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PDL 6069

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6069



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GAZZARA

Disposizione concernente la non applicabilità alla professione di avvocato del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di diritto alla riservatezza

Presentata il 13 settembre 2005

      

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Onorevoli Colleghi! - Il cosiddetto «diritto alla riservatezza» è stato disciplinato, nel nostro ordinamento, con il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, che reca disposizioni in materia di trattamento dei dati personali.
      Tale decreto legislativo impone in generale una serie di cautele a tutela della privacy e, in particolare, tra l'altro, a carico dei professionisti, una serie di complessi e gravosi adempimenti, prevedendo sanzioni pecuniarie e penali per il caso di inosservanza.
      Tale normativa si applica anche agli avvocati i quali svolgono una attività professionale grazie alla quale è garantito il diritto di difesa costituzionalmente previsto.
      Il ruolo dell'avvocato, quindi, a volere portare il ragionamento alle estreme conseguenze, deve essere assicurato indipendentemente da qualsiasi norma che tuteli il diritto alla riservatezza, che spesso difficilmente si può conciliare con il ruolo da assolvere.
      L'avvocato, proprio per l'alto profilo costituzionale della sua attività, è già tenuto alla riservatezza e alla segretezza dei dati in suo possesso così come di ogni notizia di cui viene a conoscenza per l'incombenza del proprio ufficio; infatti sia le norme del codice penale che quelle del codice deontologico prevedono specifiche disposizioni in materia.
      L'avvocato, nell'espletamento dell'attività professionale, oltre che di uno studio organizzato si avvale di collaboratori ed è seguito da «praticanti».
      Ciò comporta la conoscenza, se non delle questioni, almeno della loro esistenza e quindi delle parti in causa, delle comunicazioni, degli atti al cui specifico proposito
 

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occorre rilevare che le notifiche avvengono in modo tale da consentire la lettura del documento a chiunque ne venga in possesso.
      Le varie cause, poi, vengono chiamate in udienza, spesso contemporaneamente davanti a giudici differenti.
      Ciò comporta la necessità per l'avvocato di delegare a sostituirlo altri che nell'occasione verranno a conoscenza di dati e di notizie «riservati».
      In udienza, normalmente pubblica, chiunque abbia l'opportunità di essere presente apprende di parti, questioni, testimonianze e altri dati.
      Il tutto contro ogni previsione di legge a tutela della privacy.
      L'attuale funzionamento della «macchina giustizia» confligge in modo aperto con lo stesso diritto alla riservatezza quotidianamente leso dalla stessa modalità di tenuta dei fascicoli (nei tribunali e negli studi professionali).
      Né pare facile mutare metodo, peraltro rapidamente.
      Applicare la disposizione di legge che con la presente proposta si intende modificare significa oggi impedire di fatto all'avvocato di assolvere compiutamente al proprio ruolo di rilevanza costituzionale senza alcuna seria utilità per il cliente i cui dati vengono comunque resi pubblici sia nel corso delle udienze, sia in occasione delle notifiche, sia durante l'espletamento di eventuali consulenze tecniche di ufficio.
      Senza voler parlare della diffusione di notizie, anche le più riservate, da parte dei mass media.
      Il tutto a prescindere dai notevoli costi da sopportare, in definitiva a carico del cliente, per il rispetto formale della previsione normativa che riprende princìpi ispiratori del codice deontologico.
      I vertici (istituzionali, politici, associazionistici) dell'avvocatura hanno più volte richiesto la modifica della normativa in questione anche in ragione della difficile, spesso impossibile, applicabilità della medesima.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le disposizioni in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, non si applicano agli avvocati regolarmente iscritti all'albo nell'esercizio della loro attività professionale.


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