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PDL 5940

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5940



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

AGOSTINI, FINOCCHIARO, BONITO, GUERZONI

Riforma delle professioni intellettuali

Presentata il 23 giugno 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Il progetto di legge di riforma delle professioni intellettuali che qui presentiamo tenendo conto delle proposte formulate dai colleghi del Senato della Repubblica nell'atto Senato n. 2204 del 2003, persegue la finalità di aggiornare l'ordinamento delle libere professioni in Italia, tenendo da un lato conto degli esistenti istituti, come si sono conformati nella tradizione, e muovendo dall'altro nella direzione dell'ammodernamento del sistema stesso, nella prospettiva delineata, dal Trattato di Roma istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni, di seguito denominato «Trattato».
      Diverse sono le sollecitazioni a tale intervento legislativo. La disciplina degli ordini professionali e delle tariffe delle prestazioni dei liberi professionisti risale in gran parte agli anni venti-quaranta del secolo scorso e, quindi, rispecchia una realtà sociale ed economica ben diversa dall'attuale. L'evoluzione interna e internazionale di tale realtà si cumula con l'evoluzione dell'ordinamento giuridico, caratterizzata dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea e dall'affermarsi dei princìpi nuovi della tutela della concorrenza e del mercato (legge 10 ottobre 1990, n. 287).
      Va ricordato, in particolare, che l'articolo 50 del citato Trattato sancisce la libera circolazione dei servizi, comprendendo in questi ultimi le attività delle libere professioni. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha soffermato la propria attenzione sul settore delle libere professioni in Italia, sia in occasione di studi organici della materia sia in relazione a singoli provvedimenti (Indagine conoscitiva sul settore degli ordini e collegi professionali, 1o dicembre 1994-9 ottobre 1997, deliberazione n. 5.400 in Bollettino dell'Autorità n. 42 del 1997).
 

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      A seguito di tali sollecitazioni, già i Governi della precedente legislatura avevano affrontato il tema della riforma di questo rilevante settore della società italiana con l'approvazione di alcuni disegni di legge (atti Camera nn. 5092 e 7452), che intendevano porre rimedio ai limiti del vigente ordinamento delle professioni liberali. Non è infatti dubbio che la competitività dei professionisti italiani consegua, in misura notevole, anche a un profondo rinnovamento ordinamentale, che assicuri qualificazione professionale, piena concorrenza, controllo di deontologia. Il futuro delle professioni nel mercato globale è dunque fortemente condizionato dall'esigenza di fornire alla società e agli stessi liberi professionisti modelli aggiornati di accesso alle libere professioni e di governo delle stesse, quale strumento per eliminare barriere alla competitività dei professionisti italiani nel contesto socio-economico. Tale esigenza permane tuttora e si fa, anzi, sempre più pressante, anche per effetto dell'utilizzazione della comunicazione telematica che consente di «mettere in rete» le prestazioni professionali.
      Per altro, detti disegni di legge governativi suscitarono a loro tempo un ampio dibattito e lo stesso intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che rese in proposito il parere in data 5 febbraio 1999.
      Nell'ambito dell'Unione europea dopo la risoluzione del Parlamento europeo del 9 febbraio 1999 sulla XXVII relazione della Commissione su «La politica di concorrenza della Comunità europea - 1997», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. C 150 del 28 maggio 1999, va ricordata la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, che ha fornito una definizione dell'interesse pubblico per quanto riguarda il commercio elettronico dei servizi, mentre la Commissione giuridica e per il mercato interno sta lavorando alla proposta di direttiva generale che dovrebbe unificare le direttive 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, e 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992. Nella materia tariffaria vanno, poi, richiamati i precedenti giurisprudenziali nazionali che hanno sollevato, tra l'altro, la questione della legittimità comunitaria delle disposizioni sulle tariffe minime degli avvocati, questione sulla quale la decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee si è orientata nel senso di consentirne la obbligatorietà, condizionata però dall'approvazione dello Stato, tenuto conto dell'interesse generale.
      Da questi precedenti, nasce la consapevolezza che è necessario procedere a una revisione della normativa in materia per fornire ai professionisti tutti gli strumenti per affrontare la competizione. La riforma si propone di svolgere una funzione adeguatrice delle stesse attività professionali alle nuove realtà economiche che si sono sopra richiamate e al quadro normativo europeo che in ogni caso si va affermando, sicchè sarebbe miope e anzi irresponsabile non tenerne conto, pregiudicando le capacità nazionali di sviluppo del settore.
      Le soluzioni prospettate costituiscono un contributo alla ricerca di equilibrio tra i diversi interessi pubblici in gioco e tra le diverse filosofie di disciplina delle libere professioni. Il testo presentato si muove alla ricerca di soluzioni che comunque assicurino, pure nella continuità con un passato che non può essere smantellato con un solo tratto di penna, l'indispensabile adeguamento alle varie istanze sopra richiamate.
      Tra i tratti caratterizzanti della proposta di legge vi è l'adozione di un sistema «duale» di regolamentazione delle attività professionali. Da una parte, le professioni regolamentate, come definite dal capo II (dall'articolo 4 all'articolo 22), cioè le professioni esercitate dal professionista che ha superato l'esame di Stato ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione e che è iscritto a un albo o elenco nonché sottoposto al controllo di un ordine o collegio professionale. Inoltre dall'articolo 4, comma 1, lettera a), emerge che la qualificazione di una professione come regolamentata non implica di per sé riserva.
 

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Ne consegue, quindi, che l'attività può essere esercitata anche da soggetti che non sono iscritti all'albo e all'ordine e che, in tale ultimo caso, l'attività professionale stessa non deve considerarsi regolamentata ai fini definitori che interessano nell'applicazione della legge.
      Dall'altra parte, si prevede che per le professioni non regolamentate, per le quali l'accesso è assolutamente libero (articolo 25), l'esercizio della professione può essere svolto in qualunque modo, anche nella forma societaria di capitali (articolo 29, comma 4) e sono consentite libere associazioni di professionisti che svolgono, sia pure nell'ambito del diritto privato e in piena concorrenza tra loro, stante l'assoluta libertà di iscrizione alle stesse, un ruolo di verifica dei requisiti professionali dei propri iscritti e di rilascio di un attestato di competenza. Quest'ultimo assume anch'esso carattere di facoltatività e non costituisce requisito necessario per l'esercizio dell'attività, che può essere quindi svolta liberamente anche da chi ne è sprovvisto. Tale configurazione duale della disciplina tende ad un approccio che coniuga il mantenimento di alcuni tratti tradizionali dell'organizzazione delle professioni in Italia con le esigenze sopra richiamate della modernizzazione competitiva del nostro sistema professionale. Essa tende, in sintesi, a rendere più articolata e pluralistica e, quindi, più flessibile rispetto alle diverse soluzioni di mercato e alle loro dinamiche evolutive l'offerta di regolamentazione da parte dello Stato.
      Inoltre, attraverso la presa d'atto e la valorizzazione del fenomeno delle cosiddette «professioni emergenti» e la rivisitazione, in ottica comunitaria, delle vigenti disposizioni relative alle professioni regolamentate, si fornisce una possibile risposta alle numerose istanze di istituzione di nuovi ordini professionali, che fino ad ora rappresentano la sola forma istituzionale di riconoscimento giuridico ai fini dell'emersione legale e della visibilità sociale delle libere professioni.
      Tale sistema, altresì, dà finalmente risposta a una esigenza da tempo rappresentata dalle professioni emergenti e che non hanno un albo o elenco professionale, ovvero quella di dare un attestato di competenza utile ad assicurare di fatto la libera circolazione anche dei nostri professionisti non esercenti attività protette in ambito comunitario. Non sempre il libero mercato fornisce strumenti cognitivi sufficienti per la determinazione dei livelli di qualità nella prestazione dei professionisti attualmente non regolamentati.
      Si passa ora all'esame delle singole disposizioni.
      Gli articoli 1, 2 e 3 individuano i princìpi generali di disciplina delle professioni intellettuali prevedendo, nel rispetto della legislazione concorrente prevista dall'articolo 117 della Costituzione, le competenze delle regioni. Si tratta di una serie di princìpi e criteri generali comuni che attengono alla generalità delle libere professioni intellettuali, distinguendo le previsioni tra professioni regolamentate e professioni non regolamentate. Le prime sono soggette a specifica disciplina, sostanziale (articoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14) e di tipo organizzativo (articoli 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 e 22), per ragioni di tutela dei rilevanti interessi pubblici che vi sono connessi e per gli aspetti di asimmetria informativa che vi si ricollegano in modo particolare. Le seconde per la loro natura sono soggette alla disciplina sostanziale degli articoli 23, 24, 25, 26, 27 e 28 che, ai sensi della normativa comunitaria, introducono nel nostro ordinamento le libere associazioni di professionisti. Più in particolare, nell'articolo 3 vengono ribaditi i tratti essenziali che connotano l'esercizio della professione intellettuale tout court: il diritto di scelta del professionista da parte del cliente e la diretta responsabilità del singolo professionista. La lettera b) del comma 2 prevede l'accesso libero, in conformità al diritto comunitario, senza vincoli di predeterminazione numerica se non per le professioni aventi quale oggetto caratterizzante l'esercizio di funzioni pubbliche. La deroga è limitata ai casi di stretta attinenza della professione all'esercizio di pubblica funzione, per tenere conto delle disposizioni del Trattato e dell'interpretazione giurisprudenziale in
 

