Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 3913

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3913



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GASPERONI, CORDONI, AGOSTINI, INNOCENTI, RUZZANTE

Disposizioni in materia di salvaguardia dell'occupazione e della qualità del lavoro, nonché di tutela dei redditi dei lavoratori

Presentata il 16 aprile 2003


      

torna su
Onorevoli Colleghi!

1. - Premessa.

      1.1. - La presente proposta di legge, che, per i suoi contenuti, segue i princìpi dei progetti presentati dalla CGIL, intende adattare al contesto italiano il modello renano di codeterminazione, formazione permanente, garantismo flessibile e protezione sociale, nella convinzione che un corretto mix di tali misure possa indurre a un miglioramento della organizzazione del lavoro e delle relazioni sindacali in azienda finalizzato a una maggiore coesione sociale e a una concorrenzialità di prodotto e di processo produttivo.
      In effetti i progetti hanno un filo conduttore comune e dei nessi di implicazione reciproca.
      Il filo conduttore consiste nella sottolineatura di un «progetto condiviso di lavoro» come asse dei rapporti individuali e collettivi.

      1.2. - La presente proposta di legge nasce dalle idee sulla democrazia economica nelle imprese, avanzate dalla CGIL fin dagli anni '70, e guarda alle opposte esperienze della Fiat e della Volkswagen: la prima condotta sempre in modo unilaterale e ora in crisi profonda; la seconda cogestita con i sindacati e ora la prima in Europa.
      La sfida della competitività e dell'occupazione si vince infatti innanzitutto prevenendo le crisi con la codeterminazione e con la formazione permanente e poi, in fase di crisi, concordando con le maestranze e con le loro rappresentanze sindacali un progetto industriale di ristrutturazione

 

Pag. 2

finalizzato al recupero anziché alle dismissioni.
      Si espongono qui di seguito le idee fondanti la presente proposta di legge.

2. - Organizzazione e formazione del lavoro.

      2.1. - La globalizzazione economica e l'innovazione tecnologica hanno profondamente riscritto i contenuti del lavoro e le condizioni di accesso allo stesso, in considerazione della più elevata dose di conoscenza richiesta dalle moderne organizzazioni e della rapida obsolescenza cui tali conoscenze sono esposte in contesti assoggettati a una competizione che si gioca su scenari mondiali. La stessa occupazione nel settore dei servizi, in costante crescita nei sistemi economici avanzati, non rappresenta più, o non solo, un bacino di impiego per lavori dequalificati, in considerazione dell'importanza che l'economia dei servizi sta assumendo sia in funzione di supporto alla produzione (ricerca, vendita, marketing, servizi alla clientela), sia in direzione di un autonomo sviluppo di vecchi e di nuovi servizi alla persona (cultura, viaggi, tempo libero, ambiente, salute, eccetera).

      2.2. - La portata e l'intensità dei cambiamenti che investono il mondo del lavoro sono tali da far ritenere ormai acquisita al buon senso comune l'idea che per migliorare le performance occupazionali del nostro Paese non solo occorra migliorare il livello di preparazione di base dei giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, ma sia altresì necessario assumere una visione che faccia della formazione per l'intero arco della vita una risorsa volta a consentire l'aggiornamento continuo del personale già occupato contro i rischi di obsolescenza professionale, la possibilità di riconversione e di riqualificazione professionale nelle fasi di mutamento organizzativo, il riorientamento e la diversificazione professionale, la crescita e il miglioramento continuo.

      2.3. - La procedura europea per il coordinamento delle politiche occupazionali (processo di Lussemburgo), inaugurata con il Trattato di Amsterdam, reso esecutivo dalla legge n. 209 del 1998, soprattutto nel primo pilastro dedicato alle misure a favore della occupabilità e nel terzo pilastro sulla flessibilità, assume la formazione permanente e continua come strumento privilegiato di azione per favorire la capacità dei soggetti di stare sul mercato, attraverso il riorientamento delle misure passive di indennizzo alle situazioni di disoccupazione, prevalentemente tramite garanzie di sostegno del reddito, con misure attive volte a favorire l'attiva ricerca di un impiego anche attraverso l'utilizzo di opportunità formative volte all'inserimento o al reinserimento professionale. Nel quadro europeo di stimolo al partenariato sociale e alla contrattazione-concertazione di modalità di utilizzo flessibile del lavoro, vengono in particolare raccomandate misure volte a favorire l'utilizzo delle diverse modalità di riduzione di orario per finalità formative (part-time, congedi, periodi sabbatici, crediti di ore, permessi, orari corti, eccetera), così da migliorare la professionalità dei lavoratori e la capacità competitiva delle imprese. Un impegno ancora più marcato in tal senso è scaturito dai Consigli europei di Feira e di Lisbona del marzo-giugno 2000, dove tali obiettivi sono stati ribaditi nel quadro delle raccomandazioni in tema di società dell'informazione e dei saperi, per rafforzare la coesione sociale interna e assicurare ai Paesi europei obiettivi di piena e buona occupazione.

      2.4. - Una serie di misure in tale senso risulta già adottata, in virtù della delega contenuta nell'articolo 17 della legge n. 196 del 1997 (cosiddetto «pacchetto Treu»): si ricordino l'obbligo formativo a 18 anni, la riforma dei contratti a finalità formativa, l'accreditamento di strutture formative, le procedure di certificazione delle competenze e l'allestimento di un sistema di trasferimento dei crediti formativi da un sottosistema all'altro, nonché il varo della formazione tecnica superiore, tutti aspetti di sicura rilevanza ai fini

 

Pag. 3

dell'adeguamento del nostro sistema rispetto all'obiettivo di assicurare meccanismi di formazione permanente e continua, ma attinenti prevalentemente ai profili riguardanti le politiche del lavoro e il mercato del lavoro.

      2.5. - La stessa contrattazione collettiva si è posta timidamente su questa strada: oltre alla sperimentazione dei nuovi contenuti formativi per l'apprendistato, interessante appare la riforma dei sistemi di classificazione, laddove è stata operata (settori chimico, bancario, poste, regioni ed enti locali, sanità, parastato), perché postula modalità di riconoscimento e di certificazione delle competenze «nel rapporto di lavoro» a fini di progressione di carriera, tanto a carattere orizzontale che verticale, da realizzare prevalentemente attraverso percorsi formativi, allargamento di mansioni, job rotation, job enlargement. Per la prima volta, venticinque anni dopo gli accordi che hanno introdotto l'inquadramento unico, la contrattazione collettiva, pur se a macchia di leopardo, sembra prefigurare una chiave di lettura dinamica della professionalità e dei dispositivi che presiedono agli spostamenti legittimi di mansioni.

      2.6. - La legge 8 marzo 2000, n. 53, recante «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città» introduce agli articoli 5 e 6 una nuova disciplina dei congedi formativi in costanza di rapporto di lavoro: nella prima ipotesi normativa si tratta della previsione di un periodo sabbatico finalizzato al completamento dei cicli scolastici della scuola dell'obbligo o al conseguimento di un titolo di studio di secondo grado o del diploma universitario o di laurea e, comunque, ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro; nella seconda ipotesi, disciplinata dall'articolo 6, i congedi per la formazione continua appaiono espressamente finalizzati ad accrescere le conoscenze e le competenze dei lavoratori, occupati e non occupati, attraverso percorsi personalizzati, certificati e riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. Il riconoscimento del diritto del lavoratore «di proseguire i percorsi di formazione per tutto l'arco della vita», sulla base di autonome scelte, ovvero di programmi formativi predisposti dall'azienda, costituisce oggetto di regolamentazione, circa le sue concrete modalità organizzative, demandata alla contrattazione collettiva di categoria nazionale e decentrata (monte-ore per congedi formativi, criteri di scelta, modalità orarie e di retribuzione, eccetera). La citata legge, mentre pone interamente a carico del lavoratore i costi della formazione rientrante nell'ipotesi di cui all'articolo 5, prevede la copertura finanziaria degli interventi formativi rientranti in piani aziendali o territoriali attraverso il fondo interprofessionale per la formazione continua, così come autorizza la riserva di una quota pari, allora, a 30 miliardi di lire annue dal Fondo per l'occupazione per finanziare, eventualmente con le regioni, progetti formativi che, sulla base di accordi collettivi, prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro, ovvero progetti presentati direttamente dai lavoratori. Un contributo pubblico è altresì previsto per i programmi di formazione volti al reinserimento dei lavoratori che abbiano goduto di un periodo di congedo parentale.

      2.7. - Occorre dare compiutezza al quadro così delineato evidenziando i tasselli mancanti per ricostruire una disciplina organica della formazione per i disoccupati e per gli occupati. I diversi tipi di congedi non appaiono, infatti, sempre coordinati tra loro, giacché al diritto allo studio disciplinato dall'articolo 10 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970) si affianca la disciplina dei congedi formativi prevista dai citati articoli 5 e 6 della legge n. 53 del 2000, cui vanno raccordate le previsioni contrattuali previgenti riguardanti le cosiddette «150 ore» e le discipline contrattuali in via di emanazione, cui la legge demanda una funzione integrativa del disposto legale.

      2.8. - Per dare compiutezza allo statuto della formazione va inoltre esplicitamente

 

Pag. 4

previsto un obbligo formativo in capo al datore di lavoro. Di qui la presente proposta di legge il cui titolo VI è interamente dedicato al tema.

3. - Piano annuale formativo.

      3.1. - Il nucleo della proposta di legge parte dunque dal «piano annuale formativo» - preceduto da una informazione su occupazione, investimenti ed esperienze formative - segnato da accordi sui fabbisogni formativi, sui finanziamenti e sulla mobilità interna: insomma un sistema di monitoraggio permanente e di aggiustamento dinamico dell'organizzazione del lavoro.

      3.2. - Vengono poi previste sedi di contrattazione e di concertazione territoriale al fine di favorire i necessari raccordi tra piani aziendali e piani territoriali e/o settoriali.

      3.3. - A regime, dunque, tutti i lavoratori, e non più solo i giovani, avranno una alternanza di lavoro e di formazione, realizzando una saldatura tra progetto individuale e progetto aziendale, con quei percorsi di mobilità e di innovazione già previsti da un progetto di legge sulla ridefinizione dell'articolo 2094 del codice civile elaborato dalla CGIL.

      3.4. - È poi prevista una nuova disciplina delle 150 ore (ora elevate a 250) che consenta il cumulo di percorsi di studio, di aggiornamento e di formazione permanente, da affidare alle sperimentazioni della contrattazione collettiva aziendale, salva una disciplina minima collettiva nazionale o, in subordine, legale, da azionare sussidiariamente.

      3.5. - Nell'immediato i giovani (ma non gli infradiciottenni, in quanto soggetti al percorso scolastico in esclusiva) avranno un solo, vero, contratto formativo, mediante la fusione dell'attuale apprendistato con il contratto di formazione e lavoro. Il nuovo contratto è soggetto ad automatica conversione in contratto stabile, decorso il periodo formativo senza tempestiva disdetta. Durante quel periodo il giovane beneficia della presenza di un tutore, a garanzia di seri percorsi formativi aziendali, da affiancare a maggiori percorsi esterni, registrati e certificati; è destinatario di un regime di parità normativa, di uno jus variandi professionalizzante, di un orario di lavoro compatibile con la formazione; è soggetto, infine, a un differenziale salariale non superiore a un livello.
      Al fine di evitare un uso incongruo del tipo negoziale - a fronte dei notevoli benefìci contributivi - sono previsti vincoli quantitativi e qualitativi: così, ad esempio, il numero degli apprendisti non può superare quello dei lavoratori di pari qualifica.
      Un'analoga disciplina è prevista per i disoccupati di lungo periodo.

4. - Crisi aziendale e codeterminazione.

      4.1. - Quanto finora esposto appartiene alla fisiologia dell'organizzazione del lavoro.
      La parte logicamente successiva della proposta di legge si occupa della patologia aziendale, perpetuando quel filo conduttore del «progetto condiviso di lavoro e di organizzazione» che si è visto in precedenza variamente declinato.

      4.2. - La proposta di legge trae origine dal dibattito politico e sindacale degli ultimi anni sull'argomento.
      Pone una preliminare questione, insieme di metodo e di politica, attinente al ruolo e alla funzione da riconoscere ai cosiddetti «ammortizzatori sociali», che non possono ridursi a una somma di prestazioni economiche da erogare ai lavoratori in diverse situazioni.
      Bisogna, invece, attribuire una «ratio» complessiva al sistema, assumendo il criterio-base per cui un sistema di ammortizzatori deve essere espansivo in quanto diretto, per quanto possibile, a conseguire lo «status» di lavoratore, a garantire solidarietà, partecipazione e controllo sindacale nelle situazioni di crisi occupazionale, a preservare il capitale umano e produttivo, evitando «desertificazioni» del tessuto economico, e, comunque a guidare il ricollocamento dei lavoratori.

 

Pag. 5


      Ciò significa che non è logico né politicamente accettabile prevedere una disciplina uniforme per tutti i settori né, per altro verso, abbassare il baricentro della tutela puntando su indennità di disoccupazione, invece che su misure di prevenzione della crisi occupazionale e della disoccupazione stessa.
      Strumenti di prevenzione che non si riducono solo a istituti costituenti «ammortizzatori sociali di tipo conservativo», come cassa integrazione guadagni (CIG) straordinaria e, ancora prima, contratti di solidarietà, ma che riguardano direttamente le relazioni industriali, i diritti di informazione e di contrattazione sulla struttura occupazionale e produttiva e sulla loro possibile evoluzione, e che si collocano, pertanto, ancora più «a monte», e che devono essere definiti con un piano sociale di impresa, incentrato su formazione e su mobilità intraziendale.

      4.3. - La proposta di legge rivisita e rielabora istituti già previsti dalla legislazione sui cosiddetti «ammortizzatori sociali», riorganizzandoli, però, intorno ad un'idea-guida: quella della prevenzione tra strumenti di governo dell'esuberanza, che accorda la priorità agli strumenti conservativi dell'occupazione (contratti di solidarietà e CIG) rispetto alle misure espulsive (licenziamenti), e, nell'ambito dei primi, agli istituti con struttura consensuale necessaria e non soltanto eventuale. È intuitivo, infatti, che se il ricorso alla CIG «può» essere veicolato da un accordo sindacale, un contratto di solidarietà altro non può essere che un accordo sindacale.
      Il criterio della prevenzione (ovvero dell'ultima ratio) ha costituito una sorta di «Araba fenice» vanamente inseguita dalle organizzazioni sindacali per circa vent'anni: affermare l'obbligo giuridico del datore di ricorrere prima ai mezzi conservativi e, soltanto dopo il loro esaurimento (o fallimento), a quelli espulsivi, significherebbe mutare radicalmente i rapporti di forza nelle ristrutturazioni aziendali, e proprio per questo - riteniamo - i generosi tentativi di una parte della giurisprudenza di merito di asseverare, in via interpretativa, l'esistenza e la vincolatività del criterio sono stati repressi dalla Corte di cassazione.
      La previsione espressa di quella regola apre ora la proposta di legge, e ad essa si affianca un altro principio di centrale importanza: che per gli strumenti ad azionamento unilaterale (ad esempio, CIG, quando non vi sia «anche» accordo) è data ai lavoratori la facoltà di surrogarsi nella richiesta al datore di lavoro che resti inerte.

      4.4. - Con questa premessa, si può passare a esaminare la prima e più importante linea difensiva, quella costituita dai contratti di solidarietà, la cui disciplina è comunque profondamente modificata rispetto a quella vigente. Infatti il contratto di solidarietà, essendo lo strumento principe, ha un vastissimo ambito di applicazione (imprese con più di cinque dipendenti), è riunificato nella struttura e negli effetti di tipo incentivante, e gode di una procedura di approvazione amministrativa particolarmente rapida, e tuttavia non «facilona»: è previsto un silenzio-assenso, ma solo dopo un «interpello» alla pubblica amministrazione che resti inerte.
      Non deve meravigliare, invece, che sia previsto un orario minimo residuo di venti ore, perché l'esperienza ha insegnato che se l'orario residuo è troppo ridotto e, in sostanza, l'unità produttiva non è più operante, il contratto di solidarietà non funziona, ed è anzi motivo di contrasti tra i lavoratori: meglio utilizzare, allora, la CIG ordinaria o straordinaria.
      Non va dimenticato, d'altra parte, che il contratto di solidarietà deve, possibilmente, anticipare riduzioni stabili d'orario, e anche questo spiega perché debba prevedere quantità ragionevoli di orario residuo.
      Gli incentivi e i benefìci alle imprese e ai lavoratori sono piuttosto generosi, ma in linea con quelli già oggi previsti (per i contratti di tipo «A»), mentre una specifica attenzione è stata dedicata alla effettività della percezione degli stessi benefìci per i lavoratori e per gli imprenditori, nel senso che è assicurata la rapida e sicura realizzazione dei crediti verso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS),

 

Pag. 6

consentendone la cessione a banche e a istituti finanziari a condizioni per questi assai favorevoli.

