI. Significa che ne era a conoscenza.

PRESIDENTE. Era in possesso di una notizia che avrebbe potuto portare, laddove riscontrata ed approfondita, addirittura ad individuare i mandanti dell'omicidio.

GIAMPIERO SEBRI. Per finire il discorso di prima...

PRESIDENTE. Allora non è più per la paura per la sua sicurezza?

GIAMPIERO SEBRI. Anche. Il problema non è quello della mia sicurezza, signor presidente.

PRESIDENTE. Lei così ha dichiarato.

GIAMPIERO SEBRI. Poi abbiamo fatto quello che abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Perché non aveva più fiducia in Romanelli o perché aveva paura per la sua sicurezza?

GIAMPIERO SEBRI. Non era per Romanelli. Per me la magistratura è uguale da Trapani a Palermo.

PRESIDENTE. Lo dice lei.

GIAMPIERO SEBRI. Dato che non c'era più un rapporto di massima fiducia - non so se per colpa mia o di Romanelli - ho cercato immediatamente un contatto con i giornalisti. Non ho fatto privilegi: mi sono rivolto, come lei sicuramente saprà, nel 1991, persino a Il Velino che non è assolutamente di sinistra e che ha pubblicato alcuni articoli, come anche altri giornali.


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Il mio intento era quello di chiarire, una volta per tutte. Non ho mai avuto alcun suggeritore, non ho fatto parte di alcun complotto cattocomunista. Dietro di me non c'è nessuno che mi dica di fare questo o quell'altro; non ho mai guadagnato una lira, anzi forse ci ho rimesso.

PRESIDENTE. Facciamo un patto: lei deve rispondere alle domande che io le faccio, senza divagare perché non serve. A noi non interessano i complotti e le altre cose, ci interessa la conoscenza dei fatti.
Lei ha fatto una dichiarazione - non qui, ma prima - secondo cui lei comunicò il contenuto della dichiarazione di Rajola Pescarini soltanto a Maurizio Torrealta e non ai giornalisti di Famiglia Cristiana e al dottor Romanelli, perché aveva paura per la sua sicurezza, avendo saputo che Rajola Pescarini era uomo del SISMI. Le ho contestato che, all'epoca della sua collaborazione con Romanelli, lei non conosceva la qualità di Rajola Pescarini, avendola appresa soltanto attraverso il libro L'esecuzione, per cui il discorso del pericolo per la sua sicurezza non può reggere. Infatti, lei ora dice «Non per quello, ma perché avevo perso fiducia nella magistratura». Fra queste due alternative, quale consegna alla Commissione? Abbiamo capito il discorso della sfiducia nella magistratura: del resto nella precedente occasione lei ha detto che l'andamento del procedimento non le dava l'affidabilità nella quale aveva sperato. Ma, se conferma anche l'ipotesi del pericolo per la sua sicurezza, ci dica perché.

GIAMPIERO SEBRI. Perché le persone che avevo coinvolto nelle deposizioni fatte al dottor Romanelli erano Nicholas Bizzio, mafiosi, gruppo Iamonte.

PRESIDENTE. Iamonte di Saline ioniche?

GIAMPIERO SEBRI. Non solo. E soprattutto erano persone pericolose. Questo intendo per paura.

PRESIDENTE. Lei, quando ha parlato del traffico di rifiuti, ha parlato anche di Iamonte.

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Allora di Iamonte già aveva detto che faceva traffico di rifiuti da Saline ioniche.

GIAMPIERO SEBRI. Non ho detto da Saline ioniche.

PRESIDENTE. Glielo dico io perché è lì che succede. Allora, se è così, lei dice che lo ha fatto per paura che la mafia la potesse colpire, ma lei aveva già colpito la mafia additandola come partecipe ai traffici di rifiuti tossici.

GIAMPIERO SEBRI. Sì, ma nel momento in cui noto che l'inchiesta del dottor Romanelli rallenta, che faccio?

PRESIDENTE. Resta isolato.

GIAMPIERO SEBRI. Bravo.

PRESIDENTE. Ho capito.

GIAMPIERO SEBRI. Allora penso che prima la vicenda esce sulla stampa e meglio è. Questo è ciò che ho fatto.

PRESIDENTE. Per la verità non sono molto compreso da questa indicazione.

GIAMPIERO SEBRI. Se è questo che lei pensa...

PRESIDENTE. Lei, quando ha fatto queste rivelazioni nei vari contesti nei quali ha avuto modo di ricordare questi incontri, aveva redatto memorie o appunti per poter meglio ricordare? Ha consegnato appunti a qualcuno? Se questi appunti esistono, li ha fatti da solo oppure li ha fatti redigere da qualcun altro?

GIAMPIERO SEBRI. Signor presidente, nessuna persona mi fa appunti o mi dice cosa devo o non devo dire.

PRESIDENTE. Non è una vergogna...!


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GIAMPIERO SEBRI. Nessuno mi dà un foglietto scritto per dirmi «vai là e dici questo», anche se qualche studio legale romano lo pensa. Ho detto prima e ripeto che nessuno mi ha mai consigliato nulla, né italiani né stranieri. Al dottor Romanelli ho consegnato tutto quanto era in mio possesso, dalla ricevuta della lavanderia a Santo Domingo, a vecchie agende, a tutta la carta che non sapevo se fosse utilizzabile o meno.

PRESIDENTE. Ora ripercorrerò insieme a lei le dichiarazioni che ha reso nelle varie sedi, ufficiali e ufficiose. Il 20 ottobre 1997 lei dice a Romanelli di avere incontrato Marocchino alla presenza di Spada e che in quella occasione Marocchino, oltre a lamentarsi dei servizi segreti, parlava di una giornalista che «rompeva» e aveva le carte perché era legata a uno dei servizi. Ha modo di confermare questa affermazione oppure nella redazione del verbale il dottor Romanelli ha fatto qualche eccesso?

GIAMPIERO SEBRI. Confermo quello che ho detto.

PRESIDENTE. Se è così, non è quello che lei ha dichiarato un attimo fa.

GIAMPIERO SEBRI. Non posso ricordare, ma confermo quello che è scritto nel verbale.

PRESIDENTE. Lei può rispondere come vuole, ma mi faccia finire la domanda. Lei in questa sede, interrogato da me sul contenuto delle dichiarazioni riguardanti il primo incontro con Marocchino, non ha parlato di riferimenti ai servizi segreti, né ha parlato, sempre per quanto riguarda quell'incontro, della giornalista che «rompeva i coglioni». Questa, invece, è la dichiarazione che rende al dottor Romanelli. Può darsi che lei non ricordi quello che ha dichiarato, che non ricordi oggi come sono andate le cose in quell'incontro in cui era presente Spada. Però, siccome ci sono delle contraddizioni che vorremmo dipanare, lei mi deve dire se sia vero o meno che in quell'occasione Marocchino - la circostanza è precisa - si lamentò dei servizi segreti.

GIAMPIERO SEBRI. Se è scritto nel verbale, lo confermo.

PRESIDENTE. Però oggi non lo ricorda?

GIAMPIERO SEBRI. Non lo ricordo.

PRESIDENTE. Allora della giornalista si parla già nel primo incontro?

GIAMPIERO SEBRI. Dei giornalisti.

PRESIDENTE. Di una giornalista legata ai servizi.

GIAMPIERO SEBRI. Se ho dichiarato questo, è vero.

PRESIDENTE. Le fu fatto il nome di questa giornalista?

GIAMPIERO SEBRI. Nossignore.

PRESIDENTE. In questo momento lei ricorda di averlo detto o di non averlo detto?

GIAMPIERO SEBRI. No, non l'ho detto.

PRESIDENTE. Ricorda di averlo detto allora?

GIAMPIERO SEBRI. Non ricordo.

PRESIDENTE. Questo il 20 gennaio 1997; ma lei viene sentito una seconda volta da Romanelli, esattamente il 15 maggio 2000, e dichiara di avere incontrato Marocchino due volte, la prima con Spada, alla fine degli anni ottanta - e torniamo alla prima dichiarazione della quale le ho parlato in precedenza -, la seconda volta nell'autunno del 1993, un incontro a cui erano presenti altre due persone e durante il quale Marocchino si lamentava di situazioni somale (qui parla non più di servizi


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ma di situazioni somale). Dobbiamo intendere situazioni somale rectius servizi?

GIAMPIERO SEBRI. Non lo so.

PRESIDENTE. Ricorda se lei abbia effettuato questo riferimento alle situazioni somale per genericità di ricostruzione, oppure se anche in quella circostanza, nonostante il verbale parli di situazioni somale, si fece riferimento ai servizi?

GIAMPIERO SEBRI. Sinceramente non ricordo.

PRESIDENTE. Lei ha mai riferito che durante ciascuno di questi incontri si sia fatto richiamo alla persona di Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. Non è mai uscito il nome di Ilaria Alpi.

PRESIDENTE. Invece lei, il 24 ottobre 1997, riferisce a Romanelli di un incontro a Milano, su iniziativa di Spada, per motivi imprecisati con Marocchino, il quale parlerebbe - scusate la volgarità - di «quella troia di giornalista comunista, da allontanare dalla Somalia per il suo rapporto intimo con un uomo dei servizi». Nel corso della deposizione successiva a quella che contiene questa definizione, sempre a Romanelli, lei precisa di essersi riferito ad Ilaria Alpi. Come risponde a questa contestazione?

GIAMPIERO SEBRI. Perché ho citato il nome di Ilaria Alpi?

PRESIDENTE. Io le ho chiesto se sia mai uscito fuori il nome di Ilaria Alpi nel corso di uno dei tre incontri, e lei ha detto di no. Invece a Romanelli ha detto di sì.
Sempre a Romanelli il 15 maggio 2000 dichiara che ci sarebbe stato un terzo incontro nell'aprile-maggio 1994, senza la presenza di Marocchino, come lei qui ha ricordato, ma con i due uomini che ha ricordato correttamente, Rajola Pescarini e il suo accompagnatore. In questa circostanza le sarebbe stato detto «abbiamo risolto il problema della giornalista comunista». Nel 2000, lei fa un'intervista a giornalisti di Famiglia Cristiana e torna a parlare dei servizi: Marocchino nel primo incontro si sarebbe lamentato del comportamento dei servizi. Dichiara sempre agli stessi giornalisti che nel secondo incontro sarebbe stato presente un colonnello dell'esercito e che nel terzo incontro, per la prima volta, si sarebbe fatto riferimento alla «sporca comunista» che era stata eliminata. Come vede le differenze sono notevoli. Queste sono sue dichiarazioni, alcune delle quali rese anche in Corte d'assise con il crisma della testimonianza.

GIAMPIERO SEBRI. Le rispondo subito.

PRESIDENTE. Poi soltanto nel 2000 con Torrealta lei fa riferimento a Rajola Pescarini.

GIAMPIERO SEBRI. In primo luogo, confermo le dichiarazioni rese ai tre funzionari della Digos di Roma mandati dal pubblico ministero Ionta, per quanto riguarda gli incontri con Marocchino.

PRESIDENTE. Invece poi alla Digos di Roma, in data 10 novembre 2000, lei addirittura dice che nel secondo degli incontri che abbiamo ricordato (quello in cui c'era Marocchino) lei parlò di questa giornalista e disse che essa aveva dei documenti che aveva ricevuto da uno del gruppo di Rajola. Non so se le debbo specificare le contraddizioni.

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Ha capito perfettamente.

GIAMPIERO SEBRI. È chiarissimo, come è chiarissimo, signor presidente... le rendo noto anche il secondo documento, quello del procuratore Tarditi, dove si parla di Marocchino: «è meglio spiegare chi sia il signor Giancarlo Marocchino» ed è ciò che ha scritto il sostituto procuratore...


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PRESIDENTE. Questo lo sappiamo.

GIAMPIERO SEBRI. Lei ha questo documento?

PRESIDENTE. Certo. Ascolti il suo avvocato.

GIAMPIERO SEBRI. Mi ha detto di parlare liberamente.

