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PDL 2273-A

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2273-2599-2619-2875-3065-A



 

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RELAZIONE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE
(FINANZE)

presentata alla Presidenza l'8 febbraio 2006

(Relatore: MAURO)

sulle

PROPOSTE DI LEGGE

n. 2273, d'iniziativa del deputato SERENA

Disposizioni per la quotazione obbligatoria in borsa degli istituti di credito e modalità per l'esercizio del diritto di voto da parte dei soci azionisti di banche popolari

Presentata il 1o febbraio 2002


NOTA:   Per i testi delle proposte di legge si vedano i relativi stampati.
 

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n. 2599, d'iniziativa del deputato JANNONE

Trasformazione delle banche popolari quotate in società per azioni di diritto speciale

Presentata il 3 aprile 2002

n. 2619, d'iniziativa dei deputati

PINZA, LETTIERI, LETTA, SANTAGATA,

STRADIOTTO, FRIGATO, BOTTINO, LOIERO

Disposizioni per la regolamentazione delle banche popolari

Presentata il 9 aprile 2002

2875, d'iniziativa dei deputati

GIANCARLO GIORGETTI, CÈ, BALLAMAN, BIANCHI CLERICI, BRICOLO, CAPARINI, DIDONÈ, GUIDO DUSSIN, LUCIANO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, DARIO GALLI, GIBELLI, LUSSANA, MARTINELLI, FRANCESCA MARTINI, PAROLO, POLLEDRI, RIZZI, GUIDO ROSSI, SERGIO ROSSI, STUCCHI, VASCON

Disposizioni in materia di banche popolari

Presentata il 19 giugno 2002

n. 3065, d'iniziativa dei deputati

PATRIA, BLASI, CROSETTO, SARO, ZORZATO

Disposizioni in materia di banche popolari cooperative

Presentata il 24 luglio 2002
 

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Onorevoli Colleghi! Il presente intervento legislativo intende rispondere all'esigenza di apportare taluni correttivi all'assetto normativo delle banche popolari, al fine di rafforzarne le strutture e di accompagnarle verso un'ulteriore crescita, che le consenta sostenere pienamente le sfide poste dal progressivo allargamento del mercato finanziario, operando in un contesto competitivo oggettivamente mutato.
      Al tempo stesso il provvedimento è ispirato all'esigenza di non stravolgere gli equilibri raggiunti nella più che secolare esperienza delle banche popolari, che, grazie soprattutto alla loro capacità di riunire attorno ad obiettivi condivisi tutti i portatori di interessi coinvolti, ha consentito al sistema delle banche popolari nel suo complesso di registrare elevati livelli di crescita dimensionali ed un alto tasso di redditività, di incrementare la propria quota di mercato, il livello dei depositi e degli impieghi, spesso in misura superiore al resto del sistema bancario nazionale, nonché di garantire una capillare presenza sul territorio, costituendo un punto di riferimento essenziale per il sostegno al tessuto economico locale, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
      La necessità di procedere ad una revisione della disciplina sulle banche popolari era inoltre resa urgente dalle iniziative assunte in merito dalla Commissione europea, la quale aveva avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia, inviando circa due anni fa al Governo italiano una lettera di messa in mora, nella quale si prospettava il possibile contrasto delle disposizioni del Testo unico bancario in materia di banche popolari relative al voto capitario, al limite di possesso azionario, alla clausola di gradimento dei nuovi soci ed al limite alle deleghe di voto in assemblea, con i principi, sanciti dagli articoli 43 e 56 del Trattato europeo, concernenti la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali.
      Nel corso dell'esame in sede referente, che si è protratto dal giugno del 2002 al gennaio del 2006, la Commissione ha svolto un'approfondita istruttoria legislativa, procedendo, probabilmente per la prima volta nella storia del Parlamento repubblicano, ad una serie di audizioni con i principali esponenti del mondo delle banche popolari, nonché con molti dei più autorevoli esperti in materia, proprio al fine approfondire in tutti i suoi aspetti la normativa vigente e le sue possibili linee di riforma, nonché di verificare la fondatezza dei rilievi espressi dagli organismi comunitari.
      La Commissione ha adottato come base un testo unificato delle diverse proposte di legge, presentate da molti gruppi parlamentari in materia, sul quale si è registrato un ampio consenso da parte di tutte le forze politiche presenti in Commissione, tale da ipotizzare la possibilità di ottenere il trasferimento dell'esame del provvedimento alla sede legislativa.
      Nel corso del successivo esame la Commissione ha approvato taluni emendamenti, apportando alcune modifiche al testo che hanno purtroppo indotto i gruppi di opposizione a mutare l'atteggiamento favorevole tenuto fino a quel momento, considerando che fossero venute meno le ragioni per giungere all'approvazione condivisa del provvedimento.
      Ritengo che tale circostanza non debba tuttavia far dimenticare come l'intervento legislativo risulti condiviso, nei suoi aspetti fondamentali, da un vasto arco di forze politiche, e come le divergenze su singoli aspetti non debbano porre in secondo piano la qualità complessiva del testo predisposto.
      In tale contesto considero opportuno sottolineare come le scelte compiute dalla
 