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materia (Corte di giustizia delle Comunità europee, 21 giugno 1974, in causa C-2/74).
      Relativamente alla distinzione tra attività professionale e attività di impresa, è stato ripreso, ma riformulato, il criterio di distinzione già presente nel disegno di legge governativo (atto Camera n. 5092 della XIII legislatura), che tuttavia aveva destato perplessità sulla compatibilità con il diritto comunitario e della concorrenza.
      Viene ora chiarito che l'attività svolta dai professionisti intellettuali resta ontologicamente distinta da quella di impresa, in ragione della sua peculiarità, della prevalenza della figura del professionista e della sua capacità nel relativo rapporto contrattuale, della natura stessa degli interessi coinvolti, a fronte dell'attività di impresa in cui prevale il riferimento all'elemento oggettivo dell'organizzazione degli strumenti della produzione nella quale la persona del prestatore diviene meno significativa ed è comunque fungibile. Va tuttavia segnalato che la tradizionale qualificazione dell'obbligo del professionista come obbligazione di mezzi, invece che di risultato come per l'impresa, trova eccezioni (Cassazione 25 novembre 1994, n. 10014; 28 gennaio 1995, n. 1040).
      Ma si ribadisce che l'attività svolta dal professionista resta pur sempre attività economica e come tale necessariamente soggetta alla disciplina della libertà di concorrenza e di scelta del cliente, secondo le disposizioni di matrice comunitaria. Disposizioni che vietano le pratiche anticoncorrenziali tra professionisti, come i cartelli e gli abusi di posizione dominante, a tutela sia degli altri professionisti sia dei clienti; in particolare, si è fatto espresso richiamo all'articolo 81 seguenti del Trattato per richiamarne l'applicabilità a prescindere dalla qualificazione dell'attività professionale come attività di impresa sotto un profilo di carattere più generale riguardante il diritto nazionale.
      Le lettere d) ed e) del medesimo comma 2 contengono la piena ammissione della pubblicità e la previsione della determinazione consensuale del corrispettivo.
      L'articolo 4 contiene i princìpi e criteri specifici che si applicano alle sole professioni regolamentate e che derogano, in quanto dalle stesse previsto, alle disposizioni di carattere generale dell'articolo 3.
      Va innanzitutto sottolineato che sono professioni regolamentate le professioni per le quali l'ordinamento prevede un percorso formativo e abilitativo specifico. Tale percorso generalmente si snoda attraverso le fasi dell'acquisizione del titolo di studio, dell'esame di abilitazione, dell'iscrizione all'albo o elenco, dell'iscrizione all'ordine o collegio che detengono l'albo o l'elenco.
      La giustificazione di un tale sistema va individuata nella particolare tutela che l'ordinamento intende ricollegare all'esercizio della professione e che si giustifica, secondo l'orientamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella presenza di elementi significativi quali: l'incidenza dell'attività su diritti costituzionalmente garantiti, la rilevanza sociale dei costi di eventuale cattiva prestazione, l'asimmetria informativa, che non consente al cliente di valutare prima e dopo la qualità della prestazione fornitagli. La prescrizione della contestuale sussistenza di tali elementi significativi ai fini della istituzione di nuovi ordini è sancita dall'articolo 6 del testo in esame. La lettera b) del comma 1 dell'articolo 4 dispone, perciò, la conferma dell'ambito dell'attività riservata a determinati professionisti, sancendo la coincidenza di tale riserva con quella attualmente esistente: solo se la riserva è prevista da disposizioni di legge (vigenti alla data di entrata in vigore della legge) l'attività stessa potrà essere esercitata dagli iscritti agli ordini in via esclusiva; mentre tale iscrizione non sarà necessaria per esercitare attività di consulenza legale (attività non riservata).
      La lettera c) del comma 1 dell'articolo 4 ribadisce, per l'accesso alle professioni regolamentate, l'obbligo costituzionale dell'esame di Stato (articolo 33 della Costituzione), che non si pone come vero e proprio limite all'accesso, ma come verifica oggettiva del possesso delle competenze tecniche necessarie. Proprio per corrispondere a questa finalità e allo scopo di evitare che tale esame appaia come una
 

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cooptazione da parte dei professionisti esistenti o come una leva per graduare l'accesso al mercato delle professioni in funzione anticoncorrenziale e di tutela corporativa, la riforma muove nell'ottica di assicurare garanzie di oggettività all'esame stesso. La riforma pone, d'altra parte, le premesse affinché l'esame di Stato non sia più, come è per diverse libere professioni, del tutto inadatto a saggiare le specifiche capacità nel settore specifico di intervento del professionista, stante l'attuale genericità della prova che non assicura affatto la qualità della prestazione, smentendo così lo stesso assunto della necessità della prova selettiva. La proposta di legge prevede che l'esame di Stato si possa articolare in funzione della specifica attività professionale che il professionista eserciterà in concreto. Alla lettera g) del comma 1 dell'articolo 3 è stato introdotto l'obbligo per il professionista, che entra in contatto con il cliente, di specificare quale sia la situazione aggiornata rispetto al proprio ordine di appartenenza o, qualora ne faccia parte, rispetto alle associazioni di cui all'articolo 25. Tale previsione è volta ad evitare che l'iscrizione all'ordine professionale, che legittima, una volta ottenuta, l'uso del titolo che vi si connette, anche successivamente alla cancellazione dall'albo, possa costituire sviamento per il cliente, per la ragionevole convinzione di quest'ultimo che al titolo si ricolleghi la supervisione di un ordine professionale, che invece non veda più tra i propri iscritti il professionista in questione.
      A fronte di questi princìpi, la proposta di legge limita l'ambito delle professioni regolamentate a quelle che attualmente l'ordinamento configura come tali e per le quali è previsto l'esame di Stato, propedeutico all'iscrizione in ordini o collegi i cui profili organizzatori sono definiti all'articolo 5 del testo in esame.
      L'articolo 5 detta i princìpi in materia di ordini e collegi professionali, ai quali sono espressamente riconosciute natura pubblica di autonomia finanziaria, patrimoniale ed, entro certi limiti, di autorganizzazione.
      A detta previsione si ricollega quella dell'articolo 6 sui requisiti richiesti per la istituzione di nuovi ordini professionali. Ciò nella considerazione che, laddove l'ordinamento ha storicamente compiuto questa previsione, già è stato fatto un apprezzamento di tale genere e che un repentino mutamento del sistema di regolazione avrebbe inconvenienti significativi in mancanza del previo decollo del sistema delle associazioni di liberi professionisti, di nuovo impianto.
      Attività regolamentata non significa attività riservata, ma solo predisposizione di un sistema di accertamento della capacità del professionista e di soggezione del professionista medesimo al controllo di un ordine professionale. L'attività resta nondimeno aperta anche a chi non ha seguito il richiamato percorso. L'attività di quest'ultimo, come già detto, è attività non regolamentata di cui all'articolo 23 della presente proposta di legge. Le attività riservate nell'ordinamento italiano sono poche e la proposta di legge mira a escludere ampliamenti di quelle che sono attualmente previste da disposizioni di legge (esemplificativamente, l'attività di rappresentanza e difesa in giudizio da parte dell'avvocato; l'attività del medico; la redazione di progetti da parte di ingegneri e di architetti).
      Rimane prioritario l'obiettivo, dell'esame di Stato, di assicurare la verifica della preparazione dei candidati, anche tenendo conto della specificità delle singole professioni: in particolare, è stata segnalata l'esigenza di modularlo in relazione alle diverse possibili attività che l'iscrizione all'ordine consente. L'articolo 7 regola, infatti, le modalità di accesso alla professione e affronta, anche per i numerosi segnali di interesse sociale al tema in questione, le condizioni di necessaria imparzialità delle commissioni esaminatrici. A tale obiettivo sono rivolte le disposizioni che prevedono in tali commissioni la presenza dei commissari designati.
      L'articolo 8 tende a rendere più elastico l'espletamento del tirocinio, che può costituire un insopportabile allontanamento del momento di ingresso nel mondo del
 

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lavoro. Si prevede che esso possa in parte coincidere con gli studi necessari all'acquisizione del titolo di studio richiesto per l'esame di abilitazione e che vi siano diverse opportunità, dalla pratica professionale al corso specialistico riconosciuto dal competente consiglio nazionale.
      Importanti novità sono la previsione di un equo compenso per il tirocinante e il riconoscimento di forme di tirocinio svolte all'estero.
      Gli articoli 9, 10, 11 e 12 si occupano di aspetti specifici dell'attività professionale regolamentata; quelli della formazione continua obbligatoria, dei codici deontologici, dei corrispettivi e della pubblicità informativa.
      Sulle regole di comportamento (articolo 10) è parso che la peculiare disciplina delle libere professioni, che non sono sottoposte alle mere leggi di mercato, richiedesse un controllo forte di deontologia.
      Sui corrispettivi professionali (articolo 11) e sulla fissazione di limiti massimi e, soprattutto, minimi di tali corrispettivi è noto che massima è la sensibilità della Commissione europea e della Autorità garante della concorrenza e del mercato, posto che i limiti tariffari, specie se affidati alla determinazione degli stessi professionisti, costituiscono limiti alla libertà di concorrenza. Limiti non sempre giustificabili con la ricerca della qualità della prestazione, a fronte dell'esperienza concreta e della stessa comparazione tra sistemi giuridici europei di impostazione diversa, ai quali non necessariamente deve assegnarsi una caratteristica di minore sensibilità verso questi profili qualitativi. Peraltro il testo registra una situazione che sembra solo recentemente definitiva. La Corte di giustizia delle Comunità europee ha già affermato l'illegittimità delle tariffe riguardanti gli spedizionieri doganali (Corte di giustizia delle Comunità europee, 18 giugno 1998, in causa C-35/96). La stessa Corte si è pronunciata recentemente sulle tariffe degli avvocati, riconoscendo la possibilità che possano essere anche obbligatorie purchè fissate dallo Stato tenendo conto dell'interesse generale. La proposta di legge contiene, in proposito, una previsione flessibile: innanzitutto si afferma anche per le professioni regolamentate il principio della libera e consensuale determinazione del corrispettivo.
      Si prevede, inoltre, (articolo 11, comma 2) la possibilità, in caso di mancata determinazione consensuale, che le tariffe siano fissate su proposta dei consigli nazionali degli ordini, dal Ministro competente che, prima della emanazione del relativo decreto, sente le organizzazioni dei consumatori maggiormente rappresentative. Dal punto di vista sostanziale, l'individuazione dei corrispettivi viene, con questa procedura, ancorata alla tutela della qualità della prestazione e all'esigenza di impedire che possibili pratiche di dumping producano un abbassamento della qualità dei servizi per il cliente, senza però ignorare l'interesse dell'utente. Con il richiamo alle citate disposizioni e decisioni si ottiene un adeguamento della misura alla determinazione delle tariffe alle pronunce comunitarie, evitando così di esporre il Paese a una immediata procedura di infrazione con riferimento alla legge, se l'orientamento degli organi comunitari si affermasse in senso contrario alla fissazione di corrispettivi con queste modalità.
      A parte la previsione del dovere delle parti di applicare le tariffe così determinate, non viene espressamente ricollegata a tale dovere una previsione di nullità delle pattuizioni contrarie. Tale nullità non risulta, infatti, stabilita attualmente dal codice civile come regola di carattere generale e inoltre le conseguenze della violazione della tariffa sono attualmente diversamente definite dalla giurisprudenza con riferimento alle varie professioni e alle disposizioni specifiche che le riguardano.
      La nullità è ricollegata dalla giurisprudenza alla violazione delle tariffe solo quando essa è espressamente sancita dalla legge. Negli altri casi la violazione delle tariffe dà luogo a eventuale responsabilità disciplinare nei confronti dell'ordine o collegio professionale. Si è, così, evitata nel testo una scelta che avrebbe comportato un passo indietro rispetto all'attuale situazione,
 