PRESIDENTE. E ha ragione.

GIAMPIERO SEBRI. È quello che sto facendo, ma la prego di non interrompermi. Io sono più bravo su alcune cose...

PRESIDENTE. Io ho il dovere di interromperla nel momento in cui lei divaga e nel momento in cui lei non ha tutti gli elementi per rispondere alla contestazione.

GIAMPIERO SEBRI. Io sto cercando...

PRESIDENTE. Ora mi interrompe lei! Noi le stiamo facendo questa contestazione: nella narrazione dei tre incontri ci sono delle forti contraddizioni, perché, a fronte della mancata evocazione del rapporto con i servizi e della critica ai servizi da parte di Marocchino, lei poi in altre due dichiarazioni fa affermazioni esattamente contrarie. Inoltre, lei ha detto che il nome di Ilaria Alpi fu evocato in quegli incontri, contrariamente a quello che ha dichiarato in questa sede e che addirittura la giornalista che «rompeva i coglioni» era una che aveva detto alla Digos circa i documenti che le aveva dato l'uomo del gruppo di Rajola.

GIAMPIERO SEBRI. Posso rispondere?

PRESIDENTE. Senza omettere di considerare che lei fa il nome di Rajola soltanto nel 2000 a Torrealta.

GIAMPIERO SEBRI. Le rispondo con un documento - che lei ha - del Corpo forestale dello Stato, redatto dall'ispettore De Podestà Giovanni, il quale dice...

PRESIDENTE. Le mie domande non c'entrano niente con De Podestà.

GIAMPIERO SEBRI. Dato che lei mette in dubbio la mia credibilità...

PRESIDENTE. Io non sto mettendo in dubbio nessuna credibilità. Lei deve superare quello che lei ritiene un nostro giudizio di non credibilità, perché noi né crediamo né non crediamo, siamo assolutamente asettici e siamo qui per accertare...

GIAMPIERO SEBRI. Io le ho precisato...

PRESIDENTE. Lo vede che non mi fa finire! Io le ho precisato che ci sono delle contraddizioni tra le tre dichiarazioni rese ai magistrati e le dichiarazioni rese ai giornalisti di Famiglia Cristiana e a Torrealta.

GIAMPIERO SEBRI. Io le ho risposto e le ho detto che confermo le dichiarazioni fatte...

PRESIDENTE. Quali? Ripeta per filo e per segno...

GIAMPIERO SEBRI. Non ricordo.

PRESIDENTE. Lei deve rispondere alle domande. Lei ha già risposto per cui non può dire che non ricorda. Lei ha fatto precisazioni puntuali ed ora deve rispondere. Allora io le chiedo di ripetere, con riferimento ai tre incontri, i contenuti che definitivamente consegna alla Commissione parlamentare d'inchiesta.

GIAMPIERO SEBRI. Non ricordo.

PRESIDENTE. No, lei deve ricordare, perché ha già risposto. Lei deve rispondere alla nostra richiesta in modo che noi sappiamo che cosa buttare via del passato. Vuole consultarsi con il suo avvocato per sapere cosa fare? Lei è libero di non rispondere alle domande e di andarsene.


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GIAMPIERO SEBRI. È quello che propone l'avvocato.

PRESIDENTE. Come vuole lei.
Le ripeto la domanda: con riferimento ai tre incontri che lei ha evocato davanti alla Commissione e tenuto conto della dualità delle dichiarazioni che lei ha reso sui punti che le ho già indicato come contraddittori tra l'una o l'altra delle dichiarazioni, o di tardività, segnatamente per quello che riguarda l'indicazione di Rajola Pescarini come persona partecipante a due degli incontri ai quali lei è stato presente, vuole cortesemente dare alla Commissione la ricostruzione - compatibile con il suo ricordo di oggi - di ciascuno di quei tre incontri?

GIAMPIERO SEBRI. Confermo tutto quanto dichiarato in Corte d'assise a Roma in merito ai tre incontri; confermo il racconto dei tre incontri fatto in quest'aula; confermo le dichiarazioni rese al dottor Maurizio Romanelli e, per quanto riguarda la paura, di non aver fatto il nome di Luca Rajola Pescarini perché era venuta a mancare la fiducia nei confronti della magistratura, per cui non ho ritenuto di fare i nomi dei servizi segreti. Infatti, nella stessa intervista a Famiglia Cristiana, dell'ottobre 2000, ho ribadito che non intendevo farlo.

PRESIDENTE. Lei ci coglie alla sprovvista, ma dobbiamo individuare il verbale delle dichiarazioni rese in Corte d'assise dal signor Giampiero Sebri. Mentre gli uffici provvedono, signor Sebri, le chiedo: con riferimento al primo incontro, il richiamo ai servizi, e cioè al fatto che Marocchino si sarebbe lamentato dei servizi, è una circostanza che possiamo assumere come effettiva o no?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Allora la versione definitiva - allo stato dei suoi ricordi - che consegna alla Commissione è che fin dal primo incontro, al quale partecipò Spada, il signor Marocchino si lamentò, davanti a lei, del comportamento dei servizi rispetto ai fatti della Somalia.
Sempre con riferimento al primo incontro, in esso fu fatto richiamo ad una giornalista che dava fastidio e che era legata ad una persona dei servizi?

GIAMPIERO SEBRI. Nel primo incontro con Spada?

PRESIDENTE. Sì.

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. A quanto lei ricorda nella data odierna, questa circostanza non fece parte dei colloqui svoltisi nel corso del primo incontro.

GIAMPIERO SEBRI. Sto parlando del primo.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda il secondo incontro, al quale parteciparono, oltre a lei, Rajola Pescarini e il terzo uomo, si trattò di un incontro nel quale si parlò... in che epoca siamo?

GIAMPIERO SEBRI. Autunno 1993.

PRESIDENTE. Si parlò della giornalista che «rompeva le scatole»?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Questo sarebbe l'incontro nel quale Marocchino e Rajola litigavano e lei non si capisce perché fosse presente ma era stato convocato da Maggi.

GIAMPIERO SEBRI. Sì, si disse che rompeva le scatole e che c'erano uomini del suo gruppo che stavano remando contro, eccetera.

PRESIDENTE. In questa seconda circostanza ci fu da parte di Marocchino la rimostranza nei confronti dei servizi, a cagione delle difficoltà economiche nelle quali si era imbattuto?


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GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. In questo incontro, il signor Rajola Pescarini assicurò che tutto sarebbe andato a posto?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Al terzo incontro partecipano, oltre a lei, Pescarini e l'uomo. Questo è l'unico incontro nel quale le viene detto che la giornalista della quale si era parlato nel primo e nel secondo incontro era stata finalmente eliminata?

GIAMPIERO SEBRI. «Sistemata».

PRESIDENTE. «Abbiamo risolto il problema della giornalista comunista». Siamo d'accordo su questo?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Le frasi sono due: «abbiamo risolto il problema della giornalista comunista» e «abbiamo sistemato anche quella giornalista comunista». Il senso è lo stesso.

GIAMPIERO SEBRI. Non vorrei fare confusione. Su questo si andò avanti per un quarto d'ora: «abbiamo» oppure «è stata».

PRESIDENTE. A noi risulta «abbiamo risolto» o «abbiamo sistemato».

GIAMPIERO SEBRI. «Sistemato».

PRESIDENTE. Conferma o smentisce che in uno di questi tre incontri, quando si è parlato della giornalista comunista da sistemare o sistemata, si fece talvolta riferimento ad Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. Non fu mai fatto il nome di Ilaria Alpi.

PRESIDENTE. E allora come mai ha reso quella dichiarazione?

GIAMPIERO SEBRI. Nei mesi precedenti il terzo incontro, in cui erano presenti Luca Rajola Pescarini e il terzo uomo - non ricordo esattamente la data - erano stati assassinati Hrovatin e Alpi, per cui io pensai a lei.

PRESIDENTE. Quindi, fu una sua deduzione.

GIAMPIERO SEBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Quindi di Luca Rajola Pescarini, persona che pronunciò quelle parole a proposito della «giornalista comunista», lei fa menzione solo con Torrealta per le due ragioni che ha indicato.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Poi faremo le nostre valutazioni. Ha altro da dire alla Commissione sui rapporti che ha avuto con Rajola e con Marocchino o su consapevolezze che lei ha maturato successivamente a questi incontri, anche in tempi più o meno recenti? Se lei può aiutare la Commissione, noi saremo felici di raccogliere il suo contributo, però non ci dica cose contraddittorie come ha fatto fino ad ora.
Sulla frase «abbiamo sistemato la giornalista comunista» lei è andato un po' a fondo? Ha fatto qualche accertamento o indagine? Se sì, con chi ha parlato?

GIAMPIERO SEBRI. No. Ne ho parlato vagamente con i miei legali.

PRESIDENTE. Si è mai incontrato con Rajola in tribunale?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, qua a Roma. Abbiamo fatto anche un confronto.

PRESIDENTE. Vi siete parlati fuori dall'aula?

GIAMPIERO SEBRI. No, nel modo più assoluto.

PRESIDENTE. E con Marocchino?


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GIAMPIERO SEBRI. Nemmeno. Ci siamo incontrati nel corridoio.

PRESIDENTE. Ha più visto il terzo uomo?

GIAMPIERO SEBRI. No, non l'ho più rivisto.

PRESIDENTE. Quindi circa la mia domanda iniziale, cioè se ebbe conoscenza, durante il primo incontro, che Rajola Pescarini era uomo del SISMI, ora che ha riveduto la sua posizione, mi deve dire che in effetti lo aveva appreso dal primo incontro.

GIAMPIERO SEBRI. Credo proprio di sì.
Circa le mie considerazioni personali, per quanto riguarda Giancarlo Marocchino, lei più volte mi ha ripetuto di riferire i fatti ed io vorrei precisare che ho vissuto i fatti personalmente e non li conosco per sentito dire. Il ruolo di Giancarlo Marocchino in Somalia, quello che faceva o doveva fare era lo stesso lavoro...

PRESIDENTE. ... che lei faceva in Italia.

GIAMPIERO SEBRI. No, che io facevo in Repubblica dominicana e in Haiti. Le dico di più: quando parlo di «controllore della situazione» parlo della stessa cosa che facevo in Repubblica dominicana. Se io lì venivo a conoscenza del fatto che alcuni giornalisti, o una giornalista, stavano facendo un'inchiesta in modo approfondito avendo addirittura canali privilegiati, l'unica cosa che facevo era quello che ha fatto Marocchino, cioè trasmettevo la notizia «attenzione che ci sono dei giornalisti che stanno facendo un'inchiesta», come un postino. Facevo così la stessa cosa che faceva Marocchino, cioè trasmettevo le informazioni.

PRESIDENTE. A chi le trasmetteva?

GIAMPIERO SEBRI. Sopra di me c'era Luciano Spada e poi il capo assoluto - almeno quello a mia conoscenza - era Nicholas Bizzio.

PRESIDENTE. I quali avevano rapporti con i servizi?

GIAMPIERO SEBRI. Questo non...

PRESIDENTE. Il rapporto di Marocchino è con i servizi.

GIAMPIERO SEBRI. Questo non lo so. Quando la Repubblica dominicana disse «no» allo scarico, io ebbi rapporto con i servizi dominicani.

PRESIDENTE. Erano servizi veri?

GIAMPIERO SEBRI. Erano servizi veri, tanto che le riunioni avvenivano in ambasciata dominicana a Port au Prince.

PRESIDENTE. Erano servizi che sistemavano le persone come è stata sistemata Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. No. Io ho avuto contatti con persone dei servizi del Governo dominicano, alcune in pensione ed altre no.

PRESIDENTE. Quindi lei vuole dire che Marocchino non poteva non avere rapporti con i servizi.