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Commissione risultino pienamente congruenti con l'orientamento che, secondo le anticipazioni fornite dagli organi di stampa, la Commissione europea starebbe maturando in materia, di archiviare la procedura di infrazione avviata sulla disciplina italiana relativa alle banche popolari, e come pertanto risulti confermata quella linea di intelligente riformismo che ha ispirato la Commissione Finanze lungo tutto l'arco di esame del provvedimento.
      Passando ad illustrare brevemente il testo unificato delle proposte di legge, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione, esso si articola in due soli articoli, i quali sostuiscono gli articoli 30 e 31 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993.
      L'articolo 1 sostituisce l'articolo 30 del predetto Testo unico, confermando integralmente, al comma 1, la previsione secondo cui ogni socio delle banche popolari ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute.
      Occorre segnalare come tale disposizione sia stata oggetto di attenta riflessione da parte della Commissione, sussistendo, sia nella dottrina sia nel mondo politico, autorevoli posizioni, rappresentate anche da esponenti della maggioranza, secondo cui l'evoluzione intervenuta nella realtà delle banche popolari e nella loro collocazione nel contesto finanziario moderno renderebbero necessario superare il principio del voto capitario. Tuttavia, in Commissione è risultato ampiamente prevalente l'opposto indirizzo, in base al quale tale istituto, lungi dal rappresentare un ostacolo all'ulteriore sviluppo delle banche popolari, costituisce un aspetto non rinunciabile della peculiare natura delle stesse banche, che ha favorito il notevole sviluppo ed i positivi risultati raggiunti da tali soggetti, e che deve pertanto essere preservata, anche superando le perplessità in materia espresse dai competenti organismi comunitari.
      Il comma 2 del nuovo articolo 30 innalza dallo 0,50 all'1 per cento la quota del capitale sociale che può essere detenuta da ciascun socio della banca popolare, mantenendo invece invariate le norme secondo cui la banca stessa, al superamento di tale limite, contesta al detentore la violazione del divieto, e le azioni eccedenti il limite in parola devono essere alienate entro un anno dalla contestazione, trascorso il quale i relativi diritti patrimoniali maturati fino all'alienazione vengono acquisiti dalla banca.
      La disposizione specifica, rispetto al testo attualmente vigente, che resta fermo quanto previsto dal Capo III del Titolo Il del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, recante la disciplina generale sulle partecipazioni al capitale delle banche, chiarendo in tal modo l'applicabilità delle previsioni dello stesso TUB relative all'autorizzazione da parte della Banca d'Italia all'acquisizione di partecipazioni rilevanti o di controllo ed alle connesse sanzioni, agli obblighi di comunicazione da parte dei titolari delle partecipazioni, ai poteri informativi della Banca d'Italia ed alla definizione della nozione di controllo.
      Il comma 3 amplia la deroga al limite di possesso stabilito dal comma 2, attualmente vigenti solo per gli organismi di investimento collettivo del risparmio, stabilendo dei limiti di possesso più alti, differenziati per categorie, relativamente a taluni soggetti.
      In particolare, il limite è innalzato fino al 10 per cento del capitale della banca per gli organismi di investimento collettivo del risparmio e per i fondi pensione, italiani o esteri. La disposizione precisa peraltro che i fondi comuni d'investimento, le SICAV e i fondi pensione gestiti da un medesimo gestore non possono detenere complessivamente più del 10 per cento del capitale sociale della banca. Per le banche, le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita, italiane o estere, e le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, il limite è invece portato fino al 5 per cento del capitale.
      La norma fa comunque salvi i limiti di possesso più bassi eventualmente previsti dalla disciplina propria dei soggetti appena indicati, nonché dallo statuto della banca popolare, rinviando pertanto ai regimi speciali dettati per le singole categorie, essenzialmente per finalità di stabilità e di prudente gestione, di imporre un livello inferiore di partecipazione al capitale, e
 