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anche tenendo conto dei rilievi dell'Autorità nazionale antitrust e della posizione assunta dalla Corte di giustizia della Comunità europea, in particolare con la citata sentenza del 18 giugno 1998, nella causa C-35/96, relativa alle tariffe applicate dagli spedizionieri.
      L'articolo 12 detta princìpi in materia di pubblicità ed è improntato alla previsione che la stessa pubblicità abbia carattere informativo, mentre i criteri, le modalità e le forme della pubblicità informativa vengono disciplinati dal codice deontologico di ciascuna professione. La differenza rispetto alla disciplina delle professioni non regolamentate sta nella difficoltà di fornire una corretta informazione pubblicitaria anche su altri aspetti più concreti della prestazione, ciò che, in un contesto di asimmetria informativa, potrebbe essere lesivo della corretta informazione del cliente.
      L'articolo 13 introduce la responsabilità civile del professionista e l'obbligo dell'assicurazione tale da garantire l'effettivo risarcimento del danno. I regolamenti di cui all'articolo 39 definiscono il limite del risarcimento ad un multiplo del compenso percepito dal professionista.
      L'articolo 14 dispone che le attività professionali possano usufruire dei provvedimenti pubblici di incentivazione o agevolazione in relazione agli investimenti, per formazione e affinamento professionali per ricerca scientifica e tecnologica, per assunzione di personale, per investimenti produttivi.
      Gli articoli 15 (consigli nazionali), 16 (federazioni regionali), 17 (ordini territoriali) non richiedono un particolare commento in quanto si tratta di definizioni delle soluzioni organizzative nelle quali si possono articolare gli ordini: consigli nazionali, ordini territoriali, eventuali federazioni regionali tra questi ultimi.
      L'articolo 18 sancisce il sistema elettorale per l'elezione dei consigli nazionali e dei consigli locali degli ordini territoriali e la durata in carica di tali organismi; l'articolo 19 stabilisce le regole relative all'esercizio della funzione disciplinare; gli articoli 20, 21 e 22 recano le norme relative allo scioglimento dei consigli nazionali delle federazioni regionali e dei consigli locali degli ordini territoriali.
      Gli articoli da 23 a 28 (Capo III) introducono nell'ordinamento le associazioni di professionisti esercenti nuove professioni non regolamentate di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza.
      La legge riconosce loro un principio di riconoscimento giuridico consentendo il rilascio di attestati di competenza (articolo 24), e l'esercizio della funzione disciplinare nel rispetto dei codici deontologici di cui all'articolo 25, comma 3.
      L'articolo 29 disciplina l'attività professionale svolta in forma societaria. Il comma 6 introduce un nuovo modello di società. Si tratta della società professionale riservata ai professionisti che esercitano le attività regolamentate di cui al capo II della presente proposta di legge. È uno degli aspetti più delicati della riforma. Il comma 6, infatti, ne definisce le caratteristiche autonome e distinte da quelle previste dall'articolo 2249 del codice civile.
      I professionisti, le cui attività non regolamentate sono disciplinate al capo III della proposta di legge, possono costituire società tra professionisti anche secondo i tipi di cui all'articolo 2249 del codice civile. È comunque consentita ai professionisti che esercitano attività professionali regolamentate, di cui al capo II, la costituzione di società, ai sensi dell'articolo 2249 del codice civile, anche con soci che conferiscono mero capitale unicamente per l'esercizio dei servizi (citata direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992). La proposta di legge distingue tra attività imprenditoriale di prestazione di servizi, l'unica imputabile a una società nella quale prende parte il capitale, e attività di libera prestazione professionale, imputabile solo al singolo professionista o allo studio associato di professionisti o a una forma nuova di società, nella quale i soci possono essere solo professionisti nella loro qualità di esercenti la libera professione.
 

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      Va osservato, in proposito, che il contratto avente a oggetto la prestazione di opera intellettuale, nel vigente ordinamento italiano (articolo 2229 del codice civile) costituisce una species del più ampio genus del contratto d'opera (articolo 2222 del codice civile), che è il contratto con cui «(...) una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio (...)».
      Quest'ultima caratteristica distingue l'esercizio della professione intellettuale dall'esercizio di impresa (articolo 2082 del codice civile) nella quale è, invece, elemento essenziale l'organizzazione dei fattori della produzione; peraltro, l'articolo 2238 del codice civile implicitamente riconosce che l'attività professionale può costituire elemento di impresa («Se l'esercizio della professione costituisce elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa (...)»). È anche vero, tuttavia, che il richiamo al genus, nel sistema del codice civile del 1942, è effettuato con riguardo al caso in cui la prestazione è oggetto di un contratto con un professionista. Lo stesso codice civile ammette che l'esercizio della professione possa costituire elemento di un'attività organizzata in forma di impresa e richiama, in tale ipotesi, la disciplina civilistica dell'impresa.
      D'altra parte, non v'è dubbio che, pure con tale connotazione, le libere professioni costituiscono attività economica, rilevante ai fini della crescita complessiva del sistema economico nonchè ai fini della creazione di opportunità di occupazione. Ancora più marcata è tale qualificazione nel diritto comunitario. In tale ordinamento le professioni sono prese in considerazione nella prospettiva di assicurare la libertà di circolazione e di stabilimento, nonchè di garantire la concorrenza (articoli 81 e seguenti del Trattato).
      L'intervento di riforma non può non muoversi nella prospettiva della salvaguardia dei richiamati princìpi del diritto comunitario, senza peraltro che debba con ciò stravolgersi l'assetto del diritto interno, specie per quanto attiene alla diversità dei presupposti e della disciplina dei contratti di impresa, primo fra tutti l'appalto (articolo 1655 del codice civile: «L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio (...)»).
      Il punto di equilibrio è stato raggiunto nell'apertura del mercato delle attività professionali, o comunque alle stesse assimilabili, a tutti i soggetti, liberi professionisti o imprenditori, anche societari, salva la connotazione del contratto d'opera professionale come contratto del libero professionista e salve le eccezioni proprie delle attività riservate a determinate categorie di professionisti, che devono essere espresse e giustificate dalle ragioni che si esporranno in seguito.
      Peraltro non è priva di significato la constatazione che la Corte di giustizia delle Comunità europee, quando è stata chiamata a verificare la compatibilità comunitaria di disposizioni nazionali che prescrivevano che determinati servizi turistici fossero svolti nella forma del lavoro subordinato e non di libera prestazione di servizi, ha negato la sussistenza di una ragione giustificatrice del divieto e ha affermato la contrarietà della previsione al principio della libera circolazione dei servizi (Corte di giustizia delle Comunità europee, 5 giugno 1997, in causa C-398/95).
      La stessa Corte ha affermato la contrarietà al diritto comunitario della normativa italiana che stabiliva il monopolio pubblico nell'attività di collocamento di manodopera, impedendo l'attività di collocamento da parte di società di consulenza e ricerca del personale (Corte di giustizia delle Comunità europee, 23 aprile 1991, in causa C-41/90; 11 dicembre 1997, in causa C-55/96).
      Il problema è che, anche a escludere le attività riservate (a titolo esemplificativo, la difesa in giudizio per gli avvocati, la progettazione e l'esecuzione di cemento armato per gli ingegneri, architetti, geometri o periti industriali ai sensi della legge 5 novembre 1971, n. 1086), in Italia esistono numerose professioni per le quali sono previsti un percorso formativo e un
 

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esame di abilitazione, cui consegue l'iscrizione all'ordine professionale. Percorso che conferisce, quindi, un determinato titolo professionale. Si parla a questo proposito di professioni regolamentate (capo II, articolo 5). Per tali professioni l'attività del professionista iscritto non costituisce oggetto di esclusiva, potendo essere svolta anche da soggetti diversi dai professionisti iscritti al relativo ordine professionale, e anche come esercizio di lavoro subordinato o autonomo o di impresa.
      Ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, gli iscritti all'ordine non potevano esercitare l'attività medesima se non nelle forme della libera professione in forma individuale o associata.
      Il principio secondo cui «È vietato costituire, esercire o dirigere, sotto qualsiasi forma diversa da quella di cui al precedente articolo, società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria» (articolo 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815), è stato ormai superato a livello legislativo, in forza dell'abrogazione disposta dall'articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266.
      La predetta abrogazione esclude che sia vietato organizzare in forma di società la prestazione di attività professionale regolamentata.
      Si sarebbe, dunque, potuto procedere oltre con la presente proposta di legge. Si sarebbe, cioè, potuto stabilire che l'attività professionale può essere esercitata anche da soggetto diverso dalla persona fisica libero professionista, e in particolare da un ente o da una società. Questi ultimi tramite, naturalmente, una persona fisica operante in veste di lavoratore subordinato, ancorchè professionista iscritto all'ordine di competenza.
      È chiaro infatti che, di per sè, la dipendenza da un ente, e così è stato per i dipendenti degli enti pubblici (ad esempio sanitari, avvocati di enti pubblici), o da una società può mutare il titolo della prestazione ma non la sua natura sostanziale.
      Ma è altrettanto chiaro che una soluzione in questi termini così estesi verrebbe a porre in crisi un disegno tipico del nostro ordinamento, in cui il prestatore di opera professionale è soggetto, in caso di iscrizione ad albo o elenco, al potere di vigilanza e alle regole dettate dall'ordine o collegio di appartenenza, con possibile conflitto tra regole ordinistiche e doveri di subordinazione. È in questo - eventuale - conflitto, più che nel condizionamento della professione da parte del capitale, che risiede la difficoltà di ammettere la figura del professionista dipendente da un datore di lavoro non professionista.
      E infatti è stata prospettata proprio dagli ordini professionali una netta contrarietà all'apertura dell'esercizio della professione in sè a un qualsiasi soggetto imprenditoriale, se per tale soggetto si intende quello cui i professionisti partecipano in forza della loro competenza e attività professionale e che eroga direttamente la prestazione professionale. In tale prospettiva si è sostenuto che potesse introdursi a questo fine solo il nuovo tipo della società professionale, costituita esclusivamente da professionisti, iscritta all'albo e soggetta al potere disciplinare dell'ordine; quasi la configurazione in chiave di persona giuridica del professionista intellettuale com'è oggi conosciuto dal nostro ordinamento.
      In tale problematico contesto, la proposta di legge persegue, da un lato, l'obiettivo di fornire alle professioni strumenti adeguati di corretta e competitiva prestazione dell'attività professionale, mantenendo aperto lo spazio per l'intervento di società, anche di capitali, nel campo delle attività professionali per l'apporto che tali società possono dare al settore in termini finanziari e strutturali; dall'altro assicura la salvaguardia della «indipendenza» del professionista, tenuto a prestare l'attività secondo le regole, anche deontologiche, della professione, vigilate dagli ordini o collegi, secondo la propria coscienza.
 

