XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 875




        Onorevoli Colleghi! - La XIII legislatura si era aperta nel segno delle riforme costituzionali, oggetto di un ampio dibattito politico e culturale. Lo strumento per realizzare l'obiettivo delle riforme era stato individuato dalla legge costituzionale n. 1 del 1997 nella Commissione bicamerale per le riforme costituzionali; si era pertanto dato luogo ad un procedimento legislativo particolare, derogatorio una tantum dell'articolo 138 della Costituzione, per la revisione della parte seconda della Costituzione.
        Il fallimento della Commissione bicamerale non deve tuttavia arrestare il percorso riformatore che, per quanto possibile in termini temporali e di convergenze politiche, è opportuno riprenda su punti qualificanti. A questo riguardo il Presidente del gruppo di Alleanza Nazionale, Giuseppe Tatarella, chiarì, nella seduta del 2 giugno 1998, conclusiva dei lavori dell'Assemblea sul progetto di riforma elaborato dalla Commissione bicamerale, la posizione del gruppo con queste parole: "In questo giorno di chiusura della bicamerale annunciamo che da domani in poi (...) il nostro teorema sarà il seguente "bicamerale addio, riforme arrivederci". E le riforme le possiamo attuare con tutti i modi".
        L'intendimento di proseguire quel percorso può quindi prendere in considerazione le opzioni di fondo che sono state compiute dalla Commissione bicamerale. Sotto questo profilo appare ineludibile riproporre l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. La scelta per il sistema semipresidenziale ha costituito uno dei momenti più significativi del dibattito nella Commissione bicamerale; scelta che ha consentito di trovare nuove forme di espressione della sovranità popolare e della democrazia diretta. Certamente quella opzione fondamentale, effettuata in sede di Commissione bicamerale, avrebbe dovuto poi essere accompagnata da scelte conseguenziali, dirette ad attribuire a quell'organo poteri adeguati alla posizione che esso veniva ad assumere nella forma di governo. Invece le scelte effettuate in quella sede avevano inteso limitarne la portata nel chiaro tentativo di ricondurre la nuova figura di Capo dello Stato esclusivamente ad organo di garanzia: più precisamente un organo di garanzia rafforzato nell'esercizio delle sue funzioni dall'essere espressione diretta della volontà popolare. Era stata in questo modo operata una separazione tra legittimazione diretta e indirizzo politico che della volontà popolare è espressione. Questa separazione non può essere operata, pena la realizzazione di un progetto ambiguo che rischia di dare luogo a forme di governo non chiare.
        La legittimazione popolare del Presidente della Repubblica non significa soltanto una nuova forma di elezione dell'organo. L'elezione diretta implica che l'organo diventi espressione di un indirizzo politico e, quindi, richiede l'attribuzione di poteri adeguati. In presenza di una parcellizzazione dello schieramento politico appare necessario individuare un organo che sia espressione unitaria e diretta dell'indirizzo politico espresso dagli elettori. Negare le conseguenze, in termini di poteri al Presidente della Repubblica, dell'elezione diretta equivale a negare l'espressione di un momento di democrazia diretta.
        Di qui quindi la presente proposta di legge costituzionale che, partendo dalla considerazione che il Capo dello Stato eletto direttamente dal popolo è espressione di indirizzo politico, svolge le conseguenze di tale considerazione stabilendo le modalità con le quali questo organo costituzionale si inserisce nel complesso delle relazioni che sostanziano la forma di governo.
        Passando ad esaminare l'articolato, il nuovo articolo 83 della Costituzione riassume le funzioni che mettono capo al Presidente della Repubblica: è garante del rispetto della Costituzione, da un lato, e assicura il regolare funzionamento dei pubblici poteri e la continuità dello Stato, dall'altro. E' inoltre il garante dell'indipendenza nazionale, dell'integrità del territorio e del rispetto dei trattati. Questa disposizione costituisce quindi una chiave di lettura delle altre attributive di poteri.
        Può essere eletto Presidente della Repubblica (nuovo articolo 84 della Costituzione) ogni cittadino che abbia quaranta anni di età e goda dei diritti civili e politici: in questo modo si consente di poter scegliere tra una più ampia platea di candidati. D'altra parte la scelta di diminuire il limite di età per l'eleggibilità a Presidente della Repubblica era contenuta nella gran parte delle proposte di legge costituzionale all'esame della Commissione bicamerale e nello stesso testo della Commissione bicamerale.
        Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni; è inoltre stabilita l'incompatibilità con qualsiasi altra carica.
        L'elezione diretta (nuovo articolo 85 della Costituzione) è a doppio turno eventuale; al secondo turno partecipano i candidati che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti ma è ammesso il ritiro dei candidati.
