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PDL 6071

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6071



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GAZZARA

Disposizione in materia di regime fiscale dei redditi derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco di società ed enti

Presentata il 13 settembre 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha lo scopo di chiarire l'attuale assetto normativo per inquadrare correttamente i redditi derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco svolta da parte di professionisti iscritti agli albi, anche ai fini di un corretto versamento dei relativi contributi previdenziali.
      La razionalità della soluzione interpretativa proposta nell'articolo appare di tutta evidenza e può riassumersi nel «principio dell'attrazione» secondo il quale, ogni qualvolta l'attività di lavoro autonomo richieda competenze riconducibili, anche in senso lato, alla sfera dell'attività professionale principale esercitata dal soggetto percettore, essa costituisce, sotto il profilo dell'inquadramento fiscale e previdenziale, un tutt'uno con l'attività professionale, perdendo ogni sua autonoma rilevanza.
      Sotto il profilo strettamente previdenziale, peraltro, la logicità e la fondatezza della tesi prospettata sono confermate dal fatto, assolutamente indiscutibile, che i soggetti maggiormente danneggiati da una eventuale interpretazione distorta del quadro normativo di riferimento sarebbero proprio i professionisti interessati, che vedrebbero assottigliarsi la tutela previdenziale con conseguenze anche gravi sull'ammontare delle prestazioni.
      Di fronte alle ineccepibili argomentazioni dei professionisti italiani e dei loro istituti di previdenza vi erano state, già in precedenza, alcune importanti aperture (ad esempio la risoluzione 7-01047 della Commissione finanze della Camera dei deputati alla fine della scorsa legislatura); tuttavia le contrastanti e discutibili direttive ministeriali in materia hanno contribuito ad accrescere un clima di incertezza fra i professionisti.
      A questo punto appare necessario un intervento legislativo di chiarimento che, in attesa di una riforma più generale della
 

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materia, elimini, almeno per le figure di amministratore e di sindaco, gli effetti perversi generati dalla nefanda riforma fiscale operata con la legge n. 342 del 2000. Si ristabilirebbe così un clima di serenità e di certezza nel mondo delle libere professioni, sulla base delle regole finora seguite, da tutti i professionisti, nell'esposizione fiscale dei proventi derivanti da tali attività.
      Va precisato che il concetto di attività (e quindi di reddito) professionale non può essere ristretto a quello identificato dall'originario assetto ordinamentale della professione, ma deve abbracciare tutti i campi contigui.
      La presenza di un professionista (avvocato, commercialista, medico, ingegnere, eccetera) in un consiglio di amministrazione di una società o nel collegio sindacale di essa non è dovuta, se non in maniera più che residuale, alla qualità di socio ma, invece, proprio alle qualità professionali rivestite che rendono indispensabili, in generale, gli apporti di un professionista in materie giuridiche od economiche e, a seconda delle specificità dell'oggetto sociale, di un ingegnere (per le società di ingegneria), di un medico (per le società che gestiscono cliniche) e così via. Vale a dire, cioè, di soggetti che si avvalgono, per tali compiti, delle stesse competenze scientifiche e tecniche usate nella normale attività professionale.
      E anche quando un siffatto amministratore sia un socio, il motivo per cui siede in consiglio è proprio collegato alla sua figura professionale e alle relative competenze ritenute indispensabili per una corretta amministrazione della società.
      In effetti, nella quasi totalità dei casi, fare l'amministratore comporta il ricorso continuo alle proprie specifiche conoscenze professionali e non a caso i professionisti sono chiamati ad assolvere specifiche cariche con specifiche deleghe. Questo consente all'organo decisionale di risolvere i singoli problemi con maggiore professionalità e con risultati certamente migliori. Non a caso proprio in questa logica si muove lo stesso legislatore che, per alcuni settori dell'ordinamento giuridico, impone che nei consigli di amministrazione siano chiamati a partecipare soggetti con specifiche professionalità personali. Si pensi, ad esempio, all'ordinamento delle società fiduciarie che dispone che nel consiglio di amministrazione uno o due componenti devono essere iscritti agli albi professionali (articolo 4, commi terzo e quarto, della legge 23 novembre 1939 n. 1966); si pensi ancora all'ordinamento delle società d'intermediazione mobiliare di cui devono fare parte commercialisti e avvocati.
      Questi esempi rafforzano il concetto che il consigliere è chiamato a ricoprire l'incarico all'interno del consiglio di amministrazione proprio per le sue specifiche conoscenze professionali e che per svolgere il suo incarico dovrà, gioco forza, attingere alla propria professionalità. Questo concetto di carattere funzionale si lega a ogni tipo di professione che, in quanto tale, è espressione di caratteri peculiari che possono essere necessari per rispondere in modo puntuale alle esigenze che si creano di volta in volta all'interno dei diversi consigli di amministrazione.
      Nel caso dei professionisti, in altre parole, il particolare reddito si identifica nella quasi totalità dei casi con i compiti istituzionali del soggetto e, in quanto tale, non può essere incluso, per sua stessa natura, in una categoria reddituale diversa da quella professionale. La norma proposta, pertanto, che ha natura eminentemente interpretativa, appare estremamente opportuna e urgente. Sotto il profilo della copertura va, infine, sottolineato che il chiarimento fiscale proposto non porterebbe alcun aggravio al bilancio dello Stato. Anzi, il diverso regime tributario applicabile porterebbe un beneficio in termini di gettito per il fatto che i professionisti sarebbero, comunque, tenuti a fatturare i compensi derivanti da attività di amministratore e di sindaco, con relativa applicazione dell'imposta sul valore aggiunto (20 per cento), e che i relativi corrispettivi formerebbero base imponibile anche ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. I redditi derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco di società ed enti, svolta da soggetti iscritti agli albi professionali, costituiscono redditi equiparati a tutti gli effetti a quelli disciplinati dall'articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.


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