      4.5. - La seconda linea di difesa dell'occupazione è costituita dalla CIG, e va subito sottolineato che anche rispetto ad essa opera il criterio della prevenzione: vi si può, infatti, far ricorso quando non si sia potuto stipulare un contratto di solidarietà e, se non sussiste un giustificato motivo per la mancata stipula, la richiesta di CIG può essere respinta, con ogni relativa conseguenza a carico del datore.
      La disciplina dell'istituto è, anche questa volta, modificata in modo profondo: si può dire, in sintesi, che si ha un ampliamento della CIG ordinaria, che viene a ricomprendere ogni caso di crisi aziendale, con un ambito di applicazione uguale a quello dei contratti di solidarietà, e un restringimento, invece, della CIG straordinaria, limitata ora alla realizzazione di piani di ristrutturazione, e strettamente e severamente sorvegliata, sotto pena di revoca del beneficio in caso di ingiustificati ritardi negli stati di avanzamento.
      La CIG «ordinaria», che viene, ormai, designata come CIG tout court, è concessa per periodi trimestrali, fino ad un massimo di 24 mesi nel quinquennio, e con criteri che tengono conto dell'avvenuto «inglobamento» della causale di crisi aziendale (che oggi appartiene alla CIG straordinaria): per i primi due rinnovi trimestrali la CIG è concessa purché non debba escludersi la possibilità di ripresa produttiva; poi il criterio si inverte, e per rinnovi ulteriori occorrono plausibili prospettive di ripresa.
      Il trattamento di CIG è un po' meno favorevole rispetto a quello dei contratti di solidarietà, e anche la procedura di confronto sindacale è un po' semplificata rispetto all'attuale, ma bisogna tenere presente che siamo, appunto, già nella «seconda» linea difensiva, nel senso che spesso si ricorrerà alla CIG, dopo aver preso atto che la riduzione limitata di orario disposta con il contratto di CIG non era sufficiente e che occorreva procedere a vere e proprie sospensioni.
      Viene precisata la responsabilità del datore per ritardata domanda o per mancata concessione della CIG, nel senso che riguarda il pagamento dell'intera retribuzione dovuta ai lavoratori sospesi.
      Specifica attenzione è dedicata all'ipotesi delle procedure concorsuali: si esplicita l'autonomia di questa causa di intervento, la sua finalizzazione alla conservazione del complesso aziendale e, quindi, l'«automaticità» dell'intervento per i primi sei mesi, a prescindere dalla continuazione, o dalla possibilità di continuazione immediata, dell'attività. Solo dopo il primo semestre occorrono, per successive proroghe, plausibili prospettive di cessione del complesso aziendale e di ripresa produttiva; la relativa valutazione del curatore risulta comunque sindacabile con reclamo agli organi fallimentari.

      4.6. - Costituisce una terza linea difensiva dell'occupazione, almeno in un certo senso, anche la «mobilità extraziendale», che non si colloca più necessariamente a valle della perdita del posto di lavoro, potendo essere fruita anche da lavoratori in CIG o in contratto di solidarietà da più di sei mesi. Oltre a questi possono fruirne non soltanto i lavoratori licenziati collettivamente, ma anche quelli licenziati per giustificato motivo oggettivo, e - novità assoluta che ripara una vecchia ingiustizia - quelli che si siano dovuti dimettere per giusta causa, purché giudizialmente riconosciuta.
      Propellente della mobilità e del ricollocamento extraziendale è una forte incentivazione economica ai datori di lavoro che assumono dalle liste di mobilità, con una netta preferenza per le assunzioni a tempo indeterminato e relativa indiretta penalizzazione per quelle a tempo determinato; lo scopo è stato anche quello di sfoltire la brutta fungaia dei rapporti precari presuntivamente utili per un reinserimento lavorativo riportando semplicità, trasparenza ed efficacia.

      4.7. - Si comprende, infine, come l'istituto dei licenziamenti collettivi risulti, in questo sistema, residuale, e, dunque, possa ricevere una disciplina semplificata.

 

Pag. 7


      Il datore deve dimostrare e illustrare l'avvenuto utilizzo ed esaurimento degli strumenti conservativi o le ragioni di oggettiva impossibilità a farvi ricorso, e allora delle due l'una: se non vi riesce, il licenziamento collettivo è invalido ma, se quelle circostanze sono vere e fondate, non vi è più molto, ormai, da dire e da fare, una volta preso atto che le misure alternative o sono già state esperite o erano impossibili.
      Viene così ridisegnato il quadro complessivo delle possibili cause di invalidità dei licenziamenti collettivi: per violazione, appunto, del criterio di prevenzione e di privilegio degli strumenti conservativi, per falsità delle cause di riduzione addotte, per violazione dei criteri di scelta dei licenziandi.
      Va notato, a proposito della seconda tipologia, che misure di sostituzione e di «esternalizzazione» della produzione non sono considerate cause legittime e, a proposito della terza, che la comunicazione del recesso collettivo deve essere corredata dalla esplicitazione del «reticolo» risultante dall'applicazione dei criteri, che ha consentito di individuare i licenziandi. Un tale accorgimento è davvero essenziale per consentire un rapido ed efficace controllo giudiziale, ed evitare i soliti tentativi di giustificazione e di razionalizzazione ex post, nella stessa sede giudiziaria, di scelte sostanzialmente arbitrarie o discriminatorie.

      4.8. - D'altra parte tutte e tre le sequenze (contratti di solidarietà, CIG, licenziamenti collettivi) devono essere percorse in modo appropriato, non discriminatorio, secondo correttezza e buona fede, pena l'invalidità, propria o derivata, degli atti di riduzione d'orario, di sospensione dal lavoro o di licenziamento collettivo. Invalidità che ricorre comunque se, a monte di tutto, siano mancati il piano aziendale formativo e la formazione permanente.
      Insomma i licenziamenti divengono veramente la misura estrema sicché patiscono dei vizi derivati dalle fasi precedenti e, altresì, di quelli propri in caso di sostituzione dei lavoratori licenziati con altri, di concentrazione del lavoro sui lavoratori rimasti in forza, di affidamento a terzi delle lavorazioni svolte dai licenziati.

5. - Crisi aziendale e gruppo di impresa.

      Un altro elemento caratterizzante della proposta di legge, oltre all'opzione per il piano condiviso d'impresa, è dato dalla sua dimensione allargata, mediante il rilievo conferito al «gruppo di imprese», partecipate o integrate: tutto il gruppo deve essere coinvolto in ogni passaggio - contratto di solidarietà, CIG, licenziamenti collettivi - al fine di identificare, bilanci alla mano, le soluzioni alla crisi e agli esuberi che si manifestano in un punto del gruppo.
      Di qui alla «responsabilità sociale» del gruppo di impresa il passaggio è breve: prima delle garanzie previdenziali contano le garanzie del gruppo e quando i licenziamenti non sono più evitabili i soggetti licenziati vanno inseriti in altre aziende o, in mancanza, vanno riqualificati o, in ultimo, sostenuti con contributi all'esodo.

6. - Responsabilità sociale di gruppo e garanzie previdenziali generali.

      L'attivazione di un circuito solidaristico di gruppo aziendale garantisce un migliore reinserimento dei lavoratori e un uso più oculato delle risorse previdenziali, conservative (integrazioni salariali) ed espulsive (indennità di mobilità e di disoccupazione).
      La maggiore selettività delle risorse previdenziali, in quanto collocate a valle della responsabilità sociale del gruppo di impresa, a sua volta, consente la sospirata «generalizzazione delle tutele» (derivanti dai contratti di solidarietà, dalla CIG e dai trattamenti di disoccupazione) a favore dei lavoratori delle piccole imprese, senza più distinzioni di comparto produttivo, di collocazione geografica e di dimensione aziendale (salva una ragionevole limitazione dei contratti di solidarietà alle imprese

 

Pag. 8

con organico superiore alle cinque unità).
      In tal modo vengono superati le gestioni speciali e i regimi differenziati, figli di quell'arcipelago delle tutele che, a partire dalla primazia della grande industria manifatturiera esportatrice, sanciva un decalage delle tutele modellato dalla forza delle lobby e dalla diversa capacità contributiva dell'area incisa.
      Ora uno statuto generale di tutela non è più rinviabile ed è reso possibile dai processi di esternalizzazione produttiva, dai distretti e dai sistemi a rete, dalla integrazione sistemica tra diversi comparti produttivi, dalla interdipendenza dei mercati.

7. - Ricollocamento e garanzie del reddito.

      Il corretto adempimento della responsabilità sociale del gruppo di impresa aziona dunque la successiva fase della responsabilità pubblica, innanzitutto nell'azione di ricollocamento di tutti i disoccupati per motivi oggettivi (collettivi e individuali, ivi compresi i dimissionari per giusta causa accertata in giudizio), mediante l'iscrizione nelle liste di collocamento privilegiato - cui peraltro possono accedere, come si è detto (vedi punto 4.6), anche i lavoratori in attività, dopo sei mesi di persistenza del contratto di solidarietà o della CIG, e gli ultraquarantacinquenni - e poi con la corresponsione della indennità di mobilità che, essendo ora accordata ad una platea più ampia, recupera la meritoria funzione dei trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo.
      Benefìci ai quali si aggiungono quelli accordati ai datori di lavoro che assumono quei lavoratori e alle strutture pubbliche di collocamento che quei datori hanno saputo tempestivamente reperire.
      Su quest'ultimo versante si misura la scommessa della proposta di legge, in un delicato equilibrio tra regime nazionale dei diritti e gestione territoriale delle tutele, in quanto affidate al sistema delle autonomie locali/sociali e a una larga sperimentazione sul campo che sappia intrecciare i sistemi premiali per imprese e per lavoratori, misure di diritto previdenziale con agevolazioni commerciali e amministrative, oltre ai necessari controlli antifraudolenti; che in definitiva sappia generalizzare i casi di eccellenza finora registrati (Trento, Lecco, eccetera).
      D'altra parte la meritevolezza del bisogno previdenziale, derivante dal carattere oggettivo e imprevisto dell'evento disoccupazione, suggerisce una persistente «graduazione delle tutele» distinguendo tra indennità di mobilità e indennità di disoccupazione - propria dei licenziati per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, e dei disoccupati per scadenza del termine o per sosta nel part-time verticale - quanto a durata e a misura dei trattamenti, di contro alla opinabile visione unificante, di tipo mercato-lavorista, assunta dal Governo.
      Analogamente graduata è la tutela nell'arco di vita, sicché la durata dei trattamenti di disoccupazione è inferiore per chi abbia avuto un maggior godimento delle integrazioni salariali.

8. - Previdenza di base e previdenza integrativa.

      La graduazione delle tutele e l'estensione dei beneficiari ha indotto a distinguere la previdenza di base (pari al 60 per cento della retribuzione perduta) dalla previdenza integrativa (pari al 20 per cento): quest'ultima vale per l'integrazione dei trattamenti di solidarietà, di CIG e di indennità di mobilità ma non per quelli di disoccupazione; essa scatta automaticamente per le aree già ricomprese nella sfera della CIG e opera in via differita per le aree nuove, onde evitare un ingresso traumatico delle medesime nel nuovo sistema generalizzato. A regime anche la previdenza complementare partecipa dunque del carattere obbligatorio proprio della previdenza di base.
      Al fine di ottimizzare l'uso delle risorse economiche è previsto che l'utilizzo delle medesime sia affidato all'INPS e non agli enti bilaterali.

 

Pag. 9

9. - Il sostegno dei redditi correnti.

      La proposta di legge infine sviluppa le idee de L'Ulivo sul «sostegno ai redditi correnti»: per i lavoratori con retribuzioni basse, per gli emarginati con il reddito minimo di inserimento, per i giovani con il prestito d'onore.

      9.1. - Per i primi, in particolare, è prevista una integrazione del reddito fino a 9.300 euro per chi abbia un reddito superiore a 6.200 euro; l'integrazione è più bassa per chi abbia redditi tra 3.100 euro e 6.200 euro; non è prevista integrazione per chi abbia redditi inferiori: per questi ultimi varrà il regime generale sul reddito minimo di inserimento, con la prova dei mezzi ivi prevista.
      In tal modo si è cercato di: evitare i comportamenti opportunisti da parte dei beneficiari; forme di sostegno che inducano i datori di lavoro ad ulteriori precarizzazioni (come avvenuto nella Gran Bretagna del Primo Ministro Thatcher); un dispendio eccessivo di risorse pubbliche (che nella proposta di legge sono poste a carico della Gestione per gli interventi assistenziali dell'INPS).
      L'intervento si colloca, inoltre, a sostegno dei soli redditi conformi alle tariffe dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, al fine di non incentivare la desindacalizzazione dei datori di lavoro o l'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro «pirata». Per le porzioni inferiori la proposta di legge conferisce al giudice poteri di rideterminazione della retribuzione proporzionata, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, in modo più preciso e meno discrezionale (evitando sconti retributivi per le imprese meridionali e per le piccole imprese).

      9.2. - Per i soggetti emarginati è previsto il reddito minimo di inserimento. La somiglianza della proposta di legge con l'analoga proposta di legge già presentata da L'Ulivo deriva da una comune valutazione, complessivamente positiva, della sperimentazione condotta in più di 300 comuni e interrotta dal Governo in carica.
      Non è stata infatti cosa di poco conto superare la tradizione categoriale del nostro sistema assistenziale in favore di un approccio a un tempo universalistico e attento alle esigenze individuali, intrecciando sostegno economico e servizi alla persona, nella direzione di un inserimento sociale personalizzato, dentro un progetto contrattato dal beneficiario con le istituzioni locali. In questo progetto le controprestazioni al sostegno - disponibilità al lavoro, formazione, lavoro socialmente utile - si configurano come articolazioni del progetto di emancipazione anziché come oneri necessari e sinallagmatici.
      Esistono indubbiamente rischi di opportunismo da parte dei beneficiari, per un verso, e di dirigismo o di clientelismo, dall'altro (Commissione di indagine sulla esclusione sociale, 2002): restano dunque problematici i nodi sulla bassa percentuale delle persone coinvolte, sulla effettività dei controlli in ordine alla condizione reale di bisogno, sulla bontà tecnica del «contratto di inserimento», sulla possibilità concreta per il beneficiario di far valere le proprie ragioni, sul corretto adempimento delle «controprestazioni», specie nelle aree geografiche a più forte economia informale e nelle aree civiche a più elevata tradizione clientelare.
      L'ampliamento della platea dei beneficiari, la stabilizzazione dei controlli e la standardizzazione dei criteri non appartengono tuttavia alla legge bensì al momento regolamentare, alle intese concertative territoriali tra autonomie, imprese e forze sindacali e sociali, ai concerti amministrativi con gli enti di controllo.
      Alla legge spetta invece il compito di sostenere le responsabilità degli attori e di incoraggiarne l'iniziativa, tracciando nel contempo criteri minimi omogenei per tutto il territorio nazionale come base per una comune cittadinanza. Alla legge spetta altresì il compito di favorire le occasioni di coinvolgimento delle province e delle regioni nelle iniziative di spettanza dei comuni. Alla legge spetta il compito di chiudere la fase della «incertezza, delle sperimentazioni

 

Pag. 10

interrotte, riprese, allargate casualmente, di finanziamenti erogati a singhiozzo e ridefiniti in modo non chiaro» (Saraceno).
      Il resto spetta al nuovo federalismo. Al federalismo spetta innanzitutto inserire il reddito minimo di inserimento nel contesto generale delle politiche di sviluppo economico e sociale territoriale, similmente a quanto detto per i sostegni al reddito nelle imprese in crisi.
      Anche qui, infatti, si misura il dialogo, auspicabilmente fecondo, tra fonte nazionale e fonti locali di disciplina e di gestione; tra universalismo e localismo; tra norme e comportamenti; tra sanzioni e incentivi: è questa la scommessa del nuovo Workfare, che rechi una effettiva condivisione di obiettivi, di responsabilità, di impegno finanziario e di comportamenti, nella direzione di una effettiva coesione e mobilità sociale nei, e tra i, diversi mercati del lavoro.
      Al fondo resta anche qui il problema della competenza professionale degli operatori e dunque l'attivazione di percorsi di formazione permanente, oltreché di conferenze di produzione tra le diverse realtà territoriali e istituzionali deputate all'intervento.

10. - La dotazione finanziaria.

      La dotazione finanziaria per l'attuazione della legge è seria ma non esorbitante.
      Tale dotazione è comunque necessaria per una armonica composizione dei percorsi lavoristici con quelli della cittadinanza sociale: azienda e mercato del lavoro sono le lame di un'unica forbice, come le politiche dell'offerta e della domanda, di contro a una visione mercato-lavorista, programmaticamente perseguita dalla legge n. 30 del 2003, recante «Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro».
      Insomma crediamo di aver presentato una proposta di legge culturalmente e politicamente composita, adatta a un mercato turbolento e in transizione, per un ritorno a quella economia sociale di mercato incisa nella nostra Costituzione e sciaguratamente abbandonata dal Governo in carica.

