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PDL 5724

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

    N. 5724



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOLOGNESI, FINOCCHIARO, TURCO, MONTECCHI, RUZZANTE, VIGNI, LUCIDI, DELBONO, COLUCCINI, FRIGATO, GIACCO, GAMBINI, DIANA, FILIPPESCHI, TOLOTTI, ZANOTTI, GIULIETTI, CHITI, LABATE, SERENI, MAURA COSSUTTA, DE BRASI, SCIACCA, CRISCI, SQUEGLIA, BELLILLO, CHIAROMONTE, LULLI, BOVA, MARIOTTI, ROTUNDO, TRUPIA, ADDUCE, CAMO, AMICI, BATTAGLIA, PREDA, ZANELLA, MANTINI, RANIERI, TIDEI, ANGIONI, LUIGI PEPE, ZUNINO, OLIVIERI, QUARTIANI, BIELLI, RAFFAELLA MARIANI, BENVENUTO, CARBONELLA, POLLASTRINI

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione aperta e di adozione mite

Presentata il 16 marzo 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Nonostante la normativa nazionale in materia di adozione e di affidamento dei minori (si fa riferimento in particolare alla legge 4 maggio 1983, n. 184), sia stata oggetto di profondi aggiornamenti, resi necessari per renderne maggiormente efficace l'applicazione e per conformarla al quadro del diritto internazionale, ancora oggi esistono diverse questioni da risolvere e che a causa della loro delicatezza e complessità necessitano di risposte di rango legislativo. Il tema delle adozioni e dell'affidamento è stato specificamente sviluppato, nella presente legislatura, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia tramite lo svolgimento di un'indagine conoscitiva che si è conclusa con l'approvazione di un documento finale votato nella seduta del 2 novembre 2004.
 

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      Nel corso dell'indagine si è avuto modo di approfondire le problematiche legate al fenomeno del semiabbandono di bambini che, a causa dell'inadeguatezza della normativa italiana a disciplinare situazioni di famiglie che non riescono o non vogliono mettersi nelle condizioni di provvedere alla corretta crescita e all'educazione del minore, dopo un eventuale periodo di affidamento si trovano nell'incertezza se dover tornare alla famiglia naturale o rimanere presso quella affidataria. Il nostro sistema legislativo prevede tre diversi percorsi per un bambino in difficoltà familiare:

          a) in caso di difficoltà modeste, soprattutto se la famiglia collabora, o comunque non si oppone, è previsto un sostegno dei servizi sociali, i quali aiutando in vario modo sia la famiglia, sia il bambino, fanno sì che il minore possa continuare a vivere nel proprio nucleo familiare;

          b) in caso di difficoltà rilevanti, ma temporanee e quindi considerate superabili in tempi sufficientemente brevi, il bambino può essere dato in affidamento familiare, o temporaneamente collocato presso case famiglia o istituti, per un periodo della durata massima di due anni;