GIAMPIERO SEBRI. Per un fatto molto semplice: dire che parte da Gioia Tauro una nave con un carico di rifiuti tossici o di armi e la mafia non sappia nulla, sarebbe una barzelletta. È come se io trasportassi 10-12 mila tonnellate di rifiuti in Haiti e, dopo avere fatto le mie visite di cortesia, non ci fossero complicità, eccetera. Dato che io ho vissuto personalmente questa situazione, posso dire che la stessa cosa ha fatto Giancarlo Marocchino.

PRESIDENTE. Dalla considerazione al fatto: rispondendo a questa domanda, lei può dire se dagli incontri che ha avuto con


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Giancarlo Marocchino e con Rajola le risulti, per quello che è stato detto, che Marocchino, avendo a che fare con una giornalista che rompeva le scatole e che quindi bisognava mettere a posto, abbia rappresentato questa sua esigenza a Rajola Pescarini?

GIAMPIERO SEBRI. Credo di sì. Faccio la seguente considerazione: non credo che un responsabile dei servizi non sia a conoscenza di cosa accade, anche a 300 chilometri, in Somalia, all'interno di una determinata area. È come se io fossi in Repubblica dominicana e non sapessi cosa succede. Infatti, quando ho letto ciò che ha dichiarato il signor Luca Rajola Pescarini ad una commissione, ho preso carta e penna e, non essendo un militare e quindi non conoscendo le situazioni militari in Somalia, sono stato aiutato da un militare a scrivere una lettera a Luca Rajola Pescarini smentendo ciò che aveva dichiarato.

PRESIDENTE. È vero o non è vero che lei con le sue orecchie ha sentito - mi riferisco sempre ai tre incontri - Marocchino dire che c'era una giornalista che aveva delle carte datele da uno del gruppo di Rajola?

GIAMPIERO SEBRI. Che avesse delle carte non lo ricordo. È vero - questo lo ricordo molto bene - che Marocchino disse a Rajola che c'era una persona del gruppo di Rajola che stava dando delle dritte a una giornalista.

PRESIDENTE. È vero o non è vero che in uno di questi incontri Marocchino disse che questa giornalista rompeva le scatole?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. È vero o non è vero che Rajola Pescarini in uno di questi incontri, ovviamente dopo i fatti dei quali stiamo discutendo, disse «abbiamo» o «è stata sistemata la giornalista comunista»?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Questo è il perimetro entro il quale dobbiamo muoverci. Abbiamo Marocchino che si lamenta di quanto viene riferito ad una giornalista e abbiamo la risposta di Rajola Pescarini che, in sua presenza, dice «abbiamo sistemato la situazione». Queste sono le cose che ha sentito con le sue orecchie?

GIAMPIERO SEBRI. Sì. Aggiungo che nel secondo incontro in cui era presente solo Luca Rajola Pescarini con il suo uomo, il suo comportamento nei miei confronti è stato molto aggressivo, non nel senso materiale. Intendo dire che non era la persona tranquilla del primo incontro, ma diceva «tu che hai sempre fatto casini e hai quei precedenti, adesso non avrai mica paura...».

PRESIDENTE. Paura di...? Finisca la frase.

GIAMPIERO SEBRI. Di andare in Somalia. Adesso mi vengono in mente anche altre cose. Per esempio, frasi tipo «chi sgarra paga», dette da Pescarini (adesso non è che voglio fare il moralista) oppure «i politici devono fare i politici, i militari i militari»... Ogni tanto mi viene in mente qualcosa.

PRESIDENTE. Nella sua esperienza, che ha al suo attivo parecchie situazioni difficili e complicate, quello di un uomo dei servizi segreti militari che in presenza di una persona che non conosce, come era lei, fa questa confessione («abbiamo sistemato il problema della giornalista comunista») non sembra un atteggiamento un po' ingenuo, quindi non proprio in linea con quel tipo di scaltrezza che notoriamente cerchiamo di ricondurre agli uomini dei servizi segreti?

GIAMPIERO SEBRI. Se permette, questa era una domanda... cioè non questa, ma una volta il dottor Romanelli mi chiese - non c'entra nulla con il Rajola Pescarini -: «Per quale motivo il signor Nicholas Bizzio, persona molto potente, eccetera eccetera, telefona a lei, che non è né


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potente, né ricco, né ha conoscenze tali tipo Spada?». E io impiegai molto tempo a spiegargli che era un rapporto semplicemente di grande fiducia, niente altro. Anche perché, giustamente, il magistrato pensava anche ad altre cose: poteva essere, che so, uno che gli serviva per altri motivi.
Io stesso ho fatto delle riflessioni su quello che mi chiedeva: per quale motivo una persona così altolocata e con tanta esperienza, come lui ha descritto in diverse occasioni processuali Pescarini... Io credo una cosa molto semplice: perché (non so come dirlo) per far parte di quel gruppo lì non dico che facevano l'esame del sangue, ma quasi.

PRESIDENTE. Di quale gruppo?

GIAMPIERO SEBRI. Il gruppo di Nicholas Bizzio, Spada, eccetera. Allora: era un rapporto semplicemente di fiducia? Per quale motivo (adesso mi viene in mente un'altra cosa) Bizzio sull'affare Mozambico chiama Sebri? Perché chiama Sebri? Io non sono un killer, non ho mai ammazzato nessuno, non faccio parte di nessun gruppo mafioso, eccetera.

PRESIDENTE. Però non ha risposto alla mia domanda. A me pare un'ingenuità veramente sconcertante quella, però è successo.

GIAMPIERO SEBRI. Però è successo.

PRESIDENTE. Lei ha promesso qualcosa a Rajola Pescarini? Voglio dire, quando le fece il discorso della Somalia - io prima ho usato una parola grossa, «ingaggio», ho chiesto se cercava di ingaggiarla - forse le ha detto o le ha fatto comprendere che lui si sarebbe potuto interessare - tra l'altro, lei si occupava di rifiuti tossici e radioattivi - per una sua possibile applicazione in Somalia?

GIAMPIERO SEBRI. No, cosa faceva esattamente in Somalia non me lo ha detto. L'unica cosa che mi diceva è che molti miei problemi venivano sistemati.

PRESIDENTE. Cioè, Rajola Pescarini avrebbe sistemato i suoi problemi?

GIAMPIERO SEBRI. Che lì molti problemi erano sistemati. Non so se ve l'ho detto prima, ma Luca Rajola Pescarini era a conoscenza della mia vita, addirittura di cose vecchie.

PRESIDENTE. Praticamente, la ricattava.

GIAMPIERO SEBRI. No, non è che lui mi ha detto «fai così, oppure...», anzi.

PRESIDENTE. Però le ha detto cose della sua vita trascorsa, che non erano «rose e fiori», da quello che lei stesso ha voluto dichiarare contestualmente all'affermazione del suo ritorno sulla retta via. Erano cose piuttosto gravi.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. E Rajola gliele ha ricordate. Non dico contestate, gliele ha ricordate.

GIAMPIERO SEBRI. Me le ha semplicemente ricordate, ma non è che mi ha ricattato, che mi ha detto «fai così, oppure...». No, mi ha detto semplicemente... Certo che alcune affermazioni, come, ripeto, «chi sgarra paga», mi sembravano....

PRESIDENTE. Una minaccia.

GIAMPIERO SEBRI. Non una minaccia.

PRESIDENTE. Una intimidazione.

GIAMPIERO SEBRI. Non erano... Se me le faceva il mezzo mafiosetto era una cosa, se me le fa Luca Pescarini è un'altra. Era una cosa che mi suonava male.

PRESIDENTE. Ormai abbiamo acquisito che lei lo vedeva come una persona dei servizi di sicurezza e nella quale, quindi, non poteva pensare di ravvisare gli estremi del mafioso, tanto per intenderci.


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GIAMPIERO SEBRI. No, per l'amor di Dio!

PRESIDENTE. D'accordo. Adesso passiamo ad un altro argomento, che è quello sul quale ci siamo fermati la volta scorsa.
Riparto da una sua dichiarazione resa il 14 ottobre scorso. La mia domanda era stata: «Qual è stata la ragione per la quale è cominciata la corrispondenza con Garelli?». Lei risponde: «Fu una cosa molto semplice. Lui scriveva già a dei giornalisti di Famiglia Cristiana, se non sbaglio, ed io stesso chiesi se fosse possibile scrivere a Garelli, entrare in contatto con lui. Dico di più: chiesi addirittura di incontrarlo». Domanda del presidente: «Chiese a chi». «Chiesi ai giornalisti di Famiglia Cristiana di incontrare Garelli».
Gliel'ho già detto l'altra volta, ma dobbiamo ripartire e quindi è bene riaffermare questo dato: fino ad un certo momento, lei non ha saputo chi fosse Garelli.

GIAMPIERO SEBRI. Esatto.

PRESIDENTE. Quando ha saputo dell'esistenza di Garelli e da chi?

GIAMPIERO SEBRI. Se non erro, credo durante gli interrogatori con Romanelli. Ma non vorrei sbagliarmi se conoscevo o non conoscevo questo Garelli.

PRESIDENTE. Gli interrogatori con Romanelli sulla questione Garelli non è che si siano particolarmente soffermati, almeno per la parte che riguarda lei. Forse le ha fatto una domanda.

GIAMPIERO SEBRI. Credo che io che Garelli era in galera.... Cioè, che era in galera non lo sapevo nemmeno. Però credo - non ne sono sicuro - che Romanelli mi chiese se conoscevo Garelli.

PRESIDENTE. Ammettiamo - non ci sarebbe niente di strano - che Romanelli le abbia chiesto se conosceva Garelli. Lei, naturalmente, gli avrà risposto «non lo conosco», perché non lo conosceva.

GIAMPIERO SEBRI. Esatto. Non lo avevo mai incontrato.

PRESIDENTE. Siamo nel 1997-98, quando lei parla con Romanelli. Quindi possiamo delimitare il tempo: il primo contatto epistolare con Garelli in che anno lo ha, nel 2000?

GIAMPIERO SEBRI. Se permette, mi sono portato le lettere...

PRESIDENTE. Se ha anche la busta, sì, perché noi non abbiamo trovato... Che bello!

GIAMPIERO SEBRI. Ce ne sono anche di più belle, ma posso darle tutto.
Quando lei mi chiedeva dei nomi...

PRESIDENTE. Raggio... sì.

GIAMPIERO SEBRI. Mi sono venuti in mente Raggio, Berlusconi, ma poi ce ne sono anche altri.

PRESIDENTE. Leonardo Di Donna, Massimo De Carolis, Tradati, Spada, Raggio, Banca del Gottardo... va bene.

GIAMPIERO SEBRI. Queste sono tutte le lettere. Purtroppo non sono in ordine, però le posso assicurare che questa è tutta la mia corrispondenza di Garelli. Tutta.

PRESIDENTE. Il primo contatto quando avviene?

GIAMPIERO SEBRI. Prendo una lettera. Credo - non so se ce n'è una precedente - 19 dicembre 2000.

PRESIDENTE. Anche a me risulta 19 dicembre 2000, però questa è la risposta.

GIAMPIERO SEBRI. Questa è la lettera che mi ha mandato lui.

PRESIDENTE. Quindi, il primo contatto dovrebbe essere...

GIAMPIERO SEBRI. Credo.


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PRESIDENTE. «Ho letto con molta attenzione la sua lunga lettera...», dicembre 2000: quindi lei gli ha scritto nel 2000.

GIAMPIERO SEBRI. E queste sono tutte le mie risposte con tutte le buste. 19 settembre 2001...

PRESIDENTE. No, questa è dopo. Faccia con calma.
Guardi, gliela do io la prima, ma con la particolarità che soltanto in questo momento parzialmente possiamo recuperare, perché questa lettera è senza data. «Le scrivo questa lettera perché ritengo che lei sia semplicemente una vittima di un ingranaggio molto grande». Lei scrive a Garelli. Questa è la prima lettera?

GIAMPIERO SEBRI. Credo di sì.

PRESIDENTE. Quanto tempo dopo rispetto alla spedizione di questa lettera lei ha ricevuto la risposta? Quanto tempo è passato: cinque, sei mesi?

