Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 6254

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6254



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RODEGHIERO

Istituzione della giornata dei popoli

Presentata il 30 dicembre 2005


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La globalizzazione, riferita soprattutto al flusso dei capitali in ogni luogo in tempo reale, ha portato a un fenomeno mai prima registrato: essa sfugge al controllo del sistema internazionale. Un tempo il sistema internazionale, cioè l'insieme degli Stati, si occupava di intessere relazioni con leggi imposte dall'alto e osservate da tutti. Oggi sono apparsi sulla ribalta mondiale altri attori, come le imprese transnazionali, principali protagoniste del cambiamento, e altri soggetti primari, come i popoli, le minoranze, le organizzazioni non governative (ONG), gli individui che a vario titolo fanno sentire la loro voce. Il futuro delle relazioni internazionali si giocherà quindi alla presenza di questi nuovi soggetti, portatori di varie culture, di varie idealità, ma tutti comunque intenzionati a rivedere le regole del gioco a partire dal basso.
      Gli studiosi di geopolitica, assertori della realpolitik, ipotizzano scontri di civiltà, ad esempio Islam contro Cristianità o STEN (acronimo di scienze, tecnologie, economia, mercato) contro tradizione, eccetera. Altri, più idealisti, auspicano ipotesi di accordo attraverso il consenso, come i sostenitori dell'ONU o i federalisti che vedono nella sussidiarietà la risposta del vertice alle istanze della base. Per assecondare questo moto fecondo della storia e favorire lo sviluppo della società civile e globale è necessario promuovere occasioni di riflessione e costruire sedi strutturate dove un grande arco di forze attive possa incontrarsi, mettere a confronto obiettivi, campagne e strategie, costruire alleanze, sviluppare la propria agenda politica, definire obiettivi e iniziative comuni.
      Senza arrendersi a visioni catastrofiche, questa umanità sta promuovendo la
 

Pag. 2

nascita di una società civile globale basata sulle risposte ai bisogni fondamentali dei popoli, sulla promozione della giustizia, della pace, di uno sviluppo equo e sostenibile, dell'eguaglianza, della democrazia, del rispetto delle diversità, della solidarietà e della condivisione. In questo contesto si inserisce l'attività delle Nazioni Unite: gli obiettivi di sviluppo della Dichiarazione del Millennio, adottata all'unanimità durante il vertice del millennio nel settembre 2000 presso le Nazioni Unite da 189 Capi di Stato e di Governo, costituiscono un patto a livello planetario fra Paesi ricchi e Paesi poveri, fondato sul reciproco impegno a fare ciò che è necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero ed equo per tutti, Si tratta di obiettivi cruciali: eliminare la povertà e la fame nel mondo, assicurare l'istruzione elementare universale, promuovere l'uguaglianza di genere, diminuire la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere le malattie più insidiose, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare una partnership globale per lo sviluppo. La situazione dei popoli indigeni è la «cartina tornasole» degli effetti della globalizzazione. Infatti, il 22 aprile dello stesso anno le Nazioni Unite, dopo aver celebrato nel 1993 l'Anno internazionale dei popoli indigeni ed adottato la dichiarazione universale dei diritti dei popoli indigeni, affermando che esistono i diritti umani collettivi, hanno approvato un forum permanente sui popoli indigeni, che sancisce finalmente il riconoscimento internazionale che i popoli indigeni reclamavano già prima che la Società delle Nazioni si trasformasse in ONU. Il nuovo organismo, entrato in carica nel maggio 2002, affianca il Consiglio economico e sociale dell'ONU (Ecosoc).
      Già negli anni '50, vari popoli autoctoni si erano organizzati a livello locale, ma bisogna attendere gli anni '70 perché nascano le prime organizzazioni a livello regionale e internazionale.
      Nel 1975 nasce a Port Alberni (Columbia Britannica) il Consiglio mondiale dei popoli indigeni: per la prima volta maori ed esquimesi, indiani e aborigeni australiani cercano di definire una politica comune. Nel frattempo cambia rotta anche l'ONU, fino ad allora sorda al problema indigeno, che organizza a Ginevra una conferenza internazionale sulla discriminazione dei popoli amerindiani (1977). Negli anni successivi viene costituito un gruppo di lavoro ad hoc (United Nations Working, Group on Indigenous Populations, UNWGIP) che si riunisce a Ginevra. La riunione annuale, che si tiene alla fine di luglio, diventa presto una preziosa occasione d'incontro che riunisce le associazioni indigene, le ONG e i rappresentanti dei Governi. Nel 1985 l'UNWGIP inizia a lavorare per una dichiarazione universale dei diritti dei popoli indigeni. Quattro anni dopo, il 27 giugno 1989, l'organizzazione internazionale del lavoro (ILO) adotta la convenzione 169, relativa ai popoli indigeni e tribali dei Paesi indipendenti. Questo documento costituisce una versione aggiornata e largamente riveduta della convenzione 107, che lo stesso organismo ha approvato nel 1957. Nonostante certi limiti, questo documento rappresenta lo strumento più avanzato per la tutela dei diritti dei popoli, non ancora sottoscritto dall'Italia. Il rinnovato interesse per la questione indigena viene confermato dai numerosi premi Nobel che negli ultimi anni sono stati conferiti ai rappresentanti di popoli autoctoni: il Dalai Lama (1989), Rigoberta Menchù (1992), Monsignor Carlos Felipe Ximenes Belo e Josè Ramos Horta (1996). L'ONU, il 10 dicembre 1994, ha aperto il decennio internazionale dei popoli indigeni: il principale obiettivo dell'iniziativa era quello di rafforzare la cooperazione internazionale per la soluzione dei problemi dei popoli, con particolare riguardo ai diritti umani, all'ambiente, allo sviluppo, all'educazione e alla salute. Non solo questo non è accaduto, ma in certi casi la situazione è addirittura peggiorata. L'iniziativa lanciata dall'ONU si proponeva anche di fare conoscere i problemi dei popoli in questione alle maggioranze non indigene dei rispettivi Paesi e alla realtà internazionale. Anche sotto questo profilo i risultati sono stati molto scarsi. Oggi un'aggressione silenziosa ma devastante
 