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      Tale obiettivo è perseguito innanzitutto distinguendo le professioni regolamentate da quelle non regolamentate, secondo quanto si è già detto in premessa. Relativamente a queste ultime, come in generale per l'esercizio di attività professionale da parte di professionisti non iscritti ad albi o elenchi, non vi è contrasto che si possa delineare tra «regole ordinistiche» e appartenenza del professionista a un'organizzazione imprenditoriale. La professione può, qui, essere svolta, oltre che in forma individuale o di studio associato, anche in forma societaria, sia quest'ultima la società professionale di nuova istituzione, sia quella delle società tipizzate dal codice civile, e quindi anche di capitale.
      In questi casi, infatti, non v'è ragione di escludere alcuno dei moduli organizzativi che le professioni stesse vorranno darsi e oltre tutto che sono già esistenti e legittimi. Il fatto che l'attività svolta sia sostanzialmente libero-professionale non impone che il contratto di prestazione sia un contratto di opera professionale, come prima ricordato, e non esclude perciò che sia esercitata sulla base di un contratto di appalto di servizi.
      Per le professioni regolamentate, invece, la proposta di legge (articolo 29, comma 2) si è fatta carico delle preoccupazioni richiamate, circa le modalità di svolgimento della professione da parte dei professionisti iscritti ad albi o elenchi secondo moduli che possano costituire attenuazione delle garanzie ricollegate dall'ordinamento alla sussistenza dell'albo o dell'elenco e del relativo potere disciplinare di ordini e collegi.
      I professionisti iscritti ad albi o elenchi possono svolgere l'attività professionale solo in forma individuale o associata o con una società di nuovo conio, la «società professionale», che è quasi la trasposizione in forma di persona giuridica del libero professionista e nella quale quest'ultimo è coinvolto nella sua qualità specifica, con i conseguenti vincoli contrattuali che ne derivano. Il nuovo tipo di società professionale ha caratteristiche stringenti. Ne possono essere soci ovvero amministratori solo professionisti che esercitano in tale società la loro attività, con la possibilità anche di società multiprofessionali, salvo il limite - per questa ipotesi della multiprofessionalità - dei vincoli derivanti dalle attività riservate, per evitare il rischio di aggiramento, attraverso la multiprofessionalità, delle prescrizioni in tema di riserva di attività a determinati professionisti.
      È consentito l'apporto di capitale, anche sotto forma di presentazione di clientela, solo da parte di professionisti unitamente alla prestazione professionale e non, quindi, da terzi. Si sancisce, inoltre, l'esclusione espressa dalla procedura fallimentare e l'obbligo di iscrizione all'albo con soggezione al potere disciplinare dell'ordine di appartenenza.
      Tale nuovo tipo societario dà essenzialmente il vantaggio di consentire una ripartizione di quote tra professionisti soci, quote che si accrescono con l'attività della società e consentono, quindi, più agevolmente il trasferimento ad altri soggetti, siano altri professionisti o gli eredi.
      Peraltro, proprio con riferimento alle professioni regolamentate e all'esigenza di assicurare anche a queste ultime, ove necessario, il supporto di un adeguato finanziamento che si riflette in nuove occasioni di intervento per il libero professionista, con incremento della relativa quota di mercato, la proposta di legge (articolo 29, comma 5) muove dalla constatazione che la prestazione professionale già oggi può costituire elemento di un'attività organizzata in forma di impresa (articolo 2238 del codice civile). A maggior ragione tale possibilità va mantenuta alla luce del diritto comunitario che, come si è già detto, configura le prestazioni professionali come servizi per i quali va garantita la libertà di stabilimento e di circolazione. La partecipazione al capitale sociale di una tale società non trova limiti: potrà avvenire da parte di puri capitalisti o da parte di professionisti, che interverranno, però, non in quanto tali e nell'esercizio della loro professione, bensì come normali investitori. In questo caso la società fornisce un servizio professionale, assicurando un professionista che svolgerà la prestazione al cliente per conto della
 

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società, rimanendo tuttavia soggetto ai vincoli e ai doveri della propria professione ed essendo vincolato da un ordinario contratto di libera prestazione professionale.
      Sulla necessità che le restrizioni all'accesso al mercato delle libere professioni siano non solo compatibili con il principio della libera circolazione nell'ambito comunitario, ma più specificamente proporzionati all'interesse pubblico salvaguardato dalla regolamentazione, comunque essa si esprima (esigenza di autorizzazioni preventive, strumenti organizzativi come gli albi) si è espressa la Corte di giustizia delle Comunità europee con la sentenza 25 luglio 1991, nella causa C-76/90. Tale decisione ha sancito la contrarietà, alla libertà di circolazione dei servizi, dell'obbligo di autorizzazione - e quindi di un obbligo di regolamentazione - a una società di consulenza legale inglese in materia di brevetti per l'attività svolta in Germania, a causa della mancanza di proporzionalità dell'obbligo con la finalità della protezione dell'utente.
      La previsione dell'articolo 29, comma 5, non comporta esercizio della professione da parte della società, ma riconoscimento che ben può una società di diritto commerciale comune svolgere un servizio professionale, e cioè un'attività che implica lo svolgimento di un'attività professionale regolamentata, salvi gli specifici limiti derivanti dalla disciplina delle attività riservate e salvo il principio, di cui al comma 8, secondo cui deve comunque essere salvaguardata la diretta imputazione della prestazione a un professionista.
      L'attività professionale resta direttamente imputabile al professionista, sulla base del tradizionale contratto di opera professionale e con soggezione del professionista alla vigilanza dell'ordinamento settoriale ordinistico, ancorchè il professionista ne risponda, in questo caso, in solido con la società che «fornisce» il professionista medesimo e che assume i correlativi obblighi sia pure a diverso titolo. Se si fosse seguita una strada più restrittiva a questo proposito, si sarebbe portato un vulnus significativo a quanto già oggi è ammesso: che cioè esiste un'attività professionale non riservata che può essere esercitata da qualsiasi soggetto, anche non iscritto ad albi, e quindi anche da un soggetto societario, laddove non esistono limiti specifici. Ammetterlo per tutti gli altri soggetti, meno che per le società commerciali, sarebbe un'irrazionalità del sistema. Non si è giunti, per converso, all'equiparazione tra società commerciale e professionista per le ragioni già dette, ancorchè nel diritto comunitario non vi sia alcuna distinzione tra attività del professionista e servizio professionale: direttiva 92/51/CE del Consiglio, del 18 giugno 1992, sugli appalti pubblici di servizi, specie negli allegati, e Trattato. Si veda in proposito la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 17 dicembre 1981, in causa C-279/80. La proposta di legge, ha dunque, operato nel senso di rendere compatibile la realtà italiana con il disegno comunitario anche per quanto concerne le professioni regolamentate. In conclusione su questo punto, la proposta di legge consolida gli effetti del citato articolo 24 della legge n. 266 del 1997. Ciò che resta escluso è che i professionisti delle professioni regolamentate, cioè iscritti ad albi o elenchi, possano esercitare in comune un'attività professionale regolamentata in forma diversa da quella di cui all'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e della società professionale predetta. La loro prestazione professionale può, invece, essere prestata come servizio da una società commerciale, senza peraltro perdere ontologicamente le sue caratteristiche e senza diminuire le garanzie derivanti dalla personalità della prestazione (articolo 29, comma 8). Sono altresì fatte salve le società di ingegneria previste dalla cosiddetta «legge Merloni» (legge 11 febbraio 1994, n. 109) e quelle tra avvocati di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96. Ciò in considerazione, da un lato, della specificità delle professioni in questione e, dall'altro, della peculiarità delle società di ingegneria, che ha indotto il legislatore a prevedere una speciale disciplina con leggi recenti, il cui cambiamento, al di là di limitati interventi di coordinamento di cui al comma 11 dell'articolo
 

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29, determinerebbe confusione nel settore, alterando le previsioni di coloro che sulla legge Merloni hanno fatto affidamento e frustrando il decollo di un sistema da lungo tempo atteso. Per tale ragione lo stesso comma 11 dell'articolo 29 prevede la possibilità di adottare norme di coordinamento tra le citate disposizioni previgenti e quelle che saranno emanate ai sensi dell'articolo 29 medesimo.
      All'articolo 39 è stata prevista la delega al Governo per l'emanazione di testi unici delle disposizioni vigenti in materia di ordini professionali. Inoltre, dal momento che a livello comunitario si vanno delineando nuovi profili di professionalità che attingono a più professioni, anche se sono riconducibili ad aree comuni si è ritenuto opportuno prevedere la possibilità di riordinare le specifiche attività delle singole professioni, con eventuali accorpamenti degli ordini interessati in modo da assicurare una maggiore rispondenza alle necessità di una società sempre più complessa e che non sopporta più barriere o vincoli nel passaggio da un'attività all'altra, purchè sia assicurata la necessaria competenza professionale. Questo obiettivo dovrà anche confrontarsi con la riforma in atto connessa alle esigenze di circolazione dei titoli di studio presupposti all'esercizio delle professioni nell'ambito dell'Unione europea.
      Quanto alle libere associazioni di professionisti, come già anticipato, nell'articolo 23 si è cercato di definire meglio il loro ruolo, nell'ovvio rispetto del principio costituzionale di libertà e precisando quando, tramite la registrazione al Ministero delle attività produttive, sentito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, il possesso di requisiti minimi di rappresentatività e di potenzialità operativa, le ponga in grado di svolgere, per le professioni non regolamentate, una funzione di rilascio di attestati di competenza professionale, previsti dall'articolo 24, fondati su accertamenti effettuati dalle stesse associazioni e su certificazioni di qualità rilasciati da soggetti necessariamente terzi. Il termine è stato mutuato dalla citata direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, relativa «ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale», che - insieme alla direttiva 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988 - viene citata come normativa di riferimento e di indirizzo. Attestato che, peraltro, non condiziona la legittimazione all'esercizio della professione che può essere svolto anche da chi non lo possiede.
      In relazione alle professioni regolamentate non è stato ritenuto opportuno ripetere tale schema, anche in considerazione della funzione affidata agli ordini nei confronti degli iscritti.
      La proposta di legge non comporta nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Princìpi generali di disciplina delle professioni intellettuali).

