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PDL 5540

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5540



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BIMBI, BOATO, CAMO, COLASIO, DIANA, FISTAROL, MACCANICO, MANTINI, MARCORA, QUARTIANI, REALACCI, SANTAGATA, TOLOTTI

Norme in materia di procreazione medicalmente assistita

Presentata il 19 gennaio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge disciplina, in conformità a una nuova articolazione dei contenuti, l'intera materia già regolata dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, e per questo la abroga, tenendo conto di un ampio dibattito già avviato in Parlamento, nel Paese, tra gli esperti del campo, durante il quale sono stati messi in luce i limiti gravi della vigente normativa, sul piano dell'esplicazione dei princìpi di riferimento, della confusione tra i diversi piani d'intervento e persino sull'applicabilità delle tecniche. La nuova costruzione concentra nei capi da I a V (articoli 1-15) tutto quanto riguarda i presupposti, le procedure per accedere alla procreazione assistita e le conseguenze che ne derivano riguardo al rapporto di filiazione, nonché l'indicazione degli enti autorizzati a praticarla e la documentazione relativa.
      Si vuole così evitare quella commistione con le limitazioni e i divieti alla ricerca scientifica su materiale genetico che è invece presente nella legge n. 40 del 2004 e che finisce per connotarla con valenze pregiudizialmente contrarie a sviluppi della scienza già consolidati, con il risultato paradossale di proporre come garanzie di tutela della dignità della persona e della sua salute indicazioni che contrastano fattualmente con questi stessi princìpi.
      La presente proposta di legge, nella intenzione dei proponenti, è legge di apertura della sanità pubblica a pratiche già ampiamente accreditate dalla ricerca scientifica internazionale, in Italia già affermate
 

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e sperimentate almeno nelle strutture private e nell'attività libero professionale, e quindi propone il controllo e la regolamentazione di tali pratiche a tutela delle persone che vi fanno ricorso e dei nuovi nati. È anche, però, una legge che riguarda così direttamente la vita umana e la sua dignità da ispirare alla loro tutela l'intera normativa. Lo si dice già nell'articolo 1, comma 2, dove si definisce la rilevanza del «rispetto» e della «tutela della dignità umana», espressione che rinvia direttamente alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, resa esecutiva dall'Italia con legge n. 145 del 2001 (Convenzione di Oviedo) e principio che coinvolge tutti, non solo i medici, i ricercatori, la madre, il padre e il concepito. Si tratta inoltre di una legge che interviene a regolare la presenza della medicina nell'ambito delle decisioni di procreazione, scegliendo (articolo 1, comma 3) di dare una specifica preferenza all'accoglienza del bambino in un contesto di coppia genitoriale e mirando alla certezza dei rapporti giuridici del nascituro con la madre e con il padre.
      Quest'impostazione, sottolineando le responsabilità della coppia genitoriale, limita di fatto le scelte di procreazione dei singoli. Ma ciò non avviene per svalutazione delle capacità di cura o educative del genitore singolo, e neppure per un preconcetto pregiudizialmente avverso ad altre forme di filiazione, possibili o potenziali in altro contesto, quanto perché, nel caso specifico della procreazione assistita, in cui già la fecondazione dei gameti diventa immediatamente un fatto intriso di tecnica medica e di regolazione giuridica, è sembrato particolarmente importante bilanciare il rispetto delle preferenze dei genitori potenziali con la definizione certa per il nuovo nato, ovvero per il soggetto più socialmente indifeso, nel momento di avvio al mondo, delle condizioni relazionali e familiari maggiormente sperimentate sul piano sociale. Questa opzione condiziona anche i criteri di accesso alle tecniche e la definizione dei requisiti dei soggetti che ne possono usufruire (articoli 4 e 5).
      Inoltre, il particolare valore riconosciuto alla genitorialità come scelta consapevole, e all'impegno di corresponsabilità all'interno di un percorso, matrimoniale o comunque seriamente consensuale, di comunione di vita (articolo 5), fa considerare positivamente anche il ricorso alla procreazione assistita di tipo eterologo (articolo 4, comma 2), ritenendo queste caratteristiche sufficienti a qualificare il progetto genitoriale, indipendentemente dalla possibilità o meno di trasmettere il patrimonio genetico.
      Per di più la legge insiste sulla verifica della formazione di una volontà comune nella coppia e sul consenso individuale informato per gli specifici atti medici (articoli 6 e 7) ed esclude le pratiche di maternità surrogata (articolo 4).
      Per quel che riguarda il riconoscimento di definizioni giuridiche della paternità e della maternità non fondate sulla trasmissione del patrimonio genetico, la legge traspone princìpi tradizionali e consolidati dell'ascrizione della filiazione, considerando le problematiche sollevate dalle tecniche di procreazione assistita nel contesto sociale attuale, segnato dall'eguaglianza di genere per quel che riguarda la potestà genitoriale: perciò si riconosce come padre, a tutti gli effetti, colui che si assume tale ruolo, e come madre colei che intenzionalmente intende diventarlo e partorisce (articolo 12).
      Queste considerazioni permettono anche di identificare, come alternativa al loro perimento, la possibilità (articolo 11, comma 4) del dono di embrioni soprannumerari da una coppia ad un'altra, che sia nelle condizioni di accesso e soggettive previste dalla legge.
      Inoltre, accanto alla distinzione necessaria tra dono di gameti e relazione di filiazione (articolo 8, commi 5 e 6; articolo 9, commi 2 e 3), si prevede un'eccezione ai criteri di riservatezza sui donatori consentendo, a tutela del nato, l'informazione sulla sua origine biologica esclusivamente per le finalità specifiche di tutela della salute (articolo 15, comma 4).
      Nel capo VI si dettano norme specifiche sulla ricerca, sperimentazione e tutela dell'embrione.
 

