XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1292
Onorevoli Colleghi! - La principale esigenza per
affrontare una complessiva riforma della legge quadro della
polizia locale deriva dalla necessità, da tutti ormai sentita,
di favorire un processo che consenta di superare l'insicurezza
che i cittadini avvertono nei vari centri urbani, governando i
conflitti e costruendo una convivenza più libera. L'elezione
diretta dei sindaci, introdotta dalla legge n. 81 del 1993, e
successive modificazioni, e ampiamente assorbita nella cultura
popolare, ha posto a carico di queste figure nuovi e più
marcati poteri e aspettative rispetto al disagio di quanti
vivono da vicino l'impatto con la violenza, la droga e la
criminalità. Infatti non possiamo nasconderci come
l'insicurezza e la paura di restare vittime della cosiddetta
"criminalità di strada" siano ormai fonte di vere e proprie
disuguaglianze tanto fra i cittadini che fra i territori.
Partendo da questa consapevolezza intendiamo contribuire
ad un utile confronto parlamentare che superi i due approcci
tradizionalmente noti: quello che affida la soluzione del
problema alle sole politiche repressive (e quindi
prevalentemente - o esclusivamente - alle forze di polizia e
alla magistratura) e quello che tende invece ad usare
prevalentemente (se non esclusivamente) le azioni di
prevenzione e di recupero sociale.
E' ormai matura in tutte le forze politiche la convinzione
che la sicurezza e la solidarietà siano valori del tutto
inscindibili e che la sicurezza sia, conseguentemente, un
diritto fondamentale di ogni cittadino.
Tutti ormai abbiamo maturato la convinzione che diritti e
doveri sono due piatti della bilancia che devono essere posti
perfettamente in equilibrio. Quando lavoriamo, quindi, su
questioni che hanno un diretto impatto sugli aspetti della
sicurezza noi, con il maggior equilibrio possibile, dobbiamo
fare leva sulla responsabilità di ciascuno e sulla
cooperazione di tutti verso il pieno e totale rispetto delle
regole di convivenza.
A questo scopo, nella passata legislatura, la Commissione
Affari costituzionali della Camera dei deputati a lungo ha
lavorato sul testo delle numerose proposte di legge presentate
sull'argomento: passando attraverso un intenso impegno del
Comitato ristretto - che ha compiuto anche alcune missioni
all'estero per verificare i modelli organizzativi nelle realtà
a noi più vicine - è stato predisposto ed approvato un testo
base (atto Camera n. 1118-A della XIII legislatura), che ha
tenuto conto degli sviluppi più generali del dibattito sulla
sicurezza urbana che si è vieppiù concatenato con il confronto
parlamentare sull'argomento.
Le questioni essenziali nel confronto svoltosi in sede di
Commissione sono così riassumibili: la competenza dei comuni
tradizionalmente consolidata in materia di polizia locale si è
evoluta in presenza dell'elezione diretta dei sindaci e
dell'assunzione di un ruolo generale di governo del territorio
da parte dell'ente locale sino a richiedere, da parte dei
sindaci, maggiori poteri in materia di politiche per l'ordine
e la sicurezza pubblica; tali esigenze, raccolte dai passati
Governi de "L'Ulivo", con l'introduzione dei protocolli di
sicurezza e quindi delle intese, ha richiesto
l'implementazione dei compiti degli operatori della polizia
locale; contestualmente le regioni, nell'ambito del confronto
con lo Stato, per un processo di reale trasformazione
federale, hanno richiesto anch'esse maggiori poteri in materia
di sicurezza dei loro territori giungendo in taluni casi ad
auspicare la possibilità di svolgere direttamente funzioni di
polizia locale con la ipotesi di costituire corpi
regionali.
Su tali questioni si innestava, poi, la rivendicazione dei
sindacati e delle organizzazioni rappresentative delle
categorie che richiedevano una normativa più adeguata al fine
di: precisare i compiti e le funzioni in presenza di ruoli
assunti in sovrapposizione con le Forze delle polizie dello
Stato; ottenere maggiori garanzie in materia di tutela e di
sicurezza sul lavoro; definire aspetti normativi in materia di
organizzazione del lavoro, tali da garantire le peculiarità
della funzione, nonché in materia di formazione ed
aggiornamento professionali, in una funzione di grande
delicatezza poiché inerisce ai diritti dei cittadini alla
sicurezza e alla legalità.
Il testo, predisposto tenendo conto anche delle modifiche
al titolo V della Costituzione approvate dal Parlamento,
mantiene la funzione in capo ai comuni e alle province, anche
alla luce del principio di sussidiarietà introdotto con la
legge n. 59 del 1997; interviene nella direzione di meglio
precisare compiti e funzioni della polizia locale, di
garantire un processo formativo adeguato, di stimolare i
comuni minori ad un processo di accorpamento delle funzioni
attraverso l'istituto dell'associazione intercomunale; di
fornire agli operatori adeguate garanzie e strumenti per poter
svolgere compiutamente il loro lavoro.