*    *    *

Illustrazione dell'articolato.

      Nel merito dei singoli istituti si specifica quanto segue.

Contratti di solidarietà
(articoli 4-10)

      Si propone di ammettere ai benefìci connessi all'istituto le imprese con più di cinque dipendenti (è l'unico istituto per cui si prevede una soglia di accesso legata alla dimensione di impresa).
      Limite massimo della riduzione: le ore lavorative eccedenti le 20 ore settimanali. Durata: fino a 24 mesi prorogabili di altri 24 (36 nel sud).
      Benefìci e prestazioni: 75 per cento della retribuzione perduta, accreditamento dei contributi figurativi in misura corrispondente all'intera retribuzione perduta.
      Incentivi all'impresa: riduzione contributiva del 35 per cento per ogni lavoratore coinvolto, a condizione che non intervenga procedura di licenziamento nei 12 mesi successivi.

Cassa integrazione guadagni
(articoli 11-18)

      La proposta di legge, a regime, prevede l'accesso per tutti i lavoratori alle dipendenze (anche con contratto di collaborazione) a una integrazione del reddito pari all'80 per cento della retribuzione perduta (nei limiti di massimali in seguito specificati).
      Per tutte le situazioni escluse dai benefìci dell'attuale sistema si sancisce il diritto alla integrazione del reddito secondo le seguenti modalità.
      Cause di intervento: crisi aziendali dovute a situazioni temporanee di mercato,

 

Pag. 11

eventi transitori non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori, provvedimenti emanati dall'autorità giudiziaria, provvedimenti amministrativi dovuti a esigenze di risanamento o di ristrutturazione a fini ambientali, esigenze connesse ai piani di ristrutturazione, di riorganizzazione o di riconversione (previo esperimento del contratto di solidarietà).
      Soggetti beneficiari: tutti i lavoratori alle dipendenze (collaborazioni comprese) eccezione fatta per i dirigenti, senza esclusioni dovute alle dimensioni dell'impresa.
      L'integrazione salariale può protrarsi per un massimo di 24 mesi nel quinquennio (salvo eventi oggettivamente non evitabili). In caso di riorganizzazione o di riconversione: il limite massimo è fissato in 36 mesi, più eventuale proroga semestrale per ritardi giustificati da verificare tramite esame trimestrale congiunto sullo stato di avanzamento del piano.
      L'integrazione salariale è pari al 60 per cento della retribuzione perduta, entro un limite massimo di 1.000 euro mensili, indicizzati annualmente secondo l'indice ISTAT dei salari contrattuali.
      Accreditamento della contribuzione figurativa piena.
      Alla medesima platea di lavoratori spetta una integrazione supplementare pari al 20 per cento della retribuzione perduta, entro un limite massimo di 200 euro, indicizzati annualmente secondo l'indice ISTAT dei salari contrattuali.
      Per il finanziamento di tale prestazione (integrativa) è istituita una contabilità separata nell'ambito della Gestione prestazioni temporanee dell'INPS, alimentata, come più avanti specificato, con l'obbligo di assicurare il pareggio di gestione.
      Tale prestazione, integrativa della prestazione «di base» citata, dovrà decorrere entro un arco temporale massimo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge; durante tale periodo fra le parti sociali comparativamente più rappresentative possono essere convenute diverse misure e durate dei trattamenti, nonché ripartizioni diverse dell'onere contributivo (per settore, per tipologia di impresa, per classe dimensionale, eccetera) anche ponendo a carico del lavoratore quota parte dell'onere medesimo.
      Si propone una «norma di chiusura» che dia comunque certezza della effettività della prestazione al termine dell'arco temporale indicato.
      Per le situazioni rientranti nell'ambito di applicazione dell'attuale regime di CIG si tratterà di procedere ai necessari marginali adeguamenti (revisione dei massimali e dei meccanismi nonché delle quote di contribuzione) al fine di armonizzare il sistema senza recare pregiudizio ai trattamenti oggi vigenti per chi ne usufruisce.

Licenziamenti collettivi e mobilità extra aziendale (articoli 19-25)

      Si prevede, innanzitutto, di ridefinire procedure certe, forme, tempi e modalità di comunicazioni inerenti i licenziamenti collettivi nonché il valore di eventuali accordi sindacali, criteri di scelta e di recesso, causa di invalidità delle procedure.
      Possono iscriversi alle liste di mobilità e di ricollocamento facilitato i lavoratori destinatari da più di 6 mesi di contratti di solidarietà o di integrazione salariale, i lavoratori licenziati per licenziamento collettivo ovvero per giustificato motivo oggettivo, i lavoratori dimissionari per giusta causa.
      Indennità di mobilità: è previsto un importo pari al trattamento di integrazione salariale di base (60 per cento e relativi massimali), per un periodo di 18 mesi esteso a 36 mesi per gli ultracinquantenni; nelle aree «svantaggiate» la durata è elevata da 18 a 30 mesi e da 36 a 48 mesi.
      Sono fatte salve condizioni di miglior favore in essere.
      Per i datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato lavoratori in lista di mobilità, sono previsti uno sgravio contributivo del 100 per cento per 18 mesi e contributi pari al 50 per cento del valore dell'indennità per 12 mesi (24 mesi per gli ultracinquantenni).

 

Pag. 12


Trattamento di disoccupazione
(articoli 26-28)

      L'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione riguarda tutti i lavoratori dipendenti.
      Requisiti e condizioni di accesso: lo stato di «disoccupazione» a norma di legge (decreto legislativo n. 181 del 2000); 2 anni di assicurazione e 52 contributi settimanali nel biennio.
      Durata dell'indennità: 12 mesi.
      Misura del trattamento: 60 per cento della retribuzione con massimale pari a 1.000 euro.
      Per il periodo di godimento è previsto l'accreditamento dei contributi figurativi commisurati alle retribuzioni di riferimento.
      La modulazione della norma dovrà evitare il rischio di disincentivare la partecipazione attiva al lavoro; la fruizione delle prestazioni si accompagnerà alla partecipazione ad attività formative o di riqualificazione professionale.
      Si porrà, successivamente, l'esigenza di armonizzare il nuovo sistema con «gestioni speciali» come quelle riservate ai settori dell'agricoltura e dell'edilizia.

Norme comuni sul finanziamento
(articoli 29-32)

      Sulla base dell'accordo interconfederale del 1998 (cosiddetto «Patto di Natale») è interamente fiscalizzato il contributo cassa unica assegni familiari (CUAF), e comunque è assicurato un esonero contributivo pari all'1,68 per cento a tutte le imprese, anche a quelle su cui oggi grava un contributo CUAF di valore inferiore.
      Contestualmente è introdotto un nuovo contributo a titolo di finanziamento della CIG di entità pari all'1,68 per cento per tutte le tipologie di impresa che non hanno accesso all'attuale sistema della CIG.
      Per le imprese che contribuiscono al finanziamento dell'attuale CIG con contributi di importo maggiore il beneficio che deriva dalla fiscalizzazione del contributo CUAF può essere reso effettivo con gradualità, anche sulla base di un confronto fra le parti sociali.
      Sono inoltre previste la conferma e l'estensione delle penalizzazioni oggi vigenti che gravano sull'impresa come condizione per l'attivazione degli istituti.
      Naturalmente il meccanismo qui sommariamente descritto (sommato all'1,61 per cento che già oggi grava su tutte le imprese a titolo di assicurazione contro la disoccupazione) è finalizzato al finanziamento dell'intero sistema, eccezione fatta per il 20 per cento «integrativo», dato il carattere eminentemente mutualistico dello stesso e fermo restando quanto detto precedentemente in proposito.

Sostegno al reddito da lavoro
(articolo 35)

      Si prevede l'istituzione di un «sostegno del reddito insufficiente» per tutte le persone che svolgano prestazioni di lavoro con diritto a retribuzioni, a compensi o a emolumenti ovvero a indennità sostitutive dei medesimi per più di 3.100 euro lordi annui, con diverse modulazioni fino a 6.200 euro e tra 6.200 euro e 9.300 euro.

Istituzione del reddito minimo di inserimento (RMI) (articoli 37-48)

      Si propone di estendere a tutto il territorio nazionale il RMI finora oggetto di sperimentazione in un numero limitato di comuni.
      L'istituto prevede azioni di sostegno economico e sociale alle persone svantaggiate esposte al rischio di marginalità sociale. L'Italia, assieme alla Grecia, è l'unico Paese dell'Unione europea a non disporre ancora di un reddito di ultima istanza.
      Ai fini dell'accesso al RMI i soggetti destinatari devono possedere un reddito

 

Pag. 13

non superiore a 6.200 euro determinato sulla base della scala di equivalenza dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
      Ai soggetti in età lavorativa è richiesta la disponibilità al lavoro e alla frequenza di corsi professionali. I programmi di integrazione sociale sono coordinati nell'ambito dei piani regionali e di zona previsti dalla legge n. 328 del 2000 con le altre prestazioni sociali, sanitarie, formative e dei servizi per l'impiego. Gli obiettivi sono il recupero e lo sviluppo di capacità personali, la ricostruzione di reti familiari e sociali, l'inserimento lavorativo.

Sostegno finanziario per i giovani
(articoli 49-51)

      La proposta di legge prevede l'assegnazione a tutti i cittadini italiani che hanno compiuto il diciottesimo anno di età di una dotazione finanziaria pari a quindici mila euro, attribuita a titolo di credito senza interessi da rimborsare entro quindici anni.
      Il finanziamento è concesso per svolgere attività di formazione, tirocini professionali, attività imprenditoriale o professionale. È prevista una fase di sperimentazione di due anni prolungabile fino a quattro anni.

Promozione della formazione professionale e forme contrattuali a finalità formativa

Princìpi generali

      Soppressione del contratto di formazione e lavoro e sua ricollocazione all'interno del contratto di apprendistato, da valorizzare.
      Introduzione del contratto di inserimento lavorativo destinato al reingresso nel mondo del lavoro.
      Generalizzazione del diritto alla formazione: individuale, settoriale, aziendale.

Contratto di apprendistato
(articoli 53-64)

      È un contratto di lavoro subordinato a finalità formativa: non è un contratto a termine in quanto, se non disdettato alla fine del periodo, si intende trasformato nel rapporto subordinato della qualifica conseguita.
      Si rivolge alla fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni (27 anni per le aree e i soggetti svantaggiati); per i laureati è possibile fino a 30 anni.
      Lo si può svolgere a tempo pieno o a part-time, purché di almeno 28 ore settimanali o di media annuale.
      La durata è da definire contrattualmente, all'interno del minimo di 18 e del massimo di 48 mesi; per l'artigianato è fatta salva la normativa vigente.
      Può essere previsto un periodo di prova, definito contrattualmente, in ogni caso non superiore a 180 giorni.
      Non è possibile impiegare gli apprendisti in lavori pericolosi, a cottimo o a incentivo. La retribuzione è definita contrattualmente in percentuali progressivamente avvicinantesi alla retribuzione del lavoratore qualificato di pari livello.
      All'apprendista si applicano le disposizioni previste riguardo la conservazione del posto in caso di malattia, di infortunio, di congedi e di maternità, cioè il rapporto si intende prolungato della pari durata di tali assenze.
      Nel rapporto e nello svolgimento dell'orario è compresa la formazione esterna al luogo di lavoro, di almeno 120 ore annue, sulla base di moduli concordati tra regioni e parti sociali.
      Il datore di lavoro può avvalersi dei progetti formativi elaborati dall'ente bilaterale o dalla struttura pubblica a livello territoriale/settoriale, ovvero presentarne uno specifico, che sarà vagliato dalla struttura pubblica competente.
      La formazione interna, anch'essa compresa nell'orario di lavoro, è affidata al tutore, che può anche essere il titolare dell'impresa.

 

Pag. 14


      La formazione e il raggiungimento degli obiettivi formativi sono certificati dalla struttura pubblica competente; in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi sono possibili moduli integrativi.
      La durata della formazione può essere ridotta dai contratti collettivi nazionali di lavoro in presenza di titoli di studio superiori in possesso dell'apprendista e coerenti con la qualifica da conseguire.
      In caso di nuovi rapporti di lavoro in capo allo stesso apprendista le ore di formazione svolte in precedenza sono computabili.
      La percentuale di apprendisti rispetto ai lavoratori qualificati è definita contrattualmente e non può superare il rapporto di 1/1 rispetto alla stessa qualifica.
      Nuovi rapporti di apprendistato saranno attivabili dall'impresa a condizione che sia stata confermata almeno la metà di quelli già accesi; in caso contrario non si potranno attivare contratti di apprendistato nel biennio successivo.
      Ai fini del computo di tutte le soglie previste dalla legislazione e dai contratti vigenti, gli apprendisti si contano in misura intera; ciò vale, per gli apprendisti disabili, anche per le soglie relative all'applicazione della legge n. 68 del 1999.
      Il costo contributivo per il datore di lavoro del contratto di apprendistato è di 10 euro settimanali, l'apprendista paga un contributo pari all'1 per cento della retribuzione. Tali benefici sono prolungati per due anni dopo la trasformazione in lavoro qualificato e, in caso di anticipata trasformazione, continuano a produrre effetti per l'intero periodo inizialmente previsto. Il diritto agli sgravi è subordinato all'effettiva partecipazione dell'apprendista alla formazione esterna.
      Gli artigiani che sono a norma con le disposizioni del decreto legislativo n. 626 del 1994 hanno diritto ad un costo previdenziale ridotto a 6 euro settimanali.

Contratto di inserimento lavorativo
(articoli 65-67)

      Si rivolge ai disoccupati di lunga durata con più di 25 anni di età (29 anni se laureati), e ai disoccupati ultra quarantacinquenni, nonché ai disoccupati o agli inoccupati che rientrino nel mercato del lavoro dopo un periodo dedicato all'attività di cura.
      Ha durata massima di 12 mesi e normativamente è identico al contratto di apprendistato.
      Se non sarà stato confermato almeno il 60 per cento degli assunti non si potranno attivare nuovi contratti di inserimento.
      La formazione è parte integrante e costitutiva del contratto.

Formazione permanente
(articoli 68-75)

      È istituito un diritto alla formazione in favore di tutti i lavoratori, a prescindere dalla tipologia di rapporto; tale diritto si può estrinsecare sia attraverso la frequenza a corsi per il conseguimento di titoli di studio o di attestati professionali, sia attraverso la partecipazione a corsi per l'aggiornamento o per la formazione permanente.
      Per ciascuna di queste finalità sono previste fino a 150 ore retribuite l'anno, cumulabili nel limite di 150 ore; a tali ore di permesso si sommano quelle per la partecipazione agli esami (articolo 10 della legge n. 300 del 1970), cui può anche sommarsi fino ad una settimana di permessi non retribuiti.
      La condizione per la fruizione delle 150 ore per il conseguimento dei titoli di studio è che il corso duri almeno il doppio; per l'aggiornamento si attinge a un monte ore aziendale pari a 8 ore per 3 per il numero dei dipendenti.
      Annualmente tra rappresentanze sindacali aziendale e unitaria e impresa si definisce un accordo su un piano formativo aziendale, anche in conformità a quanto in proposito normato nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato; tale piano è predisposto sulla base dell'analisi dei fabbisogni formativi, nonché su una ripartizione del costo che può

 

Pag. 15

vedere il concorso dei dipendenti fino al limite del 33 per cento, oltreché sull'utilizzo di risorse regionali, nazionali e comunitarie.
      Non potrà assentarsi contemporaneamente dall'impresa per esercitare il diritto allo studio più del 3 per cento dei dipendenti, e in caso di contrasti sull'esercizio al diritto allo studio le questioni saranno affrontate ricorrendo a criteri di utilizzo concordati.
      In caso di ricorso a procedure di licenziamento, è condizione di procedibilità dimostrare, da parte del datore di lavoro, di avere assicurato ai lavoratori idonee misure di aggiornamento professionale.
 

Pag. 16


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Titolo I
DISPOSIZIONI SULLA SALVAGUARDIA
DELL'OCCUPAZIONE

Capo I
PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.
(Strumenti di salvaguardia dell'occupazione).

      1. Nelle ipotesi di ricorso agli strumenti di cui al presente titolo l'interesse dei lavoratori all'occupazione è salvaguardato in via preferenziale e preventiva rispetto alle procedure di licenziamento collettivo e di messa in mobilità mediante il ricorso ai contratti di solidarietà e a specifici interventi formativi, ovvero mediante il ricorso alla trasformazione concordata dei rapporti di lavoro in rapporti a tempo parziale, alla sospensione o alla riduzione di orario con intervento della cassa integrazione guadagni, o ad altre misure, anche di utilizzazione diversa del personale o di una sua parte nell'ambito della stessa impresa o di imprese collegate, nonché di gestione flessibile del tempo di lavoro eventualmente previste da contratti collettivi anche aziendali.
      2. Gli interventi di cui al comma 1 trovano applicazione anche nelle ipotesi di esuberanza del personale determinate dall'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché dall'applicazione delle vigenti disposizioni relative a misure patrimoniali e interdittive in tema di delitti contro la pubblica amministrazione.