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E infatti l'articolo 16 pone divieti volti a impedire un uso improprio di quelle pratiche (la fecondazione di ovociti umani a scopo di ricerca, la manipolazione genetica, la miscelazione di semi) avvertito appunto come lesivo della dignità umana. L'articolo 17 si preoccupa di tutelare questa dignità anche nell'embrione, per i casi in cui, correttamente formato a fini procreativi per una coppia, non possa essere utilizzato dalla medesima: se ne vieta la distruzione e si prevede che venga destinato come dono ad un'altra coppia, i cui partner diventerebbero a tutti gli effetti legittimamente madre e padre del nuovo nato; oppure si prevede di poter destinare l'embrione per ricerche aventi finalità terapeutiche. Comunque, in questo secondo caso, la coppia all'origine del progetto genitoriale per il quale era stato fecondato l'embrione, propone, per una vita che non potrebbe svilupparsi, almeno la possibilità del dono gratuito a favore di altre vite. Del resto, il consentire la ricerca sugli embrioni esclusivamente per finalità terapeutiche in un contesto di particolare tutela, corrisponde al rispetto pieno dell'avvertenza della citata Convenzione di Oviedo in relazione alla sua previsione di possibili sperimentazioni sugli stessi. La legge accompagna tale destinazione con garanzie e cautele volte a mettere in atto compiutamente i princìpi e le finalità di cui all'articolo 1, nella tensione a rispettare le diverse sensibilità culturali, morali e religiose.
      La violazione dei divieti previsti a questi riguardi comporta sanzioni penali severe di cui si dispone al capo VII, che contiene anche sanzioni penali e amministrative per qualunque altra inosservanza della legge (dalle norme relative ai requisiti e alle modalità di accesso alle pratiche, all'applicazione delle stesse al di fuori delle strutture autorizzate, alla commercializzazione di materiale genetico), e pene accessorie quali la sospensione o l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione a carico del medico responsabile, e la sospensione o la revoca dell'autorizzazione alle strutture nell'ambito delle quali è avvenuta la violazione.
      Il capo VIII, infine, contiene norme finali e transitorie tra cui quella che consente l'obiezione di coscienza da parte del personale sanitario anche limitatamente a una singola procedura o a uno specifico passaggio di una procedura.
      Quanto premesso sull'impianto generale, sull'attenzione prestata alla tutela della vita e della dignità umana, alle garanzie del contesto relazionale in cui si colloca il nuovo nato, consente ora di illustrare le principali innovazioni che si è inteso introdurre, a partire dalle condizioni di accesso e dalle tecniche utilizzabili.
      Le prime innovazioni riguardano appunto le condizioni di accesso:

