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PDL 5658

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5658



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MILANESE

Introduzione dell'articolo 317-ter del codice civile, concernente il diritto di visita degli ascendenti

Presentata il 23 febbraio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi decenni la società familiare ha subìto profonde trasformazioni, a livello sociale prima che giuridico, stante l'oggettiva difficoltà per il legislatore di calibrare lo strumento normativo su fattispecie in continua evoluzione: difficoltà evidenziata efficacemente già dallo Jemolo quando, con felice espressione, paragonò la famiglia ad «un'isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto».
      Essa è, infatti, una realtà estremamente mutevole che risente, forse più di ogni altra formazione sociale, del progredire del costume, dei rapporti sociali e politici e del cambiamento che ha caratterizzato gli stessi rapporti personali nell'attuale fase storica.
      Abbandonato il tradizionale modello patriarcale - proprio di società prevalentemente agricole - che comprendeva tutti i discendenti da un comune capostipite e li assoggettava all'indiscussa autorità del pater familias, a seguito dei processi di industrializzazione si afferma il nuovo modello di famiglia cosiddetto «nucleare», ristretta al rapporto coniugi-figli e non più retta dall'autorità di un capo, ma dal comune accordo e dall'affetto dei coniugi.
      È proprio a quest'ultimo modello familiare che si ispira la nostra Carta costituzionale negli articoli 29, 30 e 31 che recepiscono, con circa un secolo di ritardo, una trasformazione ormai consolidata a livello sociale, ma del tutto trascurata a livello normativo. Analogo recepimento, sul piano della legislazione ordinaria, si ha solo nel 1975 (legge n. 151 del 1975), quando la riforma del diritto di famiglia adegua le disposizioni codicistiche alla mutata coscienza sociale e al nuovo quadro costituzionale di riferimento.
      Orbene, la citata riforma, entrata in vigore ormai trent'anni orsono, mostra oggi lacune che è indispensabile colmare, in quanto nel frattempo la comunità familiare
 

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ha visto emergere nuove figure di riferimento, che appare indilazionabile fornire di riconoscimento e di tutela giuridica.
      Ci riferiamo, in particolare, ai nonni, la cui rinnovata importanza da un punto di vista sociale nasce, paradossalmente, proprio dalla contrazione della famiglia da patriarcale a nucleare: è appunto questa trasformazione, unitamente all'aumento dell'età media e del lavoro femminile, che ha riportato alla luce, restituendole piena dignità, la figura dei nonni.
      Si tratta, infatti, delle uniche persone che, in certe ore della giornata, hanno tempo per occuparsi concretamente dei minori, svolgendo nei loro confronti un ruolo educativo paragonabile a quello dei genitori e divenendo, in questo modo, un importante punto di riferimento, non solo affettivo.
      I problemi sorgono nel momento, non infrequente purtroppo, in cui i genitori del minore (o quello tra essi che eserciti in via esclusiva la potestà sul minore) ostacolano lo svolgersi del rapporto tra i figli ed i nonni. Nella maggioranza dei casi ciò avviene a seguito della separazione o dello scioglimento del vincolo matrimoniale, ovvero - per le coppie di fatto - del cessare della convivenza, dunque sia nelle ipotesi di separazione e divorzio (inteso in senso atecnico se riferito alle coppie di fatto), sia in quelle di morte di uno dei genitori. Non si può, peraltro, escludere che siffatto impedimento del rapporto tra nonni e nipoti avvenga anche in costanza di matrimonio o di convivenza, sebbene si tratti di ipotesi non facilmente quantificabili, rimanendo il più delle volte relegate nell'ambito del privato delle relazioni parentali.
      In tutti questi casi occorre garantire che il minore non perda rapporti per lui consueti, validi e rassicuranti, che la moderna psicologia sottolinea essere essenziali per un corretto ed equilibrato sviluppo della sua personalità.
      Orbene, mentre l'ordinamento vigente contempla e tutela il rapporto tra il minore ed i genitori (si pensi, tra gli altri, all'istituto del diritto di visita), non fa altrettanto nel caso del rapporto tra il minore ed i nonni, che, allo stato, non vantano alcun diritto.
      Dottrina e giurisprudenza, infatti, salvo poche voci discordanti, negano che possa riconoscersi ai nonni un diritto di visita nei confronti dei nipoti, in quanto mancano precisi riferimenti normativi cui ancorarlo. Generalmente si nega che tale diritto possa rinvenirsi nell'articolo 336 del codice civile, che si riferisce ad una limitata ipotesi di sollecito dell'intervento del giudice, o negli articoli 433 e 536 del codice civile, che riguardano rapporti di contenuto economico.
      Alcuni autori esprimono una posizione favorevole al riconoscimento del diritto di visita fondandosi sull'articolo 74 del codice civile, che afferma il vincolo di parentela tra le persone che discendono da un medesimo stipite: ma a ben guardare questa norma non è in sé attributiva di diritti, quanto di una qualifica cui altre norme possono riconnettere conseguenze.
      La giurisprudenza, piuttosto che un diritto soggettivo perfetto, riconosce ai parenti, ed ai nonni in particolare, un interesse legittimo, non reclamabile direttamente e subordinato all'interesse dei minori.
      In questo senso si esprime, in maniera particolarmente chiara, il tribunale per i minorenni di Roma, che in una sentenza del 1987 dichiara che «non spetta, de iure condito, ai nonni e agli altri parenti un vero e proprio diritto soggettivo di visita nei riguardi del nipote minore, mancando, nel sistema, una norma esplicita che tale diritto direttamente preveda; tuttavia l'interesse legittimo dei nonni e degli altri parenti a visitare il nipote trova incondizionato riconoscimento e piena tutela ogni qual volta esso venga a coincidere con l'interesse del minore ad instaurare e mantenere congrui rapporti con i propri congiunti diversi dai genitori, vale a dire allorché la visita dei nonni e degli altri parenti non arrechi al minore stesso un danno rilevante ed un eventuale divieto dei genitori si ponga così contro l'interesse della prole ad un'ottimale integrazione nell'ambito della parentela».
 

