XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1313




        Onorevoli Colleghi! - La XIV Legislatura ha riproposto nelle Assemblee parlamentari l'esistenza di un deficit di democrazia sempre più grave. La presenza delle donne è infatti arrivata al minimo storico, al di sotto del 10 per cento, con una ulteriore contrazione del numero di elette sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica rispetto a quello già scarso della precedente legislatura, rivelando l'esistenza di un vero e proprio paradosso italiano. Ciò avviene a cinquant'anni dal riconoscimento alle donne italiane del diritto di voto, attivo e passivo, mentre si moltiplica per qualità e quantità la presenza delle donne in tutti i campi sociali, culturali e professionali, anche ai livelli decisionali, seppure con le difficoltà legate soprattutto ad una persistente delega nei loro confronti del lavoro di cura e dei compiti familiari. Nella scuola le donne hanno superato gli uomini sia nel conseguimento di diplomi e di lauree sia nelle votazioni raggiunte. Questi considerevoli passi avanti compiuti nella società non trovano riscontro nell'accesso delle donne alle assemblee elettive e ai più alti centri decisionali, luoghi deputati ad esprimere la garanzia effettiva del diritto di cittadinanza sociale e politica. Permangono infatti gravi ostacoli di ordine culturale, politico, giuridico alla piena attuazione del secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione: "E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese", interpretandolo anche riferito alla rappresentanza politica. Ciò vale in particolare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 442 del 1995 che eliminò la norma di azione positiva contenuta nella legge elettorale n. 81 del 1993, estendendola anche alle leggi n. 277 del 1993 e n. 43 del 1995, demandando ai partiti la responsabilità di azioni tese all'attuazione di una effettiva democrazia paritaria che è oggetto di una raccomandazione del Consiglio d'Europa fin dal 1991 e del Piano d'azione sottoscritto anche dal nostro Paese alla IV Conferenza mondiale dell'ONU di Pechino sulle donne, richiamato dalla direttiva del Governo Prodi.
        Mentre in vari Paesi europei alcuni passi in questa direzione sono stati compiuti, l'Italia resta il fanalino di coda, con grave pregiudizio della stessa rappresentatività di questo Parlamento. Un problema democratico di tale portata non può infatti essere prerogativa delle sole donne ma in realtà interessa l'intera società, composta da uomini e donne, che deve vedere le sue istituzioni, a partire dalla massima istituzione della sovranità popolare, rappresentare in modo paritario entrambi i sessi.
        La proposta di modifica all'articolo 51 della Costituzione, che viene riproposta in questo provvedimento nella formulazione del testo licenziato nella scorsa legislatura dalla Camera dei deputati, rappresenterebbe un significativo passo avanti verso un sistema sostanzialmente e non solo formalmente democratico e obbligherà il legislatore ordinario a rendere effettivo il principio di uguaglianza tra i sessi nell'accesso alle cariche elettive e agli uffici pubblici.




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