        E' inoltre disciplinato (nuovo articolo 86 della Costituzione) il procedimento che porta all'accertamento dell'impedimento all'esercizio delle funzioni del Presidente della Repubblica. L'impedimento è constatato dalla Corte costituzionale su richiesta del Governo, che delibera a maggioranza assoluta dei suoi membri.
        In caso di vacanza della carica di Presidente della Repubblica o di impedimento le funzioni del Presidente della Repubblica sono provvisoriamente esercitate dal Presidente del Senato della Repubblica. In caso di impedimento permanente, morte o dimissioni, si fa luogo all'elezione del nuovo Presidente.
        Vengono poi definiti dal nuovo articolo 87 della Costituzione i rapporti con il Parlamento: il Presidente della Repubblica promulga le leggi e può chiedere una nuova deliberazione. Può altresì sottoporre a referendum popolare ogni progetto di legge concernente l'organizzazione dei pubblici poteri o tendente ad autorizzare la ratifica di un trattato, che, senza essere contrario alla Costituzione, potrebbe avere incidenza sul funzionamento delle istituzioni. Può inoltre, sentito il Primo Ministro e i Presidenti delle due Camere, sciogliere il Parlamento.
        Da questo quadro emerge chiaramente che qualora tra organi espressione di funzione di indirizzo politico dovessero insorgere divergenze su specifiche questioni la scelta ultima non può che essere ricondotta al titolare della sovranità popolare. D'altra parte un sistema di bilanciamento tra poteri è già previsto nella proposta. Infatti il potere di nomina del Primo Ministro deve tenere presente la circostanza che comunque si instaura un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento; la sottoposizione a referendum delle leggi incontra limiti per materia chiaramente riconducibili alle funzioni del Presidente della Repubblica; il potere di scioglimento è sottratto al Presidente della Repubblica nel primo anno della sua elezione.
        Il Presidente della Repubblica comunica inoltre con le due Assemblee del Parlamento mediante messaggi, di cui è data lettura, che non danno luogo a dibattito e per i quali il Parlamento è riunito espressamente.
        Un particolare potere riconosciuto al Presidente della Repubblica è quello di adottare, in presenza di gravi emergenze, le misure richieste da tali circostanze. Il potere in questione si attiva qualora le istituzioni della Repubblica, l'indipendenza della Nazione, l'integrità del territorio o l'esecuzione degli impegni internazionali siano minacciati in maniera grave ed immediata ed il regolare funzionamento dei poteri pubblici costituzionali sia interrotto. In queste ipotesi il Presidente della Repubblica, di sua iniziativa, adotta misure che non possono essere indicate in via generale proprio perché devono essere di volta in volta correlate ed adeguate alla particolarità degli eventi. Si tratta, evidentemente, di poteri eccezionali, che potrebbero anche spingersi fino all'assunzione di poteri in via ordinaria spettanti ad altri organi costituzionali.
        Si tratta di misure per la cui adozione tuttavia il Presidente della Repubblica sente il Primo Ministro, i Presidenti dei due rami del Parlamento e il Presidente della Corte costituzionale; di tali misure egli informa la Nazione mediante un messaggio. I provvedimenti adottati devono tendere ad assicurare ai poteri pubblici costituzionali, nel minore tempo possibile, i mezzi necessari per provvedere ai loro compiti e la Corte costituzionale è consultata in materia. La efficacia di tali atti è pertanto limitata nel tempo ed il Parlamento non può essere sciolto durante l'esercizio dei poteri eccezionali.
        Anche in questo caso l'esercizio dei poteri è pertanto circondato da garanzie che rispondono al complessivo bilanciamento dei poteri.
        Quanto al riflesso sulla forma di governo della titolarità della funzione di indirizzo politico del Presidente della Repubblica, la proposta di legge costituzionale (nuovo articolo 92) prevede che questi nomini il Primo Ministro e lo revochi su presentazione delle dimissioni del Governo. Nel procedimento che porta alla formazione del Governo, il Capo dello Stato opera pertanto come soggetto attivo. D'altra parte è innegabile che la prassi abbia registrato comportamenti del Presidente della Repubblica sempre più incisivi nelle dinamiche delle situazioni politiche: se così è, appare certamente preferibile che poteri di direzione politica siano esercitati da un organo che trovi nel consenso popolare il suo radicamento.
        In conclusione, si auspica una sollecita approvazione della presente proposta di legge costituzionale con la quale viene proposta l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Si tratta di un tassello fondamentale della riforma costituzionale da lungo tempo atteso dalla collettività nazionale, per aumentare gli spazi di democrazia. I poteri attribuiti al Capo dello Stato sono poi strettamente legati e coerenti con la procedura per la sua elezione.




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