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PDL 5799

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5799



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ONNIS

Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, in materia di notifica dell'avviso previsto dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale nel procedimento penale dinanzi al giudice di pace

Presentata il 20 aprile 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, recante «Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace», non prevede che, all'esito delle indagini preliminari, il pubblico ministero - quando non ritenga di dover chiedere l'archiviazione - faccia notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore l'avviso di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale.
      La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che (nonostante il generale richiamo alle norme del codice di rito, contenuto nell'articolo 2 del citato decreto legislativo n. 274 del 2000) l'istituto disciplinato dal predetto articolo 415-bis non può trovare spazio, in via interpretativa, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, appunto perché nulla dispongono, al riguardo, gli articoli 15 e 20 del medesimo decreto legislativo n. 274 del 2000 (confronta Cassazione sezione IV, 21 ottobre 2004, Spatafora, RV. 230005; Cassazione, sezione IV, 14 gennaio 2004, Granato, RV. 227087; Cassazione, sezione II, 22 dicembre 2003, Romeo, RV. 227739).
      Recentemente, anche la Corte costituzionale (sollecitata con le ordinanze di rimessione nn. 410 del 2003, 450 del 2003, 564 del 2003 e 1192 del 2003) ha preso posizione sul medesimo tema, dichiarando manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate a proposito dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 274 del 2000, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione (ordinanza n. 201 del 2004, depositata il 28 giugno 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 1a serie speciale, n. 26 del 7 luglio 2004).
      Già risolvendo analoghe questioni proposte in relazione alla mancata previsione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei riti alternativi disciplinati dal codice di procedura penale, la Consulta aveva affermato che quell'istituto non è conseguenza necessaria e ineludibile del diritto di difesa, che, invece, nell'esercizio della discrezionalità legislativa, ben
 

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può essere adattato alla specifica natura del procedimento.
      Ad esempio, nel caso del procedimento per decreto, la Corte costituzionale aveva in più occasioni chiarito che «l'innesto», in quel rito, degli adempimenti descritti dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale «ne snaturerebbe la struttura e le finalità, inserendovi una procedura incidentale che potrebbe determinare una notevole dilatazione temporale, e si sostanzierebbe in una garanzia che, oltre a essere costituzionalmente non imposta, si rivelerebbe del tutto incongrua rispetto ai caratteri del rito speciale» (ordinanza n. 32 del 2003; nello stesso senso, ordinanze nn. 131, 132 e 257 del 2003).
      Muovendosi sulla stessa linea argomentativa, la citata ordinanza n. 201 del 2004 ha ribadito che «le forme del diritto di difesa possono essere diversamente modulate in relazione alle caratteristiche dei singoli riti speciali ed ai criteri di massima celerità e semplificazione che li ispirano», concludendo che «la previsione dell'avviso di conclusione delle indagini non è una soluzione costituzionalmente obbligata, tanto più rispetto al procedimento penale davanti al giudice di pace, caratterizzato da forme particolarmente snelle, di per sé non comparabili con quelle che caratterizzano il procedimento per i reati di competenza del tribunale».
      I presupposti logici della decisione assunta dalla Consulta appaiono senz'altro convincenti, non potendosi certo disconoscere che il diritto di difesa possa esplicarsi in modo diverso, in ragione delle particolarità del rito, né che il procedimento dinanzi al giudice di pace sia caratterizzato da una semplificazione delle forme, rispetto alle previsioni del codice di procedura penale.
      Tuttavia, non dovrebbe trascurarsi che anche il rito disciplinato dal decreto legislativo n. 274 del 2000 ha (prima dello scopo conciliativo descritto dall'articolo 2 del medesimo decreto legislativo) la funzione tipica del processo penale, in quanto tende ad accertare i reati e a sanzionare le connesse responsabilità.
      L'istituto di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale, d'altronde, realizza la migliore, più efficace tutela del diritto di difesa, in linea con le previsioni dell'articolo 111 della Costituzione, consentendo alla persona sottoposta alle indagini di conoscere - prima dell'esercizio dell'azione penale - l'accusa a suo carico e gli elementi che dovrebbero sostenerla, per contrastarla nel modo ritenuto più congruo.
      Quindi, nel procedimento penale dinanzi al giudice di pace, la rinuncia a tale forma di contraddittorio anticipato tra accusa e difesa non potrebbe certo essere giustificata dalla volontà di semplificare il rito o di giungere più rapidamente possibile all'epilogo del medesimo: se così fosse, la ricerca dell'efficienza assumerebbe «valore preminente, divorando le garanzie» di difesa.
      Se si rinuncia all'opportunità di apprendere e di verificare la versione della persona sottoposta alle indagini, prima che essa assuma la veste di imputato, si accetta il rischio di esercitare l'azione penale sulla scorta di indagini incomplete, allungando i tempi di definizione del processo e magari perdendo definitivamente la possibilità di acquisire spunti (testimonianze, documenti o altri elementi di conoscenza e di valutazione) che sarebbero utili, o addirittura indispensabili, per la decisione, sia essa di condanna o di assoluzione.
      Anche sotto questo profilo, che si direbbe oggettivo, allora, sarebbe opportuno prevedere, nel rito che si celebra dinanzi al giudice di pace, la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini.
      Tra l'altro, la realizzazione di questo adempimento non potrebbe compromettere la rapidità della procedura, in quanto i termini contemplati, in funzione acceleratoria, dal predetto articolo 415-bis sono comunque assai contenuti.
      La presente proposta di legge, pertanto, modifica gli articoli 12, 15 e 20 del decreto legislativo n. 274 del 2000, prevedendo che, prima dell'esercizio dell'azione penale per iniziativa del pubblico ministero, si debba comunque notificare l'avviso di conclusione delle indagini, in favore dell'indagato e del difensore, a pena di nullità della successiva citazione a giudizio.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo la parola: «indagine,» sono inserite le seguenti: «fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore l'avviso di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale e, dopo gli adempimenti o, comunque, alla scadenza dei termini ivi previsti,».

Art. 2.

      1. Al comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo la parola: «archiviazione,» sono inserite le seguenti: «fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore l'avviso di cui all'articolo 415-bis del codice di procedura penale e, dopo gli adempimenti o, comunque, alla scadenza dei termini ivi previsti,».

Art. 3.

      1. All'articolo 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

        «6-bis. La citazione è altresì nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, del medesimo codice, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta a interrogatorio nel termine indicato dal citato articolo 415-bis, comma 3».


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