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consentendo alla libertà statutaria di fissare tetti di possesso più bassi, sia pure nel rispetto del limite generale dell'1 per cento.
      La ratio fondamentale di tale previsioni è quella di aprire il capitale delle banche popolari alla partecipazione finanziaria degli operatori istituzionali, al fine di favorire la crescita dimensionale e la capitalizzazione delle banche stesse, mantenendo tuttavia intatti i capisaldi essenziali dello speciale regime di governo societario che le ha finora caratterizzate.
      In questo contesto il comma 4, modificato da un emendamento approvato nel corso dell'esame in Commissione, stabilisce inoltre che le SICAV, le compagnie di assicurazioni esercenti il ramo vita, le banche e le fondazioni bancarie non possono detenere complessivamente una quota superiore al 30 per cento del capitale della banca.
      Tale previsione intende garantire, in una prospettiva riformatrice equilibrata, il mantenimento degli equilibri complessivi del settore, stabilendo che, a fronte dell'innalzamento del tetto generale di possesso, stabilito in favore di alcune categorie di soggetti finanziari, per taluni di questi valga comunque un ulteriore limite di salvaguardia, che esclude che essi possano acquisire nel complesso la maggioranza, o una porzione significativamente vicina alla maggioranza, del capitale sociale della banca.
      Il comma 5 specifica che per il computo dei limiti stabiliti nei commi precedenti si tenga conto delle partecipazioni detenute nel capitale della banca, sia direttamente, sia indirettamente.
      Il comma 6, anch'esso modificato da un emendamento approvato dalla Commissione, il quale ha ripreso in parte una previsione contenuta nella proposta di legge C. 2875 Pinza, stabilisce che lo statuto delle banche popolari possa prevedere che la nomina del sindaco o dei sindaci in rappresentanza della minoranza, prevista dall'articolo 148, comma 2, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, avvenga su designazione dei soggetti contemplati al comma 3.
      La ratio della disposizione è principalmente quella di incentivare il maggiore coinvolgimento nell'attività degli organi di controllo endosocietari degli investitori istituzionali, i quali possono partecipare al capitale in misura anche rilevante, in forza delle nuove previsioni introdotte dal comma 3, ma non possono aspirare ad incidere direttamente sulle scelte operative e gestionali della banca, in presenza dell'istituto del voto capitario. In tal modo la banca, e gli stessi azionisti individuali, potranno avvalersi delle positive ricadute derivanti dalla partecipazione alle attività di controllo interno di soggetti che potranno fornire un contributo di professionalità ed esperienza altamente qualificato, migliorando ulteriormente la trasparenza e la qualità complessiva della governance delle stesse banche.
      Il comma 7 riprende integralmente il contenuto dell'attuale comma 4, prevedendo che il numero minimo dei soci non possa essere inferiore a duecento, e che, in caso contrario, la compagine sociale debba essere reintegrata entro un anno, ovvero che la banca sia posta in liquidazione.
      Il comma 8 prevede che l'ammissione a socio sia subordinata alla deliberazione del consiglio di amministrazione, e che, in assenza di determinazione contraria entro 60 giorni dalla data in cui la domanda stessa è pervenuta alla banca, essa si intende accolta.
      Anche sotto tale profilo ritengo opportuno segnalare come la tematica del gradimento alla partecipazione sociale abbia costituito uno dei temi centrali del dibattito svolto dalla Commissione, in quanto è emerso un orientamento, sostenuto anche da taluni esponenti della maggioranza, favorevole ad eliminare tali previsioni, non ritenendole più adeguate alla realtà dei mercati finanziari e delle stesse banche popolari. Anche in questo caso, tuttavia, l'orientamento largamente prevalente in Commissione è stato quello di mantenere tale istituto, sia pure apportandovi alcuni affinamenti che consentano di migliorarne l'applicazione, nel convincimento che la specialità del regime di governance delle banche popolari debba essere salvaguardata, in considerazione dei notevoli risultati raggiunti dal sistema delle banche popolari, sia sul piano della gestione finanziaria
 