 

Pag. 17


      3. I lavoratori collocati a tempo parziale o diversamente utilizzati hanno diritto al ripristino delle originarie condizioni di lavoro quando è cessata la causa che ha dato origine alla trasformazione del loro rapporto di lavoro.

Art. 2.
(Ambito di applicazione e requisiti soggettivi).

      1. Le disposizioni di cui al presente titolo riguardanti gli obblighi a trattare e a negoziare, le soglie dimensionali, i benefìci e gli oneri previsti, afferiscono in via solidale a tutte le imprese partecipate o collegate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, e alle imprese soggette a influsso gestionale prevalente, ai sensi dell'articolo 12 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
      2. Le disposizioni di cui alla presente legge riguardano tutti i datori di lavoro e tutti i lavoratori, salvo le eccezioni espressamente indicate.
      3. Sono confermati i requisiti soggettivi per il godimento dei benefìci di cui alla presente legge, vigenti alla data di entrata in vigore della medesima. Per i lavoratori a rapporto non continuativo il requisito di anzianità si intende calcolato sulla somma delle giornate compensate o retribuite nell'anno, ovvero per le quali è dovuta contribuzione.

Art. 3.
(Legittimazione delle richieste
di intervento).

      1. Nel caso di inerzia del datore di lavoro nel ricorso a taluno degli istituti di salvaguardia occupazionale e di gestione dell'esuberanza, la legittimazione a richiedere agli enti e alle amministrazioni competenti l'adozione dell'idonea misura di salvaguardia e dei relativi benefìci è altresì riconosciuta, in via sostitutiva, e previa

 

Pag. 18

diffida all'esercizio del potere in un congruo termine, ai lavoratori interessati e alle associazioni sindacali cui gli stessi conferiscono mandato.
      2. Resta ferma la responsabilità del datore di lavoro per i danni derivanti ai lavoratori in caso di omessa o di tardiva domanda.

Capo II
CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ

Art. 4.
(Ambito di applicazione).

      1. Sono ammessi alla stipulazione dei contratti di solidarietà, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, e successive modificazioni, i soggetti di cui all'articolo 2 della presente legge, nonché gli esercizi professionali che nel semestre precedente la domanda hanno complessivamente occupato più di cinque lavoratori.
      2. Il contratto di solidarietà può riguardare anche distinte sedi, stabilimenti, filiali, uffici o reparti autonomi dell'impresa e del gruppo di imprese di cui essa fa parte, ai sensi dell'articolo 2.
      3. Resta fermo il disposto di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863.

Art. 5.
(Durata).

      1. Il contratto di solidarietà può essere stipulato per un periodo non superiore a 24 mesi con possibilità di proroga per ulteriori 24 mesi, ovvero di 36 mesi nelle aree indicate dal testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e successive modificazioni.

 

Pag. 19


      2. Un nuovo contratto di solidarietà può essere stipulato decorsi dodici mesi dal termine di quello precedente.

Art. 6.
(Effetti sul rapporto di lavoro).

      1. Il contratto di solidarietà consente una riduzione dell'orario contrattuale fino al limite di venti ore settimanali, con distribuzione omogenea della riduzione tra i lavoratori, salva la ricorrenza di specifiche esigenze organizzative e produttive espressamente previste nella intesa contrattuale, o successivamente riconosciute dalle parti a sua modifica e integrazione, salvaguardando i princìpi di non discriminazione.
      2. L'effettuazione di orario lavorativo aggiuntivo, rispetto all'orario ridotto pattuito nei contratti di solidarietà, è consentita solo per la sopravvenienza di esigenze produttive, nei casi e nelle forme previsti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative.

Art. 7.
(Benefìci e prestazioni).

      1. Ai lavoratori interessati dal contratto di solidarietà compete una integrazione salariale pari al 75 per cento della retribuzione perduta a seguito della riduzione di orario.
      2. Le indennità di malattia, infortunio, malattia professionale, maternità, paternità e congedo parentale, dovute per i relativi eventi insorti durante la vigenza del contratto di solidarietà, sono commisurate al trattamento retributivo comprensivo della suddetta integrazione.
      3. Ai fini del diritto e della misura di qualsiasi prestazione pensionistica, al lavoratore sono accreditati d'ufficio contributi figurativi in misura corrispondente all'intera retribuzione perduta a seguito della riduzione di orario.

 

Pag. 20

Art. 8.
(Incentivi all'impresa).

      1. Alle imprese e agli esercizi professionali che hanno stipulato contratti di solidarietà è concessa per la durata dello stesso contratto di solidarietà, e sotto condizione risolutiva che non sia iniziata una procedura di riduzione del personale entro dodici mesi dall'esaurimento del contratto, una riduzione contributiva del 35 per cento per ogni lavoratore interessato alla integrazione salariale.

Art. 9.
(Condizioni e procedura per la stipula
dei contratti di solidarietà).

      1. Il contratto di solidarietà è stipulato dalle rappresentanze sindacali unitarie o, in mancanza, da tutte le rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi, con l'assistenza delle organizzazioni sindacali provinciali che hanno costituito loro rappresentanze associative nell'unità produttiva.
      2. Il contratto di solidarietà diviene efficace a seguito di autorizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, cui il contratto di solidarietà e la domanda di fruizione dei relativi benefìci sono trasmessi, a cura del datore di lavoro, nei venti giorni successivi alla stipulazione.
      3. L'autorizzazione si intende concessa ad ogni effetto decorsi venti giorni dalla notifica avvenuta comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un interpello, da effettuare non prima di trenta giorni dall'invio della domanda.
      4. Nei venti giorni successivi alla autorizzazione, il datore di lavoro deve presentare la domanda di ammissione al trattamento di cui al presente articolo alla sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) competente per territorio, la quale provvede nei successivi dieci giorni, ponendo l'onere a carico della

 

Pag. 21

Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti dello stesso INPS.
      5. Nelle more della ammissione il datore di lavoro è tenuto ad anticipare il relativo trattamento.

Art. 10.
(Modalità di pagamento).

      1. L'impresa o l'esercizio professionale ha diritto di compensare con l'ordinario debito contributivo mensile il suo credito per l'integrazione salariale corrisposta ai lavoratori ai sensi dell'articolo 7 e per l'incentivazione di cui all'articolo 8.
      2. Ove sussistano comprovate difficoltà di ordine finanziario, l'impresa o l'esercizio professionale può richiedere che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali autorizzi il pagamento diretto da parte dell'INPS, previo accertamento da parte della direzione provinciale del lavoro territorialmente competente.
      3. I crediti dei lavoratori e del datore di lavoro nei confronti dell'INPS, sorti a seguito del contratto di solidarietà ovvero della autorizzazione di cui al comma 2 possono essere ceduti a istituti di credito e a società finanziarie, che sono altresì ammessi, in caso di mancata soluzione entro il periodo di imposta, a dedurli dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche per il loro intero ammontare.

Capo III
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI

Art. 11.
(Cause di intervento).

      1. In presenza di eccedenze di personale dovute a crisi aziendali può essere richiesto l'intervento della cassa integrazione guadagni nelle imprese escluse dai contratti di solidarietà ovvero quando non si sia potuto pervenire alla stipula di un contratto di solidarietà, o la riduzione di

 

Pag. 22

orario prevista superi le venti ore settimanali.
      2. L'intervento della cassa integrazione guadagni può essere comunque richiesto quando la riduzione o la sospensione del lavoro derivano da situazioni temporanee di mercato, da eventi transitori non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori, tra cui le fattispecie di cui agli articoli 188 della legge 6 agosto 1985, n. 427, e all'articolo 10 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, da provvedimenti emanati, a qualunque titolo, dall'autorità giudiziaria, ivi compresi quelli di sequestro e di confisca dell'azienda, o da provvedimenti amministrativi dovuti a esigenze ambientali.
      3. Le imprese possono altresì richiedere l'intervento della cassa integrazione guadagni per la realizzazione di piani di ristrutturazione, di riorganizzazione o di riconversione, previo esperimento del contratto di solidarietà ai sensi del comma 1.

Art. 12.
(Soggetti destinatari).

      1. L'intervento della cassa integrazione guadagni può essere richiesto dai datori di lavoro imprenditori, senza limiti dimensionali.
      2. Possono essere beneficiari degli interventi di cassa integrazione guadagni tutti i lavoratori dipendenti, ad eccezione dei dirigenti.
      3. Ai fini dell'accesso alla cassa integrazione guadagni valgono i requisiti soggettivi stabiliti dalla legislazione vigente in materia, che sono, altresì, estesi a tutte le tipologie di lavoro.

Art. 13.
(Ammissibilità e durata dell'intervento).

      1. Gli interventi di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, sono autorizzati a condizione che, tenuto conto delle circostanze e delle caratteristiche della crisi occupazionale

 

Pag. 23

dell'impresa, non sia esclusa la possibilità di ripresa dell'attività produttiva.
      2. L'integrazione salariale ha durata trimestrale, salvo nei casi di cui agli articoli 1 e 8 della legge 6 agosto 1975, n. 427, per i quali è possibile l'intervento per singole giornate, e può essere prorogata per successivi periodi con il limite massimo di 24 mesi nel quinquennio. Tali limiti non si applicano nei casi di eventi oggettivamente non evitabili, determinati da impossibilità sopravvenuta.
      3. Dopo il secondo rinnovo dell'integrazione salariale, l'autorizzazione di ulteriori periodi è condizionata alla sussistenza di plausibili prospettive di ripresa e di normalizzazione dell'attività produttiva attestata da accordi sindacali.
      4. La durata dell'integrazione salariale di cui all'articolo 11, comma 3, non può superare i 36 mesi o il minor periodo temporale previsto dal piano di ristrutturazione, di riconversione o di riorganizzazione, fatta salva la possibilità della concessione di non più di una proroga semestrale per ritardi giustificati.
      5. Notevoli inadempimenti al completamento dei singoli stati di avanzamento comportano la revoca dell'integrazione salariale.

Art. 14.
(Procedure concorsuali).

      1. Nelle ipotesi di fallimento dell'impresa, di sua ammissione al concordato preventivo con cessione dei beni, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria, ovvero di sequestro e di confisca ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o l'attività sia cessata, l'integrazione salariale è autorizzata, allo scopo di conservazione del complesso aziendale, per un periodo annuale.
      2. Sono consentite proroghe fino a una durata complessiva di 24 mesi, a condizione che sussistano, dopo la prima proroga, plausibili prospettive di cessione

 

Pag. 24

dell'attività aziendale o di ripresa produttiva.
      3. Il curatore fallimentare, il liquidatore o il commissario preposto alle procedure concorsuali hanno l'obbligo di provvedere alle richieste di autorizzazione e di rinnovo.
      4. L'eventuale decisione di non richiedere ulteriori proroghe per mancanza di prospettive di ripresa produttiva, o l'inerzia del soggetto obbligato, è soggetta a reclamo, ad istanza dei lavoratori interessati o delle associazioni sindacali cui gli stessi conferiscano mandato, avanti agli organi giudiziari delegati.

Art. 15.
(Prestazioni).

      1. L'integrazione salariale è pari al 60 per cento dell'ammontare della retribuzione perduta a causa della riduzione d'orario, entro un limite massimo mensile pari a 1.000 euro, da indicizzare annualmente in base agli indici ISTAT dei salari contrattuali.
      2. L'integrazione salariale è corrisposta per tredici mensilità.
      3. Ai fini pensionistici si applica il disposto dell'articolo 7, comma 3.

Art. 16.
(Procedure e accordi sindacali).

      1. Ogni richiesta di intervento della cassa integrazione guadagni deve essere corredata da una relazione illustrativa riguardante il previo esperimento di un esame congiunto tra i soggetti di cui all'articolo 2 e le rappresentanze sindacali unitarie, o in difetto le rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi, con l'assistenza delle organizzazioni provinciali di categoria.
      2. Si prescinde dall'esame congiunto nei casi di eventi oggettivamente non evitabili per impossibilità sopravvenuta per

 

Pag. 25

riduzioni o per sospensioni inferiori a dieci ore.
      3. Devono in ogni caso formare oggetto della comunicazione, dell'esame congiunto e della relazione illustrativa, i criteri di scelta dei lavoratori soggetti a sospensione o a riduzione di orario e le modalità della rotazione nelle sospensioni o nelle riduzioni.
      4. Eventuali accordi sindacali in materia non sono opponibili ai singoli lavoratori interessati che lamentino il carattere discriminatorio o irragionevole della scelta o la sua contrarietà ai princìpi di correttezza e di buona fede.
      5. La sospensione o la riduzione di orario è comunque illegittima quando il datore di lavoro non ha adottato il criterio della rotazione.
      6. Nel caso sia ammissibile, per la dimensione della riduzione di orario, la stipula di un contratto di solidarietà, le ragioni del mancato accordo devono essere specificamente illustrate e comprovate, e la commissione provinciale dell'INPS, ai sensi dell'articolo 17, ovvero il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell'articolo 18, ove le valuti insufficienti o inattendibili, può respingere la richiesta di intervento della cassa integrazione guadagni. La parte sindacale ha comunque diritto di far pervenire all'organo preposto alla concessione dell'autorizzazione osservazioni scritte.
      7. Lo stato di avanzamento del piano di ristrutturazione, di riorganizzazione o di riconversione è oggetto di esame congiunto, con cadenza trimestrale, con la rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, con le rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi, con l'assistenza delle organizzazioni sindacali provinciali di categoria.

Art. 17.
(Domanda di integrazione salariale
per eventi transitori).

      1. Il trattamento di cassa integrazione guadagni per le cause di cui all'articolo 11,

 

Pag. 26

commi 1 e 2, è concesso, su domanda del datore di lavoro o degli altri soggetti legittimati, dalla commissione provinciale dell'INPS, contro i cui provvedimenti è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla notifica, alla Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti dello stesso INPS.
      2. La domanda di cui al comma 1 deve essere presentata alla sede dell'INPS competente per territorio entro venticinque giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario di lavoro.
      3. Alla domanda va allegato il piano di rotazione delle sospensioni o delle riduzioni di orario non originate da eventi oggettivi, non evitabili per impossibilità sopravvenuta.
      4. La domanda afferente a crisi aziendale deve essere corredata da una dettagliata relazione sullo stato dell'impresa interessata, sul bilancio consolidato del gruppo di imprese di cui all'articolo 2 e sulle misure preventivate per superare la crisi.
      5. Nelle more della ammissione il datore di lavoro è tenuto ad anticipare l'integrazione salariale.
      6. Resta salvo l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere l'importo pari alla normale retribuzione nel caso di rigetto della domanda di autorizzazione o di proroga, salvo che la sospensione o la riduzione di orario non risulti dovuta a caso fortuito, o ad altri eventi oggettivamente impossibilitanti, non imputabili al datore di lavoro. Il disposto di cui al presente comma non si applica alle fattispecie di cui agli articoli 1 e 8 della legge 6 agosto 1975, n. 427, che restano comunque a carico del datore di lavoro.

Art. 18.
(Procedure per la concessione dell'integrazione salariale negli altri casi).

      1. Il trattamento di integrazione salariale per le cause di cui all'articolo 11,

 

Pag. 27

comma 3, è concesso con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, cui la relativa domanda è trasmessa entro venticinque giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario di lavoro.
      2. La domanda di cui al comma 1 deve essere corredata da:

          a) un dettagliato programma di ristrutturazione, di riconversione o di riorganizzazione;

          b) una relazione sulla condizione del gruppo di imprese di cui all'articolo 2;

          c) un parere della rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, delle rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi, unitamente a quello delle organizzazioni provinciali di categoria;

          d) un piano di rotazione delle sospensioni o delle riduzioni.

      3. Sulla domanda esprime parere, entro dieci giorni dalla presentazione, la regione presso cui è stato esperito l'esame congiunto. Decorso tale termine il parere si intende espresso positivamente.
      4. Il decreto di concessione o di rifiuto deve esser analiticamente motivato ove la deliberazione diverga dal parere fornito dalla regione ai sensi del comma 3. In mancanza di espressa deliberazione entro i trenta giorni successivi alla presentazione della domanda, si intende emessa deliberazione conforme al parere della regione.
      5. Entro venti giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana nella quale è stato emanato il decreto di concessione o è scaduto il termine di emanazione del medesimo, il datore di lavoro deve presentare la domanda di ammissione alla sede dell'INPS competente per territorio, la quale provvede nei successivi dieci giorni.
      6. Nelle more della ammissione il datore di lavoro è tenuto ad anticipare il trattamento di integrazione salariale.
      7. Resta salvo l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere l'importo pari alla

 

Pag. 28

normale retribuzione nel caso di rigetto della domanda di autorizzazione o di proroga, salvo che la sospensione o la riduzione di orario non risulti dovuta a caso fortuito, o ad altri eventi oggettivamente impossibilitanti, non imputabili al datore di lavoro. Resta fermo il disposto di cui agli articoli 1 e 8 della legge 6 agosto 1975, n. 427.
      8. Si applicano, per quanto non diversamente previsto dal presente articolo, le norme e discipline riguardanti le cause di intervento di cui all'articolo 11, comma 1.

