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PDL 6179

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6179



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PERROTTA

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della cucina tipica napoletana

Presentata il 14 novembre 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si prefigge di valorizzare la cucina tipica napoletana non solo ed esclusivamente a livello locale, ma in un contesto sicuramente più ampio che è quello nazionale ed internazionale. Pertanto si ritiene necessario, per valorizzare la qualità degli alimenti, ricorrere a una tutela normativa al fine di fare conoscere ed «esportare» la gastronomia locale come elemento in primis culturale ed economico.
      La cucina napoletana riflette le influenze delle varie civiltà che sono approdate durante gli anni sulle coste del sud dell'Italia. Il «vero» napoletano ha carattere sobrio, gioioso, e il cibarsi per lui è una sorta di diversivo, uno spettacolo ricco di colore. La città ha gravi problemi, ma i suoi cittadini sembrano quasi ignorarli, e traggono piacere dal sole, dalle bellezze naturali e dalla cucina che li inorgoglisce. Nei quartieri abitati dalla classe operaia le strade sembrano consistere in un grande ristorante all'aperto. Nelle vie, quando non è presente almeno un ristorante o una trattoria, possiamo comunque trovare sempre negozi di generi alimentari, che espongono, spesso al di fuori del locale, i loro prodotti, che danno «colore» a tutta la strada. Grandi forme di formaggio bianco, quarti di manzo pendenti al sole, chioschi di gelati e di sorbetti al limone, adornati con effigi di Madonne e di fiori, venditori di noci di cocco: tutti mettono in mostra la loro merce.
      A Napoli e nelle città della Campania la vita si svolge per strada. Questa tradizione ha radici nel passato: infatti, fino al 1800 tutti i tipi di cibo venivano gustati all'aperto,
 

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compresi maccheroni, pizze, polpi di scoglio bolliti, serviti in tazze con il loro brodo fumante. C'erano tanti chioschi che vendevano maccheroni, e la gente ancora ricorda il proprio venditore, di solito un allegro giovanotto che scolava la pasta da un pesante calderone e abilmente riempiva i piatti.
      La cucina di questa regione divenne piuttosto raffinata verso la fine del diciottesimo secolo, quando Napoli rivaleggiava con Parigi come la più sofisticata città d'Europa, e nel 1830, fu descritta per la prima volta da Don Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, nel suo classico culinario «Cucina tradizionale napoletana».
      La cucina campana, ed in particolare quella napoletana, è una cucina che mantiene distinti quelli che sono i sapori naturali e ne esalta la freschezza e la genuinità, uno stile questo che ritorna continuamente dalla pizza ai frigitelli affogati, dal leggendario ragù ai dolci ed ai liquori. Il vero capolavoro della cucina napoletana è la pizza ed è un'invenzione molto antica. In passato, un primo tipo di pizza si faceva in epoca romana, ed era una specie di focaccia di grano.
      Fu tra il settecento e l'ottocento che la pizza si affermò sempre più come uno dei piatti della cucina napoletana preferiti dal popolo. E fu sempre in questa epoca che cominciò ad affermarsi l'abitudine di gustare la pizza anche presso i forni, oltre che per strada o in casa, segno del crescente favore che incontrava questa vivanda entrata ormai a pieno titolo nell'alimentazione del popolo napoletano.
      La pizza si mangia spesso in buona compagnia, ed è sempre ottima, assomiglia a un sole, con il rosso del pomodoro, il verde del basilico e i «laghi» di mozzarella sparsi qua e là, per darle splendore. La pizza, fragrante, gustosa e croccante, diventò presto popolarissima presso il popolino, ma anche presso baroni e principi: dominava i ricevimenti dei Borboni, che ne erano ghiotti, e Ferdinando IV arrivò a farla cuocere nei forni di Capodimonte, gli stessi dai quali uscivano le preziose ceramiche artistiche.
      La stessa regina Maria Carolina, la triste e autocratica moglie di Ferdinando I re di Napoli, ordinò che fosse costruito un forno a legna nella Reggia di Capodimonte, dove la famiglia reale trascorreva spesso l'estate. Durante i caldi pomeriggi d'agosto, la regina infornava numerose pizze per la gioia ed il divertimento dell'intera corte.
      Si narra che anche i sovrani piemontesi si lasciarono conquistare da questo umile cibo meridionale: fu per Margherita di Savoia che nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito creò la patriottica pizza «tricolore» in cui bianco, rosso e verde erano costituiti da mozzarella, pomodoro e basilico e che da allora si chiama appunto «pizza Margherita».
      Altro alimento che ha fatto la storia della cucina napoletana è il «ragù», decantato anche dal grande De Filippo in una sua poesia dal titolo appunto «o rrau» le cui origini risalgono addirittura al 1300.
      In questa esposizione non posso non dedicare un accenno anche alla «pastiera», la cui origine è antichissima e proviene, addirittura, da alcuni culti pagani volti a celebrare l'arrivo della primavera.
      La leggenda narra che la sirena Partenope aveva scelto come dimora il bellissimo golfo di Napoli e da lì cantava con voce melodiosa e dolcissima. La gente per ringraziarla di questo meraviglioso canto le portò sette doni, ognuno dei quali aveva un preciso significato: la farina, simbolo della ricchezza; la ricotta, simbolo dell'abbondanza; le uova, simbolo di riproduzione; il grano cotto nel latte, simbolo della fusione del regno animale e di quello vegetale; i fiori d'arancio, profumo della terra campana; le spezie, omaggio di tutti i popoli; lo zucchero, per acclamare la dolcezza del canto della sirena. La sirena gradì i doni, ma nel raccoglierli li mescolò in un amalgama che le lasciò tra le mani la prima pastiera di cui fu l'inconsapevole autrice. Successivamente la pastiera è diventata il dolce con cui festeggiare la Santa Pasqua ed è simbolo di pace.
      Nel corso dei secoli, la cucina napoletana ha mescolato, e gradualmente elaborato,
 

