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PDL 6180

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6180



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIORDANO, PROVERA, ALFONSO GIANNI

Norme per la sospensione delle sanzioni comminate per interruzione di pubblico servizio nel settore dei trasporti

Presentata il 15 novembre 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Le vertenze sindacali intervenute negli ultimi anni nel settore dei trasporti dimostrano un grave disagio dei lavoratori. Disagio che li ha spesso portati a iniziative e/o forme di lotta anomale, «disubbidienti» diciamo noi, rispetto alle regole previste dalla legge n. 146 del 1990, come da ultimo modificata dalla legge n. 83 del 2000, che disciplina il diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, e dalle direttive della Commissione di garanzia istituita dalla stessa legge.
      Tali comportamenti hanno varie motivazioni.
      Evidente è la difficoltà in cui si trovano lavoratori e sindacati di fronte a crisi industriali senza soluzione di continuità, a ristrutturazioni con conseguenze pesantissime su occupazione, condizioni economiche e di lavoro. Il procedere alle privatizzazioni e alle liberalizzazioni nei servizi pubblici essenziali senza regole certe ed esigibili in materia di esercizio costituzionale del diritto di sciopero ha, infatti, impedito ai lavoratori e ai sindacati una difesa efficace all'altezza delle grandi trasformazioni in atto.
      I lavoratori, ma anche i sindacati, si trovano spesso, e non volentieri, dinanzi a controparti aziendali e politiche inattendibili che non rispettano gli accordi, o che li sottoscrivono con la palese intenzione di non rispettarli. Nel trasporto locale, per due anni, dopo la sigla del contratto collettivo nazionale di lavoro, si è detto che non c'erano risorse.
      È il caso dell'Alitalia Spa, che non rispetta accordi condivisi e firmati. Non solo. Per impedire ogni contrasto negoziale
 