GIAMPIERO SEBRI. No, molto prima.

PRESIDENTE. Diciamo dall'autunno.

GIAMPIERO SEBRI. Non lo so, ma penso di sì.

PRESIDENTE. Nell'autunno, diciamo così, convenzionalmente, senza precisione matematica. Possiamo dire che lei viene interrogato nel 1997 da Romanelli, il quale la interroga sulla conoscenza o meno di Garelli da parte sua, e lei risponde negativamente. Passano 1998, 1999 e 2000: diciamo due anni e mezzo, perché nell'autunno del 2000 lei scrive. Sono tempi abbastanza recenti per cui penso che lei, con la memoria che già ha dimostrato di avere, possa rammentare. Dunque, le chiedo: quando sente parlare per la prima volta di Garelli in guisa da determinarsi ad istituire un contatto con lui, da chi sente parlare di Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Le ripeto. Credo che la prima volta sia stato da Romanelli. In seguito ne ho sentito parlare... non ricordo: penso da uno di quei giornalisti. Credo.
Anzi, le dico di più. Vediamo se le ho qua... eccole. Vede queste lettere? Non sono indirizzate a me. Ho portato tutta la documentazione che ho.

PRESIDENTE. Però questa è del 2001. Del 2001 parleremo dopo; intanto ci interessa il prima. Vediamo se riesco a darle una mano: se lei scrive a Garelli la prima lettera - quella che è in nostro possesso -, nell'autunno del 2000, sente parlare del Garelli nei termini che ci interessano in questa sede e, comunque, come persona con la quale vuole istituire un rapporto nello stesso 2000 o nel 1999?

GIAMPIERO SEBRI. Credo nel 1999. Ma non sono sicuro sulle date.

PRESIDENTE. Quindi lei aspetta ad esempio dieci mesi, se fosse stato fine 1999, prima di scrivere a Garelli, perché scrive nell'ottobre 2000 (ma potrebbe essere anche settembre o giugno). Passa del tempo tra quando lei conosce l'esistenza di Garelli e matura il suo interesse a contattarlo. Quindi, questo è il periodo in cui ha cognizione dell'esistenza di un Garelli; questa cognizione le viene data dai giornalisti di Famiglia Cristiana...

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Come le danno questa comunicazione, questa indicazione?

GIAMPIERO SEBRI. Semplicemente vengo a sapere che Guido Garelli è in carcere a Ivrea.

PRESIDENTE. Lei conosceva già i giornalisti di Famiglia Cristiana oppure no?

GIAMPIERO SEBRI. I giornalisti di Famiglia Cristiana li conoscevo già, perché quell'appuntamento con Di Stefano sicuramente è avvenuto prima.


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PRESIDENTE. Quando avvenne l'appuntamento con Di Stefano lo ricorda? Sempre nel 2000 o nel 1999?

GIAMPIERO SEBRI. Nel 1999.

PRESIDENTE. E perché Di Stefano le procura l'incontro con i giornalisti di Famiglia Cristiana?

GIAMPIERO SEBRI. Perché io chiesi a Di Stefano di incontrare dei giornalisti, anzi gli chiesi di darmi una mano per pubblicare le notizie e lui mi presentò...

PRESIDENTE. Sui rifiuti?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. E il discorso su Ilaria Alpi quando viene fuori? Viene fuori nell'incontro con i giornalisti procuratogli da Di Stefano o successivamente?

GIAMPIERO SEBRI. Successivamente.

PRESIDENTE. Per opera di chi viene fuori il discorso su Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. Non è che viene fuori il discorso di Ilaria Alpi, viene...

PRESIDENTE. La volta scorsa lei ha detto di aver voluto prendere contatto con Garelli per parlargli di Ilaria Alpi.

GIAMPIERO SEBRI. Ah sì, non avevo capito la domanda.

PRESIDENTE. Quindi, chi le ha detto del problema di Ilaria Alpi e del collegamento con Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Non ricordo se l'ho già detto l'altra volta: io ho chiesto ai giornalisti di Famiglia Cristiana come era possibile scrivere a Garelli, perché - le ripeto - il mio obiettivo era di convincere Garelli a dare una collaborazione in merito alla vicenda di Ilaria Alpi.

PRESIDENTE. Ma io le ho fatto un'altra domanda: lei ha avuto un incontro con i giornalisti di Famiglia Cristiana, procuratole dal giornalista Di Stefano, perché voleva parlare con loro per una esposizione giornalistica dei fatti sui quali si era incontrato con Romanelli.

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Dopo di che, come viene fuori il discorso di Ilaria Alpi e poi la sua consapevolezza che si sarebbe potuto mettere in contatto con Garelli, perché proprio Garelli era la persona che poteva essere in grado di dare notizie su Ilaria Alpi? Chi glielo ha detto questo?

GIAMPIERO SEBRI. Perché io sapevo che Garelli ha fatto parte dell'operazione Urano.

PRESIDENTE. Cosa c'entra l'operazione Urano con Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. L'operazione Urano c'entra nel momento in cui vengono scaricati dei rifiuti in Somalia.

PRESIDENTE. Questo cosa c'entra con Ilaria Alpi come persona sulla quale il signor Garelli poteva avere notizie utili? Non ci interessa Urano: ci interessa Ilaria Alpi.

GIAMPIERO SEBRI. Non lo so, è una mia deduzione.

PRESIDENTE. No, non può essere una deduzione. Non ci si mette in contatto con uno che sta in galera da quindici anni nella consapevolezza di poter avere notizie e di convincerlo a dare notizie su Ilaria Alpi!

GIAMPIERO SEBRI. Dato che Garelli ha fatto parte dell'operazione Urano e tali rifiuti sono andati a finire in Somalia, essendo Garelli - il quale, fra parentesi, era a conoscenza di tutta quanta la mia situazione e di come stavano andando le cose; non so chi gli forniva tutte queste


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notizie - trafficante di rifiuti, io credo che egli sia ha conoscenza, infatti me lo scrive pure...

PRESIDENTE. Dopo, glielo scrive.

GIAMPIERO SEBRI. Esatto.

PRESIDENTE. A me non interessa il dopo. Sul dopo sono tranquillo, perché abbiamo le lettere: non abbiamo problemi. Noi vogliamo il suo contributo di chiarificazione rispetto a questa strana, straordinaria circostanza che lei, fra tutti i detenuti italiani, va cercando Garelli perché ritiene che possa dare indicazioni su Ilaria Alpi. Chi le ha detto che poteva essere data indicazione da Garelli sulla uccisione di Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. Ripeto. Primo, riconfermo i tre incontri - chiamiamoli così - avuti a Milano.

PRESIDENTE. Si riferisce a Marocchino e compagni?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente. E dato che Garelli è una persona che ha trattato rifiuti tossici nocivi o radioattivi, che sono andati a finire in Somalia, la mia deduzione è che Garelli sia a conoscenza...

PRESIDENTE. Ma Garelli stava in galera, e da parecchi anni, come poteva sapere? E, soprattutto, come poteva sapere lei che Garelli sapeva? Il discorso su Urano e sul traffico di rifiuti tossici nocivi o radioattivi è un discorso, come giustamente lei ha detto prima, generalizzato. Lei stesso faceva lo stesso traffico e aveva gli stessi referenti, sia pure di diversi paesi, facenti capo ai servizi.

GIAMPIERO SEBRI. È una mia deduzione.

PRESIDENTE. No, non è una sua deduzione. Lei deve ricordare, deve ricostruire con precisione questo passaggio. Peraltro, si può avvalere della facoltà di non rispondere.

GIAMPIERO SEBRI. Lo so, ma sto pensando. Ho capito la sua domanda: come mai collego Garelli con...

PRESIDENTE. Anche perché lei è a conoscenza di una cosa che non conoscevamo nemmeno noi e abbiamo saputo da lei, per cui la ringraziamo per questo contributo probatorio. Lui scriveva già a dei giornalisti di Famiglia Cristiana.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Quindi, quando decide di prendere contatto, lei sa - ci dovrebbe dire da chi - che Garelli era in contatto con i giornalisti di Famiglia Cristiana.

GIAMPIERO SEBRI. Perché me lo dicevano i giornalisti di Famiglia Cristiana.

PRESIDENTE. Vada avanti.

GIAMPIERO SEBRI. Perché i giornalisti di Famiglia Cristiana mi riferivano quello che lei mi ha chiesto.

PRESIDENTE. E le riferivano anche che Garelli era in grado di dare dei contributi probatori?

GIAMPIERO SEBRI. Probatori: non ho mai sentito questa parola.

PRESIDENTE. Insomma, di informazioni.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Quindi questa è la ragione per la quale lei si mette in contatto con Garelli.

GIAMPIERO SEBRI. Ma la ragione principale era...

PRESIDENTE. Con dietro le spalle Urano.

GIAMPIERO SEBRI. Ok, ma la mia ragione principale era di chiedere - e sta scritto in queste lettere - una collaborazione


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di Garelli ed alcune precisazioni. Infatti, tra parentesi, molte cose lui le conferma.

PRESIDENTE. Quindi, possiamo acquisire a verbale che lei della esistenza del rapporto epistolare tra Garelli e i giornalisti di Famiglia Cristiana viene a conoscenza dagli stessi giornalisti, i quali la mettono anche a conoscenza del fatto che il signor Garelli, per essere stato, per di più, l'organizzatore dell'operazione Urano, poteva essere a conoscenza di informazioni relative alla vicenda di Ilaria e Miran Hrovatin.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Adesso un'altra cosa.

GIAMPIERO SEBRI. Queste non servono più, le posso mettere via.

PRESIDENTE. No, servono tutte. Dunque, sempre nelle dichiarazioni che ha reso la volta scorsa, lei ha affermato che la corrispondenza tra lei e il signor Garelli...

GIAMPIERO SEBRI. Avveniva per posta.

PRESIDENTE. Vede che lo sa. Lei non ha mai incontrato Garelli in carcere?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Avveniva per posta. Invece: «Le consegno questa lettera» - questo è il post scriptum della lettera che lei scrive a Garelli - «attraverso Luciano Scalettari, persona di cui godo grande stima» (significa: nutro grande stima) «e correttezza del suo lavoro»; quindi, mi pare che lei sia stato documentalmente smentito da se stesso, perché il documento è il suo.

GIAMPIERO SEBRI. Ma non me ne ricordavo più.

PRESIDENTE. Vogliamo dire bene come sono andate le cose? Insieme a questa, le potrei citare la corrispondenza che tra poco esamineremo, e che è in suo possesso, da cui risulta il percorso contrario, cioè di corrispondenza che le proviene da Garelli attraverso i giornalisti di Famiglia Cristiana.

GIAMPIERO SEBRI. No, no.

PRESIDENTE. Ci parli di questa cosa.

GIAMPIERO SEBRI. Chiariamo una cosa, presidente. Se è scritto lì è vero.

PRESIDENTE. Può darsi anche che non sia vero, che Luciano Scalettari non abbia fatto da tramite. Può darsi anche questo.

GIAMPIERO SEBRI. Se è scritto, è vero, ma non me ne ricordavo.

PRESIDENTE. Può darsi che sia scritto così ma che, poi, non sia accaduto nella realtà.

GIAMPIERO SEBRI. Sinceramente, non mi ricordo. L'altra volta, se non sbaglio, le ho detto che feci consegnare da Scalettari un libro. Nient'altro, tutto qui.

PRESIDENTE. È avvenuto altre volte o questa è l'unica volta? Ci pensi bene.

GIAMPIERO SEBRI. Avvocato, non mi ricordo. Può essere anche più di una, ma sinceramente non mi ricordo. Una cosa è certa: che la maggior parte è andata via posta. Meno male che non le ho buttate.

PRESIDENTE. «Purtroppo questi tempi sono passati. Oggi la persona che consideravi tuo amico in affari e non è il primo che non solo non ti riconosce come tale, ma ti butta fango addosso per screditarti come persona. Signor Garelli, non pensi che le scrivo perché qualcuno me lo abbia suggerito oppure che io voglia dare consigli a lei, penso solamente che lei stia pagando un debito anche per altri».


