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PDL 1319

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1319



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

NANNICINI, RAVA, ROSSIELLO, SANDI, BORRELLI,
FRANCI, OLIVERIO, SEDIOLI, PREDA, STRAMACCIONI

Disposizioni per l'affidamento alle regioni di competenze in materia di conservazione degli uccelli selvatici

Presentata il 12 luglio 2001


      

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Onorevoli Colleghi! - La legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» ha introdotto nell'ordinamento italiano un sistema compiuto di norme e di procedure programmatorie che hanno attribuito allo Stato esclusivamente quei poteri espressamente riservati e connessi con i princìpi stabiliti dalla medesima legge. Per altro verso la stessa legge n. 157 del 1992 reca una forte ispirazione regionalistica ed autonomistica nella misura di cui delega alle regioni e alle province poteri e compiti espressamente previsti e menzionati.
      Con l'articolo 1 della citata legge è stata recepita la direttiva 79/409 CEE senza però specificare la disciplina che riguarda il prelievo venatorio in deroga.
      Il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 157 del 1992 assegna alle regioni la «gestione» e la «tutela» di tutte le specie della fauna selvatica. Alle regioni spetta anche, ai sensi dell'articolo 9 della medesima legge, il potere amministrativo di programmazione e coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria. Le regioni a statuto speciale esercitano le funzioni in materia di caccia e pesca quale competenza esclusiva nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti.
      Allo Stato spetta di provvedere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, alla determinazione degli elenchi delle specie cacciabili, nonché alle variazioni da apportare a tali elenchi, con la dettagliata procedura disciplinata dall'articolo 18, comma 3, della legge n. 157 del 1992.
      Questa competenza statale risponde alla tutela dei cosiddetti «interessi unitari» e non ha nulla a che fare con l'attuazione concreta dell'articolo 9 della direttiva 79/409 CEE.
 

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      Del resto anche sul piano concettuale la distinzione ha un preciso fondamento. L'elencazione fornisce un quadro stabile di riferimento per tutto il territorio nazionale e non comporta nessun intervento attuativo per le regioni, mentre la «deroga», può essere esercitata dalle singole regioni a seconda della concreta realtà territoriale ed ha carattere temporaneo, eccezionale ed efficacia limitata alla propria dimensione territoriale.
      Non si tratta di una regola di riparto delle competenze ma di un principio guida in base al quale le competenze debbono, in via preferenziale, essere esercitate dall'istituzione più vicina ai cittadini ed al territorio interessato.
      Sono infatti le regioni e non lo Stato che possono intervenire, a seguito di condizioni locali di emergenza, conseguenti alla consistenza faunistica, per il controllo della fauna selvatica a tutela della salute pubblica e delle produzioni locali. La legge in questo caso non prevede che sia lo Stato ad autorizzare «piani di abbattimento» o ad ampliare i soggetti abilitati, purché dotati di licenza di caccia, ad operare sulla fauna selvatica, ma prescrive che siano le regioni a prevedere anzitutto l'utilizzo di metodi ecologici e quindi, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, ed effettuare i piani di abbattimento ad opera dei soggetti investiti di pubbliche funzioni tassativamente indicati o, in mancanza, con l'ausilio degli agricoltori interessati. Tali piani riguardano anche le zone sottoposte a divieto di caccia e tutte le specie di cui all'articolo 18 della legge n. 157 del 1992. Pertanto, detti piani non hanno nessuno dei caratteri propri del prelievo venatorio in deroga, che riguarda, invece, una specifica classificazione della specie escluse dall'elenco di quelle cacciabili.
      La disciplina comunitaria considera la caccia uno dei modi in cui si esercita una saggia utilizzazione del patrimonio costituito dall'avifauna e dalla fauna selvatica in generale, in base al criterio fondamentale dell'impedimento della scomparsa delle specie selvatiche e della loro conservazione e ripopolamento (si veda la premessa alla direttiva 79/409 CEE).
      La normativa comunitaria precisa le condizioni ed i limiti del prelievo venatorio in deroga, prescrivendo che possa attuarsi in assenza di altri mezzi soddisfacenti. In particolare la deroga deve contenere: l'indicazione delle specie, le forme ed i mezzi del prelievo, la durata massima, il numero dei capi, il divieto di commercializzazione dei capi stessi, eccetera. Da ciò si evince come non sia possibile per lo Stato centrale operare con decreto o stabilire normative che coartino in qualche modo le potestà regionali, che sole possono esplicarsi efficientemente in base alle singole consistenze faunistiche e in rapporto alla tutela delle produzioni agricole ed ittiche nonché per gli altri motivi di tutela stabiliti dalla stessa direttiva.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità di esercizio delle deroghe previste dall'articolo 8 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, di seguito denominata «direttiva», nell'ambito dei princìpi stabiliti dalla presente legge che costituiscono, altresì, norme fondamentali di riforma economico-sociale.

Art. 2.

      1. Le deroghe di cui all'articolo 1 possono essere disposte soltanto quando non vi siano altre soluzioni soddisfacenti per il raggiungimento delle finalità indicate dall'articolo 9 della direttiva e per periodi determinati strettamente necessari al soddisfacimento delle ragioni che ne hanno determinato l'adozione, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e gli osservatori faunistici venatori, ove istituiti.

Art. 3.

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, relativamente al controllo della fauna selvatica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongono le deroghe di cui all'articolo 9 della direttiva relativamente al proprio territorio. Nell'ambito del territorio provinciale le deroghe sono attuate dalle province, sentiti gli ambiti territoriali di caccia, secondo le modalità stabilite dalla legge regionale.
      2. Le deroghe di cui al paragrafo 1, lettera c), dell'articolo 9 della direttiva sono disposte sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica e gli osservatori faunistici venatori e non possono avere

 

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comunque ad oggetto specie per le quali sia stata dichiarata la grave diminuzione della consistenza numerica.

Art. 4.

      1. Il provvedimento di deroga deve specificare:

          a) le specie che formano oggetto della medesima;

          b) i soggetti abilitati al prelievo;

          c) i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati;

          d) le circostanze di tempo ed i luoghi del prelievo;

          e) il numero dei capi prelevabili complessivamente nell'intero periodo, in relazione alla consistenza delle popolazioni di ciascuna specie;

          f) i controlli e le forme di vigilanza sul prelievo;

          g) la motivazione, con riferimento alle ragioni indicate al comma 1 dell'articolo 9 della direttiva.

Art. 5.

      1. Entro il 31 maggio di ogni anno ciascuna regione trasmette alla Presidenza del Consiglio dei ministri e all'Istituto nazionale per la fauna selvatica nonché alle altre amministrazioni interessate una relazione analitica sull'esercizio delle deroghe di cui alla presente legge.


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