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l'Alitalia Spa, con un atto assolutamente illegittimo, ha tolto il riconoscimento negoziale e, quindi, i diritti sindacali di cui al titolo III della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, cosiddetto «statuto dei lavoratori», al sindacato unitario lavoratori trasporti (SULT), il sindacato maggiormente rappresentativo, con la scusa che non aveva sottoscritto un accordo applicativo del contratto collettivo nazionale di lavoro che, diversamente, aveva sottoscritto. Un comportamento, questo dell'Alitalia Spa, che è naturalmente sfociato in «lotte disubbidienti» da parte del SULT, che hanno bloccato gli aeroporti, e per il quale sono già previste ulteriori agitazioni. Oltretutto è di queste ore la notizia di una eventuale sostituzione del presidente e amministratore delegato dell'Alitalia Spa, Cimoli, a seguito della mancata realizzazione del piano d'impresa (per errori di impostazione e per la lievitazione dei costi), così come aveva dichiarato il SULT non sottoscrivendo il medesimo piano. È il caso, infine, delle Ferrovie dello Stato Spa che sta applicando un contratto collettivo nazionale di lavoro senza gestirlo nemmeno con i sindacati firmatari.
      Per non parlare della distrazione e della disattenzione rispetto a quelli che dovrebbero essere impegni precisi delle aziende: la qualità dei servizi e la sicurezza. Sicurezza che in questi casi riguarda sia l'utente che i lavoratori, così come ha messo drammaticamente in risalto l'incidente ferroviario di Crevalcore (Bologna).
      Appare sempre più evidente l'esistenza di un problema di rappresentanza sindacale coerente alla situazione reale. La mancanza di strumenti obbligatori (legge sulla rappresentanza) per concretizzare i diritti democratici dei lavoratori è causa di parte della proliferazione dei conflitti. Situazione che va a danno dei lavoratori e degli utenti stessi. La mancanza di uno strumento minimo, quale il referendum (legalmente e collettivamente gestito a garanzia di tutti, la cui effettuazione e le cui modalità non siano a discrezione dei dirigenti sindacali), per validare o meno gli accordi che, non dimentichiamolo, valgono - di fatto - erga omnes, è stata alla base di molti conflitti.
      Non solo. Le trattative spesso avvengono escludendo pregiudizialmente una parte delle rappresentanze sindacali. Cosa inaccettabile poiché si crea un circolo vizioso e perverso: le aziende scelgono le controparti che non indicono i referendum certi ed esigibili nel risultato, ma gli accordi valgono per tutti.
      Per altro verso la legge ha teso a rafforzare le procedure di raffreddamento, ma se solo una parte dei sindacati viene convocata, se non c'è una verifica democratica e controllata degli accordi fra i lavoratori, invece di raffreddare, si surriscaldano gli animi! Chi è stato escluso, infatti, tende a dimostrare il proprio ruolo indicendo nuove proteste. I lavoratori sono «sballottati» fra questi «meccanismi kafkiani».
      È evidente che c'è qualcosa che non funziona. Il risultato è una conflittualità «moltiplicata» prima, durante e dopo la sigla degli accordi. È quanto accaduto per le ferrovie, per il trasporto locale e per il trasporto aereo.
      Le procedure di raffreddamento tendono anche a posticipare di molto la protesta dall'insorgenza del problema. Ciò inasprisce i problemi stessi, poiché le aziende «giocano» strumentalmente su questo fattore; così facendo, però, le vertenze si diluiscono in un tempo sempre più lungo. Aumenta, pertanto, il numero degli scioperi indetti, necessari per arrivare a una qualche «stretta» nelle vertenze. Se un contratto collettivo nazionale di lavoro, poi, viene siglato alla fine della sua validità, e a volte anche dopo, si entra già nella fase del rinnovo. Le proteste continuano senza soluzione di continuità.
      La concomitanza degli scioperi, così moltiplicati, costringe la stessa Commissione di garanzia a rinviarli. Questi rinvii a volte avvengono in modo arbitrario e comunque si produce un «effetto annuncio» legale.
      Il risultato è una conflittualità endemica, che non si chiude mai e che va a
 