          a) non più solo la sterilità o la infertilità, ma anche la presenza di malattie infettive gravi o il rischio di malattie genetiche portatrici di gravi patologie. Nel primo caso si vuole evitare che la coppia che intende avere un figlio sia indotta a rapporti sessuali a rischio di contagio per il coniuge e di trasmissione della malattia al nascituro; nel secondo caso la diagnosi pre-impianto consente una decisione preventiva sull'impianto degli embrioni in sostanza volendo prevenire un possibile aborto terapeutico;

          b) non più solo interventi a favore della coppia che possa fornire il proprio materiale genetico, ma anche a favore di quella in cui uno dei componenti sia affetto da sterilità o infertilità congenite o per malattia (ovviamente non per invecchiamento) o sia portatore di gravi patologie trasmissibili. Sappiamo che l'apertura alla fecondazione eterologa è controversa, anche se a molti non sembra affatto contraria alla dignità umana (della madre, del padre e del nascituro) la realizzazione di un progetto genitoriale ricorrendo al dono del seme o dell'ovocita altrui. Un figlio, come insegna il senso comune delle genti, oltre che la legge sull'adozione, è soprattutto quello di cui si assumono le responsabilità di cura, sostentamento e di educazione amorevole. Né si può dimenticare che, in particolare, il ricorso al seme o all'ovocita altrui è una pratica medica in

 

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uso da decenni, che ha dato gioia a tanti genitori e vita a tanti bambini, come non si può dimenticare che, proprio nei Paesi più ricchi, la sterilità o l'infertilità maschile e femminile sono in aumento, mentre diminuisce la natalità, e che la loro causa risale spesso a patologie e a conseguenti cure che frustrano un desiderio di maternità e di paternità non ancora realizzato. La proposta di legge limita il ricorso alla fecondazione eterologa alle coppie di coniugi o di stabili conviventi, che siano entrambi viventi e in età fertile, in quanto intende offrire al figlio, almeno all'inizio della vita, un contesto familiare di certezza rispetto alla presenza della madre e del padre ed all'assunzione comune delle responsabilità sociali e giuridiche, con ciò sottolineando anche la rilevanza sia materna che paterna per la qualità delle cure primarie e della vita quotidiana dei figli.
      Non si può pensare che il ricorso alle tecniche di procreazione assistita sia per chi vi ricorre, anche nella tipologia dell'eterologa, una scorciatoia, ad esempio, rispetto all'adozione: non lo è per chi vi si sottopone, perché affronta scelte anche drammatiche, vicende quasi sempre dense di sofferenza e decisioni non prendibili a cuor leggero. Proprio nel caso dell'eterologa, la ricerca da parte dei componenti della coppia di una combinazione tra i desideri di procreazione, il compimento della «vocazione» genitoriale e l'attesa naturale per la proiezione nel futuro del proprio patrimonio genetico, trova, con l'ausilio della scienza, una possibilità di soluzione nella logica del dono, con l'accettazione anche di una paternità o di una maternità non genetiche.
      Inoltre, ad ulteriore garanzia dell'attenzione alla dignità della persona ed alla qualità delle procedure per la tutela della salute fisica e psicologica di tutti i soggetti, la proposta di legge prevede una gradualità degli interventi, dal più semplice e naturale al più invasivo, e affida la definizione delle condizioni nelle quali a tali strumenti si può fare ricorso a protocolli specifici, elaborati dal Ministero della salute e da esso rivisitati periodicamente (le linee guida). E non c'è solo questo, c'è anche la missione affidata allo stesso Ministero di favorire gli interventi necessari per rimuovere le cause della sterilità e della ipofertilità, in modo da offrire alle coppie la prospettiva del ritorno alla fecondazione naturale (articolo 2).
      Quanto alle tecniche si è cercato in particolare di lavorare sulla fecondazione in vitro, poiché il tema più delicato sollevato dalla legge n. 40 del 2004 è notoriamente quello che riguarda gli embrioni, la limitazione del numero degli embrioni da produrre, la crioconservazione, l'impianto più o meno seriamente obbligatorio, la loro destinazione. Ci si è avvalsi delle ormai acquisite indicazioni medico-scientifiche circa i due stadi che attraversa l'ovocita fecondato e i trattamenti ai quali lo si può sottoporre: lo stadio di ootide, in cui vi è solo un accostamento dei pronuclei maschile e femminile, che tuttavia conservano ciascuno i propri patrimoni genetici; e quello di zigote e quindi di embrione, in cui prima si congiungono gli assetti cromosomici paterni e materni e poi, a seguito della segmentazione, compare l'entità bi-cellulare che è la prima di quel genoma unico e irripetibile destinato a svilupparsi come persona. È una distinzione cruciale quella fra questi due stadi, in particolare in relazione alla necessità di porre limiti ragionevoli ai rischi connessi all'invasività della ricerca medica nei processi di inizio della vita. Inoltre, anche se l'embrione si forma nelle poche ore successive, la proposta di intervenire nello stadio di ootide è quella che sembra rispettare più ampiamente, e quanto più possibile, in un contesto culturalmente pluralista, le diverse ragioni e le diverse sensibilità filosofiche, religiose e morali, senza entrare nel merito della definizione del momento originario della vita personale, che, come ben sappiamo, sfugge costitutivamente alla possibilità di una definizione giuridica.
      Sulla premessa che gli stessi risultati ottenibili con la crioconservazione degli embrioni si possono ottenere con la crioconservazione degli ootidi (la letteratura al riguardo è ampia e probante e testimonia
 

