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PDL 4251

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4251



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

BOATO, BRUGGER, CASTAGNETTI, GIORDANO, INTINI, LA RUSSA, PECORARO SCANIO, PISICCHIO, RIZZO, VIOLANTE, ELIO VITO, VOLONTÈ

Modifica all'articolo 111 della Costituzione,
in materia di garanzia dei diritti delle vittime di reato

Presentata il 31 luglio 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 111 della Costituzione, modificato con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, al primo comma, stabilisce quali regole debbano assistere un processo nel nostro Paese perché questo possa ritenersi, per dettato costituzionale, giusto.
      Accanto a princìpi generali, come la regola del contraddittorio, che deve svolgersi in condizioni di parità, ed al principio della ragionevole durata del processo, il legislatore costituzionale si è anche soffermato sulla specifica disciplina di talune regole processuali. Manca però una previsione a tutela della vittima dei reati, nonostante si sia voluto accentuare il contenuto accusatorio del processo penale, e dunque la sua natura di processo di parti cui assegnare condizioni di parità.
      Si tratta allora di colmare questa lacuna restituendo, in linea con i princìpi costituzionali di solidarietà e di uguaglianza, diritto di cittadinanza processuale alle vittime del reato. È noto come oggi la vittima del reato non trovi alcuno spazio di tutela se non sia, al tempo stesso, costituita parte civile. Peraltro l'esercizio dell'azione civile in sede penale è visto con scarso favore dal sistema, in quanto appesantisce inevitabilmente l'iter processuale
 

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e costituisce un ostacolo alla rapida definizione del processo. Ecco perché la vittima viene emarginata nei procedimenti speciali che eliminano il dibattimento: così la parte civile non può interloquire sul contenuto del negozio processuale in cui si sostanzia l'applicazione della pena su richiesta delle parti, benché la relativa sentenza non esplichi alcuna efficacia nei giudizi civili o amministrativi (articolo 445, comma 1, del codice di procedura penale); e resta libera di accettare o meno il giudizio abbreviato richiesto dal solo imputato, ma la costituzione dopo l'avvenuta conoscenza dell'instaurazione del rito speciale equivale alla relativa accettazione.
      Inoltre le recenti modifiche legislative, che hanno previsto il compimento di un'integrazione probatoria su istanza di parte o d'ufficio da parte del giudice, non hanno contemplato la parte civile quale soggetto legittimato a farne richiesta, per cui, pur direttamente interessata alla rapida definizione del processo penale, la parte civile è di fatto scoraggiata dall'accettare il rito abbreviato.
      Anche dal giudizio per decreto la parte civile viene esclusa nonostante il decreto penale divenuto esecutivo non eserciti efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo (articolo 460, comma 5, del codice di procedura civile).
      Non è inoltre prevista alcuna impugnazione avverso le ordinanze che escludono la parte civile dal processo penale, benché tale provvedimento non impedisca la riproposizione della domanda risarcitoria nella sede propria, né determini la sospensione del giudizio civile (articolo 88, commi 2 e 3, del codice di procedura penale).
      Eppure, al di là delle intenzioni del legislatore, il ruolo della parte civile rimane intessuto di elementi pubblicistici in quanto persegue chiaramente un interesse punitivo, a volte persino sganciato da quello privatistico alle restituzioni o al risarcimento del danno, come quando ci si limiti a richiedere un risarcimento puramente simbolico o quando la costituzione sia operata nei confronti di un imputato notoriamente insolvente.
      Sono queste le ragioni che devono indurre il legislatore costituzionale a tutelare in maniera più incisiva la vittima del reato, come parte di pieno diritto nel processo penale. Tra l'altro, statuendo che, in caso di condanna, il giudice disponga il risarcimento e le restituzioni anche in difetto di costituzione di parte civile quantificando, in misura parziale, la somma dovuta, come prevedeva il progetto 1992 o «progetto Pagliaro», all'articolo 51, n. 4). Ovvero, in maniera ancor più incisiva, riconoscendo che il risarcimento del danno non patrimoniale ha finalità caratteristiche della sanzione penale più che di quella civile trasformandola, come avviene nei Compensation orders del diritto inglese, in sanzione autonoma rispetto al vero e proprio risarcimento del danno e farne esplicitamente una sorta di multa, prevista come sanzione aggiuntiva o alternativa, inflitta dal giudice penale e da versare al soggetto passivo del reato. Ovvero sottoponendo la sospensione della esecuzione della pena alla condizione dell'avvenuto risarcimento del danno, come avviene in Portogallo. O estendendo tale condizione all'accettazione della richiesta di patteggiamento.
      Sembra a questo punto opportuno richiamare la collocazione della vittima del reato nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, e le aperture nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee di Strasburgo che ha riconosciuto specifici doveri di «penalizzazione» da parte dei singoli Stati che hanno trovato una loro collocazione formale nella «Decisione quadro del Consiglio» datata 15 marzo 2001.
      In questo documento si definisce cosa debba intendersi per «vittima» di reato e le si garantisce la possibilità di essere sentita durante il procedimento (articolo 3); le si riconosce il diritto di accesso alle informazioni rilevanti ai fini della tutela dei suoi interessi, tra cui quella al patrocinio gratuito, nonché del seguito riservato alla sua denuncia e ad essere informata,
 