Capo IV
LICENZIAMENTI COLLETTIVI E
MOBILITÀ EXTRA-AZIENDALE

Art. 19.
(Comunicazione e procedura di
licenziamento collettivo).

      1. I soggetti di cui all'articolo 4, i quali intendano procedere a licenziamenti collettivi di più unità di lavoratori per riduzione o per trasformazione dell'attività o del lavoro, devono darne comunicazione alle imprese aderenti al gruppo, alla rappresentanza sindacale unitaria, o, in mancanza, alle rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati comparativamente più rappresentativi, nonché alle relative organizzazioni sindacali provinciali e alla regione, ovvero al Ministero del lavoro e delle politiche sociali quando la procedura interessi unità produttive ubicate in più regioni.
      2. La comunicazione deve contenere la dimostrazione del già avvenuto utilizzo e dell'esaurimento da almeno dodici mesi dei contratti di solidarietà, delle integrazioni salariali e degli altri strumenti di salvaguardia dell'occupazione previsti dall'articolo 1, ovvero delle cause, non imputabili al datore di lavoro, che hanno determinato l'oggettiva impossibilità di fare ricorso agli stessi.
      3. La comunicazione deve inoltre indicare i motivi tecnici e organizzativi dell'esuberanza,

 

Pag. 29

anche con riferimento al gruppo di imprese di cui all'articolo 2, il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in esubero e del personale abitualmente impiegato, i tempi di attuazione del programma di licenziamento e di messa in mobilità, nonché il metodo di calcolo delle attribuzioni patrimoniali.
      4. Entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione le organizzazioni sindacali possono richiedere un esame congiunto anche con le imprese del gruppo, presso la regione ovvero presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel caso in cui le unità produttive siano ubicate in più regioni, nonché il previo rilascio, da parte dei soggetti di cui all'articolo 4, della documentazione inerente la gestione aziendale, le partecipazioni azionarie presso altre aziende, le imprese soggette a influsso gestionale prevalente e il bilancio consolidato del gruppo.
      5. L'intera procedura deve essere terminata entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione.
      6. La fattispecie del licenziamento per fine lavoro nelle costruzioni edili, fermo restando quanto previsto dalla presente legge in materia di indennità di mobilità, è sottoposta alla disciplina di cui alla legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.

Art. 20.
(Accordo sindacale sugli esuberi).

      1. L'accordo sindacale, intervenuto tra i soggetti di cui all'articolo 4 e la rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, tra le rappresentanze sindacali aziendali aderenti ai sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi, con l'assistenza di questi ultimi, in ordine a misure convenzionali di riduzione o di eliminazione dell'esuberanza ovvero a criteri di individuazione dei lavoratori licenziati, ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati alla procedura, ed è inopponibile al lavoratore che lo impugna,

 

Pag. 30

sotto il profilo della discriminatorietà, della disparità o della irrazionalità di trattamento delle misure e dei criteri adottati, entro sessanta giorni dalla sua stipula.

Art. 21.
(Criteri di scelta e recesso).

      1. In mancanza di un accordo sindacale sui criteri di scelta si applicano, in concorso tra loro, quelli costituiti dai carichi familiari, dall'anzianità e dalle esigenze tecniche, produttive e organizzative, riferite al gruppo di imprese di cui all'articolo 2, di cui è parte l'impresa che ha aperto le procedure di mobilità.
      2. L'impresa interessata e l'impresa di controllo del gruppo sono tenute a predisporre un prospetto comparativo, che deve essere allegato alle lettere di recesso, con l'indicazione dei criteri seguiti e con la graduatoria risultante.
      3. È in ogni caso vietato il licenziamento collettivo di una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale delle lavoratrici sul totale degli addetti alle mansioni considerate, o di un numero di invalidi superiore alle percentuali di legge.

Art. 22.
(Invalidità dei licenziamenti collettivi).

      1. Il licenziamento collettivo è invalido qualora sia intimato senza l'osservanza della forma scritta nonché in caso di violazione degli obblighi di comunicazione, di allegazione e di effettuazione della procedura sindacale.
      2. Il licenziamento collettivo è invalido altresì in caso di mancato assolvimento dell'onere di prova in ordine:

          a) alla effettiva sussistenza dell'esuberanza e delle sue cause determinanti;

          b) al costante aggiornamento professionale dei lavoratori;

 

Pag. 31

          c) all'esaurimento degli strumenti alternativi, previsti dall'articolo 1, di eliminazione dell'esuberanza, ovvero alle cause impossibilitanti e non imputabili che hanno impedito la loro adozione, nell'ambito del gruppo di imprese di cui all'articolo 2;

          d) al rispetto dei criteri, legali o convenzionali, di scelta dei lavoratori.

      3. Il licenziamento è inoltre invalido per le imprese o i gruppi di imprese di cui all'articolo 2, che occupano complessivamente più di cinquanta dipendenti e che licenziano più del 10 per cento del personale, ove manchi contestualmente un piano sociale contenente una o più delle seguenti misure:

          a) ricollocamento dei licenziandi presso un altro datore di lavoro nei dodici mesi successivi;

          b) riqualificazione dei licenziandi, finalizzata a sbocchi occupazionali previamente individuati, con onere integralmente a carico del datore di lavoro che intende licenziare;

          c) in caso di comprovata impossibilità di procedere ai sensi di quanto disposto alle lettere a) e b), corresponsione di una integrazione del trattamento di fine rapporto pari al 30 per cento.

      4. Non costituiscono legittima causa determinante dell'esuberanza la sostituzione dei lavoratori licenziandi con altri lavoratori, la redistribuzione delle loro mansioni tra altri soggetti, con aggravio del carico lavorativo, nonché l'affidamento a terzi di lavorazioni o di fasi produttive. Tali eventi non legittimano il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, che resta valido per obsolescenza tecnica delle mansioni del lavoratore, fermo restando l'onere per il datore di lavoro di dimostrarne l'inutilizzabilità in mansioni diverse o equivalenti.
      5. Si applicano, con riguardo all'impugnazione del licenziamento e alle conseguenze della sua invalidità, le disposizioni dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966,

 

Pag. 32

n. 604, e dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

Art. 23.
(Liste di mobilità e ricollocamento
facilitato).

      1. Possono iscriversi, su domanda, alle liste regionali di mobilità e di ricollocamento facilitato i lavoratori destinatari da più di sei mesi degli effetti dei contratti di solidarietà o di procedure di integrazione salariale.
      2. Possono altresì iscriversi alle liste di cui al comma 1 i lavoratori licenziati per licenziamento collettivo ovvero per giustificato motivo oggettivo, nonché i lavoratori dimissionari per giusta causa giudizialmente accertata e i lavoratori ultraquarantacinquenni rimasti disoccupati per almeno ventiquattro mesi, indipendentemente dalla causa di cessazione del rapporto di lavoro.
      3. La lettera di dimissioni, comunque motivata, è priva di effetto, se non è convalidata dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio. In caso di mancata convalida il datore di lavoro che nei successivi tre mesi procede al licenziamento individuale, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo o oggettivo, del medesimo lavoratore è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti dell'INPS una somma pari a nove mensilità del trattamento di disoccupazione.

Art. 24.
(Indennità di mobilità).

      1. Per i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo, e per quelli dimissionari per giusta causa accertata in giudizio, l'iscrizione nelle liste di mobilità comporta altresì l'erogazione di una indennità pari al trattamento di integrazione salariale, per un periodo massimo di 18 mesi,

 

Pag. 33

esteso a 36 mesi per i lavoratori ultraquarantacinquenni. Nel caso di licenziamento per fine cantiere nelle imprese edili, i periodi di cui al presente comma sono determinati, rispettivamente, in 12 e in 18 mesi.
      2. Nelle aree di declino industriale individuate ai sensi dell'obiettivo 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, nonché nelle aree indicate dal testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, e successive modificazioni, e nell'ambito delle circoscrizioni o nel maggior ambito in cui sussiste un indice di disoccupazione con rapporto superiore alla media nazionale, la durata del trattamento di mobilità è elevata, rispettivamente, da 18 a 30 mesi e da 36 a 48 mesi. Nel caso di licenziamenti per fine cantiere nelle imprese edili le durate sono elevate, rispettivamente, a 18 e a 24 mesi.
      3. Il periodo di godimento dell'indennità è ridotto in misura pari ai periodi di integrazione salariale eccedenti i 24 mesi nel quinquennio.
      4. È ammesso il pagamento in unica soluzione qualora il lavoratore intraprenda un'attività autonoma, individuale o in società di persone, o con adesione a cooperative.

Art. 25.
(Incentivi al ricollocamento).

      1. I datori di lavoro che assumono con contratti di lavoro a tempo indeterminato lavoratori in lista di mobilità hanno diritto a uno sgravio contributivo del 100 per cento per i primi 18 mesi e, in caso di lavoratori licenziati, anche a un contributo pari al 50 per cento della indennità di mobilità per un periodo di 12 mesi, esteso a 24 mesi nell'ipotesi di assunzione di lavoratori ultraquarantacinquenni.
      2. Qualora l'assunzione avvenga con contratto a tempo determinato i benefìci

 

Pag. 34

di cui al comma 1 decorrono dal momento dell'eventuale trasformazione del contratto a tempo indeterminato, e la durata è decurtata di un periodo pari alla durata del contratto a termine.
      3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al datore di lavoro che assume non avendo proceduto, nei dodici mesi precedenti, a licenziamenti o che non ha lavoratori in cassa integrazione guadagni o soggetti a contratto di solidarietà.

Titolo II
DISCIPLINA DEI TRATTAMENTI
DI DISOCCUPAZIONE

Art. 26.
(Trattamento ordinario).

      1. All'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria sono iscritte tutte le persone con rapporto di lavoro alle dipendenze altrui.
      2. Costituisce requisito per il trattamento di disoccupazione lo stato di disoccupazione, di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, causato da licenziamento individuale per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, dalla scadenza del termine apposto alla durata del contratto o dalla sosta in part time verticale annuale.
      3. Salvo quanto disposto dall'articolo 28, per avere diritto al trattamento ordinario è necessaria una anzianità assicurativa di almeno due anni, con cinquantadue contributi settimanali nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione.
      4. Non sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria coloro la cui retribuzione consiste esclusivamente nella partecipazione agli utili o al prodotto dell'azienda, nonché coloro ai quali è garantita la stabilità dell'impiego la cui sussistenza è stata accertata in sede amministrativa con provvedimento del Ministro del lavoro e delle

 

Pag. 35

politiche sociali, ovvero risulta da norme espresse di legge.
      5. I lavoratori hanno diritto alla indennità per un periodo massimo di dodici mesi.
      6. La misura del trattamento di disoccupazione è fissata nel 60 per cento della retribuzione, con un massimale pari a 1.000 euro.
      7. La retribuzione di riferimento per la determinazione della indennità giornaliera di disoccupazione è quella media giornaliera soggetta a contribuzione dei trenta giorni lavorativi precedenti, e comunque non inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali e provinciali di categoria, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, vigenti all'atto del provvedimento.
      8. I periodi di godimento dell'indennità di disoccupazione sono riconosciuti d'ufficio utili ai fini del conseguimento del diritto a qualsivoglia prestazione pensionistica e ai fini della determinazione della misura della medesima. Per tali periodi il contributo figurativo è calcolato sulla base della retribuzione cui è riferito il trattamento di cui al comma 7.
      9. Il trattamento di disoccupazione è corrisposto a decorrere dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro.
      10. L'erogazione del trattamento di disoccupazione è condizionata alla domanda, a pena di prescrizione dei ratei ultra-annuali, e resta sospesa nei periodi in cui viene svolta una attività di lavoro, che garantisce un reddito mensile almeno pari al trattamento di disoccupazione. In caso contrario, il trattamento viene ridotto proporzionalmente.
      11. Decade dal diritto al trattamento di disoccupazione il prestatore di lavoro che svolge qualsiasi lavoro senza averne data preventiva comunicazione alla sede provinciale dell'INPS.
      12. Il lavoratore in disoccupazione, che vuole intraprendere un'attività autonoma o associarsi in cooperativa, può ottenere la corresponsione anticipata dell'indennità detraendo il numero di mensilità già godute.
 

Pag. 36

Il periodo equivalente alla predetta corresponsione non è riconosciuto utile ai fini pensionistici.

Art. 27.
(Trattamento di disoccupazione con
requisiti ridotti).

      1. Il requisito di anzianità previsto dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è ridotto a settanta giorni di attività lavorativa, per la quale sono stati versati o sono dovuti i contributi per l'assicurazione obbligatoria, e trova applicazione nei confronti di tutti i lavoratori stagionali o saltuari che prestano lavoro alle dipendenze altrui.
      2. La retribuzione di riferimento per l'indennità giornaliera di disoccupazione è quella media soggetta a contribuzione, e comunque non inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi di lavoro nazionali e provinciali di categoria, dei trenta giorni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, calcolata in relazione al numero delle giornate di lavoro prestate.

Art. 28.
(Lavoratori di cui all'articolo 2094
del codice civile).

      1. Ai lavoratori che svolgono rapporti di lavoro dipendente di cui all'articolo 2094 del codice civile spetta il trattamento di disoccupazione o di mobilità a condizione che nell'anno precedente sia documentato un reddito soggetto a contribuzione non inferiore al minimale imponibile fissato dall'articolo 27, comma 2.
      2. Qualora i compensi dovuti al lavoratore siano inferiori all'ammontare del reddito minimo stabilito ai sensi del comma 1, per lo stesso anno o per il minore periodo del medesimo anno e risulti dovuta una contribuzione per almeno tre mesi, anche non continuativi, nei

 

Pag. 37

dodici mesi precedenti, la durata e la misura del trattamento di disoccupazione o di mobilità sono rapportate proporzionalmente all'importo globale dei compensi dovuti.
      3. L'indennità è corrisposta su domanda del lavoratore, corredata dalla copia del contratto recante il patto modificativo, attestante la durata e la retribuzione percepita.

Titolo III
NORME COMUNI SUL FINANZIAMENTO

Art. 29.
(Soppressione del contributo CUAF).

      1. In adempimento di quanto previsto dal Protocollo d'intesa tra Governo e parti sociali del 22 dicembre 1998, recante il Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione, il contributo della Cassa unica assegni familiari (CUAF) è posto a carico della fiscalità generale e le relative prestazioni sono da essa garantite tramite la Gestione interventi assistenziali dell'INPS.

Art. 30.
(Contribuzione ordinaria).

      1. Il datore di lavoro è tenuto a versare per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria la contribuzione in una misura pari all'1,61 per cento. La predetta misura è incrementata di 0,5 punti quando è riferita a rapporti di lavoro di durata determinata. I contributi sono attribuiti alla Gestione prestazioni temporanee istituita presso l'INPS.
      2. A carico di tutti i datori di lavoro non rientranti nell'ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni alla data di entrata in vigore della presente legge è istituito un contributo pari all'1,68 per cento finalizzato alla copertura delle relative prestazioni.

 

Pag. 38


      3. Per i datori di lavoro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, versano contributi di importo maggiore, la relativa misura resta confermata fino al raggiungimento di un accordo tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sulla graduale riduzione della contribuzione al livello definito dai commi 1 e 2 e sulla contestuale destinazione delle risorse liberate ad obbiettivi convenuti tra le parti e comunque al finanziamento delle prestazioni di cui all'articolo 29.

Art. 31.
(Contribuzione aggiuntiva cassa
integrazione guadagni).

      1. Oltre alla contribuzione corrente, le imprese che beneficiano dell'intervento di integrazione salariale devono versare un contributo aggiuntivo nelle seguenti percentuali:

          a) 4 per cento, per le aziende fino a 50 dipendenti;

          b) 8 per cento, per le aziende che occupano più di 50 dipendenti.