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di un uso ormai affermato e convalidato di tale procedura in altri Paesi europei, oltre che nel nostro), si è previsto in primo luogo che il medico espianti ovociti nel numero che ritiene necessario ad assicurare non meno di due impianti, tenendo conto della concreta situazione riproduttiva nella coppia (salute, età della donna, eccetera) e della esigenza di non sottoporre la donna a ripetute stimolazioni ovariche; e quindi che gli ovociti fecondati e non utilizzati per il primo impianto siano crioconservati (sempre e solo a scopo procreativo) non allo stadio di embrioni, ma a quello anteriore di ootidi.
      In questo modo, lo sviluppo allo stadio embrionale avrà naturalmente e necessariamente luogo per i soli embrioni di volta in volta destinati all'impianto (salvo quelli richiesti per l'eventuale diagnosi pre-impianto).
      Si riduce così, drasticamente ma senza rigide quanto astratte limitazioni, e senza danni per la donna, il numero degli embrioni che si producono e che possono restare inutilizzati.
      Pur tuttavia, la possibilità che permangano embrioni non utilizzati a fini procreativi inesorabilmente sussiste, in primo luogo a seguito della diagnosi e della conseguente scelta pre-impianto (non si dimentichi che tale esame può richiedere anche più di cinque embrioni, mentre poi l'impianto in una donna giovane di più di due embrioni rende altamente probabile una gravidanza trigemina) e poi per i casi di rifiuto o di impossibilità di procedere allo stesso impianto. Altri perciò ne saranno prodotti, oltre a quelli risalenti alla fase anteriore all'entrata in vigore della legge n. 40 del 2004 e tuttora conservati in frigorifero.
      Poiché, in base al rispetto del principio della dignità umana, e considerando la raccomandazione a proposito dell'eventuale sperimentazione sugli embrioni contenuta nella citata Convenzione di Oviedo, si intende garantire lo sviluppo fino alla nascita del maggior numero possibile di embrioni, e poiché, per quegli stessi princìpi, non ci si può ritenere legittimati a trattarli come puri agglomerati di cellule, la proposta di legge definisce un percorso che tiene conto di due possibilità, quanto più possibile rispettose delle ragioni e delle diverse sensibilità culturali. In primo luogo si prevede che nel momento stesso in cui si avvia la procedura di produzione degli ootidi sia chiesto alla coppia di fornire il consenso affinché, nel caso ne scaturiscano poi embrioni non utilizzati a fini procreativi della stessa, li si possa destinare a dono ad un'altra coppia che corrisponda alle condizioni di accesso alle tecniche, con ciò realizzando una procreazione medicalmente assistita nella quale nessuno dei due genitori trasmette il proprio patrimonio genetico. Oppure, se ciò non è realizzabile, si propone che gli embrioni destinati al perimento vengano utilizzati per finalità terapeutiche. In ognuno dei due casi si prevede che il consenso della coppia iniziale destinatrice debba essere rinnovato al momento in cui tali diverse destinazioni divengono attuali. In secondo luogo si prevede che le linee guida, così come dovranno definire il limite temporale entro il quale gli ootidi e poi gli embrioni devono essere utilizzati a fini procreativi, indichino anche le condizioni specifiche e i tempi per il dono degli embrioni ad un'altra coppia e il lasso di tempo prima del quale non ne è consentito l'uso a fini di ricerca. Sarà in tale modo possibile consentire a un'altra coppia di realizzare una scelta genitoriale oppure di definire l'uso per scopi di ricerca a fini terapeutici, quando diviene certo per quegli embrioni l'abbandono al perimento.
      Con questa procedura e con queste cautele la procreazione medicalmente assistita si inserisce in una cultura di promozione della genitorialità e della condivisione delle scelte di maternità e di paternità responsabili, all'interno di una logica di dono in cui dovrebbe potersi inserire ogni inizio di nuova vita, e con la quale si intende dare valore anche alla sperimentazione sull'embrione per usi terapeutici.
      Non si fermano a questi aspetti le disposizioni della proposta di legge, che regola altresì la raccolta e la donazione
 