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Lei non ha avuto mai nessuna interlocuzione precedente a questa lettera, che assumiamo essere la prima che lei abbia scritto a Garelli? Perché sente l'esigenza di precisare «non pensi che qualcuno mi abbia suggerito oppure che io voglia dare consigli»? Perché fa questa puntualizzazione? Noi domani sentiremo Garelli, per cui, eventualmente, faremo un confronto, ma intanto vediamo di chiarire le cose. Lei capisce che, con una vecchia formula, noi diciamo excusatio non petita, accusatio manifesta.

GIAMPIERO SEBRI. Non ho capito niente.

PRESIDENTE. Quando uno dà una scusante senza che gliela si chieda, vuol dire che ha la coda di paglia (tradotto in italiano più o meno volgare). Allora, noi troviamo questa frase.

GIAMPIERO SEBRI. Sinceramente, non so perché. Per cercare di dimostrare a Garelli che ero solamente io e basta e che non avevo nessun suggeritore dietro. Non ci sono altre motivazioni.

PRESIDENTE. Anche perché si trattava di una lettera che lei faceva avere per il tramite di altre persone, quindi voleva fugare ogni dubbio sulla sua autonomia?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, anche perché poi, alla fine, come lei avrà letto, visto che ha tutte queste lettere, Garelli considera i giornalisti... poi c'è un po' il doppiogiochista, da una parte diceva che i «furbini» erano loro, dall'altra diceva che il «furbino» ero io. Faceva un po' questi strani giochi.

PRESIDENTE. Poi prosegue: «Lei, da persona intelligente, sa che se Craxi e Pillitteri mantenevano i patti, soprattutto finanziari, non succedeva tutto quello che è successo. Lei sa che Mancinelli, malato, chiese aiuto anche finanziario». Ci vuol dire che senso ha questo riferimento al fatto che Craxi e Pillitteri non abbiano mantenuto i patti? A quali patti si riferisce, cosa vuol dire a Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Quando io dico «mantenere i patti» era molto semplice. Come lei sicuramente saprà, facendo riferimento a quando alcuni suoi uomini sono andati a Milano e sono andati da Pillitteri e Pillitteri un po' gli diede... poi forse li fece arrestare, adesso non mi ricordo più.

PRESIDENTE. I «suoi uomini» di chi?

GIAMPIERO SEBRI. Alcuni somali arrivarono a Milano...

PRESIDENTE. Ah, somali. Alcuni somali arrivarono a Milano...?

GIAMPIERO SEBRI. Arrivarono a Milano per chiedere dei soldi che gli dovevano.

PRESIDENTE. A chi, a Craxi, a Pillitteri o a tutti e due?

GIAMPIERO SEBRI. A Pillitteri. Mantenere i patti significa...

PRESIDENTE. Craxi e Pillitteri.

GIAMPIERO SEBRI. Sì, Craxi e Pillitteri, anche perché... lasciamo da parte le mie considerazioni personali. Allora: se io stabilisco un patto con una persona o con un gruppo di persone, questi patti li devo mantenere, se no metto in difficoltà quella persona.

PRESIDENTE. Abbiamo capito, ma che patti erano? È lei che parla in questa lettera.

GIAMPIERO SEBRI. È sempre la stessa cosa.

PRESIDENTE. Come «è sempre la stessa cosa»? È lei che deve dire, se vuol dire. Attenzione: questi sono fatti che


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riguardano la responsabilità altrui; Pillitteri è ancora vivente, quindi lei qua ha la qualità di testimone.

GIAMPIERO SEBRI. Meno male che è vivente! ...è una battuta.

PRESIDENTE. Noi vogliamo chiarire e non abbiamo rispetti umani, né politici per alcuno. Se lei è in grado di scaricare tutto quello che può scaricare, stiamo qui per raccogliere.

GIAMPIERO SEBRI. Il signor Bettino Craxi non l'ho mai incontrato, anche se forse l'altra volta ho detto che in una riunione o due con Spada, in piazza Duomo 19, era presente Pillitteri. Mantenere i patti significa che se Pillitteri a un certo punto si mise in testa di fare e di agire per conto suo e poi non ha rispettato i patti, nel senso che doveva... patti economici, presidente.

PRESIDENTE. Che si tratta di soldi si capisce; su questo non c'è dubbio. Il patto è fatto da due persone: Pillitteri e Craxi con chi avevano fatto il patto che non hanno osservato?

GIAMPIERO SEBRI. Questa è una bella domanda!

PRESIDENTE. Questo Mancinelli chi è? «Mancinelli che, malato, chiese aiuto, anche finanziario» e non fu aiutato da Pillitteri.

GIAMPIERO SEBRI. Se mi ricordo bene, faceva parte della Somitfish, come si chiamava. Shifco prima Somitfish...

PRESIDENTE. Parli bene, perché questo è importante. Cosa centra la Shifco adesso?

GIAMPIERO SEBRI. Somitfish, che poi diventò Shifco, era un gruppo di sei o sette navi che furono donate al governo somalo.

PRESIDENTE. Allora, che sono questi patti? Vogliamo saperlo, anche se tutto è prescritto.

GIAMPIERO SEBRI. Io faccio due considerazioni, presidente.

PRESIDENTE. Stia tranquillo che se lei fa delle dichiarazioni che accusano qualcuno, oggi non sono più utili. Ma noi vogliamo sapere, perché non siamo soltanto autorità giudiziaria, ma siamo anche una Commissione parlamentare d'inchiesta; anzi questo prima di tutto. Quindi, lei sappia che chiunque accusi in questo momento, non risponderà di niente, perché è tutto prescritto. Dal 1989 al 2004 è tutto prescritto.
Giustamente il suo avvocato sta osservando che la diffamazione sarebbe di oggi, ma basta dire la verità che non si diffama.

GIAMPIERO SEBRI. Patti per quanto riguarda i traffici della cooperazione, nel senso che...

PRESIDENTE. Insomma, il patto Craxi- Pillitteri con chi era?

GIAMPIERO SEBRI. In quel momento c'era Siad Barre, se non sbaglio.

PRESIDENTE. Nel 1989 c'era Siad Barre, sì.

GIAMPIERO SEBRI. Siad Barre era un ottimo amico di Craxi in persona e lei saprà sicuramente più di me che molti appalti arrivarono in Somalia; appalti da 70-80 milioni di dollari per cattedrali nel deserto oppure, addirittura, fabbriche di medicinali mai eseguite. Oppure, anche aiuti interni alla Somalia per quanto riguarda polizia, eccetera. Allora, della cooperazione, nel momento in cui i patti... io non so come definirla, chiamiamola divisione della torta...

PRESIDENTE. La chiami secondo quella che è la realtà corrispondente al vero. Divisione della torta in che senso? Tangenti?

GIAMPIERO SEBRI. Più o meno.

PRESIDENTE. O più, o meno.


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GIAMPIERO SEBRI. Le faccio un esempio pratico, che ho vissuto io personalmente. Nella Repubblica Dominicana - il disco è sempre lo stesso - c'era il problema dei rifiuti, come in tutti i paesi poveri: vengono bruciati per non provocare malattie. Lei pensi che in Repubblica Dominicana tredici-quindici anni fa mancavano la luce e l'acqua e c'era al potere Balager (prima ancora c'era Peña Gomez): al momento delle elezioni arrivò il dottor Vitetta, segretario particolare, secondo me, addirittura di Tognoli, che aveva un ufficio in zona San Vittore, a fare campagna elettorale per il PRD, che pare a noi un partito socialista, con un contributo di due o tre milioni di dollari per costruire la metropolitana a Santo Domingo (che è una cosa ridicola in un paese dove manca la luce, manca tutto). Questi soldi, invece, finirono per la campagna elettorale. Anche lì, guarda caso, già si mise il primo puntino sui rifiuti. Arrivarono quindici-venti camion da una società di Magnago, dove, però, non funzionavano perché mancavano le pompe idrauliche. Allora: appalti. Faccio sempre l'esempio di una situazione che io ho vissuto in Repubblica Dominicana, dove, come lei saprà, anche se è un'isola manca il pesce, è tutto importato: arrivò la Food Impianti dell'ingegner Salerno, una società di Assago, per mettere in piedi una fantomatica ricerca sulla pesca; contributi, contributi e poi non fecero assolutamente nulla. Il giro è sempre lo stesso. Io credo che la stessa cosa - credo, anche perché non ci sono mai stato - forse in un modo molto più grande, tipo Dravotech di Assago, eccetera, fu fatta in Somalia.

PRESIDENTE. Ma non ha elementi concreti per dirlo?

GIAMPIERO SEBRI. No, non ho elementi concreti.

PRESIDENTE. Però lei qui fa riferimento ad un patto non osservato da Craxi e Pillitteri.

GIAMPIERO SEBRI. Io in un paese estero, chiaramente povero, a fare (anche se è sbagliato dirlo) uno scambio commerciale: tu mi dai il permesso per portare i rifiuti e io ti fornisco eccetera, eccetera. Ma poi i patti non vengono rispettati: i rifiuti vengono scaricati però tu non mi dai quello che mi devi. Se oltre a questo addirittura non paghi chi devi pagare... Chi devi pagare? Devi pagare - che so io - il clan, la tribù, l'omettino, eccetera eccetera...

PRESIDENTE. Perfetto. Quindi, Craxi e Pillitteri non avrebbero osservato questi patti.

GIAMPIERO SEBRI. No, no.

PRESIDENTE. E lei perché tutto questo lo dice a Garelli? Forse per ricostruirgli un po' la memoria?

GIAMPIERO SEBRI. La memoria.

PRESIDENTE. Ho capito. Perfetto, per sollecitargli la memoria. E ricorda chi era questo Mancinelli?

GIAMPIERO SEBRI. So che era un uomo della Somitfish-Shifco. Di queste navi della Comunità europea donate al governo somalo, eccetera eccetera, che credo avessero una funzione differente da quella che invece hanno svolto...

PRESIDENTE. L'ha saputo da?

GIAMPIERO SEBRI. L'ho saputo ai tempi di Spada.

PRESIDENTE. Da Spada.

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore. L'ho saputo ai tempi di Spada. Infatti... Ecco, scusi se ogni tanto faccio dei flash.

PRESIDENTE. Prego.

GIAMPIERO SEBRI. Un giorno Spada - ma non vorrei sbagliarmi - disse a me che lui doveva andare all'estero; io gli chiesi perché e lui mi rispose che una persona - non vorrei sbagliarmi nel dire


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che era Garelli - di Brindisi o cose del genere, era stata arrestata per fatti commessi molti anni prima, riguardanti addirittura la droga. Lui andò all'estero, credo in Svizzera. So, però, che in quel periodo fu perquisito l'ufficio di via Bagutta e un centro mussulmano, o roba del genere, non so se a Milano o Roma.

PRESIDENTE. «Mi permetto di farle alcune considerazioni: Pillitteri è ritornato nell'ufficio di piazza Duomo 19; Luca Rajola è diventato generale; Giancarlo Marocchino è ritornato in Africa; i suoi ex amici, escluso qualche infartuato, continuano a fare affari con i pescherecci. I pensionati dei servizi si stanno godendo quanto guadagnato in ville toscane e spagnole. I libici, se chiamati in causa, sono pronti a smentire qualsiasi coinvolgimento nel traffico di armi nel Nord Africa e in Somalia, ammettendo che nel periodo (...). Bizzio continua la sua ascesa nel mondo finanziario internazionale con titoli di credito e promissory notes, ricevendo pagamenti con bonifici bancari. I fratelli austriaci K, dopo il mezzo fallimento ATS, Liberia, Somalia, preferiscono trattare senza intermediazioni. Signor Garelli Guido, dove erano queste persone e le altre quando lei fu arrestato? Forse si sono assunte le loro responsabilità? Io credo che le abbiamo fatto promesse abbastanza forti di soldi e coperture per fare sì che non coinvolga i gruppi e i cosiddetti dirigenti, oppure è un ingenuo, che crede ancora di avere qualche Signorello in paradiso o qualche Conte a darle una mano».
Innanzi tutto le chiedo una cosa: tutte queste notizie su Garelli chi gliele ha date? Mi riferisco, cioè, a tutte queste persone, che praticamente avrebbero dovuto sentire il dovere di coprire Garelli e di salvarlo dall'arresto quando ciò è accaduto.