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      Il suddetto orientamento giurisprudenziale ha, peraltro, trovato autorevole accoglimento in una sentenza della Corte di cassazione (25 settembre 1998, n. 9606), della quale non si è mancato di sottolineare il contenuto innovativo: in essa il giudice di legittimità ha stabilito che «la mancanza di previsione di legge non è sufficiente per precludere al giudice di riconoscere e regolamentare tali rapporti (...) che affondano le radici nella tradizione familiare che trova riconoscimento nella Costituzione (...) rientrando la tutela del vincolo affettivo e di sangue che lega nonni e nipoti nell'ambito del precipuo interesse del minore».
      La legislazione vigente non attribuisce dunque ai nonni un diritto di visita, né tutela altrimenti il rapporto tra gli stessi ed i nipoti. Di qui la necessità di un intervento normativo che fondi in capo ad essi un diritto proprio, autonomamente azionabile e reclamabile, recependo in tale guisa le istanze di tutela espresse dalla comunità e colmando un vuoto che allontana in maniera sensibile la realtà giuridica da quella sociale.
      In questo si sostanzia la ratio della presente proposta di legge, che si prefigge di introdurre un articolo aggiuntivo, il 317-ter, nel libro I, titolo IX, del codice civile, che contiene le disposizioni in materia di potestà dei genitori. E così, sotto la rubrica «Diritto di visita degli ascendenti», si sancisce il diritto medesimo in favore dei nonni, scegliendo una formulazione particolarmente ampia, tale da consentirne l'azionabilità sia nelle ipotesi di filiazione legittima, sia in quelle di filiazione naturale.
      È appena il caso di sottolineare che il diritto di visita si sostanzia in una facoltà finalizzata al mantenimento di un rapporto diretto con il minore, non avente carattere assoluto, ma subordinato all'interesse di quest'ultimo. Pertanto il giudice potrà legittimamente disciplinarlo nella maniera più idonea al perseguimento di tale obiettivo e, financo, disconoscerlo ove l'esercizio di esso si ponga in contrasto con la salute psico-fisica del minore.
      Il terzo comma dell'articolo 317-ter disciplina la competenza, da parte del tribunale per i minorenni, del provvedimenti di cui al secondo comma.
      A chiusura dell'articolo, il quarto comma, infine, radica la competenza ad adottare i provvedimenti disciplinanti le modalità di esercizio del diritto de quo, nei casi di separazione e divorzio, in capo al medesimo giudice della separazione o del divorzio.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 317-bis del codice civile è inserito il seguente:

      «Art. 317-ter - (Diritto di visita degli ascendenti) - I genitori, o il genitore che ha l'esercizio della potestà sul minore, hanno il dovere dl consentire e di non ostacolare il rapporto tra i figli e i genitori del padre e della madre dei figli, ove ciò non sia in contrasto con l'interesse del minore.
      In caso di inosservanza di quanto disposto al primo comma, il giudice, accertato l'inadempimento dell'obbligo, su istanza dei genitori del padre e della madre del minore, sentito chi esercita la potestà e, qualora lo ritenga opportuno, il minore, disciplina le modalità di esercizio del diritto di visita.
      I provvedimenti di cui al secondo comma sono di competenza del tribunale per i minorenni.
      Nei giudizi di separazione personale giudiziale e di divorzio, il giudice competente ad assumere i provvedimenti di cui al secondo comma è lo stesso giudice della separazione o del divorzio».

      2. All'articolo 38, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, dopo la parola: «317-bis,» sono inserite le seguenti: «317-ter, primo e secondo comma,».


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