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PDL 6061

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 6061



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SINISCALCHI

Modifiche agli articoli 567 e 591 del codice penale in materia di alterazione di stato e di abbandono di persone minori o incapaci

Presentata il 9 settembre 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di operare un intervento volto a riequilibrare l'assetto normativo afferente il trattamento sanzionatorio relativo ad alcune figure delittuose previste dal codice penale. In particolare, si tratta di delitti «contro lo stato di famiglia» e «delitti contro la persona». La questione incide direttamente sulla coscienza sociale e sulle trasformazioni della stessa nell'ambito della dinamica delle traiettorie di riforma dell'intero ordinamento. Il crescente sviluppo dei diritti del neonato e l'evoluzione normativa relativa allo stato di famiglia impongono dunque un intervento correttivo nell'ambito di una uniformità del trattamento sanzionatorio per determinate ipotesi di reato. I reati comparati, sotto il profilo che interessa ai fini della presente iniziativa legislativa, possono sostanzialmente individuarsi nell'abbandono di persone minori o incapaci (articolo 591), nell'«alterazione di stato» (articolo 567), nell'«infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale» (articolo 578). L'asse portante della riforma che con la presente proposta di legge si intende operare è rappresentato dalla centralità del valore insopprimibile e inviolabile del «bene vita» nonché dall'interesse del minore, inteso come soggetto particolarmente meritevole di tutela (nell'ambito del rapporto figli-genitori).
      Concezioni formalistiche, ormai superate nel complesso dell'attuale assetto normativo e incompatibili con la coscienza sociale (e con il disvalore attribuito nell'ambito
 

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di comparazioni tra condotte antigiuridiche), rendono ancora presente una sfasatura relativa al trattamento sanzionatorio di alcuni delitti. Si finisce, in altri termini, per privilegiare una impostazione codicistica che sembra attribuire - ai fini sanzionatori - prevalenza alla adulterazione di documenti afferenti la nascita, rispetto all'abbandono del neonato. Anche una recente pronuncia della Suprema Corte di cassazione, ha evidenziato il nucleo centrale della problematica relativa alla codicistica previsione sanzionatoria e al rischio di disparità di trattamento in relazione ai menzionati reati. Detta disparità, peraltro, rischia di entrare in aperto contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, stabilito dalla Costituzione. Sul punto, è appena il caso di rilevare come, ad esempio, il codice penale prevede attualmente una pena da tre a dieci anni di reclusione per coloro che, mediante la sostituzione di neonato, ne alterano lo stato civile (articolo 567, primo comma), mentre prevede la reclusione da cinque a quindici anni per chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato attraverso false attestazioni o certificazioni (articolo 567).
      A fronte delle richiamate pene edittali previste dal codice penale, appare eccessivamente favorevole il trattamento sanzionatorio riservato a chi commette il delitto di «abbandono di persone minori o incapaci».
      Invero, gli autori di tali condotte criminose sono puniti (prescindendo da specifiche ipotesi aggravate) con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Non può peraltro rimanere priva di valutazione la circostanza relativa alla evoluzione della coscienza sociale, dei costumi, delle tutele riconosciute al genitore. Tale indubbia evoluzione non appare compatibile con una previsione sanzionatoria statica a fronte delle evidenti trasformazioni. Se da una parte la legislazione e la coscienza sociale sono, da decenni, andate incontro al rapporto genitoriale sganciato da rigide piattaforme puramente formali, dall'altra la commissione del delitto di abbandono del minore appare oggi connotata da maggiore disvalore. Sul punto è appena il caso di ricordare che l'originaria previsione codicistica, prevedeva, all'articolo 592 (articolo abrogato dalla legge n. 442 del 1981) l'ipotesi di «abbandono di un neonato per causa di onore». Detto reato, punito con pene non particolarmente severe (da tre mesi a un anno di reclusione), prevedeva un abbandono del neonato determinato dalla volontà di «salvare l'onore proprio o di un prossimo congiunto». Tuttavia, oggi, nonostante vi sia stata una sensibile evoluzione di tali impostazioni culturali e sociali, trasfusa in un assetto di norme relative a una tutela del rapporto genitoriale, del nascituro e del minore, non sembra venire meno la drammatica pratica di abbandono dell'indifeso neonato. Così, conseguentemente, i frequenti fatti di cronaca, tristemente noti, relativi a episodi di abbandono del neonato - ancorché caratterizzati dalle più disparate modalità esecutive - si stanno trasformando in una inaccettabile tendenza allo svuotamento del valore della vita umana.
      La previsione normativa afferente l'abbandono di persone minori (o incapaci) pone al centro della condotta sanzionata l'interruzione del «rapporto di assistenza» con il conseguente stato di effettivo pericolo per la incolumità del minore (o incapace). Non può peraltro essere ignorato come alcune delle problematiche relative al reato di «abbandono» previsto dall'articolo 591 del codice penale si estendano anche ad altre gravi condotte che, spesso poste in essere dal genitore, si spingono fino allo sfruttamento della condizione fisica ed esistenziale del minore. Si pensi, ad esempio, all'impiego di bambini di pochi anni di età spesso abbandonati per strada in stato indecoroso, per intere giornate, anche allo scopo di consentire un biasimevole lucro («impiego di minori nell'accattonaggio», articolo 671 del codice penale). Immagini, queste ultime, che con troppa frequenza ci siamo quasi abituati a vedere, soprattutto nelle realtà urbane di notevoli dimensioni. Tuttavia, prescindendo dal rapporto genitoriale e alla messa in pericolo del «bene vita» del
 

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neonato in conseguenza della condotta del genitore, la proposta di legge in oggetto si estende alla protezione più generale del «bene vita» nell'ambito di obblighi di custodia e di assistenza che si desumono dalle norme giuridiche. La vita umana va difesa e posta al centro della tutela nell'ordinamento e ciò anche attraverso l'inasprimento sanzionatorio relativo a quelle condotte delittuose che mettono in risalto l'ingiustificato abbandono di «esistenze» particolarmente meritevoli di protezione e tutela (minori, anziani infermi, disabili psichici).
      Alla luce di quanto brevemente enunciato nella presente relazione, l'iniziativa legislativa si propone di operare una modifica del trattamento sanzionatorio relativo alle richiamate ipotesi di reato, allo scopo di assicurare una maggiore rispondenza alla mutata coscienza sociale, nonché al fine di garantire con più incisività il principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 567 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 567. (Alterazione di stato). - Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.
      Alla stessa pena soggiace altresì chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità».

Art. 2.

      1. L'articolo 591 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 591. (Abbandono di persone minori o incapaci). - Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
      La pena è della reclusione da quattro a dodici anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da cinque a quindici anni se ne deriva la morte.
      Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato».


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