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PDL 6298

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6298



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUEMI, BOSELLI, INTINI, VILLETTI, ALBERTINI, CEREMIGNA, DI GIOIA, GROTTO, MANCINI, PAPPATERRA

Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di tutela sociale della maternità e di interruzione volontaria della gravidanza

Presentata il 26 gennaio 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - Ben lontani dall'escalation paventata dagli oppositori, la legalizzazione dell'aborto ha comportato una riduzione di quasi il 60 per cento del numero di interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) tra le donne italiane, dimostrando la bontà della scelta di allora, anche se da una decina di anni la curva di riduzione tende a stabilizzarsi e non si può rimanere indifferenti di fronte al persistere di un 15 per cento di aborti clandestini, concentrato soprattutto nelle regioni del sud Italia. Le donne immigrate, con un tasso di abortività di quattro volte superiore a quello delle donne italiane e con un tasso di natalità di circa tre volte superiore, sembrano essere in grado di influenzare le statistiche sui nati e sugli aborti, anche se nel giro di cinque anni di permanenza in Italia tendono ad assumere le caratteristiche riproduttive delle donne italiane. Questa osservazione riguarda non solo le donne provenienti dai Paesi dell'est, dove in gran parte l'aborto è legale, ma anche le donne che provengono da quei Paesi, africani, latini e asiatici, dove l'aborto è vietato, di massa e clandestino. Per molte di queste donne, che tendono a rifiutare la contraccezione, l'aborto è un fattore culturale di limitazione delle nascite come lo era stato in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 22 maggio 1978, n. 194.
      La presente proposta di legge di riforma vuole rappresentare queste nuove esigenze e realtà, a partire dai limiti che emergono da una applicazione parziale, contraddittoria e disomogenea sul territorio della normativa.
      Si tratta, innanzitutto, di garantire una corretta e completa applicazione della legge n. 194 del 1978, sulla base dell'esperienza
 

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acquisita, invertendo una propensione diffusa al disinteresse; per anni l'IVG è stata ai margini delle attenzioni del mondo della sanità, sebbene abbia costituito il più diffuso intervento chirurgico femminile, superato soltanto recentemente dai tagli cesarei.
      Ancora più gravi sono state e sono l'indifferenza e l'ignavia nei confronti delle attività di prevenzione, soprattutto quelle riferite alla prevenzione primaria, che dovrebbe concretizzare il «diritto alla procreazione cosciente e responsabile», proclamato dalla legge n. 194 del 1978, ed è il terreno privilegiato sul quale occorre agire «per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite». Infatti, è solo riducendo il numero di gravidanze indesiderate che si può ridurre ulteriormente il numero di aborti. Va in questa direzione l'abolizione dell'obbligo di ricetta per la contraccezione d'emergenza (cosiddetta «pillola del giorno dopo»).
      Con la presente proposta di legge si vuole riprendere lo sforzo di prevenzione, promuovere l'uso della contraccezione, garantire tempi certi per le donne che intendono procedere all'IVG, tutelando, accanto all'obiezione di coscienza, la certezza dell'applicazione della legge.
      Infatti, nonostante le disposizioni prevedano che l'intervento per l'IVG debba essere praticato «immediatamente», in caso di certificazione di urgenza, e «alla scadenza dei sette giorni», in caso di procedura ordinaria, oggi trascorrono mediamente oltre 21 giorni da quando la donna chiede il primo appuntamento. Più precisamente: i tempi di attesa, dalla richiesta dell'appuntamento all'intervento, superano nell'80 per cento dei casi le tre settimane e in circa un quarto dei casi addirittura il mese, un lasso di tempo pesante sia sul piano fisico che psicologico. Con la presente proposta di legge le procedure per l'IVG nei primi novanta giorni sono precisate con cura, fissando tempi certi alla struttura che è tenuta ad effettuare l'intervento.
      Analogamente, vengono ampliate le possibilità in cui è possibile procedere all'IVG oltre i novanta giorni a tutela della salute della madre e della qualità della vita del nascituro.
      L'obiezione di coscienza viene confermata, creando, però, un meccanismo a tutela dell'applicazione della legge e di limitazione degli abusi. A tale proposito, deve fare riflettere questa palese contraddizione: la quasi totalità dei medici obiettori consiglia, e spesso pratica, la diagnosi prenatale, che ha lo scopo di individuare gli embrioni ed i feti da avviare alle procedure abortive.
      La presente proposta di riforma della legge n. 194 del 1978 estende la possibilità di effettuare l'IVG anche a medici di strutture private, autorizzate dalla regione, come accade per qualsiasi altro intervento sanitario, senza minimamente intaccare il diritto della donna di effettuare l'intervento nelle strutture pubbliche.
      In conclusione, questa proposta di legge mantiene l'impianto della legge n. 194 del 1978, di cui costituisce un'evoluzione aggiornata; la sua approvazione permetterà di tutelare meglio la salute della donna, favorendo la prevenzione, proteggendo la donna nel proprio percorso decisionale, ampliando le sue possibilità di scelta e garantendole che l'intervento di IVG sarà eseguito nel modo più sicuro ed efficace.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo il secondo comma dell'articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, sono inseriti i seguenti:

      «Lo Stato garantisce la salute della donna e la sua libertà di pianificare le proprie gravidanze nel numero, nei modi e nei tempi ritenuti più opportuni dalla donna stessa.
      Nessuna donna può essere obbligata a portare avanti una gravidanza e ad affrontare i rischi fisici, psichici, economici e sociali connessi o conseguenti, sia per la donna stessa che per la sua famiglia.
      Compito dello Stato, delle regioni e degli enti locali è quello di contribuire a rimuovere la cause che possono indurre all'interruzione della gravidanza nel rispetto della libera valutazione della donna  ».