Pag. 3

colpisce le varie comunità indigene: basti pensare alla lotta disperata di quelli che combattono contro le multinazionali del petrolio e del legno (Penar, popoli dell'Amazzonia), contro gli esperimenti nucleari e le loro spaventose conseguenze, contro l'ingegneria genetica, contro l'estrazione di oro, di uranio e di altre materie, (Aborigeni, Indiani del nord, Ogoni, Ùwa), contro le grandi opere invasive (Adivasi, Himba, Mapuche).
      Perché sia un fenomeno dal volto umano la globalizzazione ha bisogno di regole di governance, ben più stringenti dello spontaneismo che l'ha accompagnata finora. Per questo è necessario fare crescere la sensibilità pubblica sui temi dello sviluppo e adottare a livello nazionale e internazionale le iniziative più idonee per promuovere un equo sviluppo a beneficio dei Paesi più poveri e in particolare delle comunità più svantaggiate come i popoli indigeni. Occorrono cooperazioni e sforzi congiunti se si vuole che il 2005 «celebri l'inizio di un decennio di azioni decise», come sottolineato in un recente rapporto da Jeffrey Sachs, consigliere economico del Segretario generale delle Nazioni Unite. E l'Unione europea, con il contributo di ciascuno dei propri membri, svolgerà un ruolo fondamentale nel successo o nel fallimento di quest'impresa. L'Unione deve intraprendere azioni positive su tre fronti chiave: aumentare la quantità e migliorare la qualità degli aiuti internazionali, alleggerire il fardello del debito insostenibile per i Paesi più poveri e in via di sviluppo e adottare regole più eque per il commercio internazionale. Sul fronte degli aiuti, l'Unione europea può svolgere un ruolo centrale per ottenere gli incrementi di risorse necessari per il raggiungimento degli obiettivi entro il 2015. L'Italia, purtroppo, ad oggi destina alla cooperazione allo sviluppo solo lo 0,16 per cento.
      Per raggiungere la globalizzazione dal volto umano vanno quindi rafforzati le responsabilità dei governi nazionali e i ruoli delle organizzazioni internazionali, ma bisogna, pure avviare una stagione di partecipazione dal basso, coinvolgendo associazioni, parti sociali, enti locali e soggetti economici.
      Ecco quindi l'opportunità di istituire una giornata quale occasione di pubblica riflessione sulla citata Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, e quale momento di confronto tra società civile e mondo politico per condividere strategie e strumenti che permettano all'Italia di onorare gli impegni assunti con la firma della dichiarazione del Millennio.
      Si tratta, in sintesi, di rafforzare così l'alleanza fra quanti, fuori e dentro le istituzioni, nelle comunità locali come nelle organizzazioni civili, sono impegnati contro la guerra, la povertà, l'ingiustizia e il crescente disordine interregionale, per la globalizzazione dei diritti umani e della democrazia.
 

Pag. 4


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La Repubblica riconosce il giorno 4 ottobre quale «giornata dei popoli» al fine di promuovere una pubblica riflessione sulla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, di cui alla risoluzione adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU tenuta a New York dal 6 all'8 settembre 2000, nonché di valutare le azioni intraprese dall'Italia per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio stabiliti nella citata Dichiarazione.
      2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza della Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università. È altresì favorita, da parte di istituzioni e di enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti sui temi dello sviluppo e dei diritti dei popoli.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su