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pietanze di città e piatti di campagna, lavorando su antiche ricette adattate alle nuove esigenze della società moderna, alla fine trasformando e modificando molti sapori.
      Si può parlare di arte culinaria napoletana perché si conserva ancora un insieme di procedure, un repertorio di piatti e sapori che hanno attraversato molti secoli e che contribuiscono ancora a tratteggiare, in modo lampante, una precisa identità gastronomica.
      Onorevoli colleghi, lo scopo della presente proposta di legge non è soltanto di tutelare e di valorizzare le tradizioni della cucina napoletana, ma anche di organizzare una rete di soggetti operanti nelle osterie, nei ristoranti, nelle trattorie, nelle enoteche e nelle aziende agricole di certificata qualità partenopee.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La presente legge promuove la tutela e la valorizzazione della cucina tipica napoletana, attraverso l'istituzione di un distretto gastronomico costituito da una rete di operatori della vendita e della ristorazione, con sede in Napoli.

Art. 2.

      1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione della giunta provinciale di Napoli, con decreto del Ministro delle attività produttive, è istituito, quale organismo rappresentativo del distretto gastronomico di cui all'articolo 1, il Comitato per la tutela e la valorizzazione della «pizza», del «ragù», dei «polipetti alla luciana», del «polpettone», della «pastiera» e del «babà napoletano», di seguito denominato «Comitato».
      2. Il Comitato è composto da:

          a) un rappresentante del Ministero delle attività produttive, designato dal Ministero stesso;

          b) due soggetti designati dal presidente della provincia di Napoli, di cui un rappresentante della provincia e un rappresentante degli organismi pubblici e privati che operano nei settori del turismo, della cultura e dell'arte;

          c) due rappresentanti del comune di Napoli;

          d) quattro rappresentanti designati dalle associazioni e dagli organismi napoletani di categoria.

      3. L'attività e l'organizzazione del Comitato sono disciplinati mediante un regolamento interno approvato dallo stesso Comitato.

 

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      4. Il Comitato elegge, al proprio interno, a maggioranza semplice, il presidente che lo rappresenta.

Art. 3.

      1. Il Comitato ha il compito di promuovere e di tutelare i prodotti tipici della cucina napoletana. In particolare il Comitato:

          a) attribuisce la certificazione di «prodotti della cucina tipica napoletana» alle attività commerciali che vendono o preparano prodotti corrispondenti alle indicazioni di un apposito disciplinare redatto dal Comitato stesso che si riferisce alla provenienza, alle dosi ed alle modalità di preparazione dei prodotti stessi;

          b) promuove attività di valorizzazione dei prodotti tipici della cucina napoletana, a livello nazionale e internazionale, e tutela le origini culturali dei prodotti gastronomici, anche attraverso campagne promozionali.

Art. 4.

      1. Il Comitato predispone itinerari turistici, culturali e gastronomici, all'interno del distretto gastronomico di cui all'articolo 1.
      2. L'attività del distretto gastronomico cui all'articolo 1 è regolata dal disciplinare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3.

Art. 5.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 100.000 euro a decorrere dall'anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente

 

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utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.    


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