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PDL 2400

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2400



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BULGARELLI, CENTO, CIMA, ZANELLA

Modifiche al codice penale in materia di tutela dell'ambiente
e dei beni culturali

Presentata il 22 febbraio 2002


      

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Onorevoli Colleghi! - Si parla molto di tutela giuridica dell'ambiente. Con questa espressione si intende dire che l'ambiente è un bene, un valore, che merita tutela giuridica. Trattandosi di un bene, di un valore collettivo, il pensiero corre subito alla tutela cosiddetta «di diritto soggettivo»: alla tutela penale ed alla tutela amministrativa. Tuttavia, l'ambiente non è solo un bene, è anche un diritto. Per di più è un diritto inviolabile di tutti i cittadini e quindi, si può dire, un diritto della collettività. Prevedere nel codice penale un capo sui delitti contro l'ambiente è, dunque, un fatto di civiltà. È una svolta decisiva nell'evoluzione dell'ordinamento giuridico. Si tratta di sottolineare il profilo della tutela individuale. Per fare questo occorre riconoscere una soggettività giuridica della collettività, occorre evidenziare che l'ambiente è un bene collettivo giuridicamente tutelato, occorre precisare che la lesione di questo bene concreta un fatto antigiuridico per il quale è previsto anche l'obbligo del risarcimento.
      Del resto con l'espressione «danno pubblico», utilizzata da tempo nel nostro ordinamento giuridico, si intende il danno subìto dalla generalità dei cittadini, in sostanza il danno sociale, quello che oggi definiamo il «danno collettivo e diffuso». Il danno pubblico, nel nostro ordinamento giuridico, dall'articolo 1 della legge 20 giugno 1877, n. 3917, fino all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni, istitutiva del Ministero dell'ambiente, viene riferito alla collettività.
      Inoltre, la giurisprudenza della Corte di cassazione, a decorrere dagli anni novanta,
 

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pur affermando il diritto fondamentale di ogni individuo alla fruizione di un ambiente salubre, non si è ancora spinta fino a concepire la possibilità di un risarcimento del danno ambientale, inteso come «danno collettivo». La persistenza della concezione del diritto soggettivo come di un diritto puramente individuale ha impedito finora a quella giurisprudenza di ritenere azionabile un diritto al risarcimento.
      Ancora, la Corte di cassazione ha individuato, oltre alla salute, un altro valore e quindi un altro bene in senso giuridico, l'ambiente salubre. Per la Suprema Corte di cassazione il punto centrale di riferimento è, ovviamente, la Costituzione. Essa ha affermato che: «Il quadro normativo di riferimento oggi si incentra nell'articolo 32 della Costituzione (e nell'articolo 9 aggiungiamo noi) che, oltre ad ascrivere alla Repubblica la tutela della salute dell'uomo, così facendone un fine dell'ordinamento, un valore costituzionale, precisa che la salute è tutelata come diritto fondamentale dell'uomo e interesse della collettività. Ciò importa che la salute, oltre e prima di essere oggetto di cura e di intervento da parte della collettività in generale, è protetta in via primaria, incondizionata ed assoluta, come modo di essere della persona umana. Si rende manifesto che la protezione non si limita all'incolumità fisica dell'uomo, ma è diretta ad assicurare all'uomo la sua effettiva partecipazione, mediante presenza e frequentazione fisica, alle dette comunità, senza che ciò costituisca pericolo per la salute. La protezione si estende cioè alla vita associata dell'uomo nei luoghi delle varie aggregazioni nelle quali si articola e, in ragione della sua effettività, alla preservazione, in quei luoghi, delle condizioni indispensabili o anche soltanto propizie alla salute».
      Comunque, il problema principale non è tanto quello di risarcire il danno o di eliminare per quanto possibile le conseguenze della lesione, quanto quello di impedire che questa si realizzi, si realizzi compiutamente o si rinnovi, anche perché la tutela attuata mediante l'azione recuperatoria o risarcitoria ha un limite intrinseco, proprio della connotazione di rimedium, che è, ex se, mezzo limitato e non appieno satisfattivo.
      Se è pur vero che la minaccia dell'azione, della condanna al ripristino o al risarcimento in senso lato può svolgere una funzione di tutela preventiva, di dissuasione, è altresì necessario un coordinamento più stringente tra gli organi statali e degli enti locali preposti alla tutela dell'ambiente (inteso in senso lato). Se alla collettività compete il diritto soggettivo all'integrità dell'ambiente, allo Stato deve essere consentito avvalersi di tutti gli strumenti posti dall'ordinamento giuridico per la difesa di tale diritto.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La rubrica del titolo VI del libro II del codice penale è sostituita dalla seguente: «Dei delitti contro l'incolumità pubblica e l'ambiente».

Art. 2.

      1. Dopo il capo III del titolo VI del libro II del codice penale è aggiunto il seguente:

      «Capo III-bis.
DEI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE

      Art. 452-bis. - (Delitti contro l'ambiente). - Chiunque illegalmente provochi rumori, vibrazioni, infiltrazioni, smottamenti, ovvero abbandoni rifiuti, effettui estrazioni, escavazioni, sbancamenti e captazione di acque, emetta radiazioni nocive, immetta o depositi nell'atmosfera, nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque terrestri, marine, lacuali o sotterranee sostanze che possono pregiudicare gravemente l'equilibrio dei sistemi naturali è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.582 euro a 154.937 euro. Con la sentenza di condanna sono ordinate la rimessione in pristino dei luoghi a spese del condannato e la cessazione definitiva dell'attività inquinante.
      Chiunque realizzi depositi o discariche di rifiuti solidi urbani o abbandoni rifiuti speciali, tossici e nocivi è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 5.165 euro a 103.291 euro. Con la sentenza di condanna è ordinata la rimessione in pristino dei luoghi a spese del condannato e la cessazione definitiva dell'attività inquinante.
      La pena detentiva e la multa sono raddoppiate se:

          1) l'attività nociva è esercitata clandestinamente;

 

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          2) non si è ottemperato a ordini espliciti dell'autorità amministrativa o giudiziaria;

          3) si sono falsificate od occultate informazioni sull'attività;

          4) si è ostacolata l'attività ispettiva della pubblica amministrazione;

          5) si è prodotto un peggioramento irreversibile della qualità dell'ambiente;

          6) è interessata un'area protetta.

      Art. 452-ter. - (Delitti contro l'ambiente commessi o agevolati da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio). - Se i fatti indicati nell'articolo 452-bis sono commessi, resi possibili o comunque agevolati da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, la condanna importa anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

Art. 3.

      1. L'articolo 733 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 733. - (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico, artistico o naturale nazionale). - Chiunque distrugge, deteriora, modifica o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico, artistico o naturale nazionale, con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da 2.582 euro a 51.646 euro.
      Con la sentenza di condanna è ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata».

Art. 4.

      1. L'articolo 734 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 734. - (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali o ambientali). - Chiunque, mediante costruzioni, demolizioni,

 

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o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera anche in modo temporaneo le bellezze naturali o ambientali o paesaggistiche dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'autorità, è punito con l'arresto fino a quattro anni e con l'ammenda non inferiore a 5.165 euro.
      Con la sentenza di condanna è ordinata la rimessione in pristino dei luoghi a spese del condannato».


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