|
|
CAMERA DEI DEPUTATI
|
N. 3052 |
Caratteristiche | fascismo | nazional-socialismo | comunismo |
Libertà politica | *** | *** | *** |
Libertà di stampa | *** | *** | *** |
Libertà di parola | *** | *** | *** |
Libertà di associazione | *** | *** | *** |
Omicidi | * | ** | *** |
Eccidi | * | *** | *** |
Campi di concentramento | * | *** | *** |
Deportazioni etniche | - | - | *** |
Discriminazioni razziali | * | *** | * |
Durata dittatura | ** | * | *** |
Numerosità popolazioni coinvolte | * | ** | *** |
Qualora si concordasse, sia pure a grandi linee data l'ipersemplificazione dello strumento, sulla validità sostanziale dell'analisi, emergerebbe un'anomalia storica degna di riflessione: mentre il sistema totalitario nazional-socialista, annullato in forza di un intervento esterno, è stato sottoposto a giudizio e condanna formali davanti al tribunale internazionale di Norimberga, il sistema totalitario comunista, annullato per autodissoluzione, è scampato a tale sorte, in forza di una «franchigia giudiziaria», acquisita per un concorso singolare di fattori favorevoli che ne hanno temporaneamente legittimato la natura antidemocratica. In effetti il patto di alleanza siglato, nel 1939, fra il totalitarismo nazional-socialista e quello comunista, con l'accordo Hitler-Stalin, aveva dirottato l'aggressività nazional-socialista contro il sistema dei Paesi democratici, che si erano così trovati di fronte un totalitarismo nemico ed a lato un totalitarismo formalmente neutrale. Nel 1941, con l'attacco del totalitarismo nazional-socialista a quello comunista, quest'ultimo, data la comunanza dell'avversario, si era trovato automaticamente promosso ad alleato del sistema democratico, ricevendo quindi implicitamente un attestato di legittimazione, anche se nulla era cambiato nella sua struttura totalitaria. Si è realizzato in sostanza un sillogismo di tipo «sofistico», così formulato: i Paesi democratici hanno combattuto il totalitarismo nazional-socialista e fascista, il totalitarismo comunista ha combattuto lo stesso avversario, quindi il totalitarismo comunista è democratico.
Con la sconfitta del totalitarismo nazional-socialista, il sistema comunista aveva teoricamente «liberato» una serie di Paesi come la Germania orientale, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Romania, limitandosi tuttavia a sostituire, con il proprio, il totalitarismo nazional-socialista, esponendosi quindi alle rivolte democratiche in Germania orientale, Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia, e vedendosi costretto a costruire un simbolo di oppressione come il Muro di Berlino.
La «franchigia giudiziaria», ottenuta in base ad una legittimazione opportunistica, non può tuttavia assumere carattere permanente. La circostanza che un totalitarismo
1) all'articolo 6a, crimini contro la pace;
2) all'articolo 6b, crimini di guerra;
3) all'articolo 6c, crimini contro l'umanità.
I crimini commessi dal totalitarismo comunista rientrano in tutte e tre le categorie menzionate, come dimostrano alcune menzioni a puro titolo esemplificativo:
1) articolo 6a: spartizione della Polonia, annessione all'URSS degli Stati baltici, della Bucovina del Nord e della Bessarabia, aggressione alla Finlandia;
2) articolo 6b: liquidazione degli ufficiali polacchi nelle fosse di Katyn, soppressione nei gulag di soldati tedeschi prigionieri, saccheggio sistematico degli apparati industriali nei Paesi occupati;
3) articolo 6c: azioni di sterminio nei confronti dei cosacchi, azioni di sterminio nei confronti dei contadini ricchi (kulaki), foibe istriane, «triangolo della morte» in Emilia, azioni di sterminio contro gruppi sociali: nobiltà, borghesi, intellettuali, clero, o contro categorie professionali: ufficiali, gendarmi, medici, eccetera.