GIAMPIERO SEBRI. Vediamo se riesco a spiegarmi. Volevo far capire che lui, alla fine è un povero Cristo...

PRESIDENTE. Senta, i pensionati dei servizi chi sono?

GIAMPIERO SEBRI. Credo che si tratti di Pescarini.

PRESIDENTE. Pescarini? No, Luca Rajola Pescarini è diventato generale, è andato in pensione quest'anno. Sappiamo quando è andato in pensione. Luca Rajola è diventato generale, e questo lei lo dice (e quindi non si tratta di uno dei pensionati). È poi scritto: i pensionati, che stanno godendo quanto guadagnato in ville toscane o spagnole. Quindi, sono pensionati dei servizi che hanno ville toscane o spagnole. Chi sono queste persone?
Perché, vede, poi, nella risposta che le dà Garelli non è che c'è la contestazione (noi conosciamo le risposte) del vero rispetto alle circostanze che lei menziona in questa lettera. Può darsi anche che non abbia voluto rispondere, ma questo dimostra che lei qui evoca circostanze corrispondenti al vero. Allora, chi le ha dato tutte queste notizie? Io no. Chi gliele ha date?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Ha letto un libro su Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. No, non mi ricordo chi me le ha date.

PRESIDENTE. Ho capito, non si ricorda. Quando parla delle promesse che hanno fatto, abbastanza forti, in termini di soldi e coperture, per far sì che non coinvolga i gruppi e i cosiddetti dirigenti, a che cosa si riferisce? Che cosa sa di Garelli, a proposito di questi forti rapporti in termini di soldi e coperture?

GIAMPIERO SEBRI. Non so assolutamente nulla, questa è una mia considerazione. Non so assolutamente nulla di soldi o di coperture che ha fatto Garelli.

PRESIDENTE. Chi sono questi «fratelli austriaci K»?

GIAMPIERO SEBRI. Sa che non mi ricordo? Kuzin? Non mi ricordo.


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PRESIDENTE. E chi sono questi «Kuzin»?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Ma l'ha scritta lei questa lettera o gliel'hanno dettata, scusi?

GIAMPIERO SEBRI. No, l'ho scritta io.

PRESIDENTE. E no, perché lei non sa niente di quello che ha scritto! Quali sono i «libici pronti a smentire qualsiasi coinvolgimento nel traffico di armi nel nord Africa e in Somalia»? Chi sono questi libici?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Allora, i pensionati dei servizi lei non sa chi siano; i libici non sa chi siano; i fratelli austriaci K non sa chi siano; per quello che riguarda le promesse fatte a Garelli, lei non sa di che cosa si tratti.

GIAMPIERO SEBRI. Immagino che abbiano fatto delle promesse a Garelli.

PRESIDENTE. E questo «Signorello in paradiso» chi è?

GIAMPIERO SEBRI. «Signorello» nel senso del...

PRESIDENTE. È scritto con la S maiuscola: chi è?

GIAMPIERO SEBRI. Adesso non so se lo abbia fatto con la S maiuscola, dottore.

PRESIDENTE. E no. Poi è scritto: «o qualche Conte a darle una mano». Conte è scritto con la lettera maiuscola. Lei conosce il maiuscolo e il minuscolo. Chi è Conte?

GIAMPIERO SEBRI. «Conte» nel senso di conte o marchese.

PRESIDENTE. Ma no, guardi! Io ho capito chi è.

GIAMPIERO SEBRI. Io non lo so chi sia.

PRESIDENTE. Lei non lo sa chi sia, ma Signorello sappiamo che cosa ci evoca; e pure Conte ci evoca altre situazioni. Quindi, lei non sa se questi riferimenti a Signorello e a Conte siano o meno diretti a persone politicamente impegnate.

GIAMPIERO SEBRI. No, non lo so. Sto pensando che era meglio se non scrivevo nessuna lettera.

PRESIDENTE. «In pratica, come lei sa, se il rifiuto viene trattato in un certo modo (si ricorda la società francese che riempiva di cemento liquido i containers prima di essere interrati o messi in miniere esaurite), non provoca stragi con conseguenti morti e malattie? Se le armi seguono il loro canale di vendita senza forzature o scavallamenti di una parte interessata, se il gruppo politico si limita a controllare, non a impossessarsi dello Stato stesso, cioè che ognuno faccia il proprio lavoro nel proprio settore, che Pillitteri non giochi a battaglia navale o aerea, ognuno ha il suo guadagno pulito e anche in modo costante»: che significa questo? A che cosa si riferisce?

GIAMPIERO SEBRI. Significa che se ognuno fa il suo ruolo...

PRESIDENTE. E cioè?

GIAMPIERO SEBRI. Quello che sta scritto lì, significa.

PRESIDENTE. «Persone non professioniste» che cosa sarebbero? È scritto: «Ognuno ha il suo guadagno pulito e anche in modo costante. Lei sa che invece si è verificato tutto l'opposto. Persone non professioniste - politici italiani, con Craxi in testa - le quali facendo forzature volevano guadagnare troppo»: a chi si riferisce?

GIAMPIERO SEBRI. Mah...


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PRESIDENTE. Non lo sa? Leggo ancora: «Dove sono le persone che assicuravano piena copertura su qualsiasi cosa doveva succedere? Cosa hanno proposto i Servizi» - è scritto con la S maiuscola - «a qualche politico, a fronte di tale situazione?». Mi spiega?

GIAMPIERO SEBRI. Quello che ho detto lì.

PRESIDENTE. E no, voglio sapere che cosa significa. Qui c'è scritto: «Dove sono le persone che assicuravano piena copertura su qualsiasi cosa doveva succedere?»: a che cosa si riferisce? Quali sono queste persone che assicuravano piena copertura? Quando fa riferimento a quello che hanno proposto i servizi a qualche politico, a fronte di tale situazione, a chi si riferisce? A quale politico? A quali servizi? A quali persone dei servizi? A quale copertura?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo più nulla, dottore.

PRESIDENTE. Non sa più nulla! Andiamo un po' sullo specifico. Leggo: «Lei sa che organizzazioni umanitarie, quelle vere, si stavano interessando a tutto il problema della Somalia. Lei sa che i giornalisti avevano iniziato a scrivere, partendo dall'operazione Karim» - o, forse, è scritto «Karin» - B Deep Sea e, arrivando alla Shifco, avevano scoperto non solo la mala cooperazione, ma il traffico di armi con la stessa Italia. Lei sa che furono compiuti omicidi e assassinati Ilaria Alpi e Hrovatin».
Allora, veniamo alla domanda. È scritto: «Lei sa che organizzazioni umanitarie, quelle vere, si stavano interessando a tutto il problema della Somalia. Lei sa che i giornalisti avevano iniziato a scrivere». A quali giornalisti si riferisce? Ai suoi amici di Famiglia Cristiana?

GIAMPIERO SEBRI. Penso di sì.

PRESIDENTE. Leggo ancora: «partendo dall'operazione Karin B Deep Sea». Di che operazione si tratta? Sa che cos'è questa operazione?

GIAMPIERO SEBRI. Karin B Deep Sea sono le navi che continuavano a girare nei porti degli italiani.

PRESIDENTE. Che cos'è «l'operazione»? Qui c'è scritto un riferimento specifico: «operazione Karin B Deep Sea».

GIAMPIERO SEBRI. Non so, «operazione Karin B Deep Sea» o «affare Karin B Deep Sea»...

PRESIDENTE. Come? No, mi scusi, lei non mi può prendere per fesso, perché qui c'è scritta una cosa ben precisa. Lei fa richiamo ad una operazione che viene evocata perché ne avesse memoria o venisse sollecitata la memoria di Garelli.
Leggo ancora: «e arrivando alla Shifco avevano scoperto non solo la mala cooperazione, ma il traffico di armi con la stessa Italia». Che cos'è questa operazione?

GIAMPIERO SEBRI. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Ma come? Insomma, mi pare che la sua paternità di questa lettera sia assolutamente difficile da ricostruire.
Andiamo avanti: «il traffico di armi con la stessa Italia. Lei sa che furono compiuti omicidi e assassinati Ilaria Alpi e Hrovatin». Allora, quali sono gli omicidi compiuti, a parte l'assassinio di Ilaria Alpi e Hrovatin?

GIAMPIERO SEBRI. Allora, per quanto riguarda questa lettera, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

PRESIDENTE. Va bene. Leggo ancora: «per svolgere operazione di rifiuti e altro. Cioè, io ero il mandatario di tutta l'operazione»; poi «loro hanno scaricato senza che io non sapevo assolutamente nulla. Non solo, ma non hanno rispettato gli accordi intrapresi da me stesso con i personaggi locali. Bizzio, dopo la morte di Spada, fece con la Bowerk altra operazione in sud America, sempre non rispettando gli accordi, compresi quelli con i calabresi». Ecco, ci vuole dire che significa questa operazione?


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GIAMPIERO SEBRI. Dottore, non so se è l'ora o la mia stanchezza, eccetera eccetera. Io questa operazione l'ho già raccontata l'ultima volta. Per quanto riguarda le domande che lei mi ha posto... quante sono? Sette, otto, dieci o quindici, da quella sui libici a...

PRESIDENTE. Noi ne abbiamo trecento da fargliene!

GIAMPIERO SEBRI. Allora, per quanto riguarda questa lettera, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

PRESIDENTE. Io le faccio le domande, poi lei può non rispondere, ma questo è una altro discorso. Ad esempio, questo riferimento ai calabresi...

GIAMPIERO SEBRI. Dopodiché, quel che vorrei è che...

PRESIDENTE. Le domande le fa il presidente! E le fanno i commissari!

GIAMPIERO SEBRI. Va bene, ma...

PRESIDENTE. Lei ha detto che non vuol rispondere. E allora, io le faccio le domande, lei non risponda!

GIAMPIERO SEBRI. Va bene.

PRESIDENTE. Allora, sulla domanda relativa alle parole «compresi quelli con i calabresi» lei si avvale della facoltà di non rispondere. È così?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Andiamo avanti. Leggo: «Io non andavo dalla magistratura se l'operazione somala si concludeva senza omicidi e assassinii di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Signor Garelli, faccia chiarezza e sapendo che il pesce puzza sempre dalla testa, faccia assumere la responsabilità alle persone che lei conosce, facendo pagare con l'interesse le cambiali non pagate, almeno a livello morale. In caso contrario, chiedo umilmente scusa del suggerimento datole, sapendo però che lei non è una vittima dell'ingranaggio molto grande, ma ne è una parte stessa».
Veniamo alla domanda. Qui c'è scritto: «faccia chiarezza e sapendo che il pesce puzza sempre dalla testa, faccia assumere la responsabilità alle persone che lei conosce». Come fa lei a sapere che il signor Garelli conoscesse le persone responsabili dell'omicidio di Ilaria Alpi?

GIAMPIERO SEBRI. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

PRESIDENTE. E a chi avrebbe dovuto far «pagare con l'interesse le cambiali non pagate, almeno a livello morale»?

GIAMPIERO SEBRI. Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

PRESIDENTE. C'è un piccolo particolare: questo è un problema che riguarda la responsabilità di terzi, e lei ha l'obbligo di rispondere come testimone. Si consulti col suo avvocato.