      2. Il terzo comma dell'articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Lo Stato, le regioni e gli enti locali promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari e garantiscono la possibilità di accesso ai mezzi per il controllo delle nascite, ai metodi contraccettivi ordinari ed a quelli di emergenza in condizioni di efficacia e di sicurezza».

Art. 2.

      1. Al secondo comma dell'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo la parola: «nascita» sono aggiunte le seguenti: «e collaborare nelle attività di prevenzione primaria delle gravidanze indesiderate».
      2. Dopo il secondo comma dell'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, come

 

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modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

      «È abolito l'obbligo di ricetta medica per i farmaci registrati per la contraccezione d'emergenza».

      3. Il terzo comma dell'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «La prescrizione e la fruizione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile sono consentite anche ai minori».

Art. 3.

      1. L'articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Art. 4. - 1. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna si rivolge a un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a un medico».

Art. 4.

      1. L'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - 1. Il consultorio, o il medico, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, ha il compito, qualora la donna lo richieda, di esaminare con la donna e, qualora la donna lo consenta ed egli accetti, con la persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni ai problemi proposti per aiutarla a superare quelle cause che, se rimosse, potrebbero indurla a non interrompere la gravidanza, prospettandole gli aiuti di cui potrà con ragionevole certezza usufruire durante la gravidanza, al momento del parto e successivamente per l'assistenza del nucleo familiare.
      2. Il consultorio e il medico informano la donna sulle procedure e sui metodi di interruzione della gravidanza appropriati

 

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per il suo specifico caso e sulle strutture esistenti presso le quali potere praticare l'intervento per l'interruzione della gravidanza, nonché sui mezzi per il controllo delle nascite.
      3. Quando il medico riscontra l'esistenza di condizioni tali da rendere urgente l'interruzione della gravidanza, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l'urgenza, con il quale la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate e iniziare subito l'intervento abortivo.
      4. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, il medico rilascia alla donna un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l'avvenuta richiesta di interruzione. Con tale documento la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate per effettuare l'intervento abortivo più indicato per l'epoca gestazionale e per i desideri della donna stessa, tenuto fermo il principio della minore invasività. L'intervento deve essere effettuato entro quattordici giorni dalla data in cui è stato redatto il documento o, in alternativa, entro sette giorni dalla data in cui la donna presenta il documento presso la sede autorizzata».

Art. 5.

      1. La lettera b) dell'articolo 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituita dalle seguenti:

          «b) quando la gravidanza implichi un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna;

          b-bis) quando siano accertati importanti anomalie o malformazioni che possano compromettere in modo rilevante la qualità della vita del nascituro;

          b-ter) quando siano accertate condizioni personali e sociali per cui il proseguimento della gravidanza possa comportare gravi pericoli per il benessere sociale della donna o per la sua famiglia, non superabili con gli interventi sociali ed economici di cui la donna potrà ragionevolmente usufruire».

 

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Art. 6.

      1. Il terzo comma dell'articolo 7 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nei casi di cui alla lettera a) o di cui alla lettera b-bis) dell'articolo 6, quando vi siano gravi malformazioni o anomalie che comportino una presumibile grave compromissione della qualità della vita. I casi di cui alla citata lettera b-bis) dell'articolo 6 sono accertati da una commissione di tre medici, di cui uno con competenze di neonatologia, e la decisione viene presa a maggioranza, dopo avere valutato il caso insieme alla madre e a colui che è indicato come il padre del concepito».

Art. 7.

      1. L'articolo 8 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Art. 8. - 1. Per l'interruzione della gravidanza la donna si rivolge ad una azienda ospedaliera o ad una azienda sanitaria locale, le quali sono tenute ad occuparsi della richiesta della donna, nel rispetto della dignità e della riservatezza, procedendo all'intervento direttamente o mediante accordi con altri enti.
      2. Le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie locali sono tenute a garantire entrambi gli interventi, medici e chirurgici, per le interruzioni della gravidanza, i quali possono essere praticati anche presso i consultori e le strutture territoriali.
      3. Per l'interruzione volontaria della gravidanza la donna può rivolgersi, altresì, agli studi medici e alle strutture sanitarie autorizzati dalla regione.
      4. La regione stabilisce e aggiorna annualmente le tariffe per le varie tecniche di interruzione della gravidanza e definisce gli onorari di riferimento per tutte le procedure di pagamento e di rimborso.