      2. Il contributo aggiuntivo è a totale carico del datore di lavoro ed è calcolato sull'intero importo delle integrazioni salariali erogate, al netto della ritenuta previdenziale del 5,54 per cento.
      3. Il contributo aggiuntivo non è dovuto in caso di contratti di solidarietà, di eventi oggettivamente non evitabili, tra cui le cause di cui agli articoli 1 e 8 della legge 6 agosto 1975, n. 427, e all'articolo 10 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, nonché di procedure concorsuali, compresa l'amministrazione controllata.
      4. Il limite dei dipendenti occupati, ai fini dell'applicazione del contributo aggiuntivo, è determinato, con effetto dal 1o gennaio di ciascun anno, sulla base del numero medio di dipendenti in forza nell'anno precedente, dichiarato dall'impresa

 

Pag. 39

nel suo complesso, anche se i dipendenti sono occupati presso più attività produttive. Sono da comprendere nel numero dei dipendenti tutti i lavoratori occupati alle dipendenze altrui, con la sola eccezione dei lavoratori assunti con contratto di reinserimento.
      5. Il contributo aggiuntivo è dovuto in misura doppia a decorrere dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo alla decorrenza del trattamento. La misura del contributo è raddoppiata nel caso in cui l'azienda non rispetti i criteri di rotazione stabiliti dal decreto di concessione: in tale caso, qualora l'azienda protragga il trattamento oltre i ventiquattro mesi, a decorrere dal primo giorno del venticinquesimo mese, deve versare una somma aggiuntiva pari al 150 per cento del contributo.

Art. 32.
(Contributo aggiuntivo per mobilità).

      1. Per ciascun lavoratore licenziato che gode dell'indennità di mobilità, il datore di lavoro è tenuto a versare all'INPS, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il predetto trattamento spettante al lavoratore, al netto della ritenuta previdenziale del 5,54 per cento. La somma da pagare è ridotta a due mensilità nel caso in cui la procedura di mobilità è coniugata con un accordo collettivo che ha introdotto un piano sociale d'impresa o di gruppo. Per i licenziamenti operati da imprese edili, esclusi quelli dovuti a crisi aziendale che rientrano nella fattispecie di cui al primo e secondo periodo, la somma da versare all'INPS a carico dell'impresa è di tre mensilità in assenza di accordo e di una mensilità nel caso si raggiunga l'accordo.
      2. Se il datore di lavoro fa riassumere il lavoratore in mobilità, procurandogli un'offerta professionalmente equivalente, non è tenuto al pagamento delle rimanenti rate, anche se il lavoratore rifiuta l'offerta. La disposizione si applica anche

 

Pag. 40

nel caso di assunzione con contratto a tempo determinato, trasformato successivamente in contratto a tempo indeterminato. In tale ipotesi l'impresa è esonerata dal versamento del contributo a decorrere dalla data di trasformazione. Il beneficio non si applica se l'impresa che assume è in rapporto di collegamento o di controllo con l'impresa che ha licenziato il lavoratore.
      3. Nei casi in cui l'azienda non ha attivato la procedura di mobilità e il lavoratore è stato comunque ammesso al trattamento, l'azienda stessa è tenuta a versare, in un'unica soluzione, un contributo di ingresso pari a nove volte il trattamento spettante al lavoratore.

Titolo IV
PRESTAZIONI INTEGRATIVE

Art. 33.
(Prestazioni integrative obbligatorie).

      1. Ai lavoratori, dipendenti da imprese già rientranti nel campo di applicazione del regime di indennità di mobilità o di cassa integrazione guadagni, spetta una integrazione supplementare pari al 20 per cento della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, entro un limite massimo pari a 200 euro, da indicizzare annualmente in base agli indici ISTAT dei salari contrattuali.
      2. La Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti dell'INPS provvede al pagamento della integrazione supplementare di cassa integrazione guadagni e di mobilità.
      3. Per la determinazione delle prestazioni si applicano le norme stabilite con riferimento alle relative prestazioni base.
      4. Per il finanziamento delle prestazioni indicate dal presente articolo è istituita una contabilità separata della Gestione di cui al comma 2, alimentata da

 

Pag. 41

una quota parte del contributo attualmente posto a carico delle imprese già rientranti nel campo di applicazione di cui al comma 1.
      5. Ai lavoratori dipendenti da imprese non rientranti nel campo di applicazione di cui al comma 1, l'integrazione di cui allo stesso comma si applica decorso un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, fatto salvo quanto previsto al comma 6.
      6. Entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei settori di cui al comma 5 possono essere definite intese tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative finalizzate a diversamente stabilire, nel rispetto del pareggio di bilancio, misura e durata dei trattamenti integrativi, avuto riguardo alle peculiarità dei settori, alla diversa fruizione dei trattamenti di integrazione salariale, anche rispetto all'addensamento delle imprese nelle diverse classi di ampiezza, nonché ad una possibile diversa ripartizione dell'onere contributivo.
      7. Le intese di cui al comma 6 danno vita nell'ambito della Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti dell'INPS a forme di contabilità separata conformi al tipo di intesa raggiunto.

Art. 34.
(Incentivi alla mobilità).

      1. I soggetti abilitati per legge che, prima della scadenza di una delle prestazioni di cui al presente titolo e ai titoli I, II e III, ricollocano il beneficiario presso un altro datore di lavoro per un lavoro equivalente e alle condizioni previste dal contratto collettivo di categoria stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi, trattengono il residuo trattamento di cassa integrazione guadagni, di mobilità o di disoccupazione che altrimenti sarebbe spettato, entro un limite massimo del 50 per cento.
      2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle imprese edili.

 

Pag. 42

Titolo V
DISPOSIZIONI SUL SOSTEGNO
AL REDDITO

Capo I
SOSTEGNO AL REDDITO DA LAVORO

Art. 35.
(Sostegno del reddito insufficiente).

      1. Le persone che svolgono prestazioni di lavoro alle dipendenze altrui con diritto a retribuzioni, a compensi e ad emolumenti, ovvero a indennità sostitutive dei medesimi per più di 3.100 euro lordi annui e fino a 6.200 euro lordi annui, hanno diritto a una integrazione del reddito pari alla differenza tra il reddito da lavoro percepito e l'ammontare di 3.100 euro lordi annui. Qualora abbiano ricevuto retribuzioni, compensi ed emolumenti, ovvero indennità sostitutive dei medesimi per più di 6.200 euro lordi annui e fino a 9.300 euro lordi annui, hanno diritto a una integrazione del reddito pari alla differenza tra l'ammontare di 9.300 euro e il reddito da lavoro percepito.
      2. È parte del reddito di cui al comma 1 il trattamento di disoccupazione o di mobilità.
      3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano in aggiunta a redditi da lavoro allineati ai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi. Per la parte inferiore il giudice, eventualmente adìto con azione di determinazione della retribuzione ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, adegua equitativamente la retribuzione ai trattamenti complessivi previsti, per mansioni equivalenti, dai contratti di cui al presente comma, salva adeguata motivazione di eventuali scostamenti specificamente giustificati da condizioni personali.
      4. Il lavoratore di cui al comma 1 ha diritto all'integrazione del reddito se risulta iscritto nelle liste di collocamento, e

 

Pag. 43

a condizione che, negli intervalli temporali in cui non svolge la prestazione lavorativa, segua corsi di studio, di formazione o di riqualificazione professionale legalmente riconosciuti, ovvero si impegni in attività di utilità sociale, ai sensi di quanto previsto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328. Tali requisiti non sono richiesti nei periodi di malattia.
      5. Decade dal diritto all'integrazione del reddito il lavoratore che rifiuta un'offerta di lavoro equivalente, da svolgere entro il limite di 50 chilometri dal luogo di residenza, formulata dal servizio competente che gli consenta di percepire retribuzioni, compensi o emolumenti di ammontare superiore a quello della soglia di reddito di cui al comma 1 e che non comporti la cessazione delle attività di formazione o di riqualificazione professionale in atto.
      6. L'integrazione è corrisposta dalla Gestione degli interventi assistenziali dell'INPS, con regime di contabilità separata, su domanda del lavoratore, allegando copia dei contratti giustificativi delle attività di lavoro svolte alle dipendenze altrui, indicando la loro durata e la retribuzione, i compensi e gli emolumenti percepiti.
      7. Il livello di reddito lordo di riferimento è quello dichiarato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). L'integrazione è percepita nel semestre successivo.

Capo II
SOSTEGNO AL REDDITO DI
CITTADINANZA

Art. 36.
(Sostegno temporaneo del reddito
dell'inabile).

      1. A decorrere dal quarto giorno successivo a quello in cui è avvenuto l'infortunio o si è manifestata la malattia, con prognosi superiore a quindici giorni e con ricovero ospedaliero, e fino a quando dura l'impossibilità di attendere ad attività reddituale,

 

Pag. 44

è corrisposta all'infortunato stesso una indennità giornaliera nella misura di 50 euro, dedotto quanto spettante allo stesso titolo a carico di enti previdenziali o assistenziali o a carico di terzi.
      2. Il diritto di cui al comma 1 compete, altresì, per le giornate festive.
      3. Ove la durata dell'inabilità si prolunghi oltre novanta giorni, l'indennità giornaliera cessa a decorrere dal novantunesimo giorno.
      4. Le indennità sono pagate dalla Gestione degli interventi assistenziali dell'INPS in via posticipata per periodi non eccedenti sette giorni.
      5. Per i giorni di ricovero in ospedale o in un istituto di cura assimilato, l'INPS riduce di un terzo l'indennità per inabilità temporanea, salvo che l'infortunato abbia il coniuge o i figli a proprio carico.
      6. L'indennità è corrisposta a domanda, allegando copia della documentazione medica ospedaliera attestante l'infermità e l'inabilità temporanea assoluta.

Capo III
ESTENSIONE DEL REDDITO MINIMO
DI INSERIMENTO

Art. 37.
(Istituzione del reddito minimo
di inserimento).

      1. È istituito il reddito minimo di inserimento (RMI).
      2. Il RMI è una misura di contrasto della povertà e dell'esclusione sociale. Esso prevede azioni di sostegno alla condizione delle persone esposte al rischio di marginalità e impossibilitate a provvedere, per cause psichiche, fisiche e sociali, al mantenimento proprio e dei familiari conviventi.
      3. Il RMI è costituito da interventi volti a perseguire l'integrazione sociale e l'autonomia economica dei soggetti e delle famiglie destinatari, attraverso programmi personalizzati.

 

Pag. 45


Art. 38.
(Accesso al RMI).

      1. Ai fini dell'accesso al RMI i soggetti destinatari devono possedere un reddito annuo non superiore a 6.200 euro; tale soglia di reddito è determinata sulla base della scala di equivalenza dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) ed è annualmente aggiornata sulla base dell'indice dei prezzi.
      2. I soggetti destinatari devono essere altresì privi di patrimonio sia mobiliare sotto forma di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, quote di fondi comuni d'investimento e depositi bancari e postali superiori a 1.500 euro, sia immobiliari, fatta eccezione per:

          a) la casa di abitazione usata come luogo di residenza del nucleo familiare, il cui valore non può eccedere la soglia indicata dal comune e comunque non superiore a 52.000 euro;

          b) piccoli appezzamenti di terreno improduttivo o di scarso valore commerciale, fino ad una soglia indicata dal comune e comunque non superiore al valore, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, di 3.100 euro.

      3. La situazione reddituale e patrimoniale è riferita al periodo in cui è presentata la domanda. Tale situazione è definita dalla somma dei redditi riferiti al nucleo familiare composto dal richiedente, dalle persone con le quali convive e da quelle considerate a suo carico ai fini dell'IRPEF. I redditi da lavoro, al netto di ogni ritenuta, sono considerati per il 75 per cento del loro ammontare.
      4. Con una dichiarazione sottoscritta ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il richiedente attesta il possesso dei requisiti e delle condizioni per l'ammissibilità previste dal presente capo alla data di presentazione

 

Pag. 46

della domanda. Alla dichiarazione allega copia dell'ultima dichiarazione dei redditi, qualora presentata, di eventuali buste paga, del contratto di affitto e delle spese per bollette elettriche, del gas, dell'acqua, oltre che ogni altra documentazione che l'ente erogatore ritenga utile.
      5. Allo scopo di definire l'ammontare del reddito effettivo del beneficiario, incluso quello proveniente dall'economia informale, l'ente erogatore tiene conto del reddito ufficiale dichiarato e dell'effettivo tenore di vita. A tale fine, nei casi dubbi, si procede a controlli anche attraverso visite domiciliari dei competenti operatori.
      6. Il RMI è erogato dal comune di residenza del beneficiario, per il tramite dell'INPS, per dodici mesi e può essere rinnovato previa verifica della sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 39.

Art. 39.
(Requisiti).

      1. Possono inoltrare domanda di ammissione al RMI i soggetti indicati all'articolo 37, compresi i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi, in possesso del permesso di soggiorno.
      2. Ai soggetti in età lavorativa, non occupati e abili al lavoro, sono richieste la disponibilità a frequentare corsi di formazione professionale e la disponibilità al lavoro, da dimostrare attraverso l'iscrizione ai servizi per l'impiego territorialmente competenti. Tale requisito non è temporaneamente richiesto:

          a) per coloro che sono impegnati in attività formative, incluse le attività di recupero scolastico o di formazione professionale;

          b) per coloro che attendono alla cura dei figli in età inferiore ai tre anni o di persone con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

 

Pag. 47

          c) per coloro che sono impegnati in programmi di recupero terapeutico, certificato e incompatibile con l'attività lavorativa.

Art. 40.
(Fondo nazionale).

      1. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'erogazione del RMI, di seguito denominato «Fondo».
      2. Il Fondo ammonta annualmente a 4,5 miliardi di euro. La quota del 90 per cento del Fondo, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è impiegata dagli enti locali per provvedere agli oneri dovuti allo svolgimento delle attività previste.
      3. Il Fondo garantisce il livello minimo omogeneo, comune per tutto il territorio nazionale, delle erogazioni monetarie stabilite dall'articolo 41.
      4. La definizione del RMI e delle misure di accompagnamento avviene nell'ambito dei piani regionali e dei piani di zona previsti, rispettivamente, dagli articoli 18 e 19 della legge 8 novembre 2000, n. 328, al fine di coordinare i programmi del RMI con le altre prestazioni sociali e sanitarie, con il sistema formativo, nonché con i piani di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Art. 41.
(Integrazione al reddito).

      1. A coloro che sono in possesso dei requisiti definiti dagli articoli 37 e 38, è concessa dal comune di residenza, e per esso dall'INPS, una integrazione mensile al reddito calcolata sulla base della differenza tra la soglia di 390 euro e il reddito mensile percepito per una persona che vive sola. Se il nucleo familiare è composto da due o più persone la suddetta soglia è determinata dalla scala di equivalenza dell'ISEE.

 

Pag. 48


      2. L'integrazione del reddito ha inizio dalla data di accoglimento della domanda. Essa non è cedibile, né sequestrabile, né pignorabile e ai fini fiscali è equiparata alla pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni.
      3. Nel definire la prestazione, il comune opera in modo da avere le maggiori garanzie che il trasferimento monetario sia effettivamente destinato a superare la concreta situazione di povertà. In particolare, qualora sussistano situazioni di conflitto familiare accertate dai servizi sociali, il comune può erogare la prestazione a persona diversa dal capo famiglia o da chi ha presentato domanda, individuando, sentiti i componenti, la persona che maggiormente garantisce l'effettivo utilizzo della prestazione a beneficio dell'intero nucleo familiare.

Art. 42.
(Interventi di integrazione sociale).

      1. Oltre agli interventi di cui all'articolo 41, il comune, entro trenta giorni dalla data di accoglimento della domanda, elabora, anche in relazione agli interventi previsti nell'ambito delle politiche attive del lavoro, i programmi di integrazione sociale personalizzati, tenendo conto delle caratteristiche personali e familiari dei soggetti e concordando con gli stessi il contenuto e gli impegni derivanti dall'attuazione del programma. Nel caso di un nucleo familiare, il programma coinvolge tutti i suoi componenti.
      2. I programmi di integrazione sociale sono orientati al recupero e allo sviluppo di capacità personali, alla ricostruzione di reti familiari e sociali, nonché all'inserimento lavorativo.

Art. 43.
(Obblighi dei soggetti destinatari).

      1. I soggetti beneficiari del RMI hanno l'obbligo di:

          a) segnalare al comune sia qualsiasi variazione delle condizioni economiche e

 

Pag. 49

patrimoniali, sia eventuali modifiche nella composizione familiare dichiarata all'atto della presentazione della domanda;

          b) rispettare gli impegni assunti con l'accettazione del programma di integrazione sociale;

          c) accettare da parte dei soggetti che si trovano nelle condizioni definite dall'articolo 37, comma 2, le offerte di lavoro equivalente, anche a tempo determinato, eventualmente ricevute, entro il limite di 50 chilometri dal luogo di residenza.

      2. Qualora si registrino violazioni degli obblighi definiti dal presente capo, il comune provvede alla sospensione o alla riduzione delle prestazioni, anche gradualmente e temporaneamente, tenendo conto della gravità delle inadempienze e delle condizioni del soggetto interessato.
      3. Il mancato rispetto dell'obbligo previsto al comma 1, lettera c), comporta la revoca della prestazione di RMI. In ogni caso il comune tiene conto delle situazioni familiari, con particolare riferimento alla presenza dei minori.
      4. I beneficiari le cui dichiarazioni risultano false incorrono nelle sanzioni penali previste dalla legislazione vigente e sono tenuti alla restituzione delle somme indebitamente percepite. Il comune è tenuto a utilizzare tali somme per i medesimi interventi di RMI.

