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PDL 3466

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3466



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

TIDEI, ANNUNZIATA, EMERENZIO BARBIERI, BELLINI, BENVENUTO, BOLOGNESI, BONITO, BRUSCO, CAMO, CARBONELLA, CRISCI, D'ALIA, GALEAZZI, GIACCO, LABATE, LUCCHESE, LUCIDI, LUMIA, LUSETTI, MEDURI, MILANESE, NESPOLI, PANATTONI, LUIGI PEPE, PERLINI, QUARTIANI, ROCCHI, RUGGHIA, SANDI, SAVO, SPINI, STRAMACCIONI, TANONI, TOLOTTI, TRUPIA, ZANELLA

Modifiche all'articolo 6 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di avvocature dei comuni e delle province

Presentata il 10 dicembre 2002


      

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Onorevoli Colleghi! - L'attuale ordinamento richiede che gli avvocati dei comuni e delle province, ancorché appartenenti alle avvocature degli enti presso i quali prestano servizio come professionisti-dipendenti, debbano essere muniti di procura (generale o speciale, secondo i casi previsti dalle norme processuali) per poter rappresentare in giudizio l'ente (rappresentanza, nella specie, solo processuale, altrimenti detta jus postulandi).
      Nei confronti di comuni e province si applica, insomma, la regola che disciplina la rappresentanza in giudizio di qualunque persona giuridica, pubblica o privata.
      Tale normativa appare ed è - all'evidenza - costosa in termini economici ed organizzativi, ed è anche fonte talora di contenzioso specifico, fondato su profili esclusivamente formali.
      Essa, peraltro, è anche francamente irrazionale, ove si consideri che gli avvocati appartenenti alle avvocature dei comuni e delle province - come del resto tutti gli avvocati iscritti all'elenco speciale annesso all'Albo degli avvocati di cui all'articolo 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 - sono, proprio in quanto tali, in possesso di qualità riconoscibile da chiunque vi abbia interesse, e vincolati
 

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dalla medesima legge sull'ordinamento professionale all'esercizio della professione forense limitatamente agli affari riguardanti l'ente dal quale dipendono.
      Sembra dunque opportuno, utile e maturo, anche in considerazione del ruolo assunto dagli enti rappresentativi delle comunità locali nell'ordinamento della Repubblica, disciplinare questo aspetto dell'attività dei comuni e delle province in modo analogo a quanto la legge prevede per l'Avvocatura dello Stato (regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in particolare all'articolo 1); ciò allo scopo di semplificare e snellire procedure e modalità operative.
      In parallelo e contestualmente, e sempre allo scopo di semplificare l'azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi generali vigenti nell'ordinamento in materia di competenza dirigenziale e di autonomia statutaria, sembra opportuno chiarire anche sul versante interno la normativa già implicitamente contenuta nell'articolo 6 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fissando una regola che si ispira a quella già vigente per le Amministrazioni dello Stato, e che disciplina altresì - anche se con valenza opportunamente limitata ai rapporti interni e dunque senza rilevanza per i terzi - i modi di soluzione di eventuali divergenze tra dirigenti dell'amministrazione ed avvocatura.
      Superato, dunque, il vecchio ordinamento degli enti locali del 1934 (che addirittura prevedeva per ogni lite la necessità di una deliberazione consiliare, principio temperato nei maggiori comuni dalla possibilità di delegare tale potere alla giunta) e stabilita anche in questa materia - da ultimo, come si è detto, con il testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, articolo 6 - la competenza dirigenziale, sembra opportuno e coerente con il sistema (decreto legislativo n. 165 del 2001 per i dirigenti generali dello Stato), rimettere la disciplina delle competenze interne all'ente in materia di liti allo statuto, fermo restando che, nei confronti dei terzi, vale e rileva - come la costante giurisprudenza ha chiarito a proposito delle Amministrazioni dello Stato e dell'Avvocatura dello Stato - soltanto la disciplina generale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 6 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, dopo le parole: «delle minoranze,» è inserita la seguente: «nonché» e dopo le parole: «in giudizio» sono inserite le seguenti: «, salvo quanto stabilito ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater».

          b) dopo il comma 6, sono aggiunti i seguenti:

      «6-bis. La rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dei comuni e delle province spetta alla loro avvocatura, ove costituita, nel rispetto dell'ordinamento professionale.

      6-ter. Fatte salve le norme sull'ordinamento della professione forense, gli avvocati dei comuni e delle province di cui al comma 6-bis, purché consti la loro qualità, esercitano la loro funzione dinanzi a tutte le giurisdizioni senza necessità di mandato, anche quando sia richiesto il mandato speciale.

      6-quater. Lo statuto disciplina le competenze in ordine alla instaurazione, alla resistenza, alla conciliazione ed alla transazione delle liti. Lo statuto regola inoltre la risoluzione delle divergenze tra uffici ed avvocatura circa la instaurazione di un giudizio o la resistenza nel medesimo».


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