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PDL 6012

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6012



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PISAPIA, BULGARELLI, LEONI, BOATO, CENTO, DEIANA, FOLENA, MASCIA, NARDINI, PISTONE, REALACCI, RUSSO SPENA, SASSO, VALPIANA, ZANOTTI

Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286

Presentata il 21 luglio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - L'insieme delle disposizioni giuridiche che attualmente regolano le condizioni di accesso e di permanenza dello straniero nel nostro Paese si sostanzia in un ordinamento speciale ed emergenziale che, oltre a porsi in netto contrasto con i princìpi cardine dello Stato di diritto, non realizza neppure efficacemente, peraltro, l'obiettivo auspicato dai legislatori della XIII e della XIV legislatura (che hanno da ultimo modificato la materia), ovvero il contrasto all'immigrazione clandestina. In particolare, nell'approccio alla delicata materia si è persistito in un atteggiamento ingiustamente punitivo per un fenomeno, qual è l'immigrazione clandestina, che andrebbe invece governato con norme efficaci, ma comunque rispettose dei diritti fondamentali dell'individuo e dei princìpi costituzionali.
      La presente proposta di legge - che scaturisce dalla riflessione e dall'impegno dell'associazione Antigone - vuole essere un punto di partenza per un intervento legislativo ormai necessario che, rivedendo in toto la disciplina che regola il fenomeno migratorio, definisca, da un lato, le iniziative per ridurre al minimo l'immigrazione clandestina, ma preveda, dall'altro, concrete misure di politica attiva a favore degli immigrati regolari.
      Rispetto alla disciplina vigente, si impone peraltro una modifica sostanziale in ordine, ad esempio, alle modalità di accertamento rispetto agli stranieri trovati senza titoli di soggiorno, che non possono
 

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prescindere in ogni caso dal pieno rispetto dei diritti e delle garanzie accordati dal nostro ordinamento a tutti. Infine, è doveroso superare l'ambiguo e discutibile ruolo dei centri di permanenza temporanea e assistenza, definendo un sistema alternativo di controllo degli stranieri soggetti alla procedura di espulsione che si ponga al di fuori di schemi coattivi, nonché potenzialmente lesivi della dignità umana.
      L'auspicata revisione del complesso di tali norme non può, in ogni caso, prescindere da un intervento urgente, e non più procrastinabile, sui centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA), istituiti ai sensi dell'articolo 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni: veri e propri luoghi di privazione della libertà personale, nei quali sono trattenute persone che non hanno commesso alcun reato, né sono sottoposte a procedimento penale. Trattasi infatti di detenzione amministrativa (che, in base alla legge vigente, può arrivare sino a sessanta giorni, ma che nei fatti ha spesso anche superato il limite legislativo) che, in particolare, scatta per mancanza di documenti, o anche, semplicemente, quando le Forze di polizia non sono in grado di eseguire subito l'espulsione per le ragioni più varie.
      La finalità identificativa - in vista dell'espulsione - che soggiace all'istituzione dei CPTA (nelle intenzioni del legislatore del 1998) - è peraltro contraddetta dalle numerose ipotesi in cui un cittadino extracomunitario è ristretto a più riprese senza che l'identificazione o il rimpatrio abbiano avuto luogo. In base ai dati ufficiali, i trattenimenti nei CPTA avrebbero interessato 14.223 vite umane nel 2003 e ben 15.647 nel 2004; di queste persone, circa la metà è stata espulsa, mentre un quarto sarebbe stato rilasciato dopo i sessanta giorni prescritti dalla legge. Dunque, meno del 50 per cento dei trattenuti, sarebbe stato effettivamente espulso.
      A questo dato va aggiunta, inoltre, la consapevolezza delle condizioni di vita inumane presenti nei CPTA. Ben si comprende come tale situazione, inaccettabile e inammissibile in un Paese democratico, lungi dal trovare soluzione in una mera regolamentazione dei CPTA in direzione di una maggiore sensibilità rispetto alla dignità delle persone trattenute, richieda - pure nella consapevolezza della necessità di una riforma organica dell'intera materia - una modifica, in primis, agli articoli 13 e 14 del citato testo unico sull'immigrazione.
      Si ritiene necessario, quindi, trasformare i CPTA in strutture che, da centri di «detenzione amministrativa», diventino luoghi con funzione (umanitaria) di prima accoglienza dei migranti appena giunti in Italia, ovvero di domiciliazione di persone che, destinatarie di un provvedimento di espulsione non definitivo e sottoposte alla misura di sorveglianza particolare disposta dal tribunale su richiesta motivata del questore, non abbiano altro luogo dove dichiarare il domicilio eletto in pendenza del procedimento giurisdizionalizzato di espulsione, come previsto dalla presente proposta di legge.
      In particolare, l'esecuzione del decreto di espulsione è sospesa fino al momento in cui il provvedimento è soggetto a gravame e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini previsti, sino all'udienza fissata per la decisione sul ricorso. È comunque garantita la salvaguardia dell'ordine pubblico, in quanto la polizia può controllare gli immigrati, in pendenza di procedimento espulsivo, attraverso la misura di sorveglianza particolare.
      Nei confronti dello straniero che rispetti tutti gli obblighi indicati nella misura di sorveglianza speciale non si applica, in caso di rigetto del ricorso e conseguente esecutività del provvedimento che dispone l'espulsione, il divieto di rientro in Italia per dieci anni, previsto al comma 14 dell'articolo 13 del citato testo unico, come sostituito dalla legge n. 189 del 2002, né la segnalazione al Sistema d'informazione Schengen, in tale modo incoraggiando il rispetto delle misure imposte
 