Art. 44.
(Accertamenti e verifiche).

      1. Nella dichiarazione di cui all'articolo 38, comma 4, il richiedente attesta, altresì, la sua accettazione di eventuali controlli volti a verificare la fondatezza delle informazioni fornite in relazione sia alla situazione economica che a quella familiare.
      2. È di competenza dei comuni svolgere le attività di controllo circa la fondatezza dei dati dichiarati ai sensi del comma 1. Il comune, oltre ad effettuare i suddetti controlli, provvede agli adempimenti conseguenti alla non veridicità dei

 

Pag. 50

dati forniti. A tale scopo il comune può collaborare con il catasto, con gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio-Ministero dell'economia e delle finanze, con l'anagrafe, con gli enti che erogano prestazioni previdenziali e assistenziali. Può altresì avvalersi della collaborazione delle Forze dell'ordine e del Corpo della guardia di finanza.

Art. 45.
(Diritti dei soggetti).

      1. I richiedenti la cui domanda non è stata accolta possono, entro trenta giorni, ricorrere al sindaco del comune di residenza. Possono altresì ricorrere al sindaco, nel medesimo termine, coloro che sono incorsi in un provvedimento di decadenza o di sospensione o di riduzione del RMI. Di tale facoltà è data informazione al momento della presentazione della domanda.
      2. Il sindaco, sentiti i soggetti interessati, decide entro trenta giorni dalla data del ricevimento del ricorso.

Art. 46.
(Leggi regionali).

      1. Le regioni, attraverso apposito provvedimento legislativo, individuano i criteri per l'eventuale maggiorazione dell'importo del RMI in relazione al costo della vita o a particolari circostanze familiari. Tali maggiorazioni e le attività di inserimento sociale sono a carico dei fondi regionali.
      2. Le regioni sono responsabili dell'accertamento che le somme stanziate per il RMI dal Fondo e dai fondi regionali siano destinate effettivamente a tale fine. Le somme non spese riaffluiscono nello stesso Fondo.
      3. Le regioni, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettera a), della legge 8 novembre 2000, n. 328, determinano, tramite forme di concertazione con gli enti locali interessati, gli ambiti territoriali più adeguati per la gestione del RMI. In ogni caso l'ambito territoriale individuato non

 

Pag. 51

può avere una popolazione inferiore a 10.000 abitanti.

Art. 47.
(Ambiti territoriali).

      1. I comuni provvedono alla formazione del personale amministrativo preposto all'attuazione del RMI, per le funzioni di accompagnamento e di integrazione sociale, con l'ausilio delle regioni.

Art. 48.
(Monitoraggio).

      1. Ai sensi dell'articolo 21 della legge 8 novembre 2000, n. 328, è definito il sistema informativo dei servizi sociali. In tale sistema informativo sono compresi tutti i dati relativi alle caratteristiche sociali e familiari dei soggetti beneficiari del RMI, le caratteristiche dei programmi di integrazione sociale, la durata e l'importo della prestazione, le ragioni dell'eventuale riduzione, sospensione o cessazione. Tali dati sono utilizzati dalle amministrazioni competenti per le attività di monitoraggio.
      2. Al fine di garantire la massima trasparenza delle procedure è definito un modello standard per la raccolta dei dati. Al modello devono attenersi tutti gli enti erogatori.
      3. Le regioni predispongono annualmente un rapporto sul numero e sulle caratteristiche dei beneficiari del RMI, sull'importo delle prestazioni, sulla loro durata, sul tipo e sulla qualità dei programmi di accompagnamento. Tale rapporto è altresì utilizzato per definire annualmente il riparto del Fondo.
      4. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta al Parlamento ogni due anni un rapporto sull'andamento del RMI.

 

Pag. 52

Capo IV
SOSTEGNO FINANZIARIO
PER I GIOVANI

Art. 49.
(Dotazione finanziaria di capitale in favore dei giovani per promuovere l'uguaglianza delle opportunità).

      1. È assegnata una disponibilità finanziaria di capitale pari a 15 mila euro ai cittadini italiani che hanno compiuto il diciottesimo anno di età. Tale dotazione può essere integrata da eventuali provvedimenti regionali relativi alla formazione post-secondaria qualificata o per incentivare attività professionali e imprenditoriali. L'attribuzione della dotazione finanziaria avviene a titolo di credito senza interessi. È di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano stabilire che una quota del suddetto finanziamento possa essere concessa quale contributo a fondo perduto con le modalità definite dall'articolo 51.
      2. Ai fini dell'attuazione del comma 1, la sperimentazione è avviata a decorrere dal 1o gennaio 2004 e ha la durata di due anni. Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta annualmente al Parlamento una relazione sull'andamento della sperimentazione e sui risultati conseguiti. Lo stesso Ministro, entro tre mesi dal termine della fase sperimentale, e sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, può prolungare la sperimentazione per ulteriori due anni.

Art. 50.
(Soggetti beneficiari).

      1. Per accedere ai benefìci previsti dal presente capo sono richieste le seguenti condizioni:

          a) età compresa tra i diciotto e i venticinque anni, salve le eccezioni eventualmente

 

Pag. 53

previste ai sensi dell'articolo 51, comma 3;

          b) il conseguimento dell'obbligo formativo;

          c) l'assenza di condanne penali.

      2. Il finanziamento concesso è utilizzato per svolgere:

          a) formazione post-secondaria qualificata, tirocini professionali, corsi di formazione riconosciuti;

          b) attività imprenditoriale o professionale.

      3. Ai fini di cui al comma 2, i soggetti beneficiari, all'atto della presentazione della domanda per accedere al finanziamento, devono specificare l'ambito dell'attività verso il quale intendono finalizzare la dotazione finanziaria di capitale, nonché il conseguente piano di spesa.
      4. È compito delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano rendere note le opportunità di sviluppo per nuove attività imprenditoriali e la conseguente domanda di profili professionali.
      5. Possono accedere alla dotazione finanziaria anche i soggetti che usufruiscono delle agevolazioni previste dal titolo II, capo I, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185.
      6. Il rimborso della dotazione finanziaria, al netto della eventuale quota parte assegnata quale contributo a fondo perduto ai sensi della leggera a) del comma 3 dell'articolo 51, è effettuato entro quindici anni dalla data di erogazione della prima rata. In caso di mancata effettuazione nei termini previsti, il soggetto beneficiario corrisponde alla banca o all'istituto di credito di cui al comma 1 dell'articolo 51, oltre all'importo equivalente alla dotazione finanziaria di capitale, gli interessi correnti dovuti al ritardo del rimborso ad un tasso pari all'interesse legale.

 

Pag. 54

Art. 51.
(Fondi regionali per l'eguaglianza
delle opportunità dei giovani).

      1. L'erogazione della dotazione finanziaria di capitale è regolata da una convenzione stipulata tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana. Il tasso di interesse sui crediti definito dalla convenzione è uniforme su tutto il territorio nazionale. Gli interessi e la copertura del rischio sui crediti, nonché l'erogazione di parte del finanziamento quale contributo a fondo perduto, sono a carico dei fondi di cui al comma 3.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede a ripartire tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le risorse destinate al biennio di sperimentazione di cui all'articolo 49, comma 2. L'ammontare delle risorse è pari al gettito delle imposte sui trasferimenti applicate in attuazione dell'articolo 13, comma 2, della legge 18 ottobre 2001, n. 383. I criteri di ripartizione sono determinati in base al numero dei cittadini italiani residenti nei territori delle singole regioni o province autonome che compiono diciotto anni di età nel corso dell'anno e al reddito pro-capite medio di ogni regione o provincia autonoma relativo all'anno precedente. Le risorse eventualmente non utilizzate entro il 31 dicembre dell'anno precedente sono ripartite, con proprio decreto, dal Ministro dell'economia e delle finanze tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 marzo di ogni anno.
      3. Con appositi provvedimenti le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono attraverso le risorse di cui al presente articolo a:

          a) istituire il fondo per l'uguaglianza delle opportunità dei giovani. Tale fondo è utilizzato per la copertura dei rischi relativi ai crediti negati e per gli oneri derivanti dagli interessi sui crediti stessi. Tali risorse possono essere utilizzate per la copertura degli oneri relativi alla eventuale

 

Pag. 55

erogazione di parte del finanziamento a titolo di contributo a fondo perduto;

          b) definire i criteri per il cofinanziamento del fondo da parte degli enti locali e territoriali interessati;

          c) definire l'ammontare della dotazione finanziaria di capitale da utilizzare per la formazione e per le attività imprenditoriali o professionali;

          d) stabilire i criteri per la definizione delle graduatorie regionali e provinciali. Le modalità per la compilazione delle graduatorie, che devono essere pubblicate entro un mese dalla presentazione della domanda, devono tenere conto: delle condizioni economiche relative al nucleo familiare del richiedente, ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni; della domanda di nuove attività produttive per beni e servizi oltre che del conseguente fabbisogno di profili professionali; della data di presentazione della domanda;

          e) svolgere attività di monitoraggio per verificare l'effettivo utilizzo delle risorse destinate all'attuazione del presente capo.

Capo V
DISPOSIZIONI COMUNI

Art. 52.
(Copertura degli oneri finanziari).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente titolo, pari a 950 milioni di euro per l'anno 2004 e a 950 milioni di euro per l'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando, al netto delle regolazioni debitorie

 

Pag. 56

ed in misura proporzionale, gli accantonamenti relativi ai Ministeri elencati alla tabella A allegata alla legge 27 dicembre 2002, n. 289.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Titolo VI
PROMOZIONE DELLA QUALITÀ
DEL LAVORO

Capo I
CONTRATTO DI APPRENDISTATO

Art. 53.
(Nozione).

      1. L'apprendistato è il contratto di lavoro alle dipendenze altrui stipulato al fine di conseguire una qualificazione professionale, mediante l'integrazione fra attività formative e prestazioni lavorative.
      2. La durata del rapporto di apprendistato varia, a seconda della formazione scolastica e professionale già posseduta e della qualifica professionale da acquisire, da un minimo di 18 a un massimo di 48 mesi. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative determinano la predetta durata del rapporto.
      3. È vietata la stipulazione del contratto di apprendistato a tempo parziale per un orario inferiore a ventotto ore settimanali, anche se calcolate come media su base annua.
      4. Un nuovo contratto di apprendistato può essere stipulato per l'acquisizione di una diversa qualifica professionale.
      5. Durante lo svolgimento del rapporto di apprendistato la lavoratrice o il lavoratore riceve la formazione teorica e pratica necessaria per acquisire le competenze

 

Pag. 57

idonee al conseguimento di specifica qualifica professionale.
      6. Le attività formative svolte presso più datori di lavoro come quelle svolte presso gli istituti di formazione o altri enti a tale fine riconosciuti dalle regioni, concluse con la certificazione della qualifica acquisita, si cumulano ai fini dell'assolvimento degli obblighi formativi.

Art. 54.
(Destinatari).

      1. Il contratto di apprendistato può essere stipulato dai giovani di età superiore ai diciotto anni, fino ai venticinque anni, ovvero fino ai ventisette anni per i soggetti portatori di handicap o residenti nelle aree di cui agli obiettivi n. 2 e n. 3 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999. I soggetti in possesso di diploma di laurea possono stipulare il contratto di apprendistato sino all'età massima di trentatrè anni.
      2. È fatto divieto, per un biennio, di stipulare ulteriori contratti di apprendistato ai datori di lavoro che non abbiano trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato almeno il 50 per cento di quelli giunti a scadenza, con acquisizione della certificazione di qualificazione professionale, nel biennio precedente, computandosi ciascun biennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Qualora il numero dei contratti trasformati sia compreso tra il 50 per cento e l'80 per cento di quelli giunti a scadenza, il datore di lavoro può stipulare ulteriori contratti di apprendistato in pari numero.
      3. Il divieto di nuove assunzioni con contratto di apprendistato non si applica quando nel biennio di riferimento sono venuti a scadere non più di due contratti di apprendistato.
      4. Ai fini di quanto previsto al comma 2, non si tiene conto di coloro che si sono dimessi volontariamente durante il periodo di apprendistato, di quelli licenziati per giusta causa, per giustificato motivo o

 

Pag. 58

per mancato superamento del periodo di prova ovvero di quelli che, al termine dell'apprendistato, hanno rifiutato la proposta di restare alle dipendenze del datore di lavoro con rapporto a tempo indeterminato.

Art. 55.
(Limiti numerici e computabilità).

      1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative determinano il numero massimo di contratti di apprendistato stipulabili dal singolo datore di lavoro, tenendo conto delle strutture organizzative e delle professionalità esistenti nelle diverse unità produttive.
      2. Il numero di apprendisti non può superare, per ciascuna unità produttiva, quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato di pari qualifica.
      3. Ai fini del computo dei limiti numerici previsti da leggi e da contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative ed istituti, gli apprendisti sono calcolati in misura intera.
      4. Resta fermo per il settore artigiano quanto disposto dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.
      5. Gli apprendisti disabili sono computati nelle quote di riserva previste dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Art. 56.
(Forma e contenuti del contratto
di apprendistato).

      1. Il contratto di apprendistato, comprensivo del progetto formativo, è stipulato in forma scritta.
      2. L'assunzione avviene in conformità alle disposizioni vigenti in materia di lavoro alle dipendenze altrui, ivi compreso l'obbligo di tempestiva comunicazione al centro per l'impiego e all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul

 

Pag. 59

lavoro, nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro.
      3. La comunicazione deve contenere:

          a) copia del contratto stipulato, nel quale devono essere espressamente indicati la durata del periodo di apprendistato, l'età e il titolo di studio dell'apprendista, il nominativo del tutore, le mansioni cui l'apprendista è adibito, la qualifica professionale al cui conseguimento è finalizzato l'apprendistato e il contratto collettivo applicato;

          b) copia del progetto formativo, comprensivo dei temi riguardanti la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;

          c) dichiarazione dell'avvenuta consegna al lavoratore del contratto e del progetto formativo nonché della scheda professionale, nella quale registrare le informazioni relative alle attività formative esterne e interne e al lavoro svolto;

          d) l'autocertificazione, da parte del datore di lavoro, in ordine al rispetto di quanto previsto dall'articolo 54, comma 2.

Art. 57.
(Formazione esterna e interna).

      1. Le caratteristiche della formazione esterna e interna da impartire al lavoratore assunto con contratto di apprendistato devono risultare dal progetto formativo allegato al contratto di lavoro.
      2. Il datore di lavoro può predisporre direttamente un progetto formativo o ricorrere a quello elaborato dall'ente bilaterale di categoria, ove costituito, o dalla struttura pubblica territorialmente competente. Qualora il datore di lavoro si avvalga di un proprio progetto formativo, quest'ultimo è soggetto all'approvazione preventiva della struttura pubblica territorialmente competente in materia di servizi per l'impiego.
      3. La formazione esterna deve essere di durata pari ad almeno centoventi ore annue, prendendo a base moduli concordati tra regioni e parti sociali. I contratti

 

Pag. 60

collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative possono stabilire una durata inferiore per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idoneo rispetto alla professionalità da acquisire.
      4. La formazione interna è affidata al tutore, che deve possedere adeguata competenza ed esperienza professionali e formative, non inferiore a tre anni, nell'attività lavorativa cui è preposto l'apprendista. Essa può consistere, in parte, in addestramento pratico o in affiancamento, nelle quantità e secondo le modalità fissate dai contratti collettivi di cui al comma 3.
      5. Per ogni gruppo di apprendisti, di numero comunque non superiore a tre, deve essere nominato un distinto tutore, che può anche coincidere con il datore di lavoro.
      6. Nel caso di anticipata trasformazione del contratto di apprendistato in contratto stabilmente a tempo indeterminato, il programma di formazione viene in ogni caso portato a compimento, mantenendo le agevolazioni contributive previste per le imprese.

Art. 58.
(Registrazione e certificazione
dell'attività formativa svolta).

      1. Il datore di lavoro è tenuto a registrare sull'apposita scheda professionale le attività formative esterne e interne e le mansioni cui l'apprendista è adibito.
      2. La certificazione della formazione è affidata alla struttura pubblica territorialmente competente. Essa costituisce titolo anche ai fini del bilancio delle competenze e del riconoscimento di crediti formativi.
      3. In caso di recesso da un contratto di apprendistato, la formazione esterna e interna effettuata può essere riconosciuta utile, in tutto o in parte, anche nell'ambito di un nuovo contratto di apprendistato da parte della struttura pubblica territorialmente

 

Pag. 61

competente in materia di servizi per l'impiego.
      4. I termini e le modalità della registrazione e della certificazione dell'attività formativa svolta sono determinati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, su proposta della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
      5. In caso di mancato conseguimento degli obiettivi formativi previsti per ciascun anno di formazione esterna, l'apprendista deve partecipare a moduli integrativi predisposti dalla struttura formativa incaricata.