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ed imprenditoriale, sia sotto il profilo del loro radicamento territoriale.
      In particolare, la previsione del comma 8 realizza una migliore procedimentalizzazione del meccanismo di ammissione, stabilendo esplicitamente che sulla richiesta di ammissione a socio intervenga la deliberazione del consiglio di amministrazione della banca ed introducendo in materia l'istituto del silenzio-rifiuto, al fine di dare maggiore certezza di tempi al candidato socio e di snellire, nello stesso interesse delle banche, il procedimento, che coinvolge in taluni casi un elevato numero di soggetti, per la stragrande maggioranza dei quali la richiesta di ammissione al capitale sociale ha esito positivo.
      Il comma 9 conferma la formulazione dell'attuale comma 5, prevedendo che le delibere del consiglio di amministrazione di rigetto delle domande di ammissione a socio siano motivate avuto riguardo all'interesse della società, alle prescrizioni statutarie e allo spirito della forma cooperativa, e che il consiglio di amministrazione della banca sia tenuto a riesaminare la domanda di ammissione su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato con un rappresentante dell'aspirante socio. Il soggetto interessato, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione della deliberazione di rigetto, deve presentare l'istanza di revisione al collegio dei probiviri, il quale si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta.
      Il comma 10, introdotto con un emendamento approvato nel corso dell'esame, specifica che le norme contenute nei commi 8 e 9 si applicano anche nel caso di cessione di azioni.
      Il comma 11 apporta una modifica di carattere eminentemente lessicale all'attuale comma 6, prevedendo che coloro i quali non abbiano chiesto o ottenuto l'ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute, fermo restando quanto disposto dal comma 2.
      Il comma 12 sancisce la nullità di ogni clausola dello statuto volta a introdurre limiti alla trasferibilità delle azioni di banche popolari, mentre il comma 13 prevede che le banche popolari con azioni quotate in mercati regolamentati possono procedere all'emissione di nuove azioni esclusivamente attraverso la modificazione dello statuto nelle forme previste dagli articoli 2438 e seguenti del codice civile.
      L'articolo 2 sostituisce il comma 2 dell'articolo 31 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, prevedendo che le maggioranze previste dallo statuto della banca popolare per la costituzione delle assemblee e per la validità delle deliberazioni aventi ad oggetto le operazioni di trasformazione delle banche popolari in società per azioni, ovvero di fusione da cui risultino società per azioni, autorizzate dalla Banca d'Italia nell'interesse dei creditori ovvero per esigenze di rafforzamento patrimoniale, non possono superare la meno elevata tra quelle previste per le altre modificazioni dello statuto, fatto salvo il diritto di recesso dei soci.
      La disposizione non innova sostanzialmente rispetto all'attuale previsione del comma 2, precisandone tuttavia la formulazione, specificando in particolare che l'applicazione della maggioranza meno elevata si riferisce alle sole operazioni autorizzate nell'interesse dei creditori o per esigenze di rafforzamento patrimoniale.
      Nel concludere l'illustrazione del lavoro svolto dalla Commissione nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento, intendo ribadire come esso sia stato informato da un duplice principio ispiratore: da un lato, quello secondo cui ogni intervento di riforma del sistema delle banche popolari deve tenere conto, e, nella misura del possibile, difendere le peculiarità di tali operatori creditizi, i quali, oltre a costituire un elemento di eccellenza del settore creditizio nazionale, hanno svolto e possono continuare a svolgere un ruolo fondamentale per il sostegno dell'economia italiana, notoriamente fondata in larga parte su un tessuto di piccole e medie imprese che necessitano di essere accompagnate nella loro attività da partner creditizi particolarmente legati al territorio.
Dall'altro lato, si è tentato di compiere scelte normative il più possibile condivise, nella consapevolezza che ogni intervento del legislatore su aspetti tanto delicati del sistema finanziario italiano non possano
 