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nell'ambito della sorveglianza speciale.
      Nei confronti di chi si renda irreperibile, violando gli obblighi della sorveglianza speciale, può scattare l'arresto; inoltre, il decreto che dispone l'espulsione sarebbe immediatamente esecutivo nei confronti di chi rientri in Italia senza rispettare l'ordine di non farvi ritorno.
      In materia di garanzie nel procedimento, fra le altre novità significative introdotte dalla proposta di legge, si segnalano le seguenti:

          1) l'aumento da sessanta a novanta giorni per poter chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto senza che scatti l'espulsione. Ciò in quanto le «maglie» della burocrazia, già complicate per un italiano, divengono spesso inestricabili per una persona che non conosce la nostra lingua; il provvedimento di espulsione deve essere sempre comunicato all'interessato in modo che ne capisca i contenuti, e, in caso di impossibilità, deve essere messo a disposizione da subito un interprete, pena la invalidità del provvedimento di espulsione; l'assistenza di un difensore è anticipata al momento della comunicazione del provvedimento di espulsione;

          2) è eliminata l'inderogabilità del limite minimo di dieci anni per il rientro in Italia degli espulsi, nell'ipotesi in cui il giudice ritenga, nei casi di persone che abbiano tenuto un buon comportamento, di consentire loro di tornare anche immediatamente nel nostro Paese,