 

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      5. Le regioni, nell'ambito di un piano regionale, possono individuare le sedi ospedaliere e territoriali ove sono praticate le interruzioni della gravidanza, garantendo che tra la sottoscrizione del documento di richiesta dell'intervento di cui all'articolo 5 e l'intervento stesso non trascorrano, di norma, più di quindici giorni.
      6. Gli interventi per l'interruzione volontaria della gravidanza sono praticati da un medico ostetrico ginecologo.
      7. In qualsiasi momento, anche quando gli atti medici o chirurgici finalizzati a interrompere la gravidanza sono già in atto, se la donna lo richiede, si deve sospendere la procedura in corso garantendo l'assistenza conseguente».

Art. 8.

      1. L'articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:

      «Art. 9. - 1. Lo Stato riconosce la possibilita di sollevare obiezione di coscienza sulla base di un convincimento morale interiorizzato, ma garantisce comunque l'esecuzione dell'interruzione della gravidanza a tutela della salute della donna e della salute collettiva della popolazione.
      2. Il personale sanitario ed esercente le attivita ausiliarie che solleva obiezione di coscienza non deve prendere parte alle procedure e alle attività specificamente e necessariamente dirette a provocare l'interruzione della gravidanza, ma è tenuto a garantire l'assistenza durante e dopo l'esecuzione dell'aborto.
      3. Il personale obiettore non può comunque esimersi dall'intervento di assistenza quando vi è un pericolo imminente per la vita della donna o, comunque, un grave rischio per la sua integrità fisica e psichica.
      4. Le convinzioni personali che determinano l'obiezione di coscienza non devono pregiudicare in alcun modo, diretto o indiretto, la presa in cura della donna o recarle danno nella tutela sanitaria

 

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della sua scelta. L'obiezione di coscienza viene comunicata alla regione tramite il direttore sanitario o il dirigente sanitario competente all'atto dell'assunzione, della stipulazione di una convenzione o dell'abilitazione ed è immediatamente efficace. Può essere comunicata successivamente in qualunque momento e la sua efficacia o la sua revoca inizia dal mese successivo.
      5. La comunicazione di obiezione è un atto pubblico e annualmente la regione pubblica l'elenco dei medici obiettori e dei medici non obiettori, suddiviso per azienda sanitaria locale ed ospedaliera, per presidio ospedaliero e per divisione o servizio di ostetricia e ginecologia. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere aggiornano annualmente gli elenchi dei propri medici, esponendoli all'entrata degli ospedali, dei poliambulatori, dei consultori e dei reparti di ostetricia e ginecologia con indicata la eventuale condizione di obiettore.
      6. Se chi ha sollevato obiezione di coscienza prende parte a procedure abortive volontarie al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, oltre alla revoca immediata, indipendentemente da ogni altra implicazione penale e civile, viene sottoposto a procedimento disciplinare presso la struttura sanitaria e l'ordine provinciale competente, con la previsione di una sospensione dall'esercizio della professione di almeno sei mesi.
      7. Al fine di assicurare l'applicazione della presente legge, nelle divisioni ove si praticano le interruzioni volontarie della gravidanza deve essere garantito che il 50 per cento del personale sia non obiettore, anche mediante procedure di trasferimento e di mobilità. Sono assicurate indennità specifiche per il disagio connesso alla pratica degli interventi per l'interruzione volontaria della gravidanza».

Art. 9.

      1. Al primo comma dell'articolo 11 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «L'ente ospedaliero, la casa di

 

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cura o il poliambulatorio nei quali l'intervento è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale» sono sostituite dalle seguenti: «Le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie locali e le strutture autorizzate nelle quali l'intervento è stato eseguito sono tenute ad inviare alla regione tramite il dirigente sanitario».

Art. 10.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, sono inseriti i seguenti:

      «Se la donna è di età superiore a quattordici anni può rivolgersi al consultorio o al medico, e richiedere l'interruzione della gravidanza senza bisogno dell'assenso di chi esercita la patria potestà o la tutela.
      Se la donna è di età inferiore a diciotto anni, il consultorio o il medico, avvalendosi eventualmente di specialisti, valuta con la donna stessa se le circostanze consentono di informare chi esercita la patria potestà o la tutela».

      2. Al secondo comma dell'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «inferiore ai diciotto anni» sono sostituite dalle seguenti: «inferiore ai quattordici anni».
      3. Al terzo comma dell'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo la parola: «salute» sono inserite le seguenti: «, fisica o psichica,».

Art. 11.

      1. Al primo comma dell'articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'aggiornamento professionale di cui al presente comma deve essere previsto annualmente in modo separato e specifico».
      2. All'articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, come modificato dal presente

 

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articolo, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «La partecipazione alle procedure previste dalla presente legge non deve determinare alcun pregiudizio per la carriera e la crescita professionale del medico e del personale esercente le arti ausiliari».

Art. 12.

      1. Al secondo comma dell'articolo 19 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «fino a lire centomila» sono sostituite dalle seguenti: «fino a mille euro».


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