      1. Alle professioni intellettuali che svolgono funzioni e attività riconosciute dalla legge come di interesse generale e che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 6, si accede tramite l'esame di Stato di cui all'articolo 33 della Costituzione e si applicano le disposizioni relative alle professioni regolamentate di cui al capo II della presente legge. Alle restanti professioni intellettuali, disciplinate dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile, si applicano le disposizioni di cui al capo III della presente legge, relative alle professioni non regolamentate.
      2. L'attività professionale si svolge in forma individuale, associata o societaria. Essa assicura l'adeguata tutela del cliente e degli interessi pubblici connessi al corretto e legale esercizio della professione medesima, la correttezza e la qualità delle prestazioni, il rispetto delle regole deontologiche, la salvaguardia dell'autonomia del professionista nelle scelte inerenti lo svolgimento della propria attività, la diretta e personale responsabilità del professionista incaricato per l'adempimento della prestazione professionale, nonchè per il danno ingiusto derivante dalla prestazione medesima.
      3. Le organizzazioni delle professioni intellettuali regolamentate per il cui accesso è richiesto un esame di Stato abilitante all'esercizio professionale sono denominate «ordini».

 

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      4. Le organizzazioni delle professioni intellettuali non regolamentate sono denominate «associazioni professionali».

Art. 2.
(Legislazione concorrente).

      1. Per la disciplina dell'esercizio delle professioni da parte delle regioni, anche a statuto speciale, e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le disposizioni della presente legge costituiscono norme generali di riforma economico-sociale e princìpi fondamentali della materia, ad eccezione degli articoli 8, 9, 16, 17, 18, 21 e 22.

Art. 3.
(Ambito di applicazione. Princìpi e criteri generali comuni).

      1. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi generali dell'ordinamento in materia di professioni, salvo quanto disposto dall'articolo 2.
      2. Le modalità di esercizio delle professioni intellettuali sono determinate nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri generali:

          a) rispettare i princìpi nazionali e comunitari a tutela della concorrenza;

          b) prevedere che l'accesso sia libero, in conformità al diritto comunitario, senza vincoli di predeterminazione numerica se non per le professioni aventi quale oggetto caratterizzante l'esercizio di funzioni pubbliche;

          c) dare attuazione ai princìpi del pluralismo e della libertà di scelta del cliente, distinguendo la disciplina dell'esercizio della professione da quella dell'attività di impresa, comunque nel rispetto dei princìpi nazionali e comunitari a tutela della concorrenza, ai sensi di quanto previsto dagli articoli 81 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam,

 

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ratificato ai sensi della legge 16 giugno 1998, n. 209;

          d) consentire la pubblicità informativa;

          e) prevedere che il corrispettivo della prestazione professionale sia fissato con determinazione consensuale delle parti, garantendo il diritto del cliente alla preventiva indicazione dei criteri di determinazione;

          f) prevedere l'introduzione dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile del singolo professionista ovvero della società professionale, conseguente ai danni causati nell'esercizio dell'attività professionale, tale da assicurare l'effettivo risarcimento del danno, anche in caso di attività professionale svolta da dipendenti professionisti;

          g) introdurre, al fine di assicurare la corretta informazione del cliente e di tutelarne la buona fede, l'obbligo per il professionista di specificare la situazione aggiornata dal proprio stato con riferimento all'appartenenza ad ordini o collegi ovvero ad associazioni di cui all'articolo 25;

          h) riconoscere titoli professionali omogenei per il libero esercizio della professione nei Paesi membri dell'Unione europea.

Capo II
PROFESSIONI REGOLAMENTATE

Art. 4.
(Princìpi e criteri generali speciali per l'accesso alle professioni intellettuali regolamentate).

      1. Costituiscono princìpi e criteri generali speciali per l'accesso alle professioni intellettuali regolamentate:

          a) prevedere l'esame di Stato per l'abilitazione professionale, l'iscrizione ad

 

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albi o elenchi, la vigilanza su questi ultimi di ordini o collegi professionali, nei limiti e nella misura in cui tali requisiti sono previsti dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, senza che dalla natura di professione regolamentata derivi una riserva di attività professionale a favore degli iscritti agli ordini o collegi, se non nei casi di cui alla lettera b);

          b) nell'ambito delle professioni regolamentate limitare le attività professionali riservate a determinati professionisti ai soli casi in cui tale riserva è prevista dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge;

          c) disciplinare l'esame di Stato per l'abilitazione professionale in modo da garantire l'uniforme valutazione dei candidati su base nazionale e la verifica oggettiva del possesso delle competenze tecniche necessarie, tenendo conto della specificità delle singole professioni; prevedere che le commissioni giudicatrici siano composte secondo canoni di imparzialità e di adeguata qualificazione tecnica, limitando la presenza di membri designati dagli ordini e collegi professionali a non oltre la metà dei componenti e garantendo, in caso di esami in sede locale, che tali membri, se iscritti allo stesso ordine o collegio, siano iscritti ad albi o elenchi territoriali diversi da quelli di riferimento dell'esame di Stato;

          d) disciplinare il tirocinio professionale, ove previsto, secondo modalità che garantiscano effettività e flessibilità dell'attività formativa, un equo compenso commisurato all'effettivo apporto del tirocinante all'attività dello studio professionale, forme alternative di tirocinio, di carattere pratico o con la frequenza a corsi specialistici riconosciuti dal Ministero competente, assicurandone una durata omogenea; possibilità di effettuare il tirocinio, anche in parte, all'estero e nelle eventuali forme alternative, contemporaneamente agli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, garantendo in ogni caso lo studio dei fondamenti teorici e deontologici della professione.

 

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Art. 5.
(Ordini professionali).

      1. L'ordine professionale è costituito da tutti gli iscritti agli albi tenuti dagli ordini territoriali e all'albo eventualmente tenuto dal consiglio nazionale dell'ordine, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti, adottate con i regolamenti di cui all'articolo 39.
      2. L'ordine professionale si articola nel consiglio nazionale e negli ordini territoriali. Gli ordini territoriali della stessa regione possono costituire federazioni regionali, secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti professionali e nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, e 16.
      3. I consigli nazionali, le federazioni regionali, qualora costituite, nonché gli ordini territoriali sono enti pubblici associativi non economici istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dall'articolo 1. Ad essi non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
      4. Gli ordini hanno autonomia patrimoniale e finanziaria, e svolgono le funzioni di tenuta e di affidamento degli albi, di promozione della formazione e dell'aggiornamento professionali, di accreditamento dei percorsi formativi, di monitoraggio del mercato delle prestazioni e dei contenuti tipici delle prestazioni, di controllo della qualità e della correttezza delle prestazioni, in relazione alle norme di deontologia professionale nonché di informazione del pubblico sui contenuti minimi delle singole prestazioni professionali anche mediante la redazione delle relative norme tecniche. Nelle materie di competenza possono esprimere pareri alle pubbliche amministrazioni.
      5. La presente legge disciplina l'attività di controllo dei Ministeri competenti sugli atti amministrativi degli ordini, in coerenza con i princìpi di semplificazione e di

 

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snellimento delle procedure di cui alla legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e alla legge 15 marzo 1997, n. 127, e successive modificazioni, e indica in quali casi gli atti e le deliberazioni degli ordini sono soggetti ad approvazione del Ministro competente che, salvo che la legge disponga diversamente, può negarla solo per motivi di legittimità. In ogni caso, salvo espressa contraria previsione di legge, le deliberazioni trasmesse dai consigli nazionali ai Ministeri competenti si intendono approvate se, decorsi due mesi dalla data di ricevimento, non sono respinte ovvero non vengono chiesti chiarimenti, nel quale caso il termine decorre dalla data di ricevimento dei chiarimenti richiesti.

Art. 6.
(Istituzione di nuovi ordini professionali).

      1. Fatti salvi gli ordini professionali attualmente esistenti, l'istituzione di nuovi ordini è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti cumulativamente:

          a) necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti;

          b) svolgimento di attività professionali per le quali l'utente non è in grado di valutare la qualità della prestazione;

          c) possibilità che l'inadeguatezza della prestazione professionale arrechi danni a soggetti ulteriori rispetto al cliente.

Art. 7.
(Accesso alla professione).

      1. L'accesso all'esercizio delle professioni intellettuali è libero, senza vincoli di predeterminazione numerica sulla base dell'esame di Stato per l'abilitazione professionale, ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione.
      2. La disciplina dell'esame di Stato deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati

 

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su tutto il territorio nazionale e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle abilità tecniche necessarie allo svolgimento dell'attività professionale.
      3. I regolamenti di cui all'articolo 39, tenuto conto delle già acquisite specificità di ciascuna professione, disciplinano la composizione delle commissioni giudicatrici nel rispetto dei canoni di imparzialità e di adeguata qualificazione tecnica, prevedendo che non oltre la metà dei commissari sia designata dai consigli nazionali.
      4. I medesimi regolamenti di cui all'articolo 39 disciplinano, altresì, le modalità di svolgimento dell'esame di Stato che possono prevedere valutazioni articolate in più fasi collegate all'effettivo esercizio del tirocinio che, nelle forme previste dall'articolo 8, può avere valore parzialmente sostitutivo dell'esame di Stato.

Art. 8.
(Tirocinio).

      1. La disciplina del tirocinio, ove richiesto dai singoli ordinamenti professionali, risponde ai requisiti di effettività e di flessibilità dell'attività formativa e contiene la previsione di possibili forme alternative di durata omogenea. Il tirocinio, svolto di norma presso un professionista iscritto all'albo da almeno tre anni, può essere svolto anche:

          a) nel corso degli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, secondo programmi approvati dai consigli nazionali;

          b) nei Paesi membri dell'Unione europea e negli altri Paesi esteri presso professionisti iscritti ad associazioni professionali riconosciute dai consigli nazionali;

          c) tramite la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato riconosciuti dai consigli nazionali;

          d) presso uffici di imprese private che svolgono attività anche in parte coincidente con quella della professione e

 

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purché vi sia l'assenso del consiglio nazionale competente.