          c) in caso di difficoltà gravi, in cui la famiglia pone in essere maltrattamenti rilevanti, o abbandona materialmente e moralmente il minore, e nel caso in cui la situazione risulta essere irreversibile, il bambino viene dichiarato adottabile e dato in adozione. Questa impostazione del nostro sistema trascura completamente il caso che invece, purtroppo, è assai frequente: quello designato nella terminologia della giustizia minorile come «semiabbandono permanente». Si fa riferimento alle situazioni nelle quali la famiglia del minore è più o meno insufficiente rispetto ai suoi bisogni, ma ha un ruolo attivo e positivo, che non è opportuno venga cancellato totalmente; nello stesso tempo, non vi è alcuna ragionevole possibilità di prevedere un miglioramento delle capacità della famiglia, tale da renderla idonea a svolgere il suo compito educativo in modo sufficiente, magari con un aiuto esterno curato dai servizi sociali. Queste situazioni di carenza della famiglia solo parziale, ma permanente, non sono contemplate dalla legge. La recente riforma dell'adozione nazionale, entrata in vigore nel 2001 (legge n. 149 del 2001) non ha preso in considerazione questo problema.
      I giudici e gli operatori sociali, che si trovano a farvi fronte ogni giorno, cercano in qualche modo di risolvere tali problematiche con gli strumenti messi a loro disposizione dalla legge. Ora è noto, purtroppo, che la quasi totalità dei bambini istituzionalizzati e una parte non modesta di quelli che sono in affidamento familiare sono in tale situazione di semiabbandono permanente e, quindi, non possono essere dichiarati adottabili, in quanto, per lo più, non vi sono gli estremi giuridici per dichiarare lo stato di abbandono, ma, d'altro canto, le possibilità di rientro in famiglia sono praticamente nulle. La condizione di vita alla quale sono destinati questi bambini è, pertanto, di grave privazione sia materiale, sia morale, senza avere la possibilità di essere aiutati. I soggetti coinvolti nel settore delle adozioni cercano di ipotizzare delle strade percorribili affinché tali problematiche possano essere affrontate: in alcuni casi la giurisprudenza ha proceduto all'adozione cosiddetta «aperta», vale a dire ad una adozione che ha le caratteristiche di quella legittima, con l'eccezione del mantenimento di rapporti con la famiglia di origine. Tale tipo di adozione viene da taluni ricondotta a quella già prevista e disciplinata dall'articolo 44 della legge n. 184 del 1983; quest'ultimo, però, prevede solamente alcune ipotesi specifiche che possono essere ricondotte alle condizioni di semiabbandono permanente, non prevedendo, invece, gli altri diversi casi ad esso riconducibili. D'altro canto, qualche volta è accaduto che i giudici - a beneficio di minori la cui condizione era particolarmente delicata - abbiano proceduto a delle adozioni ai sensi dell'articolo 44 per casi di semiabbandono permanente allo stesso non pienamente riconducibili. Si tratta, evidentemente, di un impiego

 

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improprio della norma e, soprattutto, di una modalità che può non presentare sufficienti garanzie per tutte le persone coinvolte nella vicenda.
      Alla luce, pertanto, delle valutazioni appena svolte, e in considerazione della rilevante importanza che il sistema normativo italiano attribuisce alla famiglia e alla necessità di tutelare la sua unità, è importante proporre ulteriori modelli di adozione, specificamente pensati per i soli casi di semiabbandono permanente e che arricchiscano il ventaglio di strumenti a disposizione per rispondere alla complessità e varietà di situazioni in cui si trovano i minori.
      Il modello normativo dell'adozione aperta che si propone con la seguente normativa potrebbe essere così costruito:

          a) suo presupposto necessario potrebbe essere una dichiarazione giudiziale di semiabbandono permanente, pronunziata a seguito di accertamento di una situazione di insufficienza permanente della famiglia di origine, insufficienza tuttavia parziale, in quanto non giustifica la totale interruzione dei rapporti del minore con la famiglia;

          b) la dichiarazione giudiziale di semiabbandono permanente dovrebbe essere emessa dal giudice a conclusione di un procedimento simile a quello utilizzato per l'accertamento dell'abbandono e la dichiarazione di adottabilità;

          c) dichiarato lo stato di semiabbandono permanente, il giudice potrebbe procedere all'affidamento preadottivo a una famiglia che presenti i requisiti indicati dall'articolo 6 della legge n. 184 del 1983. Nel provvedimento di affidamento preadottivo il giudice dovrebbe stabilire le regole necessarie a governare le relazioni tra bambino, famiglia della preadozione e famiglia di origine, precisando i soggetti (genitori o anche altri) che hanno il diritto-dovere di visitare il minore, i tempi e le modalità delle visite. Nel corso del procedimento il giudice dovrebbe procedere all'ascolto di tutti (anzitutto del minore con capacità di discernimento) e impegnarsi per quanto possibile nell'acquisizione dei consensi di tutti;

          d) i poteri parentali spetterebbero agli affidatari in preadozione. Inoltre il provvedimento di affidamento preadottivo dovrebbe essere pronunziato rebus sic stantibus e potrà essere modificabile nell'interesse del minore con conseguente incremento o riduzione delle visite;