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dei gameti (limitando il dono di quelli femminili, perché la creazione di banche degli ovociti è sconsigliata dallo stadio ancora sperimentale della crioconservazione degli stessi ovociti e per il tasso tuttora inadeguato di successo della loro fecondazione dopo lo scongelamento), lo stato giuridico del nato, la tutela della riservatezza, le strutture per l'effettuazione degli interventi e quelle, distinte, per la raccolta e la crioconservazione del liquido seminale. Ma le disposizioni che si propongono su tali temi sono autoesplicative, oltre a investire profili senz'altro necessari, e assai meno controversi di quelli testé illustrati.
      In questa sede era soprattutto importante affrontare le questioni legate a visioni e a princìpi fortemente sentiti e fra loro potenzialmente confliggenti, in ragione dei quali non si è giunti sino ad ora a soluzioni condivise.
      Ci si augura che le norme proposte, ovviamente perfettibili, valgano a dimostrare che le soluzioni condivise sono possibili.
      Ciascuno di noi può capire, ma anche provare a fare proprie, le ragioni dell'altro, se si esercita compiutamente ad abbandonare atteggiamenti di pregiudizio, intolleranza e dogmatismo: senza rinunciare al dialogo e con lo scopo di rendere umanamente operativi princìpi di fondo quali il rispetto per la dignità umana e per la libertà costitutiva delle scelte etiche della persona, in particolare per ciò che attiene alla formazione della famiglia; princìpi che riguardano anche l'autonomia della ricerca, avendo costituito da sempre l'orizzonte di ogni reale sviluppo scientifico.
      Su questi presupposti si fondano, in una società pluralista, anche le ragioni della nostra convivenza civile e il senso dei legami sociali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

      1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito per la soluzione dei problemi derivanti dalla sterilità e dalla infertilità o ipofertilità nella coppia, ovvero per la prevenzione delle malattie infettive e di quelle trasmissibili per via genetica, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge.
      2. L'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita si svolge nel rispetto e nella tutela della dignità umana.
      3. La presente legge promuove le responsabilità genitoriali garantendo rapporti giuridicamente certi tra il nascituro, la madre e il padre.

Art. 2.
(Interventi contro la sterilità
e la ipofertilità).

      1. Il Ministro della salute promuove campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità o ipofertilità e favorisce gli interventi necessari per rimuoverne le cause o ridurne l'incidenza. Di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, promuove e sostiene studi e ricerche volti a migliorare le terapie della sterilità, incluse le tecniche di procreazione assistita, e a indagare sulle cause

 

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patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità, della infertilità e della ipofertilità.

Art. 3.
(Consultori familiari).

      1. Al primo comma dell'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «d-quater) l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità o ipofertilità umana con riguardo alle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali di tali fenomeni;

          d-quinquies) l'informazione e l'assistenza relative a tutte le tecniche ammesse di procreazione medicalmente assistita».

Capo II
ACCESSO ALLE TECNICHE

Art. 4.
(Accesso alle tecniche).

