XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1314
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge
costituzionale intende introdurre nel nostro ordinamento il
riconoscimento alle donne di partecipare, a parità di
condizioni, alle Assemblee elettive ed ai centri decisionali,
luoghi deputati ad esprimere la garanzia effettiva del diritto
di cittadinanza sociale e politica.
L'articolo 51, primo comma, della Costituzione, oggetto
della modifica, che con espresso riferimento all'accesso ai
pubblici uffici e alle cariche elettive ribadisce il principio
di uguaglianza già sancito dall'articolo 3 della medesima
Costituzione, ha avuto un rilevante valore storico: è
sufficiente pensare che fino al 1945 alle donne era vietato
l'accesso alle cariche elettive e che, anche dopo l'entrata in
vigore della Costituzione, alcuni uffici pubblici sono rimasti
a lungo interdetti alle donne.
Tuttavia a più di cinquant'anni dal riconoscimento del
diritto di voto attivo e passivo dobbiamo verificare un
crescente paradosso: se da un lato si moltiplicano la qualità
e la quantità delle donne in tutti i campi sociali, culturali
e professionali, seppure con una permanente resistenza nel
riconoscere loro pari condizioni di accesso ai ruoli
dirigenziali, dall'altro tale impetuoso avanzamento non trova
che un marginale riconoscimento nell'accesso delle donne alle
assemblee elettive ed ai centri decisionali.
Le cifre, purtroppo, parlano chiaro. La percentuale di
donne presenti negli organismi elettivi nel mondo era nel 1996
pari al 10,4 per cento (a fronte del 14,8 per cento del 1988).
Nel nostro Paese la percentuale è addirittura a livelli più
bassi della media mondiale, in quanto nelle elezioni del 1996
sono state elette alla Camera dei deputati 70 deputate su 630
deputati complessivi e al Senato della Repubblica 26 senatrici
sul totale di 315 senatori, con una percentuale totale
dell'8,9 per cento. Nelle ultime elezioni europee l'Italia è
stata il fanalino di coda rispetto a tutti gli altri Paesi,
passando dai 12 seggi conquistati nel 1994 ai 10 del 1999, in
controtendenza rispetto a tutta l'Unione europea.
Nel 1993 il Parlamento italiano aveva approvato la legge
n. 81 che introduceva il principio di un riequilibrio tra i
sessi nelle liste elettorali. Alcune disposizioni della legge
sono state poi dichiarate incostituzionali dalla Corte
costituzionale con sentenza n. 422 del 6-12 settembre 1995.
Non è chiaro, però, come una misura volta a rendere possibile
ad entrambi i sessi l'accesso alla competizione elettorale in
condizioni di pari opportunità, possa limitare o addirittura
violare il diritto universale dell'elettorato passivo.
Eppure il principio dell'uguaglianza dei cittadini e della
loro pari dignità sociale è già costituzionalizzato
nell'articolo 3, secondo comma, della Carta costituzionale,
non soltanto come precetto formale, ma come concreta
previsione per la Repubblica di "rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà
e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale
del Paese".
Anche gli organismi europei hanno molto legiferato per
promuovere reali opportunità. Il Consiglio d'Europa, sin dal
1991 ha approvato una raccomandazione affinché l'uguaglianza
di trattamento fra uomini e donne in tutti i campi fosse
iscritta come diritto fondamentale della persona umana a
livello nazionale ed internazionale e ha moltiplicato le
iniziative volte a rafforzare il concetto di democrazia
paritaria. Da ultimo si segnala la Commissione
sull'uguaglianza di opportunità fra uomini e donne
costituitasi il 6 marzo 1999 a Parigi. Ancora, la Carta di
Roma, sottoscritta da quindici Ministri europei il 18 maggio
1996, ha ribadito gli stessi princìpi e in particolare ha
affermato "la necessità di azioni concrete a tutti i livelli
per promuovere la partecipazione ugualitaria di donne e uomini
ai processi decisionali in tutte le sfere della società". In
tale senso il Consiglio dei ministri, nel IV Programma
d'azione europeo adottato nel 1996, ha proposto come obiettivo
agli Stati membri la partecipazione equilibrata di donne e
uomini nei luoghi decisionali in applicazione anche del Piano
d'azione di Pechino, sottoscritto da 189 Stati.
Come si evince da tale quadro internazionale, il principio
universale di eguaglianza e non discriminazione è dunque
"norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta",
cui l'Italia deve conformarsi ai sensi dell'articolo 10 della
Costituzione, risultandone così integrato e rafforzato
l'articolo 3 della stessa. E' pertanto urgente approvare la
presente proposta di legge costituzionale per rimuovere quegli
ostacoli sociali, culturali, di costume, di pregiudizio, di
discriminazione diretta ed indiretta, e di minore offerta di
opportunità per le donne per permettere il riequilibrio della
rappresentanza fra i sessi nell'accesso ai pubblici uffici e
alle cariche elettive.