GIAMPIERO SEBRI. Chiedo due minuti di pausa, se possibile.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle ore 23.10, è ripresa alle 23.40.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Ha mai conosciuto Mario Zaccolo?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Abbiamo trovato un comunicato stampa dell'aprile del 1988, a proposito di dieci comunicazioni giudiziarie per associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi e materiale strategico, «inviate dal magistrato della procura di Brindisi, nell'ambito delle indagini scaturite dall'arresto del 28 gennaio del plenipotenziario dell'Amministrazione territoriale del Sahara, Guido Garelli. I


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magistrati hanno confermato i nomi dei destinatari delle comunicazioni. Si tratta dell'uomo di affari romano Elio Sacchetto, l'albanese Mentor Chuku, presidente dell'unione islamica di occidente, con sede in Roma, il consigliere comunale di Squinzano, Antonio Polito, Giuseppe Bombara, residente a Napoli e Mario Zaccolo di Udine, nonché Giuseppe Palminteri residente a Livorno, e Luciano Spada di Milano». Lei sapeva se Luciano Spada avesse contatti con Mario Zaccolo e con Garelli ? Mi pare che con Garelli lo avesse detto, se non sbaglio.

GIAMPIERO SEBRI. Non so se Luciano Spada avesse avuto contatti con queste persone. Non ho mai sentito questi nomi.

PRESIDENTE. Ricorda il fatto che Spada sia stato incriminato a Brindisi nel 1988?

GIAMPIERO SEBRI. Non lo so. L'unica cosa che so per quanto riguarda Luciano Spada è quello che ho detto prima, e cioè che una volta andò all'estero, ma non ne conosco il motivo, perché c'era una persona che era stata arrestata a brindisi per un fatto di alcuni anni prima, riguardante addirittura problemi di droga.

PRESIDENTE. Dunque non ha memoria di questa vicenda?

GIAMPIERO SEBRI. No.

PRESIDENTE. Tornando al tema su cui abbiamo sospeso la seduta, le ripeto che lei deve darci queste spiegazioni riguardanti la parte della lettera da lei scritta. Questa è la sua calligrafia (mostra un documento)?

GIAMPIERO SEBRI. Sissignore.

PRESIDENTE. Mi riferisco alla lettera da lei scritta, nell'ultima parte, dove (le ripeto tutto il brano) scrive: «Signor Garelli, io non credo che lei sia d'accordo con la risoluzione adottata in Somalia. Penso che lei non sia d'accordo con certi metodi di risoluzione dei problemi, perciò faccia chiarezza sapendo che il pesce puzza sempre dalla testa. Faccia assumere, dopo aver parlato di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, responsabilità alle persone che lei conosce, facendo pagare con gli interessi le cambiali non pagate almeno a livello morale. In caso contrario chiedo umilmente scusa del suggerimento datole, sapendo però che lei non è una vittima dell'ingranaggio molto grande, ma ne è una parte stessa».
La richiesta è quella di chiarificare questo aspetto, soprattutto per la parte relativa all'invito che lei rivolge al signor Garelli, di indicare le persone responsabili dei fatti di cui una riga prima lei fa menzione, e cioè l'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin: «non andavo dalla magistratura se l'operazione somala si concludeva senza omicidi e assassini - Ilaria Alpi e Hrovatin».
E poi, chi sarebbero queste persone alle quali dovrebbe essere fatta pagare la cambiale con gli interessi almeno morali?

GIAMPIERO SEBRI. Confermo di aver scritto io quella lettera. Ritengo che siano passati molti anni e alcune di queste informazioni che stanno scritte in quella lettera io le abbia recepite da Luciano Spada o in tutto il mio travaglio di lavoro con lui, o può essere che io li abbia recepiti nei diversi contatti con i giornalisti. Questo è tutto, signor presidente.

PRESIDENTE. Luciano Spada muore nel 1989. Per la parte relativa al contesto che lei evoca in questa lettera, c'è molto dei ricordi che le vengono dalla sua vita vissuta e dalle indicazioni che provengono da Luciano Spada?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

PRESIDENTE. Viceversa, per quanto riguarda le altre informazioni, mi pare di capire che lei faccia riferimento ad informazioni ricevute da giornalisti?

GIAMPIERO SEBRI. O dal lavoro svolto con Luciano Spada.


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PRESIDENTE. Luciano Spada, finché è vissuto, naturalmente. Poi Luciano Spada non c'è stato più.

GIAMPIERO SEBRI. Sì, chiaramente.

PRESIDENTE. Perché lei faceva queste comunicazioni? Perché ne dava indicazioni al signor Garelli? Qual era l'obiettivo che lei perseguiva? Per quale motivo lo faceva? Per umanità? Per chiarezza? Per proseguire sulla strada della pulizia che aveva ritrovato, anche attraverso la collaborazione con l'autorità giudiziaria, oppure per altro motivo?

GIAMPIERO SEBRI. No, per il motivo che ha detto lei. Nel senso che nel momento in cui mi presentai alla magistratura di Milano per il mio pentimento e, oltre a questo, per assumermi la responsabilità di quello che avevo fatto, era per amore di verità.

PRESIDENTE. Per amore di verità.

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

PRESIDENTE. Qualche curiosità: «temo fortemente che tu non ti sia mai reso conto che ti hanno suggerito, grazie alla tua anacronistica fede politica, che io rispetto anche se non la condivido, e facendo leva sul fatto che, evidentemente, sei stato escluso da qualche piatto ricco, e su questo poggia la leva della vendetta che ti ha sicuramente sollecitato uno dei sentimenti più antichi dell'essere umano, per farti agire in modo abbastanza scomposto, buttandoti nella mischia senza considerare che non avevi i numeri per sostenere una dilettantesca, anche se apparentemente ben congegnata, operazione di disinformazione, che è appannaggio di chi, e questo i tuoi confratelli di corrente ideologica, i sovietici intendo, erano stati sempre dei maestri ineguagliabili, ma che vedo con molta mestizia che tu avresti avuto bisogno di un minimo di sostegno e di più di una ciambella di salvataggio, nessuno ti è venuto in soccorso e quindi ecco che ti hanno lasciato a metà del guado, pensando solo a salvare se stessi».
Questo è un passaggio che Garelli scrive nella sua lettera di risposta a lei, il 14 ottobre 2003.
Perché c'è questa rampogna nei suoi confronti? Perché c'è questa aggressione di Garelli nei suoi confronti? È come se lei avesse fatto delle operazioni avventate nella quali sarebbe stato invischiato.

GIAMPIERO SEBRI. L'unica operazione avventata che io ho fatto, secondo Garelli, è stata quella di essere andato dalla magistratura, sempre secondo il Garelli, pensando che la magistratura mi desse una mano. Infatti lui mi ha sempre sconsigliato di fare questo. E, se mi ricordo bene, ad un certo punto dirà che moriranno tutti compresi i giornalisti quelli che lui chiamava i tre moschettieri, eccetera eccetera.

PRESIDENTE. Scrive: «Temo fortemente che tu non ti sia mai reso conto che ti hanno suggerito, grazie alla tua fede politica, che io rispetto, e facendo leva evidentemente sul fatto che tu sei stato escluso da qualche piatto ricco».

GIAMPIERO SEBRI. Questa è una cosa che si inventa lui perché io non sono mai stato escluso da alcun piatto ricco da nessuna parte.

PRESIDENTE. Scrive: «buttandoti nella mischia». Mi pare che si faccia riferimento a qualcuno diverso dai magistrati. La mischia è quella dei magistrati: «buttandoti nella mischia» - ovvero nelle mani dei magistrati (questo vuol dire lui, secondo l'informazione che lei ci da adesso) - «attraverso una congegnata operazione di disinformazione».
A chi attribuisce questo ruolo di disinformazione?

GIAMPIERO SEBRI. Perché, secondo Garelli, io ero una pedina e dietro di me c'era chissà che cosa, c'erano dei complotti,


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diceva cattocomunisti a quelli di Famiglia Cristiana, parlava di storie religiose, cose da fantascienza.

PRESIDENTE. Scrive ancora: «attento però a non fraintendermi: non parlo dei tre moschettieri, che avranno senza dubbio le loro gatte da pelare, ma di chi è stato a lungo dietro a loro».

GIAMPIERO SEBRI. Secondo Garelli io ero una pedina e dietro di me c'era un complotto cattocomunista. Insomma, c'era un gruppo formato da me, i giornalisti di Famiglia Cristiana, qualche magistrato.

PRESIDENTE. Ma scrive: non sono i tre moschettieri, ma c'è qualcuno che è stato dietro a loro.
Chi pensava ci fosse dietro a i tre moschettieri?

GIAMPIERO SEBRI. Non ne ho la minima idea.

PRESIDENTE. È ancora scritto: «e che in una gran parte di essi veste la toga nera». Chi è la toga nera?

GIAMPIERO SEBRI. Un magistrato. Romanelli, perché io avevo parlato solo con Romanelli e non con altre persone.

PRESIDENTE. Romanelli? Ma Romanelli non si è mai interessato di Ilaria Alpi.

GIAMPIERO SEBRI. Appunto.

PRESIDENTE. Quindi non è Romanelli.

GIAMPIERO SEBRI. Non so quale altra toga nera possa essere.

PRESIDENTE. Qual era il magistrato che aveva la toga nera e che poteva stare dietro ai tre moschettieri nel 2003?

GIAMPIERO SEBRI. Non lo so. Non ne ho la minima idea.

PRESIDENTE. Quindi lei non è in grado di interpretare questo brano?

GIAMPIERO SEBRI. No. Come lei avrà visto molta parte di queste lettere è fantascienza.

PRESIDENTE. Va bene. Prego, onorevole Bulgarelli.

MAURO BULGARELLI. Vorrei fare un paio di domande a lei, signor Sebri, ma ci deve dare veramente una mano.
Torniamo un attimo a quando lei chiese all'altro giornalista, Di Stefano, di incontrare gli altri giornalisti di Famiglia Cristiana. Fu lei a chiedere di incontrare i giornalisti di Famiglia Cristiana o fu Di Stefano a suggerirglielo?

GIAMPIERO SEBRI. Fu Di Stefano a suggerirmi i giornalisti di Famiglia Cristiana. Chiesi a Di Stefano che lui stesso mi desse una mano per incontrare dei giornalisti. Lui mi fece incontrare dei giornalisti di Famiglia Cristiana ritenendoli dei professionisti che si stavano interessando di questa situazione.

MAURO BULGARELLI. Quale situazione?

GIAMPIERO SEBRI. Traffico di rifiuti.

MAURO BULGARELLI. Lei non aveva letto niente dei giornalisti di Famiglia Cristiana in relazione al traffico di rifiuti?

GIAMPIERO SEBRI. No. Ebbi un primo contatto con Andrea Di Stefano e con Luciano Scalettari, a cui seguirono poi diversi altri contatti.

MAURO BULGARELLI Quante volte ha incontrato i cosiddetti tre moschettieri?

GIAMPIERO SEBRI. Molte volte, soprattutto Luciano Scalettari, anche perché è di Milano ed io abito vicino Milano.

MAURO BULGARELLI Continuava ad incontrare Di Stefano?


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GIAMPIERO SEBRI. No, credo di averlo incontrato tre o quattro volte, in seguito. Dopo non l'ho più rivisto.

MAURO BULGARELLI. Lei ha incontrato anche altri nel periodo in cui incontrava i giornalisti di Famiglia Cristiana e Di Stefano, oppure no?

GIAMPIERO SEBRI. No, ho incontrato solo i giornalisti di Famiglia Cristiana.

MAURO BULGARELLI. Incontrava i giornalisti di Famiglia Cristiana, Di Stefano e il magistrato?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente. Tenga presente che io ho iniziato a incontrare i giornalisti di Famiglia Cristiana in modo molto stretto quando si chiuse il rapporto con Romanelli.

MAURO BULGARELLI. Lei ha rilasciato un'intervista ai giornalisti di Famiglia Cristiana, con l'intervista che è stata causa di mille effetti. Quando ha rilasciato questa intervista, lei aveva già un rapporto epistolare con Garelli, oppure no? Vi scrivevate già?

GIAMPIERO SEBRI. Sa che non mi ricordo? Non credo, però, no.