      Al fine di raggiungere l'auspicato risultato di espungere dal nostro ordinamento la detenzione nei CPTA, e di introdurre un procedimento giurisdizionale e garantista in relazione all'espulsione, è necessario riformulare, quindi, gli articoli 13 e 14 del testo unico, modificati dal decreto-legge n. 241 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 271 del 2004, anche in riferimento al giudice competente per la convalida e per la decisione relativa all'impugnazione del decreto di espulsione, assicurando quindi ai migranti quel nucleo minimo di garanzie individuato come costituzionalmente necessario dalla giurisprudenza costituzionale (inter alia, sentenze n. 161 del 2000, n. 105 del 2001, n. 222 del 2004, ordinanza n. 35 del 2002).
      L'articolo 3 della proposta di legge stabilisce l'abrogazione delle norme che prevedono l'espulsione a titolo di misura di sicurezza a fine pena. Esse, infatti, fanno venire meno ogni istanza risocializzante della pena detentiva che così si trasforma in mera punizione.
      L'articolo 4 della proposta di legge dispone, invece l'abrogazione dell'articolo 1-bis del decreto-legge n. 416 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 1990, (introdotto dalla legge n. 189 del 2002) che - in aperta collisione con l'articolo 31 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Ginevra, 1951), resa esecutiva ai sensi della legge n. 722 del 1954 (che vieta di punire l'ingresso o il soggiorno irregolare del richiedente asilo) - ha introdotto nel nostro ordinamento il trattenimento del richiedente asilo in centri di identificazione. Una modifica necessaria anche in considerazione dei rilievi critici sollevati dal Consiglio di Stato in sede consultiva (adunanza del 26 gennaio 2004) relativamente all'accoglienza dei rifugiati e alla preoccupazione per la mancanza di garanzie elementari. È inoltre modificato il comma 6 dell'articolo 1-ter del medesimo decreto-legge n. 416 del 1989, nella parte relativa all'immediata esecutività del provvedimento che dispone l'espulsione a seguito del diniego del riconoscimento dello status di rifugiato da parte delle commissioni territoriali.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Espulsione amministrativa).

      1. L'articolo 13 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 13. - (Espulsione amministrativa) - 1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
      2.
L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

          a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10;

          b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da piú di novanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo;

          c) appartiene a talune delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.

      3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l'autorità

 

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giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale.
      4. L'espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:

          a) è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l'intimazione;

          b) è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento.

      5. Si procede altresì all'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2, lettera a), qualora quest'ultimo sia privo di valido documento attestante la sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativa, un concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga alla esecuzione del provvedimento.
      6. Negli altri casi non previsti dal comma 5, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio di polizia di frontiera.
      7. Il decreto di espulsione, nonché il verbale di intimazione, e ogni altro atto concernente il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati allo straniero interessato, unitamente alla indicazione delle modalità di impugnazione del provvedimento. Ognuno di questi atti deve essere tradotto allo straniero in una lingua da lui conosciuta. Qualora ciò non sia possibile, allo straniero devono essere comunque notificati gli atti in lingua inglese o francese o spagnola e messo immediatamente a disposizione

 

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un interprete, pena la invalidità del provvedimento di espulsione. Il decreto di espulsione, nonchè il verbale di intimazione, devono essere comunicati immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla loro adozione al tribunale ordinario territorialmente competente. Entro quarantotto ore dalla ricezione il tribunale decide in ordine alla convalida del provvedimento. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito e l'audizione dell'interessato, salvo il caso di documentato impedimento assoluto o di rinuncia. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dal comma 10. Contestualmente, ed entro gli stessi termini stabiliti dal presente comma, il questore richiede altresì al tribunale l'applicazione, nei confronti della persona da espellere, della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l'obbligo di soggiorno in una determinata località e con l'obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Nel caso di stranieri privi di dimora, agli stessi è data facoltà di indicare quale domicilio utile il centro di temporanea assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze. In caso di violazioni degli obblighi derivanti dalle misure di sorveglianza speciale, ivi compresa la dimora nei citati centri, lo straniero è punito con l'arresto sino ad un mese. Allo straniero che rispetta tutti gli obblighi indicati nella misura di sorveglianza speciale non si applicano i divieti di cui al comma 14 e non si procede ad effettuare la segnalazione al Sistema di informazione Schengen. I provvedimenti relativi alla convalida e all'applicazione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza sono ricorribili in cassazione.
      8. Avverso il decreto di espulsione, salvo quanto previsto al comma 11, puó essere presentato unicamente ricorso al tribunale, entro quindici giorni dalla comunicazione della convalida del decreto o del provvedimento. Il decreto di espulsione
 

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e i provvedimenti conseguenti sono sospesi fino alla decorrenza dei termini di impugnazione e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini stabiliti, sino all'udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo.