      1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito quando sono medicalmente accertati l'impossibilità o la notevole difficoltà di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ovvero il rischio di trasmissione di gravi malattie infettive o di malattie genetiche.
      2. Il ricorso alla procreazione assistita di tipo eterologo è consentito quando uno dei coniugi o conviventi sia affetto da sterilità o infertilità incurabile di tipo congenito o acquisita in conseguenza di malattie o di trattamenti medici o chirurgici, ovvero da malattia infettiva, o sia a rischio di trasmettere malattie genetiche, secondo quanto indicato dalle linee guida di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 13 e nel rispetto dei limiti ivi fissati.
      3. Una apposita commissione medica pubblica, istituita a livello territoriale entro

 

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tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, costituita da esperti tra cui ricercatori di fisiopatologia della riproduzione e andrologi, valuta periodicamente le problematiche emergenti dalle attività di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, nel quadro delle linee guida di cui all'articolo 13. La relazione annuale della commissione è trasmessa agli osservatori epidemiologici regionali per le finalità indicate al comma 3 del citato articolo 13 e all'articolo 23.
      4. È vietato il ricorso alla maternità surrogata.

Art. 5.
(Requisiti soggettivi).

      1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito alle coppie di persone maggiorenni, entrambe viventi, in età potenzialmente fertile, coniugate o legate da un rapporto di stabile convivenza.
      2. Per l'accertamento dei requisiti di cui al comma 1 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dei richiedenti.

Art. 6.
(Obblighi di informazione
a carico del medico).

      1. Quando ricorrono le condizioni e i requisiti di cui agli articoli 4 e 5 il medico, coadiuvato da uno psicologo, informa compiutamente e in maniera dettagliata la coppia sui metodi, sui possibili effetti collaterali sanitari conseguenti all'applicazione delle singole tecniche di procreazione medicalmente assistita, sugli aspetti psicologici e relazionali delle medesime, sul grado di invasività di ciascuna di esse, sui relativi rischi e sulle probabilità di successo, in modo tale da assicurare da parte di ognuno dei soggetti la formazione di una volontà consapevole e liberamente espressa. Il medico è tenuto altresì a informare la coppia delle conseguenze giuridiche della scelta e, qualora la tecnica

 

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consigliata comporti la formazione di embrioni, della loro eventuale crioconservazione e della possibilità di destinare quelli non utilizzati a fini di donazione ad un'altra coppia o di ricerca.
      2. Qualora la procedura di procreazione medicalmente assistita si svolga nell'ambito di strutture private autorizzate, devono essere prospettati analiticamente e con chiarezza i costi economici dell'intera procedura e di ciascuna fase di essa.

Art. 7.
(Consenso informato).

      1. I richiedenti che, sulla base delle indicazioni mediche, decidono di accedere a una determinata tecnica di procreazione medicalmente assistita, esprimono individualmente per iscritto il proprio consenso al trattamento dinanzi al medico di cui all'articolo 6. La dichiarazione, sottoscritta dallo stesso medico, deve esplicitamente richiamare le informazioni ricevute.
      2. Se il trattamento prescelto ai sensi del comma 1 comporta la formazione di embrioni, è inoltre richiesto ad ambedue i soggetti il consenso alla crioconservazione e alla destinazione a scopo di donazione ad un'altra coppia o di ricerca, degli embrioni non utilizzati e/o non più utilizzabili a fini procreativi.
      3. La volontà espressa ai sensi dei commi 1 e 2 può essere revocata da ciascuno dei componenti la coppia fino all'impianto degli embrioni.
      4. Salvo quanto previsto al comma 3, il medico responsabile della struttura può non dare inizio al trattamento o decidere di interromperlo esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario, dandone motivazione scritta alla coppia.
      5. Il consenso espresso ai sensi del presente articolo non esenta il medico dal far precedere ciascuna fase di applicazione della tecnica prescelta dalla ricezione del consenso informato di colei o di colui che vi si sottopone e dalle informazioni ad essa relative.

 

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Capo III
RACCOLTA E DONAZIONE DI GAMETI, FECONDAZIONE IN VITRO, PRODUZIONE E IMPIANTO DI EMBRIONI A FINI PROCREATIVI, CRIOCONSERVAZIONE

Art. 8.
(Raccolta e crioconservazione di liquido seminale destinato a pratiche di fecondazione eterologa).