Il provvedimento che viene proposto è il testo approvato
dalla I Commissione Affari costituzionali nella XIII
legislatura e che era il frutto di un'ampia intesa nell'ambito
della stessa, si compone di nove articoli.
L'articolo 1 definisce il quadro di applicazione della
legge. Rispetto alla legge 7 marzo 1986, n. 65 (recante
"Legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale") che
entrava nel merito dei modelli organizzativi individuandone
due (corpi e servizi), il testo lascia all'autonomia locale
(mediante le norme dello statuto e del regolamento), in
conformità alle norme dell'ordinamento regionale, la
definizione dei modelli organizzativi, limitandosi a definirli
"strutture di polizia locale". E' attribuita ai comuni
(singoli o associati) e alle province la funzione esclusiva in
materia di polizia amministrativa relativamente a tutte le
materie di competenza degli enti locali o ad essi attribuite o
delegate, nonché la messa in atto di attività di prevenzione e
repressione delle situazioni e dei comportamenti che possano
pregiudicare la convivenza civile, il decoro dell'ambiente, la
qualità della vita locale e che non siano riservate alla
competenza esclusiva delle Forze di polizia dello Stato.
Tuttavia è espressamente previsto che le strutture di
polizia locale possano concorrere alla sicurezza pubblica,
collaborando con le Forze di polizia dello Stato alla
prevenzione e repressione dei reati, non in modo generico e
indefinito, ma in base all'intesa tra il prefetto e il sindaco
(o il presidente della provincia).
E' stabilito che, nel rispetto del principio generale di
separazione delle funzioni di indirizzo
politico-amministrativo da quelle attinenti alla gestione
operativa, i comandanti delle strutture dipendano direttamente
dal sindaco (o dal presidente della provincia) ad eccezione,
ovviamente, delle funzioni di polizia giudiziaria.
L'articolo 2 individua le funzioni in materia di polizia
giudiziaria, di polizia stradale e di pubblica sicurezza degli
operatori di polizia locale.
L'articolo 3 estende la qualifica di polizia giudiziaria
alle attività di cui al comma 2 dell'articolo 1 (il concorso
alla sicurezza pubblica).
L'articolo 4 prevede che, per ottenere la qualifica di
agente di pubblica sicurezza, occorra effettuare un apposita
formazione con esame di idoneità finale. L'articolo cerca poi
di fissare alcuni limiti lasciando alla autoregolamentazione
locale e regionale la definizione dei corsi. La ratio
del provvedimento è duplice: da un lato rendere
obbligatoria la formazione che la legge n. 65 del 1986 non era
riuscita a garantire e dall'altro stabilire che la formazione
localmente organizzata tenga comunque conto di alcune materie
obbligatorie, al fine di rendere gli operatori in grado di
svolgere quelle funzioni sino ad ora garantite esclusivamente
dalle Forze di polizia dello Stato. L'articolo cerca anche di
dare un indirizzo tale da favorire una formazione permanente
nel corso della carriera.
L'articolo 5 disciplina l'armamento lasciando, come oggi,
ogni determinazione al singolo ente, se armare o meno la
polizia locale, prevedendo comunque una articolazione maggiore
rispetto all'alternativa secca attuale e cercando di risolvere
la questione dei tipo di armamento consentito. La materia
delle armi e degli esplosivi resta, peraltro, di stretta
pertinenza dello Stato. Si cerca altresì di risolvere l'annoso
problema del porto d'armi per gli operatori della polizia
locale a ciò autorizzati dal proprio ente di appartenenza,
cercando di superare inoltre la contraddizione data dal fatto
che le guardie giurate private oggi hanno il porto d'arma
anche fuori dal servizio e dal territorio, cosa invece esclusa
per gli operatori della polizia locale.
L'articolo 6 introduce la patente di servizio, prevedendo
altresì la formazione specifica per la guida in sicurezza.
L'articolo 7 affronta la questione della parificazione
previdenziale e assicurativa degli operatori di polizia locale
a quelli della polizia di Stato ad ordinamento civile,
richiamando esplicitamente le norme in vigore che devono
essere applicate alla categoria. Si prevede che l'indennità di
vigilanza prevista dalla vigente normativa confluisca in una
più compiuta indennità di polizia locale, pensionabile nella
misura determinata dai contratti collettivi nazionali di
lavoro in relazione al sistema di classificazione, al grado di
responsabilità attribuita e alla natura delle funzioni svolte,
lasciando così alla contrattazione la definizione di un'ampia
graduazione di opportunità. L'articolo affronta inoltre - al
comma 1 - la contrastata questione del contratto di lavoro,
richiamando il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con
la esclusione dall'inserimento nel comparto sicurezza. Per
tenere in conto le peculiarità della polizia locale anche
rispetto agli altri servizi del comune (o della provincia) è
previsto che, in conformità alle procedure previste
dall'articolo 40 del citato decreto legislativo n. 165 del
2001, siano adottate in sede contrattuale apposite misure
specifiche riguardanti la categoria.
L'articolo 8 reca modifiche ed abrogazioni alla normativa
vigente.
L'articolo 9 reca la copertura finanziaria.