      9. Il tribunale, in contraddittorio con l'interessato e nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura penale, accoglie o rigetta il ricorso decidendo entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso stesso. La decisione di accoglimento del ricorso può avvenire anche nei casi in cui, pur essendo legittimo il provvedimento di espulsione ai sensi del presente testo unico, l'interessato adduca ragionevoli motivi che giustifichino il soggiorno regolare nel nostro Paese. Nel caso in cui il tribunale non decida entro il termine ordinatorio di dieci giorni, il tribunale su istanza di parte può disporre la sospensione cautelare della misura di sorveglianza particolare.
      10. Il ricorso può essere sottoscritto in ogni caso anche personalmente. Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato al momento della comunicazione del provvedimento di espulsione nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete.
      11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.
      12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.
      13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione è nuovamente espulso con accompagnamento immediatamente esecutivo a seguito di convalida.
 

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      14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di cinque anni, salvo quanto previsto dal penultimo periodo del comma 7 del presente articolo e dall'articolo 14 e salvo che il tribunale o il tribunale amministrativo regionale, con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne determinino diversamente la durata sulla base di motivi legittimi addotti dall'interessato e tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel territorio dello Stato.
      15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore del presente testo unico».

Art. 2.
(Esecuzione dell'espulsione).

      1. L'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 14. - (Esecuzione dell'espulsione). 1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla identità o alla nazionalità dello straniero da espellere, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, il questore del luogo in cui lo straniero si trova può richiedere, anche in via di urgenza e senza altre formalità, al tribunale l'applicazione, nei confronti della persona da espellere, della misura della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, con l'obbligo di soggiorno in una determinata località e con l'obbligo di dimora in determinate ore della giornata. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni previste dai commi 7 e seguenti dall'articolo 13».

 

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Art. 3.
(Espulsione a titolo di misura di sicurezza disposta dal giudice nella sentenza di condanna).

      1. Gli articoli 235 e 312 del codice penale sono abrogati nella parte in cui prevedono l'espulsione a titolo di misura di sicurezza disposta dal giudice nella sentenza di condanna.
      2. L'articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 4.
(Trattenimento dei richiedenti asilo ed esecutività dei provvedimenti espulsivi conseguenti al diniego del riconoscimento da parte delle commissioni territoriali).

      1. L'articolo 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 22 della legge 30 luglio 2002, n. 189, è abrogato, nella parte in cui prevede la possibilità di trattenere, obbligatoriamente o facoltativamente, i soggetti richiedenti asilo. Nei casi previsti dal medesimo articolo 1-bis nel testo previgente alla data di entrata in vigore della presente legge, il questore può disporre la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dei commi 7 e seguenti dell'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come da ultimo sostituito dall'articolo 1 della presente legge, in quanto compatibili.
      2. Al comma 6 dell'articolo 1-ter del decreto-legge 20 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189, le parole: «L'eventuale ricorso, ovvero la decisione» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «L'eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale territorialmente competente entro quindici

 

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giorni dalla decisione. Il provvedimento che dispone l'espulsione a seguito del diniego amministrativo resta sospeso fino al momento in cui il provvedimento è soggetto a gravame e, in caso di proposizione del ricorso entro i termini stabiliti nel presente articolo, sino all'udienza fissata per la decisione sul ricorso medesimo. In tale ipotesi è prevista la proroga della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza precedentemente adottata».
      3. Il Governo è autorizzato ad apportare le necessarie modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, conseguenti alle nuove norme introdotte dalla presente legge, prevedendo, in particolare, che ogni riferimento alle ipotesi di trattenimento degli stranieri nei centri di identificazione e nei centri di permanenza temporanea e assistenza sia sostituito dall'applicazione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.


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