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nei casi in cui esiste un pericolo per la vittima, al momento del rilascio dell'imputato o della persona condannata (articoli 4 e 6); il diritto al rimborso, alla vittima, sia essa parte civile o testimone, delle spese sostenute a causa della sua legittima partecipazione al processo penale (articolo 7); il diritto alla protezione sua ed a quella dei suoi familiari e persone ad essi assimilabili, ove si accerti l'esistenza di una seria minaccia di atti di ritorsione o di intromissione nella sfera della vita privata; ma anche protezione appropriata della sfera privata e dell'immagine fotografica della vittima, dei suoi familiari e delle persone ad essi assimilabili, curando di evitare contatti tra vittima ed autori del reato negli edifici degli organi giurisdizionali, fornendo progressivamente tali edifici di luoghi d'attesa riservati alle vittime; garantendo tutela alle vittime più vulnerabili allorché devono rendere dichiarazioni in udienza pubblica, assicurando loro condizioni di sicurezza sulla base della decisione del giudice (articolo 8), e dettando una normativa che incoraggi l'autore del reato a prestare risarcimento alla vittima (articolo 9).
      Sono infine previsti la cooperazione tra Stati finalizzata alla protezione degli interessi della vittima nel procedimento penale, nonché la costituzione di servizi specializzati e di organizzazioni di assistenza alle vittime, attraverso la messa a disposizione di persone fornite di adeguata formazione professionale e allo scopo preparate nei servizi pubblici o mediante riconoscimento e finanziamento di organizzazioni di assistenza alle vittime.
      Come è dato rilevare, si tratta di un complesso di norme assai avanzate in materia di protezione ed assistenza alle vittime, destinato ad entrare in vigore parte entro il 22 marzo 2002, parte entro il 22 marzo 2004 e parte entro il marzo 2006.
      Su questo tema si sono sensibilizzati anche gli Stati Uniti, che hanno approvato una proposta di emendamento alla Costituzione, denominata Crime Victims Bill of Rights, tesa a garantire una serie di diritti alle vittime di crimini violenti: in particolare, quello ad informare e ad essere informati; a presenziare a tutte le fasi del procedimento; ad essere ascoltato in ogni fase del processo, così come avviene per l'imputato; ad essere informati su tutto ciò che riguarda l'aggressore (sue dichiarazioni, suoi precedenti, eccetera) ad avere un processo veloce; ad ottenere la restituzione totale dei danni da parte dell'imputato una volta che sia stato condannato; ad essere ragionevolmente protetto dagli atti violenti dell'imputato o dal comportamento violento del condannato; ad essere informato sui diritti spettanti alle vittime.
      Si tratta, a ben vedere, di previsioni assai simili a quelle dettate dalla decisione quadro del Consiglio d'Europa, che tendono a superare ritardi e vuoti normativi fortemente pregiudizievoli per il soggetto più debole e meno garantito del processo penale. L'emendamento in questione si applica automaticamente alle vittime dei crimini violenti, ma è consentito ai singoli Stati e al Congresso di estendere tali diritti, mediante legge, anche alle vittime di altri reati.
      Diviene a questo punto ancora più necessaria una doverosa tutela della vittima del reato all'interno delle regole del giusto processo.
      È per superare i ritardi, rendere attuali le prescrizioni del Consiglio d'Europa, più giusto il processo penale, che si propone di riconoscere, nel testo dell'articolo 111 della Costituzione, cittadinanza processuale alla vittima del reato attraverso la previsione che ad essa si applicano tutte le norme dettate a garanzia della persona accusata di un reato. Sarà sufficiente questo richiamo per convincere il legislatore ordinario ad attuare il quadro normativo dettato a garanzia dei diritti delle vittime del reato in sede di Consiglio d'Europa, a superare i notevoli ritardi finora accumulati e a realizzare un processo penale certamente, in questo modo, più giusto.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. Dopo il quinto comma dell'articolo 111 della Costituzione è inserito il seguente:

      «La legge garantisce i diritti e le facoltà delle vittime del reato».


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