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discapito dei cittadini quanto dei lavoratori. Ciò è colpa di un sistema di relazioni bloccato che intendeva, in realtà, risolvere il problema impedendo il conflitto. Lo stesso Cella, ex membro della Commissione di garanzia, scriveva in un suo recente libro che alla lunga il conflitto sorpassa la legge.
      Questo sistema è fallito. Continuarlo è un atto colpevole nei confronti dei cittadini, dei lavoratori e della democrazia in generale.
      Negli ultimi tempi sono aumentate anche le sanzioni nei confronti di lavoratori che in vari modi denunciano pubblicamente disservizi, mancanza di qualità in sfregio alle carte di servizio ed ai famosi clienti, reiterate «disattenzioni» a una questione delicata come la sicurezza. Si è giunti perfino a licenziare quattro ferrovieri rei, sembra, di avere consentito alcune riprese da parte della trasmissione televisiva Report. La sicurezza è un bene intrinseco dei servizi e riguarda sia il lavoratore che l'utente. La qualità del servizio, inoltre, è l'altra faccia della qualità del lavoro e riguarda parimenti il lavoratore e l'utente. La denuncia del protrarsi di situazioni di insicurezza e disservizio è un dovere civico che, come legislatori, dobbiamo tutelare.
      Per questa somma di motivi, come affermavamo sopra, il conflitto si è esteso e recentemente, a fronte del peggioramento della situazione, si è inevitabilmente incattivito. Si sono praticate le forme di lotta necessarie a prescindere dalla loro conformità alla prassi, alle norme e alla legge. Queste scelte sono state inevitabili a fronte della necessità di rompere la perdente, inutile, routine di relazioni industriali così come sopra descritte. Rompere le regole è stato il valore aggiunto necessario per dimostrare la volontà di risolvere le vertenze e di vedere rispettati i propri diritti.
      Sono ormai tanti i lavoratori sottoposti a procedimenti amministrativi e penali.
      Poiché le situazioni, le controparti, i territori sono differenti, si profila un altro elemento anomalo: a parità di rottura delle regole si andrà con tutta probabilità a fissare trattamenti diversi. Già siamo a conoscenza che in alcuni casi si è evitato di applicare le sanzioni in quanto le stesse controparti aziendali o istituzionali hanno preso atto che le proteste sono avvenute in stato di necessità. Ciò, però, può creare situazioni di ingiustizia e potrebbe essere probabilmente ulteriore fonte di conflitti.
      La citata legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni, prevede il contemperamento dei diritti dei clienti dei servizi (che diventano strumentalmente utenti in caso di sciopero) e del diritto di lotta dei lavoratori, anche se la Costituzione non prevede, a differenza di altre, tale relazione. Tuttavia, il contemperamento deve prevedere che un diritto venga rispettato, sia esigibile nella sostanza.
      Mentre il cittadino vede rispettato il diritto nella sostanza, con l'erogazione del servizio tutto l'anno, la sostanza del diritto di sciopero non è semplicemente praticarlo, non è effettuarlo, ma ottenere una trattativa, un risultato concreto o il rispetto degli accordi.
      Questa condizione è mancata proprio in virtù del comportamento inaffidabile delle controparti, mai sanzionato e difficilmente sanzionabile nella realtà: spesso sono enti locali, regioni, Governo, Parlamento. Anche in questo caso, non può non essere sottolineata la grande differenza di posizione fra lavoratori e controparti. Tale situazione, in uno Stato di diritto democratico, dovrebbe portare ad una tutela differenziata del più debole. E al di là delle apparenze, l'anello debole, strutturalmente debole, è il lavoratore.
      Né si può tacere della confusione legislativa che in questi settori è all'evidenza di tutti e di cui, certamente, non sono colpevoli né i lavoratori né gli utenti, ma che è fonte di caos nell'individuazione delle responsabilità e dei ruoli.
      Il contemperamento dei diritti non era dunque possibile perché a monte i diritti dei lavoratori venivano negati. Queste forme di lotta, dunque, si sono rese necessarie proprio per conquistare il diritto primario alla contrattazione e al rispetto degli accordi.
 

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      Per questi motivi la presente proposta di legge prevede una «sanatoria» di tutte le posizioni che corrispondono alle situazioni descritte annullando dunque tutti i procedimenti sanzionatori in atto e quelli già disposti in passato che hanno caratteristiche analoghe. Non si chiede, in questo caso, l'ennesimo condono, poiché non c'è stata la costrizione al non rispetto delle regole per la loro impraticabilità. In secondo luogo, si pone un problema di modificazione della normativa vigente in materia al fine di rendere effettivo il diritto di sciopero e l'espressione democratica dei lavoratori riguardo alla rappresentanza e al referendum obbligatorio. In terzo luogo, la proposta di legge si rende necessaria al fine di evitare ulteriori conflitti contro i provvedimenti disciplinari, anche al fine di iniziare una discussione serena che superi e affronti le discrepanze, le falle, gli errori che si sono palesati nelle relazioni sindacali complessivamente intese.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art.1.

      1. Nel settore dei trasporti sono sospese tutte le sanzioni comminate a decorrere dall'11 giugno 2000, ai sensi della legge 12 giugno 1990, n. 146, come modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, e sono interrotti tutti i procedimenti in corso in materia di interruzione di pubblico servizio.
      2. Conseguentemente a quanto disposto dal comma 1, a decorrere dalla medesima data ivi prevista, sono altresì sospesi tutti i provvedimenti sanzionatori a carico dei lavoratori del settore dei trasporti che, in qualunque forma, hanno causato carenze nella qualità e nella sicurezza dei servizi pubblici.


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