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PDL 5932

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5932



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ONNIS

Modifiche all'articolo 625-bis del codice di procedura penale, in materia di ricorso straordinario alla Corte di cassazione per la correzione dell'errore materiale o di fatto

Presentata il 21 giugno 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 625-bis del codice di procedura penale, introdotto dall'articolo 6 della legge 26 marzo 2001, n. 128, attualmente prevede la possibilità di richiedere, esclusivamente nell'interesse del condannato, la correzione dell'errore materiale o di fatto, ravvisabile nei provvedimenti adottati dallo stesso giudice di legittimità.
      In realtà, il problema della correzione degli errori riscontrabili nelle decisioni - non impugnabili - della Corte di cassazione era da sempre ben presente ai supremi giudici.
      Infatti, in teoria, per il principio di intangibilità del giudicato, anteriormente all'entrata in vigore del citato articolo 625-bis, a parte i casi del tutto eccezionali e peculiari di revisione, solo l'errore materiale poteva essere emendato, con la procedura descritta dall'articolo 130 del codice di rito (149 del codice di procedura penale previgente).
      Il principio di intangibilità della res iudicata era puntualmente riaffermato dalla stessa Corte costituzionale, per escludere che i provvedimenti della Corte di cassazione potessero essere di continuo rimessi in discussione, tradendo la stessa funzione del processo.
      Tale principio, infatti, sarebbe direttamente - pur se implicitamente - enunciato dall'articolo 111, settimo comma, della Costituzione, laddove assegna alla Corte di cassazione il ruolo di «giudice ultimo della legittimità» (Corte costituzionale 5 luglio 1995, n. 294) e dovrebbe considerarsi strumentale rispetto all'esigenza di assicurare la tutela giurisdizionale (articolo 24 della Costituzione): infatti, questo diritto sarebbe in sostanza compromesso, vanificato se il processo non avesse termine ultimo, definitivo, qual
 

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è appunto, nel sistema in vigore, la decisione della Corte di cassazione (Corte costituzionale 3 luglio 1996, n. 224; Corte costituzionale ordinanza 17 novembre 2000, n. 501).
      Ulteriore argomento, a favore del principio che afferma il carattere definitivo e immodificabile dei provvedimenti adottati dai giudici di legittimità, poteva cogliersi nell'esigenza, ormai imposta dall'articolo 111, secondo comma, della Costituzione, di garantire la ragionevole durata del processo (Corte costituzionale ordinanza 17 novembre 2000, n. 501, citata).
      Eppure, a fronte di queste rigorose affermazioni di principio, evidenti e insopprimibili esigenze di giustizia sostanziale consigliavano alla Corte di cassazione di ovviare comunque agli errori individuabili negli atti da essa formati, andando ben oltre i limiti dell'errore materiale e così forzando l'ambito applicativo dei predetti articoli 149 (codice di procedura penale del 1930) e 130 (codice di rito vigente).
      Analizzando l'ampia casistica delle pronunce rese negli anni su questi temi, si è notato che la Corte di cassazione usava, per esempio, sussumere qualunque tipo di errore nell'ambito dell'errore materiale; ovvero, riteneva che i limiti imposti dai citati articoli 149 e 130 riguardassero solo i provvedimenti impugnabili e non le decisioni di ultima istanza; ovvero ancora, in altri casi, faceva riferimento, per giustificare la scelta di correggere il proprio provvedimento, ai princìpi costituzionali che sarebbero stati disattesi se l'errore non fosse stato emendato.
      Del resto, con riferimento all'articolo 395, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile, cui il legislatore si sarebbe ispirato per introdurre, nel rito penale, il suddetto articolo 625-bis, la Corte costituzionale aveva ritenuto che «il diritto di difesa sarebbe gravemente offeso se l'errore di fatto (...) non fosse suscettibile di emenda sol per essere stato perpetrato dal giudice cui spetta il potere-dovere di nomofilachia» (Corte costituzionale 30 gennaio 1986, n. 17).
      Dunque, la correzione dell'errore di fatto (oltre che dell'errore materiale), radicato in una distorta percezione della realtà, deve essere comunque effettuata, per la salvaguardia del diritto di difesa.
      Con più specifico riguardo al processo penale, la Consulta nondimeno sottolineava che l'errore «percettivo» deve essere in ogni caso emendato (Corte costituzionale 28 luglio 2000, n. 395).
      Pertanto, l'articolo 625-bis del codice di procedura penale ora in vigore è stato introdotto dalla legge n. 128 del 2001 recependo le indicazioni della Corte costituzionale e della stessa giurisprudenza della Corte di cassazione.
      Non appare spiegabile, però, la scelta di limitare la possibilità di esperire la richiesta nel solo interesse del condannato. Resta esclusa, così, la praticabilità del rimedio nell'interesse dalla parte pubblica, degli altri soggetti processuali, che pure sono legittimati a proporre le impugnazioni, nonché dello stesso imputato prosciolto, che magari potrebbe avere precisi e qualificati motivi per aspirare a una formula liberatoria più ampia rispetto a quella erroneamente fissata dalla Corte di cassazione.
      La presente proposta di legge vuole eliminare questa discriminazione, consentendo che il procedimento descritto dal citato articolo 625-bis possa essere attivato da tutti i soggetti cui è riconosciuta la facoltà di impugnare, negli stessi termini a tali fini stabiliti dagli articoli 570 e seguenti del codice di procedura penale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 625-bis, comma 1, del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo le parole: «È ammessa» sono inserite le seguenti: «a norma degli articoli 570 e seguenti,»;

          b) le parole: «a favore del condannato» sono soppresse.

Art. 2.

      1. All'articolo 625-bis, comma 2, del codice di procedura penale, le parole: «dal procuratore generale o dal condannato,» sono soppresse.


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