          e) concluso l'affidamento preadottivo verrebbe pronunziata l'adozione aperta, con effetto legittimante del tutto simile a quello previsto dalla legislazione vigente. L'unica differenza sarebbe costituita dalla previsione e dalla disciplina di visite minore-famiglia di origine, così come previsto durante la fase dell'affidamento preadottivo. Nel caso in cui il tribunale giungesse a disporre la totale interruzione dei rapporti minore-famiglia di origine e questa situazione si protraesse per almeno sei mesi, gli adottanti dell'adozione aperta potrebbero richiedere nell'interesse del minore la conversione dell'adozione aperta in adozione legittimante piena. Inoltre tra gli strumenti proponibili per la risoluzione dei casi di semiabbandono familiare ha suscitato particolare interesse il modello attuato dal tribunale per i minorenni di Bari, denominato «adozione mite». Si tratta di un'adozione definibile semplice o non legittimante strutturata per i numerosi casi di semiabbandono permanente in cui la famiglia ha posto in essere nei confronti del minore un rapporto lesivo e gravemente pregiudizievole tale da configurare una situazione di abbandono rilevante per la dichiarazione di adottabilità, alla quale però non si può pervenire per espressa negazione della legge vigente. I criteri di valutazione dello stato di adottabilità di un minore previsti dalla legge n. 184 del 1983 sono, infatti, molto restrittivi e rispondenti all'esigenza di tutelare primariamente la famiglia di origine; ne è testimonianza il testo riformato dell'articolo 1, comma 2, della medesima legge n. 184 del 1983, che espressamente afferma: «Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo

 

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all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (...)». Situazione che dovrebbe indurre ad una riflessione nel superiore interesse dei minori.
      La sperimentazione citata è stata posta in essere a seguito di autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura in quei casi in cui il minore sostanzialmente abbandonato si trovava, oltre il tempo massimo previsto dalla legge, in affidamento familiare, e per il quale non era possibile un rientro nella famiglia di origine, perdurando lo stato di difficoltà. In queste ipotesi, valutato, inoltre, che tra il minore e gli affidatari si era instaurato un solido rapporto affettivo, tale che l'allontanamento potesse essere pregiudizievole al minore, si è proceduto, con il consenso di questi ultimi e dichiarato giudizialmente lo stato di semiabbandono permanente del minore, all'«adozione mite». Questa adozione non interrompe il rapporto di filiazione tra minore e genitori di origine, ma ne aggiunge un secondo, quello con gli adottanti, conseguente all'adozione, cui spetta naturalmente anche la potestà genitoriale. Di tale esperienza è interessante valutare i risultati relativi al primo anno di attività: di 56 minori deistituzionalizzati, 17 sono rientrati in famiglia, 33 sono stati collocati in affidamento familiare, per 6 si è proceduto all'«adozione mite». In considerazione della gravità in cui versa un gran numero di bambini in stato di semiabbandono permanente, è evidente che non possa essere rinviata la necessità di dotare il nostro ordinamento di nuovi strumenti e modelli, quali l'adozione aperta e quella «mite» sopra richiamate, per offrire una più vasta gamma di percorsi che tutelino l'interesse primario del minore davanti alla complessità di problemi e di situazioni altrimenti non risolvibili, anche in vista della chiusura degli istituti residenziali per minori prevista dalla legge n. 184 del 1983 entro il 31 dicembre 2006.
      L'adozione mite, inoltre, considerata quale percorso tra l'affidamento e l'adozione con particolari caratteristiche, permette di utilizzare la disponibilità genitoriale unitamente a capacità professionali (ad esempio in campo medico, psicologico, pedagogico) del tutto simili all'affidamento familiare, che rispondano a situazioni di minori in particolare difficoltà.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Adozione legittimante).