Secondo il sopracitato Libro nero i regimi comunisti hanno sulla coscienza, il seguente numero di morti, stimato alla fine degli anni novanta:
URSS, 20 milioni;
Cina, 65 milioni;
Vietnam, 1 milione;
Corea del nord, 2 milioni;
Cambogia, 2 milioni;
Europa dell'est, 1 milione;
America latina, 150 mila;
Africa, 1,7 milioni;
Afghanistan, 1,5 milioni;
Movimenti comunisti non al potere: 10 mila.
Ci si potrebbe interrogare sull'utilità di una «rivisitazione» della storia comunista in base ad un criterio di confronti criminali, sostenendo che a questa stregua andrebbero chiamate in causa altre storie di oppressione e di violenza, esemplificate dalle persecuzioni religiose o dal colonialismo. Indipendentemente dal fatto che la ricerca della verità rappresenta un dovere morale, al di fuori di criteri opportunistici circa l'utilità o meno dell'indagine, nel caso dei totalitarismi del secolo scorso l'esigenza appare del tutto giustificata, almeno per due motivi:
1) a parità di efferatezza, due totalitarismi, quello fascista e quello nazional-socialista, sono stati formalmente condannati, mentre quello comunista ha goduto della franchigia giudiziaria, creando così una sperequazione intollerabile per la coscienza civile e violando le più elementari regole di par condicio. Pur in presenza di tale situazione si continua a demonizzare il fascismo, estinto e condannato, tacendo del comunismo;
2) a differenza dei totalitarismi fascista e nazional-socialista, che risultano estinti, quello comunista è tuttora vitale: non va dimenticato infatti che solo il 37 per cento della popolazione originariamente sottoposta al regime comunista è stato liberato dal giogo, il che significa che il 63 per cento delle popolazioni inizialmente sottomesse è ancora sottoposto all'oppressione totalitaria. Tale fatto, a parte l'ingiustizia della mancata liberazione, rappresenta una mina vagante per la collettività internazionale, in quanto la mancata condanna ufficiale di un regime politico inaccettabile potrebbe consentirne il rilancio, con gravi rischi per l'equilibrio democratico mondiale.
Né vale, a vanificare l'opportunità dell'analisi, l'obiezione del troppo tempo trascorso: per altri casi, pur dolorosissimi, ma di rilievo comunque inferiore alla tragedia sovietica, come Piazza Fontana ed Ustica, permane dopo decenni una pungente curiosità, data la collocazione della loro matrice, sospetta alle sinistre.
Alla luce delle considerazioni esposte si ravvisa come urgente la necessità di porre rimedio ad una situazione di ingiustizia diffusa attraverso l'istituzione di un tribunale internazionale che giudichi i crimini del comunismo. Tale tribunale non può che ispirarsi a criteri simbolici e pronunciare quindi giudizi che abbiano soltanto un significato esemplare, capaci di incidere comunque, per il loro valore morale, sulla coscienza della collettività. Non va dimenticato che esistono precedenti autorevoli di tribunali del genere, fra cui in tempi recenti il tribunale Russel, istituito per giudicare i fatti del Vietnam, rappresenta un esempio significativo.
In omaggio alla natura simbolica del tribunale internazionale va ricercato un nome di alto significato che ne incarni con immediatezza la missione. Si propone quindi l'istituzione del tribunale internazionale «Jan Palach», in omaggio alla memoria di un giovane che ha sacrificato la propria vita alla condanna di un regime giudicato inaccettabile, attribuendo con la rinuncia suprema la massima credibilità al proprio gesto.
L'Italia appare particolarmente adatta a promuovere l'istituzione di tale tribunale e a divenirne la sede. Il nostro Paese ha ospitato infatti nel dopoguerra il più numeroso partito comunista occidentale retto da un Governo sostenuto da un partito che non faceva mistero della propria fedeltà ai princìpi marxisti.