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essere realizzati in base a considerazioni astrattamente ideologiche, o peggio, di parte, ma debbano invece ricondursi ad una valutazione realistica e concreta degli interessi prioritari del Paese, nel contesto dell'attuale difficile fase di evoluzione dell'economia europea e mondiale.
      In tale ottica auspico che sia possibile recuperare quello spirito di leale e fattiva collaborazione tra le forze politiche che ha caratterizzato, anche in questa occasione, l'azione della Commissione, nella consapevolezza che la maggior parte delle soluzioni normative individuate nel testo rappresentano il frutto di scelte condivise, e che occorra quindi compiere ogni sforzo per non perdere l'occasione di giungere all'approvazione di un intervento legislativo importante per la modernizzazione del sistema del credito.
      In ogni caso ritengo, nella prospettiva dell'imminente scioglimento delle Camere, che i risultati del lavoro della Commissione non debbano essere dispersi, e possano costituire una preziosa base di lavoro per gli interventi legislativi che potranno essere realizzati nella prossima legislatura.
      Intendo infine esprimere il mio ringraziamento all'onorevole Giorgio La Malfa ed all'onorevole Renzo Patria, che mi hanno preceduto nel ruolo di relatore sul provvedimento, per l'equilibrio e l'attenzione con le quali hanno approfondito le delicate questioni sottese all'intervento legislativo, predisponendo il testo oggi in discussione, nonché a tutti i colleghi intervenuti nel corso dell'esame per il contributo da loro fornito al dibattito.

MAURO, Relatore.

 

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PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

        La I Commissione,

            esaminato il testo unificato delle proposte di legge n. 2273 ed abbinate, recante «Disposizioni in materia di banche popolari», come risultante dagli emendamenti approvati dalla VI Commissione (Finanze);

            rilevato che le disposizioni recate dal provvedimento appaiono riconducibili alle materie «tutela del risparmio e mercati finanziari» e «ordinamento civile» che, ai sensi delle lettere e) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, sono riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

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PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE
(Giustizia)

PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(Bilancio, tesoro e programmazione)

NULLA OSTA
 

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PARERE DELLA X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell'Unione europea)

    La XIV Commissione,

            esaminato il testo unificato delle proposte di legge n. 2273 e abbinate;

            rilevato che il provvedimento novella gli articoli 30 e 31 del decreto legislativo n. 385 del 1993, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, in particolare per quanto concerne i limiti al possesso azionario, lo status di socio delle banche popolari e il relativo diritto di voto, nonché la disciplina delle trasformazioni e delle fusioni delle banche in questione;

            considerato che nell'ottobre 2003 la Commissione europea ha sollevato dubbi in merito alla compatibilità di alcune disposizioni in materia di banche popolari di cui al citato decreto legislativo n. 385 del 1993 con l'ordinamento comunitario, segnatamente con l'articolo 43 (in materia di libertà di stabilimento) e con l'articolo 56 (in materia di circolazione dei capitali) del Trattato istitutivo della Comunità europea (procedura n. 2002/4715);

            tenuto conto, in particolare, che la Commissione europea ha chiesto chiarimenti al Governo in relazione alle seguenti previsioni:

                la costituzione delle banche popolari in forma di società cooperative per azioni a responsabilità limitata, anche se in circostanze eccezionali e giustificate può esserne autorizzata la trasformazione in S.p.A.;

                la disponibilità per ciascun socio di un voto, indipendentemente dalla percentuale di azioni possedute;

                il limite al possesso azionario, per ciascun socio, dello 0,5 per cento del capitale sociale, ad eccezione degli organismi di investimento collettivo;

                l'obbligo di un numero dei soci non inferiore a 200;

 

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                l'approvazione della qualità di socio da parte del consiglio di amministrazione, in mancanza della quale il proprietario delle azioni beneficia esclusivamente dei diritti patrimoniali inerenti alla sua partecipazione;

            rilevata, pertanto, l'esigenza che, ai fini di una più adeguata valutazione della compatibilità con l'ordinamento comunitario del provvedimento in esame, il Governo fornisca chiarimenti in merito alle trattative in corso con la Commissione europea;

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PARERE FAVOREVOLE

        con la seguente osservazione:

            valuti la Commissione di merito l'opportunità di verificare se le disposizioni di cui all'articolo 1 del testo unificato siano compatibili con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei capitali di cui agli articoli 43 e 56 del Trattato CE.

 

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Testo unificato della Commissione

Disposizioni in materia di banche popolari.