      2. Lo svolgimento del tirocinio non può essere superiore a due anni e deve in ogni caso garantire l'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione; restano valide le eventuali modalità alternative di svolgimento del tirocinio già previste dalle rispettive leggi professionali.
      3. Al tirocinante deve essere riconosciuto un equo compenso commisurato all'effettivo apporto all'attività professionale. I compensi corrisposti al tirocinante non sono soggetti a imposte e a contributi, e sono detraibili dal reddito del professionista presso il quale è svolto il tirocinio.
      4. Al tirocinante si applica, salve le diverse condizioni di miglior favore liberamente pattuite, il contratto di lavoro per dipendenti di studi professionali con la qualifica di apprendista. Non sussiste obbligo di autorizzazione della direzione regionale del lavoro né alcun obbligo di comunicazione alla sezione circoscrizionale per l'impiego. La durata del rapporto è rinnovabile per un massimo non superiore a sessanta mesi. La retribuzione non può comunque essere inferiore al 20 per cento del trattamento contrattuale più favorevole previsto per gli apprendisti negli studi professionali, anche se erogata con riferimento alle vigenti tariffe professionali.
      5. Le modalità di svolgimento del tirocinio nonché la tenuta dei relativi registri sono disciplinate con direttive emanate dai consigli nazionali, nel rispetto dei princìpi di cui al presente articolo.

Art. 9.
(Formazione continua obbligatoria).

      1. Gli ordini curano l'aggiornamento periodico obbligatorio degli iscritti promuovendo l'organizzazione di appositi corsi, anche di intesa con le amministrazioni pubbliche, le università, gli istituti di istruzione, i centri di formazione professionale e le istituzioni scientifiche e culturali.

 

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      2. Per l'organizzazione dei corsi di formazione e di aggiornamento, gli ordini possono promuovere la costituzione di idonee strutture, anche con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, nonché la stipula di convenzioni con organismi collettivi pubblici e privati. In ogni caso la diretta organizzazione dei corsi non costituisce esercizio di attività commerciale.
      3. I regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39 stabiliscono per ciascuna professione il monte ore di formazione e di aggiornamento obbligatori, su base triennale, ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'albo professionale.

Art. 10.
(Codici deontologici e poteri disciplinari).

      1. I consigli nazionali emanano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all'articolo 39, per le rispettive professioni, il codice deontologico professionale al fine di tutelare gli interessi pubblici del corretto esercizio della professione stessa, nonché di indirizzare quest'ultima a fini sociali, di tutelare l'affidamento e la libera scelta del cliente, di assicurare la qualità della prestazione professionale, nonché l'adeguata informazione sui contenuti e le modalità di esercizio della prestazione professionale.
      2. Il Ministro competente emana le disposizioni relative ai poteri disciplinari degli ordini e dei collegi professionali con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tale regolamento:

          a) prevede che il potere disciplinare sugli iscritti agli ordini e collegi professionali sia esercitato da organi nazionali e locali con competenza distrettuale, che mantengono natura giurisdizionale ove attualmente prevista, distinti dagli organi gestionali degli ordini e collegi medesimi e composti da professionisti con modalità idonee ad assicurare adeguate rappresentatività, imparzialità e indipendenza; prevede

 

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in particolare che in sede locale i componenti delle commissioni disciplinari iscritti all'ordine o collegio professionale non appartengano allo stesso ordine o collegio locale cui appartiene l'incolpato, eventualmente spostando la competenza riguardo al procedimento disciplinare;

          b) prevede regole procedurali per l'efficace esercizio dell'azione disciplinare e per favorire la celere conclusione del procedimento, nonché la coerenza con i princìpi del contraddittorio e del giusto procedimento;

          c) consente l'impugnazione avanti gli organi nazionali dei provvedimenti degli organi locali e l'esperibilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti degli ordini e collegi nazionali;

          d) prevede l'intervento nel procedimento disciplinare del pubblico ministero o del Ministro competente alla vigilanza, rispettivamente ove si tratti di procedimento giurisdizionale o meno, nonché l'esercizio, in via sostitutiva, dell'azione disciplinare da parte del predetto Ministro nei casi in cui vi sia inerzia dell'ordine o collegio competente;

          e) prevede, in casi di particolare gravità o di reiterata violazione di legge, il potere del Ministro competente di sciogliere, sentiti gli ordini nazionali, i consigli degli ordini e dei collegi territoriali, nonché di proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento dei consigli degli ordini o dei collegi nazionali;

          f) prevede l'adozione di norme procedurali idonee a garantire il corretto svolgimento delle funzioni attribuite agli ordini e collegi, nella loro articolazione sia nazionale sia locale.

Art. 11.
(Tariffe).

      1. Il professionista è tenuto a rendere nota la complessità dell'incarico fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili

 

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al momento del conferimento dell'incarico stesso.
      2. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto del Ministro competente su proposta dei consigli nazionali degli ordini e sentite le organizzazioni di consumatori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
      3. In caso di controversie nell'applicazione delle tariffe, fatti salvi i previsti rimedi giurisprudenziali, il consiglio dell'ordine competente è integrato, su richiesta del cliente che ha comunque diritto di essere ascoltato, dai rappresentanti delle organizzazioni di tutela dei consumatori maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Art. 12.
(Pubblicità informativa).

      1. È consentito al professionista fornire informazioni sulla propria attività professionale, secondo correttezza e verità, nel rispetto del prestigio della professione e degli obblighi di segretezza e di riservatezza.
      2. I criteri, le modalità e le forme della pubblicità informativa sono disciplinati dal codice deontologico di ciascuna professione.

Art. 13.
(Responsabilità civile e assicurazione obbligatoria).

      1. Il professionista, ovvero la società tra professionisti di cui all'articolo 29, è obbligato a stipulare idonea assicurazione per la responsabilità civile conseguente ai danni causati nell'esercizio dell'attività professionale, tale da assicurare l'effettivo risarcimento del danno, anche in caso di attività professionale svolta da dipendenti e da collaboratori.
      2. Il risarcimento del danno connesso alla responsabilità professionale è limitato a un multiplo del compenso percepito dal

 

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professionista, definito dai regolamenti di cui all'articolo 39.

Art. 14.
(Agevolazioni e incentivi).

      1. I soggetti che esercitano le attività professionali di cui alla presente legge usufruiscono dei provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi, volti a favorire la formazione e l'aggiornamento professionali, lo sviluppo dell'occupazione, gli investimenti produttivi, la ricerca scientifica e tecnologica.

Art. 15.
(Consigli nazionali).

      1. I consigli nazionali degli ordini, anche tramite l'adozione di specifici provvedimenti e regolamenti:

          a) garantiscono il rispetto dei princìpi della presente legge ed esercitano la funzione di rappresentanza istituzionale degli iscritti;

          b) giudicano sui ricorsi avverso i provvedimenti adottati dalle commissioni disciplinari locali, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti;

          c) esercitano funzioni di vigilanza, indirizzo e coordinamento dei consigli locali dell'ordine e adottano atti sostitutivi in caso di inerzia degli stessi consigli locali;

          d) esercitano la potestà regolamentare in materia di organizzazione, di tenuta e di aggiornamento periodico degli albi, di verifica e di vigilanza della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione, di procedimento disciplinare, di attestazione della qualificazione professionale;

          e) adottano il codice deontologico;

          f) promuovono la formazione continua e l'aggiornamento professionale obbligatori e procedono all' accreditamento dei percorsi formativi;

 

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          g) promuovono i rapporti con i Ministeri competenti e con altre istituzioni nazionali dell'Unione europea;

          h) designano i rappresentanti dell'ordine presso commissioni e organi di carattere nazionale e internazionale;

          i) formulano pareri e proposte nei confronti delle pubbliche amministrazioni;

          l) partecipano a organismi internazionali di rappresentanza delle professioni intellettuali;

          m) compilano e propongono, ai fini dell'approvazione ai sensi dell'articolo 11, comma 2, le tariffe professionali che devono essere aggiornate ogni due anni;

          n) costituiscono commissioni di studio, compiono indagini e altre attività, anche su incarico delle pubbliche amministrazioni;

          o) adottano i regolamenti relativi al proprio funzionamento ed a quello delle federazioni regionali e degli ordini territoriali, di cui agli articoli 16 e 17;

          p) determinano e provvedono alla riscossione del contributo annuale degli iscritti all'ordine per la copertura delle spese strettamente necessarie all'esercizio delle funzioni previste dal presente articolo.

Art. 16.
(Federazioni regionali).

      1. Le federazioni regionali degli ordini territoriali, ove costituite:

          a) rappresentano i consigli locali dell'ordine nei rapporti con gli organi politici e amministrativi della regione;

          b) formulano pareri non vincolanti a favore dei consigli locali e dei consigli nazionali;

          c) assumono iniziative, con funzione di rappresentanza degli ordini territoriali, presso qualsiasi organismo a livello regionale

 

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su questioni che interessano l'esercizio della professione;

          d) costituiscono commissioni di studio, compiono indagini ed altre attività, anche su incarico delle pubbliche amministrazioni, in ambito regionale;

          e) raccolgono informazioni, notizie e dati di interesse regionale e li diffondono tra gli iscritti all'ordine;

          f) coordinano sul piano regionale le attività di aggiornamento e di formazione tra gli iscritti all'ordine, secondo le indicazioni del consiglio nazionale;

          g) determinano il contributo annuale per la copertura delle spese strettamente necessarie al loro funzionamento;

          h) formulano pareri e proposte nei confronti delle amministrazioni regionali.

      2. Qualora gli ordini territoriali siano organizzati su base regionale, le competenze di cui al comma 1 sono attribuite ai medesimi ordini.

Art. 17.
(Ordini territoriali).

      1. Ai consigli locali degli ordini territoriali sono attribuite le seguenti funzioni:

          a) la tenuta e l'aggiornamento dell'albo e la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione;

          b) la formulazione di proposte o di pareri non vincolanti nei confronti del consiglio nazionale e della federazione regionale, ove costituita;

          c) le deliberazioni in materia di liquidazione dei compensi ai professionisti, da assumere nella composizione integrata di cui all'articolo 11, comma 3;

          d) la vigilanza sul corretto esercizio della professione da parte degli iscritti e la promozione dell'azione disciplinare;

 

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          e) ogni altra funzione non espressamente attribuita al consiglio nazionale e alla federazione regionale, ove costituita;

          f) la determinazione e la riscossione del contributo annuale degli iscritti per la copertura delle spese strettamente necessarie al loro funzionamento;

          g) la promozione della formazione continua e dell'aggiornamento professionali obbligatori secondo le indicazioni del consiglio nazionale;

          h) la formulazione di pareri e di proposte nei confronti delle amministrazioni locali.