Sarebbe assai positivo se, a conclusione dei lavori dell'istituendo tribunale, ogni cittadino italiano potesse sentirsi ugualmente orgoglioso per il fatto di essere sia antifascista che anticomunista, rientrando così semplicemente nella categoria degli antitotalitaristi ossia, in positivo, dei genuini democratici, senza mistificazioni semantiche di sorta. Si realizzerebbe così una unificazione culturale ecumenica nella valutazione del totalitarismo, ricondotto alla sua natura di «genere», azzerando la visione emiplegica che ha finora caratterizzato i giudizi sull'argomento.
Alla luce delle considerazioni esposte la presente proposta di legge propone l'istituzione di un tribunale simbolico denominato «Jan Palach», investito della missione di indagare sui crimini del comunismo dal 1917 ai giorni nostri, e di emanare sentenze di valore morale, al fine di consentire alla coscienza collettiva l'acquisizione di un nuovo equilibrio, basato sull'analisi documentata dei fatti.
All'articolo 1 è promossa l'istituzione del tribunale internazionale sui crimini commessi dal comunismo. In omaggio alla memoria di un giovane, Jan Palach, che ha sacrificato la propria vita in segno di protesta contro l'oppressione comunista, si propone che il nome del tribunale stesso sia dedicato alla sua memoria.
In particolare, si attribuisce al Governo italiano il compito ad operare presso i competenti organismi internazionali al fine di promuovere l'istituzione del tribunale.
Al tribunale è affidato il compito di indagare sui seguenti crimini legati all'attività dei governi comunisti:
a) crimini di guerra;
b) crimini contro l'umanità;
c) crimini contro la pace.
Sono suggerite inoltre le categorie candidabili a partecipare alla composizione del tribunale, come i Premi Nobel per la pace, gli studiosi e gli esperti nell'analisi del problema, un magistrato con almeno venti anni di attività per ogni Stato aderente.
All'articolo 2 è istituita la sezione italiana del tribunale internazionale.
All'articolo 3 si prevede che le condanne comminate dall'istituendo tribunale internazionale nonché dalla sezione italiana, ove non di concreta attuazione, abbiano comunque alto valore morale.
1. Il Governo si attiva presso gli organismi internazionali competenti al fine di promuovere l'istituzione del tribunale internazionale sui crimini del comunismo, denominato «Jan Palach», al quale sono affidati i seguenti compiti:
a) indagare sui crimini compiuti dai regimi comunisti a decorrere dall'anno 1917 al fine di individuarne i responsabili;
b) indagare, in particolare, sui crimini commessi dai regimi di cui alla lettera a), suddivisi nelle seguenti categorie:
1) crimini di guerra;
2) crimini contro l'umanità;
3) crimini contro la pace;
c) individuare i casi di violazione, operati dai regimi di cui alla lettera a), delle libertà politica, di stampa, di parola e di associazione, i casi di omicidi e di eccidi, di deportazioni etniche e di discriminazioni razziali nonché procedere alle opportune indagini al fine di attestare l'esistenza di campi di prigionia, di concentramento e di sterminio, ancora operanti ovvero dismessi.
2. Il Governo si attiva, altresì, affinché in sede di definizione della composizione del tribunale di cui al comma 1 sia prevista la presenza di personalità insignite del Premio Nobel per la pace, di studiosi ed esperti in materia storica ed, in particolare, nella storia dei regimi comunisti, nonché di magistrati con almeno venti anni di attività in rappresentanza di ciascuno Stato aderente al tribunale.
1. Entro sei mesi dalla data di istituzione del tribunale internazionale sui crimini del comunismo, denominato «Jan
1. L'azione penale e civile dell'istituendo tribunale internazionale nonché dalla sezione italiana di cui alla presente legge, ove non sia possibile la comminazione di pene, detentive o pecuniarie, a causa del mancato accordo dello Stato interessato, è comunque esercitata mediante la pronuncia di giudizi simbolici di condanna, testimonianti l'alto valore morale dell'attività svolta e incidenti sulle coscienze dei popoli.
|