Art. 1.
(Modifica dell'articolo 30 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).

      1. L'articolo 30 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:

      «Art. 30. - (Soci). - 1. Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute.
      2. Nessun soggetto può detenere azioni in misura eccedente l'1 per cento del capitale sociale. La banca, appena rileva il superamento di tale limite, contesta al detentore la violazione del divieto. Le azioni eccedenti devono essere alienate entro un anno dalla contestazione; trascorso tale termine, i relativi diritti patrimoniali maturati fino all'alienazione delle azioni eccedenti vengono acquisiti dalla banca. Resta fermo quanto previsto dal Capo III.
      3. In deroga al comma 2, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e i fondi pensione, italiani o esteri, possono detenere fino al 10 per cento del capitale sociale. I fondi comuni d'investimento, le SICAV e i fondi pensione che sono gestiti da un medesimo gestore, italiano o estero, non possono detenere complessivamente più del 10 per cento del capitale sociale della banca. Le banche, le compagnie di assicurazione esercenti il ramo vita, italiane o estere, e le fondazioni di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, possono detenere fino al 5 per cento del capitale sociale. Sono fatti salvi i limiti più stringenti previsti dalla disciplina propria dei soggetti di cui al presente comma e dallo statuto della banca popolare.

 

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      4. Le SICAV, le compagnie di assicurazioni esercenti il ramo vita, le banche e le fondazioni di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, non possono detenere complessivamente una quota superiore al 30 per cento del capitale sociale della banca.
      5. Ai fini del computo dei limiti di cui ai commi 2, 3 e 4, si tiene conto delle partecipazioni detenute nel capitale sociale della banca, sia direttamente, sia indirettamente, secondo quanto stabilito dall'articolo 22.
      6. Lo statuto delle banche popolari può prevedere che la nomina del sindaco o dei sindaci in rappresentanza della minoranza, ai sensi dell'articolo 148, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, avvenga su designazione dei soggetti di cui al comma 3.
      7. Il numero minimo dei soci non può essere inferiore a duecento. Qualora tale numero diminuisca, la compagine sociale deve essere reintegrata entro un anno; in caso contrario, la banca è posta in liquidazione.
      8. L'ammissione a socio ha luogo, su domanda, con deliberazione del consiglio di amministrazione da comunicare all'interessato. La domanda di ammissione si intende accolta qualora la determinazione contraria del consiglio di amministrazione non venga comunicata al domicilio dell'aspirante socio entro sessanta giorni dalla data in cui la domanda è pervenuta alla banca.
      9. Le delibere del consiglio di amministrazione di rigetto delle domande di ammissione a socio devono essere motivate avuto riguardo all'interesse della società, alle prescrizioni statutarie e allo spirito della forma cooperativa. Il consiglio di amministrazione è tenuto a riesaminare la domanda di ammissione su richiesta del collegio dei probiviri, costituito ai sensi dello statuto e integrato con un rappresentante dell'aspirante socio. L'istanza di revisione deve essere presentata entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione della deliberazione e il collegiodei probiviri si pronuncia entro trenta giorni dalla richiesta.
 

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      10. Le norme di cui ai commi 8 e 9 si applicano anche nel caso di cessione di azioni.
      11. Coloro che non abbiano chiesto od ottenuto l'ammissione a socio possono esercitare i diritti aventi contenuto patrimoniale relativi alle azioni possedute, fermo restando quanto disposto dal comma 2.
      12. È nulla ogni clausola dello statuto volta a introdurre limiti alla trasferibilità delle azioni di banche popolari.
      13. Le banche popolari con azioni quotate in mercati regolamentati possono procedere all'emissione di nuove azioni esclusivamente con modificazione dello statuto nelle forme previste dagli articoli 2438 e seguenti del codice civile».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).

      1. All'articolo 31 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Le maggioranze previste dallo statuto per la costituzione delle assemblee e per la validità delle deliberazioni aventi ad oggetto le operazioni di cui al comma 1 autorizzate nell'interesse dei creditori ovvero per esigenze di rafforzamento patrimoniale non possono superare la meno elevata tra quelle previste per le altre modificazioni dello statuto. È fatto salvo il diritto di recesso dei soci».


Frontespizio Relazione Pareri Progetto di Legge
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