XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 355




        Onorevoli Colleghi! - Da alcuni anni è presente al mondo politico e culturale e, in modo particolare, all'opinione pubblica femminile, la scarsissima presenza delle donne nei luoghi decisionali, siano essi le istituzioni elettive, le istituzioni culturali, le amministrazioni dello Stato, il management pubblico e privato. Nel nostro Paese si verifica un vero e proprio paradosso, dal momento che nel corso degli anni le percentuali di scolarizzazione e di conseguimento dei diplomi e delle lauree hanno visto le donne superare gli uomini sia nel dato numerico che nelle votazioni raggiunte. Tale livello di qualità non trova alcun riscontro, però, né nel mondo del lavoro né in quello delle rappresentanze istituzionali.
        Nella Costituzione sono contenuti importanti princìpi (articolo 3 e articolo 51) che non sono stati sufficienti, pur nel corso di mezzo secolo, a modificare comportamenti e culture politiche fortemente connotate dal principio - ancorché non più esplicitamente affermato tuttavia generalmente praticato - del potere maschile. In effetti, per quanto riguarda la "pari dignità" sociale e l'uguaglianza dei cittadini "senza distinzione di sesso" (articolo 3, primo comma, della Costituzione) la Repubblica non ha rimosso gli ostacoli che, di fatto, ne limitano l'uguaglianza come disposto dal secondo comma dello stesso articolo 3 della Costituzione.
        In verità, nel 1993, nella legge che ha innovato il sistema elettorale per i comuni e in quella che modificò il sistema elettorale per l'elezione delle Camere, il Parlamento introdusse norme che miravano a favorire il riequilibrio della rappresentanza elettorale fra i sessi.
        Quelle norme, che il Parlamento approvò intendendole come risposta - sia pure tardiva - proprio al dettato del secondo comma dell'articolo 3 della Costituzione, furono dichiarate incostituzionali da una sentenza della Consulta che fu, tra l'altro, molto criticata da studiosi e costituzionalisti non meno eccellenti di coloro i quali allora emanarono quel giudizio. Gli effetti positivi della norma contenuta nella legge elettorale del 1993 si rilevano immediatamente dal semplice confronto tra il numero delle deputate elette nel 1994 (92 donne, pari al 14,60 per cento del totale) prima della sentenza della Corte, e il numero delle deputate elette nel 1996, dopo la sentenza (72, pari all'11 per cento). Dato negativo confermato anche nell'attuale legislatura che vede elette 71 donne, pari all'11 per cento del totale.
        Questo insieme di considerazioni, nonché una forte attenzione di soggetti e ambienti qualificati, tra cui quella della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, portarono la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali a redigere un testo per rendere costituzionale il principio del riequilibrio della rappresentanza politica. Non mancano poi gli atti ufficiali degli organismi europei che hanno legiferato per promuovere reali pari opportunità tra i sessi: il Consiglio d'Europa già nel 1991 approvò una raccomandazione affinché l'uguaglianza di trattamento fra uomini e donne in tutti i settori fosse iscritta come diritto fondamentale della persona a livello nazionale e internazionale. Ancora nel 1996, con la Carta di Roma, sottoscritta da quindici Ministri europei, si ribadiscono gli stessi princìpi e si afferma "la necessità di azioni concrete a tutti i livelli per promuovere la partecipazione ugualitaria di donne e uomini ai processi decisionali in tutte le sfere della società".
        Una reale democrazia paritaria si può attuare con fatti che rendano meno virtuali i principi di empowerment e mainstreaming e ciò non è una questione solo femminile ma riguarda tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno a cuore la vera democrazia del nostro sistema politico. E' per questo che è necessario oggi dare alle donne la possibilità di essere presenti nei tavoli decisionali.
        Con questo spirito la presente proposta di legge costituzionale interviene, con l'articolo 1, a modificare l'articolo 51, primo comma, della Costituzione; in particolare, si sostituiscono le parole "secondo i requisiti stabiliti dalla legge" con le seguenti: "che la legge ha il compito di promuovere", affermando così con un principio costituzionale il dovere del legislatore di attuare azioni di pari opportunità nell'accesso a uffici pubblici e a cariche elettive. Dello stesso articolo 51, inoltre, si modifica il secondo comma, sostituendolo con un testo più vincolante e meno ipotetico in cui si dichiara, fra l'altro, che "La legge stabilisce i requisiti per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive".
        Con l'articolo 2, si modifica l'articolo 56 con l'inserimento di un nuovo comma, dopo il secondo, con l'affermazione che "La legge promuove l'equilibrio della rappresentanza elettorale fra i sessi".
        L'articolo 3 prevede che la stessa affermazione sia inserita anche all'articolo 58, con l'inserimento di un nuovo comma dopo il primo. Si rende in tale modo esplicita e definitiva la costituzionalizzazione del principio del riequilibrio della rappresentanza e si offre al Parlamento uno strumento idoneo e non più rinviabile.




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