      1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla rubrica del titolo II, e ovunque ricorra nel medesimo titolo, la parola: «adozione» è sostituita dalle seguenti: «adozione legittimante»;

          b) dopo il capo I del titolo II sono inseriti i seguenti:

«CAPO I-bis.

DEL SEMIABBANDONO PERMANENTE

      Art. 7-bis. 1. Sono dichiarati in stato di semiabbandono permanente dal tribunale per i minorenni del distretto in cui risiedono, i minori per i quali è stata accertata la situazione di grave e continua insufficienza a rispondere ai loro bisogni da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi o nei cui confronti questi pongano in essere in maniera reiterata e continua un rapporto lesivo e gravemente pregiudizievole per la loro crescita, pur in presenza di una relazione interpersonale che, nell'interesse del minore, non può essere totalmente interrotta.
      2. Per la dichiarazione di stato di semiabbandono si applicano i requisiti di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 8.
      3. Lo stato di semiabbandono permanente è presunto quando, disposto l'affidamento familiare, alla scadenza del termine previsto e dopo la proroga e i provvedimenti di cui all'articolo 4, commi 4 e 6, con modificazione dell'affidamento familiare in affidamento a tempo indeterminato, risulti del tutto impossibile il rientro del minore nella famiglia di origine per

 

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le ragioni indicate al comma 1 del presente articolo.
      4. In caso di semiabbandono permanente presunto, si applicano le disposizioni degli articoli 7-sexies e seguenti.

CAPO I-ter.

DELL'ADOZIONE APERTA

      Art. 7-ter. 1. L'adozione aperta è consentita in favore dei minori dichiarati in stato di semiabbandono permanente ai sensi dell'articolo 7-bis, commi 1 e 2.

      Art. 7-quater. 1. Il tribunale per i minorenni, dichiarato lo stato di semiabbandono permanente di cui all'articolo 7-bis, sceglie tra le coppie in possesso dei requisiti di cui all'articolo 6, che hanno presentato domanda di adozione, quella maggiormente in grado di rispondere alle esigenze del minore e di provvedere alle disposizioni relative all'adozione aperta, con particolare riferimento alla capacità di mantenere idonee relazioni con la famiglia di origine del minore adottato.
      2. Nel decreto di affidamento preadottivo è data esatta indicazione delle modalità con cui devono essere svolti gli incontri tra il minore e la famiglia di origine anche in riferimento al numero e alla durata degli stessi.
      3. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo, avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché dei servizi prestati dai consultori e delle aziende sanitarie locali e ospedaliere. Il medesimo tribunale per i minorenni, in caso di accertate difficoltà, procede per una verifica delle stesse secondo le modalità di cui all'articolo 22, comma 8.
      4. L'affidamento preadottivo è revocato, ove ne ricorrano le condizioni, dal tribunale per i minorenni nelle forme e nelle modalità previste dall'articolo 23.
      5. Su istanza degli adottanti, di un genitore o del pubblico ministero, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 possono

 

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essere in ogni tempo modificate a tutela dell'interesse del minore, dal tribunale per i minorenni, sentito anche il minore adottato che ha compiuto gli anni dodici o di età inferiore in considerazione della sua capacità di discernimento.
      6. Per il procedimento di adozione aperta si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al presente titolo e al titolo III, relative all'adozione legittimante, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 7-quinquies e 7-octies.

      Art. 7-quinquies. 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di semiabbandono permanente, decorso un anno dall'affidamento preadottivo, sentite le coppie adottanti, il minore che ha compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che hanno svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dalla presente legge e, senza altra formalità di procedura, provvede sull'adozione aperta in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione alle coppie adottanti. Il minore che ha compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia prescelta.
      2. Il decreto di adozione aperta deve contenere esatta indicazione delle modalità con cui devono essere svolti gli incontri tra il minore e la famiglia di origine, con particolare riferimento al numero e alla durata degli stessi. Tali modalità possono comunque essere diversamente disciplinate su istanza di un genitore, degli adottanti o del pubblico ministero, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, nell'esclusivo interesse del minore adottato.
      3. La potestà genitoriale sul minore viene attribuita agli adottanti nella sentenza di adozione aperta.
      4. Il tribunale per i minorenni, su istanza degli adottanti o del pubblico ministero, qualora intervengano fatti pregiudizievoli all'interesse esclusivo del minore,