MAURO BULGARELLI. Ricorda in che periodo ha rilasciato l'intervista ai giornalisti di Famiglia Cristiana?

GIAMPIERO SEBRI. L'intervista uscì nell'ottobre del 2000, se non sbaglio, e l'intervista con i giornalisti, con Formentera esattamente, e fu fatta sei o sette mesi prima. Adesso non ricordo.

MAURO BULGARELLI. Con Spada aveva mai parlato di Garelli in precedenza?

GIAMPIERO SEBRI. No, che mi ricordi io, no.

MAURO BULGARELLI. E di Urano?

GIAMPIERO SEBRI. Sì. Ero a conoscenza di Urano perché Spada viveva forse più con me che con la moglie (è una battuta). Seguivo tutte queste discussioni e vicende, eccetera eccetera.

MAURO BULGARELLI. Di Urano avevate parlato?

GIAMPIERO SEBRI. Ho sentito parlare di Urano.

MAURO BULGARELLI. Da Spada?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, da Spada.

MAURO BULGARELLI. E non aveva mai sentito parlare di Garelli, invece?

GIAMPIERO SEBRI. Il nome di Garelli non mi suonava nuovo quando mi fu accennato da Romanelli. Per me Guido Garelli non era un nome nuovo, come non lo era Marocchino, eccetera.

MAURO BULGARELLI. Lei ha mai visto direttamente i rifiuti tossici?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, li ho visti ad Haiti.

MAURO BULGARELLI. Prima non li ha mai visti?

GIAMPIERO SEBRI. No.

MAURO BULGARELLI. Nel passaggio in Italia? Ad Amburgo, quando ci ha raccontato della nave?

GIAMPIERO SEBRI. Ad Amburgo ha visto i container. Ho visto personalmente i rifiuti tossici già scaricati a cinquanta o sessanta chilometri all'interno di Haiti. Ho visto caricare i rifiuti tossici ad Haiti, che ha fatto quello che ha fatto. Il carico che io ritengo non solo di rifiuti ma anche di armi, l'ho visto al carico ad Amburgo, quando feci un viaggio insieme con Luciano Spada fino a Praga, e poi proseguii fino ad Amburgo con Giovambattista Licata.


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MAURO BULGARELLI. Posso fare una domanda a corollario: quanto guadagnava lei per fare il portaborse, come dice lei, di Spada?

GIAMPIERO SEBRI. Non ho problemi a rispondere. Non ero uno stipendiato. Innanzitutto, voglio precisare che non ho mai fatto parte di alcuna società, né tantomeno ho tratto ricavi da società di Spada o di Bizzio, da tutte le società che andavano dalla Liberia a tutto il resto. Guadagnavo nel senso che avevo tutto pagato, alberghi e tutto quanto, e quando mi servivano dei quattrini li chiedevo a Luciano Spada che me li dava in dollari e mai in lire.

MAURO BULGARELLI. Si trattava di una sorta di pronto cassa con Spada, quando servivano soldi erano lì e li prendeva?

GIAMPIERO SEBRI. Esattamente.

MAURO BULGARELLI. Ha mai visto Spada prendere dei soldi da tutti gli altri personaggi, politici e non, di cui ha parlato fin ora? Ad esempio, lei ha mai portato quattrini, in prima persona?

GIAMPIERO SEBRI. No, le uniche buste (tali erano) erano quelle che più o meno una volta a settimana portavo in un ufficio vicino via Bagutta, che io chiamavo ufficio dei napoletani. Dentro vi trovavo due o tre persone. È stato riscontrato anche dall'ex criminalpol (adesso mi è venuto in mente di tre famosi gradini per entrare).
So che Luciano Spada - è certo perché lo vedevo - non aveva assolutamente problemi di quattrini.

MAURO BULGARELLI. Capisco. Però lei non ha mai visto un passaggio di denaro diretto?

GIAMPIERO SEBRI. No, assolutamente no.

MAURO BULGARELLI. È mai stato contattato da Menicacci?

GIAMPIERO SEBRI. No.

MAURO BULGARELLI. Non è mai stato contattato direttamente da Menicacci, non ha mai parlato con Menicacci, naturalmente al di fuori di aule?

GIAMPIERO SEBRI. No. L'ultima volta che ho incontrato Menicacci è stato qui a Roma, in corte d'assise, quando mi disse che il problema non ero io, che io non c'entravo niente e che il problema erano i giornalisti di Famiglia Cristiana.

MAURO BULGARELLI. Questo avviene a Roma?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, a Roma.

MAURO BULGARELLI. Romanelli è stato il primo a parlarle di Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Sì.

MAURO BULGARELLI. Le fece delle domande su Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Sì, mi chiese se conoscevo Garelli, naturalmente tutto girava intorno al progetto Urano.
Vorrei precisare però il mio rapporto con il dottor Maurizio Romanelli, persona che stimo molto, visto che io non sono in grado di giudicare un'archiviazione, né perché abbia archiviato il caso. Mi rimane un grande amaro in bocca, ma non sono in grado di giudicare il perché di questa archiviazione. Per me la magistratura è tutta uguale. Per me non fa nessuna differenza né la magistratura di Milano né di Roma. Sono un tipo abbastanza pratico e guardo i fatti.
Stimo moltissimo il dottor Maurizio Romanelli, ma non so né sono in grado di capire perché l'abbia archiviato, perché ci sia stato questo comportamento, e guardo ai fatti. Il mio fatto è che purtroppo ho


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ancora il sassolino nella scarpa, e che quando si è fatto tutto quello che si doveva fare non si è potuto procedere.

MAURO BULGARELLI. Quante lettere ha scritto a Garelli?

GIAMPIERO SEBRI. Non ricordo. Non so quante siano in due anni, ma sono tantissime. Il mio obiettivo nella corrispondenza con Garelli era semplicemente quello di farlo collaborare con la magistratura. Garelli è arrivato al punto di minacciarmi e dirmi: «Attento a girare l'angolo, Sebri».
Questo è quello che volevo da Garelli. Proposi addirittura di incontrarlo immediatamente se Garelli era disposto ad incontrarmi, lo avrei fatto anche in mutande, io e lui.

MAURO BULGARELLI. Questo è un pallino che abbiamo in molti.

GIAMPIERO SEBRI. Non avendolo mai conosciuto, dalle cose che scrive ritengo Garelli una persona... intendo dire che in alcune sue lettere ci sono ottimi suggerimenti. Giustamente il presidente mi ha chiesto nella precedente occasione come io interpretassi certe parole.

MAURO BULGARELLI. Lei ha informato regolarmente Romanelli delle lettere?

GIAMPIERO SEBRI. No, le lettere sono partite dopo.

MAURO BULGARELLI. Non aveva più alcun rapporto con Romanelli?

GIAMPIERO SEBRI. Purtroppo, nel momento in cui manca la fiducia...

MAURO BULGARELLI. Questo lo abbiamo capito.

GIAMPIERO SEBRI. Deve essere chiaro che dietro di me non c'è nessuno, non c'è nessun suggeritore. Qualcuno pensava che dietro di me ci fossero i servizi segreti libici, ma io non so neppure l'inglese; qualcuno pensava che ci fosse chissà che cosa; qualcuno pensava che io avessi guadagnato chissà quanti soldi, che fossi pagato dai giornalisti. Tutte cose assolutamente false. Io mi attengo semplicemente ai fatti che ho vissuto e poi, parallelamente, la stessa cosa è stata fatta in Somalia.

PRESIDENTE. Sì, ma lei non sa personalmente quello che è stato fatto in Somalia, le è stato riferito.

GIAMPIERO SEBRI. Io non sono mai stato in Somalia.

PRESIDENTE. Quindi non sa niente.

GIAMPIERO SEBRI. Però Marocchino occupava...

PRESIDENTE. È inutile fare grandi discorsi. Concretamente lei sapeva qualcosa della Somalia?

GIAMPIERO SEBRI. Il meccanismo è sempre lo stesso.

PRESIDENTE. Può anche cambiare ed essere un altro! Ma lei ha visto che il meccanismo era lo stesso anche in Somalia?

GIAMPIERO SEBRI. Era uguale.

PRESIDENTE. Lei lo ha visto con i suoi occhi?

GIAMPIERO SEBRI. No, con i miei occhi no, perché non sono mai stato in Somalia. Però, le dico che il disco è sempre lo stesso, dalla Repubblica Dominicana...

PRESIDENTE. Tutti conosciamo il meccanismo delle tangenti! Ma giustamente lei dice che risponde con la consapevolezza dei fatti: di questi dobbiamo parlare.


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GIAMPIERO SEBRI. Io sono stato contattato per andare in Somalia e poi si è arrivati al punto, egregio presidente, che io due mesi fa ho avuto la provocazione massima quando mi hanno chiesto quanto costi trasportare 10-12 mila tonnellate di rifiuti in Senegal.

PRESIDENTE. Chi glielo ha detto?

GIAMPIERO SEBRI. Io l'ho detto.

PRESIDENTE. Chi le ha fatto questa proposta?

GIAMPIERO SEBRI. Glielo dico subito.

PRESIDENTE. Ce lo dica subito, perché è importante. Abbiamo una Commissione sull'ecomafia e possiamo vedere se il discorso deve essere approfondito.

GIAMPIERO SEBRI. Ecco il documento. Guardi la data! Il disco è sempre lo stesso.

PRESIDENTE. Il 26 marzo 2003.

GIAMPIERO SEBRI. Del 2004.

PRESIDENTE. No, Castelfranco di Sotto, 2003. «Signor Sebri, 15 maggio 2004»: cos'è questo?

GIAMPIERO SEBRI. Glielo dico io cos'è: sono stato contattato da persone (quando dico che il disco è sempre lo stesso!) le quali mi dicono: «Ci siamo rivolti a lei perché vorremmo portare dei rifiuti in Senegal». Io ho detto loro che erano pazzi. Poi, vanno avanti al punto tale che cominciano ad uscire dei nomi.

PRESIDENTE. Questa mi pare una truffa.

GIAMPIERO SEBRI. È una truffa? A me non interessa niente.

PRESIDENTE. «Signor Sebri e suo legale. Alla cortese attenzione del signor Sebri Giampiero. Come da colloquio, spedisco i fogli speditimi dal Governo senegalese. Faccio presente, signor Sebri, che allego a questo il foglio da me e mio marito spedito al Governo come proposta, così può capire che, pur non avendo costituito la nuova società Happy days for Afrique and Italy, avendo già una ditta in Italia operativa da almeno quasi quarant'anni, di suggerire una distaccata, perlomeno riuscire a coprire le spalle a mio marito, per poter iniziare questo tipo di operazione. È logico che la abbiamo contattata, per sapere i vari costi, parcella sua, profitto, eccetera, nel caso in cui la merce arrivi da un porto (...) conteggiare, anche se dobbiamo pagare il passaggio dei rifiuti. Signor Sebri, noi vogliamo sapere con chiarezza, per poter individuare l'offerta giusta da fare al Governo senegalese, ed avere l'autorizzazione necessaria prima della fine del mese di maggio. La nostra intenzione è con il profitto (...) Tutto questo porterà posti di lavoro e occupazione in Senegal, ma anche al nostro paese, l'Italia, che in questo momento si trova in difficoltà, perché questo è il vero ed unico motivo ed il nostro obiettivo, anche se non siamo creduti, essendo un progetto grandissimo. Se lei è un italiano vero sia chiaro con noi e leale e noi lo saremo con lei. Insieme a tutto questo aggiungo il costo della compagnia che il trasporto della merce, in quanto dovrà essere adibito al trasporto dei rifiuti tossici nocivi. Salutandola le porgiamo i nostri saluti e le auguriamo di riuscire almeno a fare il primo scarico. Daremo risposta scritta via fax.» Firmato Dal Canto e Laura Panato.
Mi sembra proprio una truffa.
Onorevole Bulgarelli, mi scuso per averla interrotta.
Ringrazio il signor Giampiero Sebri e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 00.15 di giovedì 21 ottobre 2004.

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