      1. Sono consentite, previo consenso scritto dell'interessato, la raccolta e la crioconservazione, nelle strutture autorizzate di cui all'articolo 14, del liquido seminale destinato a pratiche di fecondazione eterologa.
      2. La cessione del liquido seminale è assolutamente gratuita e può essere effettuata da ogni cittadino di età non inferiore a diciotto anni e non superiore a quaranta anni.
      3. I responsabili dei centri di raccolta e di crioconservazione del seme provvedono ad accertare l'idoneità del donatore allo scopo di escludere i rischi di patologie trasmissibili.
      4. Non è consentito l'utilizzo del seme dello stesso donatore per più di cinque gravidanze positivamente portate a termine.
      5. Il donatore non acquisisce alcuna relazione giuridica con il nato.
      6. I dati relativi al donatore sono riservati, salvo quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 15.

Art. 9.
(Raccolta e crioconservazione di materiale genetico destinato ad uso personale).

      1. La raccolta e la crioconservazione di liquido seminale e la raccolta ed eventuale crioconservazione di ovociti e di tessuto ovarico destinati ad uso personale sono consentite presso le strutture autorizzate

 

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agli interventi di procreazione medicalmente assistita ai sensi dell'articolo 14.
      2. Il liquido seminale non utilizzato può essere destinato gratuitamente e con il consenso scritto dell'uomo da cui proviene a pratiche di fecondazione eterologa alle condizioni, con i controlli e nei limiti di cui all'articolo 8.
      3. Gli ovociti sovrannumerari possono essere destinati gratuitamente e con il consenso scritto della donna da cui provengono a pratiche di fecondazione eterologa nel rispetto delle linee guida di cui al comma 1, lettera d), dell'articolo 13, e della riservatezza e della non divulgabilità previste dall'articolo 15.

Art. 10.
(Fecondazione in vitro).

      1. Qualora, per fare fronte ai problemi di cui all'articolo 1, non sia possibile ricorrere a metodologie diverse, è consentita la fecondazione in vitro di tanti ovociti quanti ritenuti necessari, in relazione anche all'età, alle condizioni della donna e alla presenza delle circostanze di cui al comma 4 del presente articolo, ad assicurare la formazione di un numero di embrioni sufficiente ad almeno due successivi impianti.
      2. Gli ovociti fecondati, ad eccezione di quelli destinati all'eventuale diagnosi pre-impianto e all'impianto immediato, non possono essere lasciati sviluppare fino allo stadio embrionale, ma devono essere crioconservati allo stadio di ootidi nell'ambito delle strutture autorizzate agli interventi ai sensi dell'articolo 14.
      3. La fecondazione di ovociti e la loro crioconservazione allo stadio di ootidi sono consentite in vista di un utilizzo futuro, quando uno dei componenti la coppia è affetto da patologie o deve sottoporsi a interventi chirurgici o a trattamenti tali da comprometterne la capacità di procreare. L'esistenza delle predette condizioni è accertata dalla commissione di cui al comma 3 dell'articolo 4.

 

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      4. La diagnosi pre-impianto degli embrioni e la loro eventuale scelta per l'impianto sono consentite solo quando è accertato il rischio di gravi malattie genetiche, secondo quanto indicato dalle linee guida di cui al comma 1, lettera c), dell'articolo 13, e che sia rinnovato espressamente e per iscritto il consenso della coppia.
      5. Gli embrioni rimasti inutilizzati a seguito della diagnosi pre-impianto devono essere crioconservati nelle strutture autorizzare di cui all'articolo 14.

Art. 11.
(Limiti temporali e divieti).

      1. L'utilizzo a fini procreativi di ootidi e di embrioni crioconservati è soggetto al limite temporale di cui al comma 1, lettera f), dell'articolo 13.
      2. L'utilizzo di embrioni a fini di ricerca è consentito solo quando sia trascorso il tempo di cui al comma 1, lettera h), dell'articolo 13.
      3. È vietata la cessione, anche gratuita, di ootidi ad un'altra coppia.
      4. Previo consenso dei coniugi o dei conviventi a cui erano destinati, è consentita la cessione a titolo gratuito di embrioni ad un'altra coppia, la quale corrisponda alle condizioni di ammissibilità alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di cui agli articoli 4 e 5. L'esistenza di tali condizioni è accertata dalla commissione di cui al comma 3 del citato articolo 4.