 

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può disporre, con provvedimento motivato, l'interruzione dei rapporti con la famiglia di origine del minore adottato.
      5. Decorsi sei mesi dal provvedimento del tribunale per i minorenni che dispone l'interruzione dei rapporti del minore adottato con la famiglia di origine, su istanza degli adottanti o del pubblico ministero, il tribunale per i minorenni, svolti gli accertamenti necessari e sentiti gli interessati, può, nell'esclusivo interesse del minore, disporre la conversione dell'adozione aperta in adozione legittimante piena.

CAPO I-quater.

DELL'ADOZIONE MITE

      Art. 7-sexies. 1. L'adozione mite è consentita in favore dei minori che si trovano nello stato di semiabbandono permanente presunto di cui all'articolo 7-bis, comma 3.

      Art. 7-septies. 1. Le disposizioni relative all'affidamento familiare, di cui agli articoli 2 e seguenti, si applicano quando il minore è solo temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo. Nel caso invece in cui abbia motivo di dubitare della temporaneità dell'inidoneità familiare e ritenga sussistente una situazione pregiudizievole anche in modo non grave per il minore e tale, comunque, da comportare il rischio che, dopo la scadenza dell'affidamento familiare e la proroga, risulti impossibile il rientro del minore nella famiglia di origine, il servizio sociale locale procede alla segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni al fine dell'apertura di un procedimento civile ai sensi degli articoli 333 e seguenti del codice civile, nell'ambito del quale chiede che il medesimo tribunale disponga l'affidamento familiare del minore.
      2. Insieme alla segnalazione effettuata e, comunque, nell'ambito dello stesso procedimento di cui al comma 1, salva la facoltà dell'autorità giudiziaria di acquisire direttamente eventuali dichiarazioni di disponibilità all'adozione mite, il servizio

 

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sociale locale trasmette al tribunale per i minorenni anche le istanze delle coppie o dei singoli, che accettano l'affidamento familiare del minore e, nello stesso tempo, si impegnano a chiederne successivamente l'adozione non legittimante, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera d), in caso di mancato rientro nella famiglia di origine alla scadenza dell'affidamento familiare e della proroga.
      3. Nel procedere all'affidamento familiare ai sensi di quanto disposto al comma 1, il tribunale per i minorenni sceglie tra coloro che hanno proposto dichiarazione di disponibilità all'adozione mite quelli maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.
      4. Alla scadenza del periodo di durata dell'affidamento familiare, di cui all'articolo 4, comma 4, in presenza del protrarsi delle difficoltà della famiglia di origine a causa delle quali l'affidamento è stato disposto, su istanza dei genitori affidatari, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il tribunale per i minorenni, avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché dei servizi prestati dai consultori e delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, dispone con provvedimento motivato l'adozione mite. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 45 a 57. Il minore che ha compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia prescelta.
      5. La sentenza di adozione mite deve contenere l'esatta indicazione delle modalità con cui devono essere svolti gli incontri tra il minore e la famiglia di origine, con particolare riferimento al numero e alla durata degli stessi. Tali modalità possono comunque essere diversamente disciplinate su istanza di un genitore, degli adottanti o del pubblico ministero, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, nell'esclusivo interesse del minore adottato.
 

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      6. La potestà genitoriale sul minore viene attribuita agli adottanti nella sentenza di adozione mite.

      Art. 7-octies. 1. Decorso un anno dalla sentenza di adozione mite, il tribunale per i minorenni, su istanza degli adottanti può, con provvedimento motivato, disporre la conversione dell'adozione mite in adozione legittimante, nell'esclusivo interesse del minore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, anche avvalendosi del giudice tutelare e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché dei servizi prestati dai consultori e delle aziende sanitarie locali e ospedaliere».


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