      2. I consigli locali degli ordini territoriali sono tenuti a comunicare periodicamente al consiglio nazionale i dati di cui al comma 1, lettera a).

Art. 18.
(Sistemi elettorali).

      1. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le procedure elettorali per l'elezione dei consigli nazionali, dei consigli locali degli ordini territoriali, nonché delle commissioni disciplinari di cui all'articolo 19. Tali procedure garantiscono: la trasparenza delle modalità, la tutela delle minoranze, nonché l'individuazione dei casi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza, il diritto di voto e l'elettorato attivo e passivo degli iscritti, la durata temporanea delle cariche ed i limiti di rinnovo delle stesse. Il versamento da parte degli iscritti dei contributi necessari alla vita degli ordini e collegi professionali, nazionali e locali, è obbligatorio. La misura di tali contributi è fissata dagli ordini e dai collegi nella misura necessaria all'espletamento delle funzioni a essi specificatamente demandate.
      2. Ai fini della determinazione della durata in carica dei consigli nazionali e

 

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dei consigli locali degli ordini territoriali, i regolamenti di cui all'articolo 39 tengono conto delle specificità di ciascuna professione.

Art. 19.
(Commissioni disciplinari).

      1. La funzione disciplinare è attribuita a commissioni locali composte da professionisti con modalità idonee ad assicurare le necessarie imparzialità e indipendenza.
      2. I componenti delle commissioni disciplinari sono eletti contestualmente ma separatamente dai consigli locali degli ordini territoriali secondo procedure stabilite ai sensi dell'articolo 18. Le commissioni hanno sede presso il consiglio locale dell'ordine territoriale che provvede ai mezzi e al personale necessari per il funzionamento.
      3. Le norme in materia di composizione e durata in carica delle commissioni disciplinari nonché di procedimento disciplinare sono definite dai regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39; tali norme garantiscono lo svolgimento di un giusto procedimento con specifico riferimento al principio del contraddittorio e prevedono l'impugnabilità dei provvedimenti delle commissioni disciplinari locali davanti ai consigli nazionali.

Art. 20.
(Scioglimento dei consigli nazionali).

      1. Il consiglio nazionale dell'ordine può essere sciolto, o un suo componente sostituito, con decreto del Ministro competente, quando compie atti di grave e persistente violazione della legge.
      2. Con il decreto di cui al comma 1, quando lo scioglimento riguarda l'intero organo, è nominato un commissario che esercita le attribuzioni conferitegli dal decreto medesimo.

 

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Art. 21.
(Scioglimento delle federazioni regionali).

      1. Le federazioni regionali dell'ordine, ove costituite, possono essere sciolte con decreto del Ministro competente, previo parere del consiglio nazionale dell'ordine, quando compiono atti di grave e persistente violazione della legge.
      2. Con il decreto di cui al comma 1 è nominato un commissario, scelto tra una terna di professionisti indicati dal consiglio nazionale, che esercita le attribuzioni conferitegli dal decreto medesimo.

Art. 22.
(Scioglimento dei consigli locali degli ordini territoriali).

      1. I consigli locali degli ordini territoriali possono essere sciolti con decreto del Ministro competente, previo parere del consiglio nazionale dell'ordine, quando compiono atti di grave e persistente violazione della legge.
      2. Con il decreto di cui al comma 1 è nominato un commissario che esercita le attribuzioni conferitegli dal decreto medesimo.

Capo III
PROFESSIONI NON REGOLAMENTATE

Art. 23.
(Definizione e princìpi generali).

      1. Si intendono nuove professioni non regolamentate tutte le attività professionali, intellettuali e non intellettuali, diverse da quelle di cui al capo II.
      2. La legge garantisce la libertà di costituzione di associazioni di professionisti, di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza.

 

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      3. Le associazioni professionali non regolamentate possono ottenere l'iscrizione presso il Ministero delle attività produttive, sentito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in apposito registro. Gli statuti e le clausole associative delle medesime associazioni devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l'osservanza dei princìpi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo e oggettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione.
      4. Il Ministro delle attività produttive, con apposito regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disciplina la materia e cura il rispetto e il mantenimento dei requisiti di cui al presente articolo, sottoponendo le associazioni ad apposita vigilanza.

Art. 24.
(Attestato di competenza).

      1. In attuazione della direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, recepita con decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319, è istituito l'attestato di competenza, con il quale le associazioni professionali di cui all'articolo 25 della presente legge attestano il possesso dei requisiti professionali, l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista e un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione.
      2. L'attestato di cui al comma 1 non è requisito vincolante per l'esercizio delle attività professionali di cui alla presente legge ed è rilasciato a tutti i professionisti iscritti alle associazioni professionali di cui all'articolo 25 che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo. Il professionista, ai fini del rilascio dell'attestato di competenza, deve altresì essere in possesso di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale

 

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a garanzia degli utenti ai sensi dell'articolo 13.
      3. Le eventuali validazioni richieste dalle associazioni professionali per tutti o parte degli associati per il rilascio degli attestati di competenza hanno carattere oggettivo e devono provenire da soggetti terzi professionalmente qualificati.
      4. Il mancato rinnovo dell'adesione all'associazione professionale che ha rilasciato l'attestato di competenza comporta la perdita della validità dell'attestazione stessa.

Art. 25.
(Associazioni professionali).

      1. Presso il Ministero delle attività produttive è istituito il registro delle associazioni professionali. A detto registro possono chiedere l'iscrizione le libere associazioni di professionisti, di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di cui all'articolo 26, comma 1.
      2. Le associazioni professionali autorizzate a rilasciare l'attestato di competenza, di cui all'articolo 24, definiscono i requisiti che deve possedere il professionista ai fini del rilascio stesso, tra i quali rientrano, in particolare:

          a) l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di percorsi formativi alternativi;

          b) la definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili professionali;

          c) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio dell'attività professionale.

      3. Le associazioni professionali di cui al comma 1 adottano un codice deontologico e definiscono eventuali sanzioni disciplinari

 

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nei confronti degli associati per le violazioni del medesimo codice.
      4. I codici deontologici di cui al comma 3 e i requisiti stabiliti dalle associazioni professionali ai sensi del comma 2 sono sottoposti alla valutazione da parte del Ministero delle attività produttive ai fini dell'iscrizione delle medesime associazioni nel registro di cui al comma 1.

Art. 26.
(Norme di attuazione).

      1. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati i requisiti che devono possedere le associazioni professionali di cui all'articolo 25 per essere iscritte nel registro di cui al medesimo articolo 25, comma 1, nonché per essere autorizzate a rilasciare gli attestati di competenza di cui all'articolo 24, sulla base dei seguenti princìpi:

          a) gli statuti delle associazioni professionali devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati ed escludere il fine di lucro dell'associazione stessa;

          b) le associazioni professionali devono avere una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata e devono prevedere procedure operative adeguate all'effettivo ed oggettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione stessa, nonché adottare un codice deontologico che garantisca il corretto comportamento dei propri iscritti nei confronti degli utenti;

          c) deve essere previsto un limite temporale per la validità dell'attestato di competenza e devono essere stabilite le modalità per il suo rinnovo, determinati sulla base di elementi oggettivi che garantiscono la permanenza dei requisiti in capo all'esercente l'attività professionale.

 

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Art. 27.
(Obblighi dell'iscritto).

      1. L'iscritto all'associazione professionale ha l'obbligo di informare l'utenza, qualora richiesto, del proprio numero di iscrizione all'associazione e degli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel registro di cui all'articolo 25, comma 1.

Art. 28.
(Vigilanza).

      1. Il Ministero delle attività produttive vigila sull'operato delle associazioni professionali e ne dispone la cancellazione dal registro di cui all'articolo 25, comma 1, con la conseguente revoca dell'autorizzazione a rilasciare gli attestati di competenza di cui all'articolo 24, nel caso ravvisi irregolarità nell'operato delle predette associazioni, perdita dei requisiti stabiliti dal decreto di cui all'articolo 26, comma 1, o prolungata inattività.

Capo IV
SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

Art. 29.
(Società tra professionisti).

      1. Le professioni intellettuali possono essere esercitate individualmente, ovvero in associazione, ovvero in società aventi per oggetto l'esercizio in comune di attività professionali.
      2. Le professioni di cui al capo II possono essere esercitate individualmente ovvero costituendo una società tra professionisti, regolata dal presente capo.
      3. I professionisti iscritti ad ordini anche tra loro diversi, nonchè i professionisti cittadini dell'Unione europea che conservano il titolo professionale del Paese di origine, con i limiti derivanti dalla

 

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riserva di attività, possono costituire società aventi per oggetto l'esercizio in comune di attività professionali, ai sensi di quanto previsto dal comma 2.
      4. Le professioni di cui al capo III possono essere esercitate sia da società tra professionisti di cui al presente capo, sia da parte dei tipi societari di cui al titolo V, capi II, III, IV, V, VI e VII, e al titolo VI, capo I, del libro V del codice civile.
      5. L'esercizio di servizi, definiti dalla direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, implicanti prestazioni professionali regolamentate di cui all'articolo 4 della presente legge, può essere svolto dalle società di cui al comma 4, anche con soci che conferiscono solo capitale, salvi i limiti derivanti dalla disciplina delle attività riservate e salvo il disposto del comma 8.
      6. Lo statuto della società tra professionisti deve:

          a) prevedere l'obbligo dell'uso della denominazione «società professionale», con la precisazione in essa dell'attività professionale esercitata;

          b) limitare l'oggetto sociale all'esercizio di attività professionale o multiprofessionale, con i limiti derivanti dalla riserva di attività, e riservare la partecipazione societaria nonché le cariche sociali, a soci professionisti;

          c) prevedere limitazioni alla partecipazione alle società tra professionisti ove tale partecipazione porti a situazioni di conflitto di interessi o di elusione delle incompatibilità fissate dalla legge;

          d) prevedere il diritto di prelazione a favore dei soci professionisti e di gradimento da parte di una maggioranza qualificata di questi ultimi nei confronti del nuovo socio in caso di cessione di partecipazioni nella società tra professionisti, nonché del diritto di riscatto a favore degli altri soci della partecipazione societaria del socio escluso o deceduto;

          e) disciplinare l'attività della società tra professionisti in modo che, in caso di affidamento dell'incarico a quest'ultima,

 

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sia garantito il diritto del cliente di scegliere il professionista incaricato della prestazione professionale; prevedere che, in caso di mancata scelta del professionista, sia comunicato al cliente, prima dell'esecuzione della prestazione, il nominativo del professionista incaricato, con conseguente responsabilità disciplinare della società in difetto di idonea comunicazione; assicurare comunque l'individuazione certa del professionista autore della prestazione;

          f) individuare le informazioni che il professionista, anche in deroga alla normativa vigente sul segreto professionale, è tenuto a fornire alla società alla quale partecipa sullo svolgimento dei propri incarichi.