Art. 59.
(Disciplina del rapporto di apprendistato).

      1. Nel contratto di apprendistato l'eventuale periodo di prova resta finalizzato esclusivamente ad accertare l'attitudine dell'apprendista a conseguire la qualifica prevista. La durata del periodo è stabilita dal contratto collettivo nazionale di lavoro, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, in misura non superiore a sei mesi.
      2. L'assegnazione di mansioni diverse da quelle indicate nel contratto di lavoro di cui al comma 1 può avvenire, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2103 del codice civile, qualora sia finalizzata ad un migliore adeguamento della prestazione lavorativa alle attività di formazione. È fatto comunque divieto di adibire gli apprendisti a lavori pericolosi o elementari, individuati come tali dal contratto collettivo di cui al citato comma 1, e a lavorazioni retribuite a cottimo o a incentivo.
      3. L'orario di lavoro è comprensivo delle ore di formazione esterna e interna previste dal progetto formativo e deve risultare compatibile con lo svolgimento

 

Pag. 62

delle attività formative indicate dal progetto medesimo. Il contratto collettivo di cui al comma 1 può prevedere che eventuali ore aggiuntive di formazione non siano retribuite.
      4. Il trattamento economico degli apprendisti è stabilito dal contratto collettivo di cui al comma 1, in misura distinta, e in percentuale progressivamente crescente durante il corso del rapporto, rispetto al livello retributivo spettante al lavoratore in possesso della qualifica al cui conseguimento è preordinata l'assunzione con contratto di apprendistato, in misura comunque non inferiore a quella prevista dal precedente inferiore livello.
      5. Agli apprendisti sono estese le disposizioni vigenti relative al diritto alla conservazione del rapporto in caso di infortunio, di malattia, di maternità e di paternità, di servizio militare. La durata del rapporto di apprendistato è prolungata in misura corrispondente alla durata dei predetti periodi. Il contratto collettivo di cui al comma 1 può individuare le ulteriori cause di sospensione del rapporto che comportano tale prolungamento e definire i trattamenti economici per i periodi di conservazione del rapporto di lavoro.
      6. Cessato il periodo di prova, il licenziamento dell'apprendista, durante il periodo di apprendistato, è ammesso soltanto per giusta causa o per giustificato motivo.
      7. Sono consentite le dimissioni dell'apprendista, purché sia rispettato il termine di preavviso fissato dal contratto collettivo di cui al comma 1. In mancanza di determinazione a opera del medesimo contratto collettivo, la durata del preavviso è fissata in un giorno per ogni mese di durata prevista del contratto. Il datore di lavoro può assumere un nuovo apprendista per il medesimo progetto, comunicando la sostituzione ai servizi per l'impiego competenti, qualora vi sia compatibilità di durata del rapporto e di attività formative da svolgere.
      8. Qualora al termine del periodo di apprendistato non sia stata data formale disdetta, ai sensi dell'articolo 2118 del codice civile, il contratto di apprendistato
 

Pag. 63

si considera trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato e il lavoratore ha diritto all'inquadramento professionale corrispondente alla qualificazione professionale acquisita e certificata.
      9. Il periodo di apprendistato è computato ai fini dell'anzianità di servizio del lavoratore.
      10. Al rapporto di apprendistato si applica la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di trattamento di fine rapporto.

Art. 60.
(Prestazioni previdenziali e assistenziali).

      1. Agli apprendisti spettano tutte le prestazioni previdenziali e assistenziali previste per la generalità dei lavoratori alle dipendenze altrui da leggi e da contratti collettivi vigenti.

Art. 61.
(Contribuzione).

      1. Nel contratto di apprendistato la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a 10 euro settimanali. A carico dell'apprendista è posto un onere contributivo pari all'1 per cento della retribuzione dovuta. Al termine del rapporto tali benefìci contributivi sono mantenuti per due anni qualora lo stesso sia trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
      2. Durante il rapporto di apprendistato, la riduzione delle aliquote contributive è subordinata alla partecipazione degli apprendisti alle attività di formazione esterna previste nel progetto, a meno che la mancata partecipazione sia dovuta a carenze nella programmazione e nell'attivazione delle iniziative da parte dell'amministrazione regionale competente. In tale caso all'amministrazione competenze sono trasferiti gli oneri relativi alle agevolazioni contributive concesse.
      3. Nel settore artigiano e nelle imprese di piccole dimensioni, determinate dai decreti

 

Pag. 64

del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 18 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 1o ottobre 1997, e 27 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 14 novembre 1997, che hanno ottemperato alle prescrizioni sulla salute e sicurezza dei lavoratori previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è ridotta a 6 euro settimanali.
      4. Sono concesse agevolazioni contributive per i lavoratori impegnati in qualità di tutore nelle iniziative formative interne e che risultano in possesso di idonea competenza ed esperienza, ai sensi di quanto previsto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      5. L'onere per la copertura del differenziale contributivo, rispetto all'aliquota ordinaria, è posto a carico della Gestione interventi assistenziali dell'INPS.

Art. 62.
(Informativa e monitoraggio).

      1. Il datore di lavoro comunica i dati relativi ai contratti di apprendistato stipulati e al loro andamento agli organismi sindacali aziendali, se costituiti, o alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano provinciale, nonché alle consigliere provinciali di parità.
      2. Le strutture regionali competenti effettuano il monitoraggio delle attività di formazione progettate e attuate. All'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori è affidato il compito di elaborare un rapporto sullo stato di realizzazione dell'offerta di formazione esterna per gli apprendisti entro il 31 dicembre di ogni anno.

Art. 63.
(Sanzioni).

      1. La mancanza nel contratto della forma scritta, delle indicazioni di cui all'articolo

 

Pag. 65

56, comma 3, lettere a) e b), nonché la mancata effettuazione delle attività di formazione interna previste dal progetto, comportano la conversione del contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato sin dall'inizio del rapporto.
      2. Le omissioni o violazioni alle disposizioni di cui al presente capo, non rientranti nella fattispecie di cui al comma 1, sono punite con la sanzione amministrativa da 500 euro a 10.000 euro, in base ad una graduazione stabilita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L'importo delle sanzioni amministrative è versato su una apposita unità previsionale di base ed è assegnato al Fondo nazionale per l'occupazione.

Art. 64.
(Disciplina transitoria).

      1. Sono fatte salve, fino alla data di entrata in vigore dei decreti previsti dal presente capo, le disposizioni dei decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 8 aprile 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, 20 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 15 giugno 1999 e 28 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2000.

Capo II
CONTRATTO Dl INSERIMENTO
LAVORATIVO

Art. 65.
(Finalità del contratto di
inserimento lavorativo).

      1. Il contratto di inserimento lavorativo è finalizzato a favorire l'accesso al lavoro o il reingresso nel mercato del lavoro degli

 

Pag. 66

appartenenti alle seguenti categorie di soggetti:

          a) disoccupati di lunga durata di età superiore a venticinque anni o a ventinove anni se in possesso di diploma di laurea;

          b) disoccupati di età superiore a quarantacinque anni;

          c) disoccupati o inoccupati precedentemente impegnati in lavoro di cura di familiari.

Art. 66.
(Tipologia e disciplina del contratto
di inserimento lavorativo).

      1. Il contratto di inserimento lavorativo prevede lo svolgimento di uno specifico progetto formativo, di qualificazione o riqualificazione professionale, approvato dal centro per l'impiego competente per territorio, il cui esito sia dallo stesso verificato, ai sensi di quanto previsto dalla relativa disciplina regionale di attuazione.
      2. Il contratto di inserimento lavorativo può essere stipulato per la durata massima di dodici mesi. Non possono essere effettuate assunzioni con contratti di inserimento lavorativo da datori di lavoro che hanno effettuato licenziamenti nei dodici mesi precedenti.
      3. Al contratto di inserimento lavorativo si applicano le disposizioni in materia di apprendistato previste dalla legislazione vigente e dalla presente legge, fatto salvo quanto previsto dal presente articolo.
      4. Il datore di lavoro non può stipulare più di un contratto di inserimento lavorativo con lo stesso lavoratore.
      5. È fatto divieto di stipulare ulteriori contratti di inserimento lavorativo ai datori di lavoro che non hanno trasformato in assunzioni a tempo stabilmente indeterminato almeno il 60 per cento dei contratti di inserimento lavorativo venuti a scadenza nel biennio precedente, computandosi ciascun biennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Pag. 67

Art. 67.
(Incentivazione alla stipulazione
dei contratti).

      1. Il datore di lavoro ha diritto al rimborso delle spese sostenute, e adeguatamente documentate, in relazione al progetto formativo attuato. Il rimborso non può comunque eccedere l'importo massimo di 1.000 euro per ciascun lavoratore interessato.

Capo III
FORMAZIONE PERMANENTE

Art. 68.
(Diritto allo studio).

      1. Ai lavoratori alle dipendenze altrui, studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria, universitaria e di qualificazione professionale, statali, parificate legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, ovvero presso strutture accreditate, spettano permessi retribuiti, per esigenze di studio, fino a 150 ore pro capite annue a carico di un monte ore messo a disposizione di tutti i dipendenti, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 72, a condizione che il corso al quale il lavoratore intende partecipare si svolga per un numero di ore almeno doppio di quelle richieste come permesso retribuito.
      2. I permessi concessi ai sensi del comma 1 si aggiungono ai permessi giornalieri retribuiti per sostenere prove di esame previsti dall'articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
      3. Ai lavoratori di cui al presente articolo sono concessi per le stesse esigenze permessi non retribuiti fino ad un massimo di una settimana di calendario all'anno.

 

Pag. 68

Art. 69.
(Diritto all'aggiornamento).

      1. I lavoratori che, al fine di migliorare la propria cultura anche in relazione all'attività dell'azienda, intendono frequentare, presso istituti pubblici o legalmente riconosciuti, corsi di studio, hanno diritto di usufruire fino a 150 ore annue di permessi retribuiti a carico di un monte ore messo a disposizione di tutti i dipendenti, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 72, a condizione che il corso al quale il lavoratore intende partecipare si svolga per un numero di ore almeno doppio di quelle richieste come permesso retribuito.

Art. 70.
(Diritto alla formazione permanente).

      1. I lavoratori hanno diritto a permessi retribuiti fino a 150 ore pro capite annue per la formazione permanente, a carico di un monte ore messo a disposizione di tutti i dipendenti, definito sulla base di programmi e con criteri fissati con l'accordo aziendale di cui all'articolo 72.

Art. 71.
(Cumulo dei permessi).

      1. I permessi di cui agli articoli 68, 69 e 70 sono cumulabili nel limite massimo di 250 ore pro capite annue.

Art. 72.
(Piano aziendale formativo).

      1. Nelle imprese con più di cinque dipendenti con accordo aziendale tra l'impresa e la rappresentanza sindacale unitaria, o in mancanza, le rappresentanze sindacali aziendali, con cadenza annuale è definito il piano formativo, in conformità con quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo nazionale di categoria

 

Pag. 69

stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi.
      2. In particolare, l'accordo di cui al comma 1 definisce:

          a) i fabbisogni formativi;

          b) l'entità del finanziamento aziendale, in misura non inferiore all'1 per cento del monte salari;

          c) la partecipazione dei lavoratori al finanziamento del piano formativo, per un massimo di un terzo delle ore di frequenza;

          d) le modalità di utilizzo delle risorse collettive pubbliche, di provenienza regionale, nazionale e comunitaria, destinate alla formazione continua;

          e) i sistemi di mobilità orizzontale e verticale.

      3. Tre mesi prima dell'apertura delle trattative, preliminari all'accordo di cui al comma 1, la rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, le rappresentanze sindacali aziendali, ha diritto ad essere informata su:

          a) la situazione occupazionale del settore, del gruppo di imprese di cui all'articolo 2, e dell'impresa, in base alla congiuntura economica nonché agli orientamenti e agli investimenti produttivi dell'azienda;

          b) le misure formative attuate nell'esercizio annuale precedente;

          c) il numero e le qualifiche dei lavoratori coinvolti nella formazione;

          d) le risorse impiegate;

          e) i risultati conseguiti, disaggregati per sesso, per età e per qualifica.

      4. Decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge senza che sia stato raggiunto l'accordo di cui al comma 1, si applicano le norme del contratto collettivo di categoria. In mancanza si applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e seguenti.
      5. All'inizio di ogni anno è determinato il monte ore a disposizione dei lavoratori per l'esercizio del diritto all'aggiornamento, moltiplicando otto ore annue per tre ore e per il numero totale dei dipendenti

 

Pag. 70

occupati nell'azienda o nell'unità produttiva alla medesima data, salvi i conguagli successivi in relazione alle variazioni del numero dei dipendenti.
      6. I lavoratori che contemporaneamente possono assentarsi dall'azienda o dall'unità produttiva per l'esercizio del diritto allo studio non devono superare il 3 per cento del totale della forza occupata; deve comunque essere garantito in ogni reparto lo svolgimento dell'attività produttiva mediante accordi con la rappresentanza sindacale unitaria o, in mancanza, con le rappresentanze sindacali aziendali.
      7. Qualora il numero dei richiedenti comporti il superamento della metà del monte ore o determini l'insorgere di situazioni contrastanti con le condizioni di cui al comma 6, la direzione e la rappresentanza sindacale unitaria stabiliscono, tenendo presenti le istanze espresse dai lavoratori in ordine alla frequenza dei corsi nonché i criteri obiettivi per l'identificazione dei beneficiari dei permessi, fermo restando quanto previsto al citato comma 6, quali età, anzianità di servizio e caratteristiche dei corsi stessi.
      8. Saranno ammessi ai corsi coloro che sono in possesso dei necessari requisiti e sempre che ricorrano le condizioni oggettive indicate dal presente articolo.
      9. L'applicazione dei criteri di cui ai commi 5 e 6 avviene assicurando l'esercizio del diritto allo studio ad almeno un lavoratore per ciascuna azienda.

Art. 73.
(Modalità di utilizzo).

      1. Al fine di utilizzare i permessi di cui agli articoli 68, 69 e 70, il lavoratore interessato deve presentare apposita domanda scritta all'azienda nel termine e con le modalità concordate a livello aziendale. Tale termine non può comunque essere inferiore al trimestre.
      2. I lavoratori devono fornire all'azienda un certificato di iscrizione al corso di cui all'articolo 72, e, successivamente,

 

Pag. 71

i certificati di frequenza con la indicazione delle ore relative.
      3. Eventuali divergenze circa l'osservanza delle condizioni specificate dal presente articolo sono oggetto di esame congiunto tra la direzione e la rappresentanza sindacale unitaria, o, in mancanza, le rappresentanze sindacali aziendali.
      4. Le aziende erogano, durante la frequenza dei corsi, acconti mensili conguagliabili, commisurati alle ore di permessi usufruiti, fermo restando che il presupposto per il pagamento di tali ore, nei limiti e alle condizioni stabiliti ai sensi del presente articolo, è costituito dalla regolare frequenza dell'intero corso.

Art. 74.
(Licenziamenti e percorsi formativi).

      1. La legittimità dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, oltre che dei licenziamenti collettivi, è subordinata alla prova, con onere a carico del datore di lavoro, di aver assicurato ai lavoratori idonee misure di riqualificazione professionale.

Art. 75.
(Testo unico sulla formazione).

      1. Il Governo, sentite le regioni, provvede all'emanazione di un testo unico sulla formazione permanente in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze altrui, raccordando e sistematizzando le disposizioni vigenti in materia.
      2. Nelle materie di cui al comma 1, i comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite o conferite dalla legge statale o regionale, in conformità alle disposizioni ivi contenute. Fino alla data di entrata in vigore dei citati regolamenti, si applicano le disposizioni statali e regionali vigenti in materia.

 

Pag. 72


      3. Con decreto del Presidente della Repubblica, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato il regolamento recante norme per la costituzione di un sistema nazionale di standard e di certificazione delle competenze, che assicuri il riconoscimento delle competenze comunque acquisite, in diversi contesti di studio e di lavoro, a livello nazionale e comunitario, sulla base delle direttive e degli orientamenti dell'Unione europea. Il medesimo regolamento prevede, altresì, l'istituzione di un libretto formativo individuale, nel quale sono registrate le competenze certificate, al fine di consentirne la capitalizzazione anche in termini di crediti formativi, assicurando il diritto individuale alla formazione permanente. Il regolamento è emanato previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentite le parti sociali, allo scopo di garantire la corrispondenza tra domanda e offerta di professionalità.

Titolo VII
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 76.
(Norme finali).

      1. Ai fini di cui alla presente legge si applicano, qualora più favorevoli, le norme di legge o di contratto collettivo, statali o regionali, vigenti.
      2. Sono fatte salve, nelle materie di cui alla presente legge, le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano derivanti dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su