      7. Sono fatte salve le disposizioni vigenti in materia di società di ingegneria di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, le disposizioni riguardanti le società tra avvocati disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, e le disposizioni emanate in attuazione delle direttive comunitarie e in particolare dell'articolo 19 della legge 21 dicembre 1999, n. 526.
      8. Il professionista che a qualunque titolo svolge attività professionale intellettuale per conto delle società di cui al presente articolo è soggetto alla disciplina propria dell'attività professionale medesima. Questa ultima e gli atti in cui essa si concretizza sono direttamente imputabili al professionista che ne è autore e ne risponde in solido con la società.
      9. È fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, per la costituzione di associazioni tra professionisti.
      10. Alle società tra professionisti non si applicano le norme vigenti in materia di fallimento.
      11. Eventuali disposizioni necessarie ai fini del coordinamento tra le disposizioni del presente articolo e la normativa vigente, sono adottate ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,

 

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n. 400, su proposta del Ministro della giustizia.
      12. Il conferimento dei soci professionisti, se l'atto costitutivo lo consente, può consistere anche nella prestazione professionale, anche sotto forma di apporto di clientela.
      13. La partecipazione a società tra professionisti, se l'atto costitutivo lo consente, può essere rappresentata da azioni, cui si applica il libro V, titolo V, capo IV, sezione V, del codice civile.
      14. Delle obbligazioni della società tra professionisti risponde illimitatamente il socio professionista che ha eseguito la prestazione o che ha agito in nome della società, nonché, in solido, la società medesima.
      15. Le società tra professionisti devono essere iscritte in apposite sezioni degli albi professionali relativi alle professioni intellettuali esercitate.

Art. 30.
(Costituzione della società tra professionisti e oggetto sociale).

      1. La costituzione della società tra professionisti deve avvenire, sotto pena di nullità, per scrittura privata con sottoscrizione autenticata o per atto pubblico.
      2. Con i regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39 sono determinate le condizioni per la costituzione della società non previste al comma 1 del presente articolo e per la loro iscrizione nella sezione di cui all'articolo 29, comma 15, valide per tutte le professioni nonché, ove necessario, condizioni particolari in relazione alla specificità delle singole professioni.
      3. La società tra professionisti ha per oggetto esclusivo l'esercizio in comune della professione dei propri soci.
      4. La società tra professionisti può rendersi acquirente di beni e diritti di qualsiasi natura che siano strumentali all'esercizio professionale e compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo.

 

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      5. Gli atti compiuti in violazione del presente articolo sono inefficaci nei confronti della società e spiegano i loro effetti nei confronti di coloro che li hanno compiuti in nome della società e di coloro che comunque li hanno autorizzati.

Art. 31.
(Denominazione sociale).

      1. La ragione sociale può contenere il nome di uno o più soci e deve contenere l'indicazione di «società tra professionisti»; devono essere inoltre indicate l'attività o le attività professionali svolte.
      2. Non è consentita l'indicazione del nome di un socio dopo la cessazione della sua appartenenza alla società tra professionisti, salvo diverso accordo tra la società e il socio cessato o i suoi eredi. In tale caso l'utilizzazione del nome è consentita con l'indicazione «ex socio» o «socio fondatore» accanto al nominativo utilizzato, purché non sia mutata l'intera compagine dei soci professionisti presenti al momento della cessazione della qualità di socio.

Art. 32.
(Limitazioni all'esercizio dell'attività professionale in forma societaria).

      1. Ogni professionista può partecipare a una sola società tra professionisti, ferma restando la facoltà di esercitare la medesima attività professionale a titolo individuale.
      2. La limitazione di cui al comma 1 si applica fino alla comunicazione della dichiarazione di recesso del professionista dalla società.

Art. 33.
(Esclusione dalla società tra professionisti).

      1. Non può mantenere la qualità di socio della società tra professionisti colui

 

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che è cancellato o radiato dall'albo professionale. La sospensione di un socio dall'albo è causa legittima di automatica esclusione dalla società.
      2. L'esclusione del socio ai sensi del comma 1 è deliberata e accertata da almeno i due terzi degli altri soci; ove i soci siano soltanto due, i provvedimenti di cui al presente comma sono presi dal restante socio.

Art. 34.
(Responsabilità disciplinare).

      1. La società tra professionisti risponde delle violazioni delle norme professionali e deontologiche applicabili all'esercizio in forma individuale della professione.
      2. Qualora l'infrazione disciplinare commessa dal professionista sia ricollegabile a direttive imposte dalla società tra professionisti, la società stessa risponde disciplinarmente nello stesso modo in cui risponde il professionista.
      3. La società tra professionisti risponde altresì disciplinarmente delle infrazioni a norme legislative, regolamentari e deontologiche ad essa direttamente imputabili.
      4. La responsabilità disciplinare della società tra professionisti si estende anche agli amministratori e ai soci che, nell'esercizio dei loro poteri deliberativi e di direzione, hanno determinato il comportamento illecito della società stessa.
      5. Nel caso previsto dal comma 2, il consiglio locale dell'ordine presso il quale è iscritta la società tra professionisti è competente anche per il procedimento disciplinare nei confronti del socio, benché iscritto presso altro consiglio locale dell'ordine, salvo che l'illecito disciplinare contestato al professionista riguardi un'attività non svolta nell'interesse della società.

Art. 35.
(Organi della società tra professionisti).

      1. L'amministrazione della società tra professionisti spetta ai soci e non può essere affidata a terzi.

 

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      2. I soci determinano nell'atto costitutivo o nello statuto le modalità di amministrazione della società tra professionisti.

Art. 36.
(Modifiche statutarie).

      1. Le modifiche all'atto costitutivo e allo statuto sociale della società tra professionisti possono essere adottate solo con il consenso di tutti i soci, o con deliberazione della maggioranza di essi qualora l'atto costitutivo lo preveda e ne stabilisca le modalità.
      2. In caso di cessione delle partecipazioni della società tra professionisti, ai soci sono riconosciuti il diritto di prelazione e la facoltà di esprimere il gradimento all'ingresso di un nuovo socio.
      3. In caso di decesso, ovvero di esclusione di un socio di una società tra professionisti, ai restanti soci è riconosciuto il diritto di riscatto.

Art. 37.
(Compensi, norme previdenziali e fiscali).

      1. I compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti della società tra professionisti.
      2. Se la prestazione è svolta da più soci iscritti allo stesso albo professionale, si applica il compenso spettante a un solo professionista, salva espressa deroga pattuita con clausola approvata per iscritto dal cliente; quando la prestazione richiesta deve essere svolta da professionisti iscritti ad albi diversi, a ognuno di essi spetta il compenso professionale previsto dal proprio tariffario.
      3. L'attività professionale svolta in forma societaria dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti per l'attività individuale; i contributi di carattere integrativo sono dovuti nella stessa misura che si applica agli atti compiuti dal singolo professionista.

 

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      4. Ai fini fiscali, il reddito della società tra professionisti è determinato ai sensi dell'articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è imputato a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione degli utili, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli stessi.
      5. I compensi percepiti per l'attività prestata negli organi di amministrazione della società tra professionisti si considerano derivanti dall'esercizio di arti e professioni.
      6. I redditi a qualunque titolo percepiti derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco di società ed enti, svolta da soggetti iscritti agli albi professionali, costituiscono redditi equiparati a tutti gli effetti a quelli previsti dall'articolo 49, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e sono assoggettati a contribuzione a favore delle casse di previdenza di appartenenza.
      7. I redditi spettanti ai soci a fronte di loro conferimenti sono considerati, ai fini fiscali, redditi di capitale.

Art. 38.
(Rinvio).

      1. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, dai regolamenti di cui all'articolo 39 e dagli statuti sociali, si applicano alle società tra professionisti, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo III del titolo V del libro V del codice civile.

Art. 39.
(Regolamenti di attuazione e testi unici di riordino delle professioni regolamentate esistenti).

      1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con

 

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uno o più regolamenti specifici per ciascuna professione, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo adotta le disposizioni per l'attuazione della presente legge.
      2. Il Governo inoltre è delegato ad emanare testi unici di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate, attenendosi ai princìpi e criteri direttivi stabiliti della presente legge, nonchè ai seguenti principi e criteri direttivi specifici:

          a) riordinare le attività delle singole professioni, con eventuali accorpamenti degli ordini e collegi interessati, tenendo conto in particolare della compatibilità con le esigenze di circolazione dei titoli di studio presupposti all'esercizio delle professioni nell'ambito dell'Unione europea, nonchè delle disposizioni comunitarie in materia di libere professioni;

          b) perseguire una tendenziale uniformità, ove non incompatibile con il rispetto delle specificità delle singole professioni, delle disposizioni applicabili a ciascuna professione a seguito della adozione dei testi unici stessi;

          c) effettuare la puntuale individuazione del testo vigente delle norme;

          d) esplicitare le norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni;

          e) procedere al coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di tale coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e di semplificare il linguaggio normativo;

          f) esplicitare quali disposizioni non inserite nel testo unico restano comunque in vigore;

          g) dichiarare l'abrogazione delle rimanenti disposizioni, non richiamate nel testo unico, che regolano la materia oggetto di delegificazione, con espressa indicazione

 

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delle stesse in apposito allegato annesso al testo unico.
      3. Al fine di consentire una contestuale compilazione delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti una medesima professione, il Governo è autorizzato, nell'adozione dei testi unici di cui al comma 2, a inserire nel medesimo testo unico, con adeguata evidenziazione, le norme sia legislative sia regolamentari vigenti per ciascuna professione.
      4. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 sono trasmessi, dopo l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato e previo parere dei consigli nazionali, al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari che si pronunciano entro due mesi dalla data di trasmissione; decorso tale termine i regolamenti sono emanati anche in mancanza del parere. Il Governo, nell'emanare i regolamenti, è tenuto a motivare l'adozione di disposizioni che non tengono conto del parere delle Commissioni parlamentari.


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