Capo IV
TUTELA DEL NATO

Art. 12.
(Stato giuridico del nato).

      1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche eterologa, hanno lo

 

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stato di figli legittimi o di figli naturali riconosciuti dalla coppia che vi ha fatto ricorso.
      2. La paternità e la maternità non possono essere in alcun modo contestate.
      3. È considerata madre a tutti gli effetti colei che ha partorito il figlio, anche nel caso di maternità surrogata in violazione del divieto di cui al comma 4 dell'articolo 4.

Capo V
TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA, STRUTTURE AUTORIZZATE, DOCUMENTAZIONE

Art. 13.
(Linee guida).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, le linee guida contenenti l'indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. In particolare, le linee guida definiscono:

          a) i requisiti minimi per il rilascio delle autorizzazioni alle strutture pubbliche e private di cui all'articolo 14;

          b) i casi in cui è ammesso il ricorso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo, ivi compreso il numero dei trattamenti consentiti in relazione al tipo di intervento e all'età della donna;

          c) i casi in cui sono ammesse la fecondazione extracorporea di ovociti e la formazione di embrioni, ivi comprese l'indicazione delle malattie infettive che la giustificano e quella delle malattie genetiche il cui rischio consiglia la diagnosi

 

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pre-impianto e la cui presenza legittima l'eventuale scelta degli embrioni;

          d) il numero degli ovociti provenienti dalla medesima donna che può essere donato, l'età della stessa e i controlli sulla qualità degli ovociti da donare;

          e) il numero di donazioni di seme ammissibili da un unico uomo e i controlli sulla qualità del seme da donare;

          f) il limite temporale per l'utilizzo a fini procreativi degli ootidi e degli eventuali embrioni crioconservati;

          g) le condizioni per il dono di embrioni ad un'altra coppia;

          h) il lasso di tempo che deve intercorrere tra la data di produzione dell'embrione e il suo utilizzo a fini di ricerca.

      2. Le linee guida sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate ai sensi dell'articolo 14.
      3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni due anni, in rapporto all'evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.

Art. 14.
(Strutture autorizzate e registri).

      1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati in strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano. In distinte strutture pubbliche e private egualmente autorizzate si provvede alla raccolta e alla crioconservazione del liquido seminale.
      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in osservanza delle linee guida di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 13, definiscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

          a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;

 

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          b) le caratteristiche del personale delle strutture;

          c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni delle strutture e i casi di revoca delle stesse;

          d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;

          e) i criteri per la formazione della commissione di cui al comma 3 dell'articolo 4.

      3. Le strutture autorizzate agli interventi di procreazione medicalmente assistita sono tenute a iscriversi nel registro già istituito presso l'Istituto superiore di sanità ai sensi della legge 19 febbraio 2004, n. 40.
      4. I centri autorizzati alla raccolta e alla crioconservazione del liquido seminale sono tenuti ad iscriversi nell'apposito registro istituito, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, presso l'Istituto superiore di sanità.
      5. Le strutture di cui al presente articolo devono fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all'Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dal comma 3 dell'articolo 13 e dall'articolo 23 e ogni altra informazione utile allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

Art. 15.
(Tutela della riservatezza).

      1. I dati relativi alle persone che hanno fatto ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, quelli riguardanti i nati a seguito dell'applicazione delle medesime tecniche, nonché i dati relativi ai donatori di gameti o di embrioni sono riservati e non sono in alcun modo divulgabili.
      2. Le operazioni relative alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita e,

 

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nel caso di fecondazione eterologa, le informazioni relative all'identità e alle caratteristiche del donatore, devono essere annotate in apposite cartelle cliniche e conservate nella struttura presso la quale è stato eseguito l'intervento.
      3. La documentazione di cui al comma 2 deve essere conservata per almeno cinquanta anni presso la struttura in cui il consenso è stato prestato. Le informazioni e i dati in essa contenuti sono riservati e non sono in alcun modo divulgabili.
      4. In deroga a quanto previsto dal comma 3, l'identità del donatore di gameti o di embrioni può essere rivelata, su autorizzazione della competente autorità giudiziaria, qualora ricorrano circostanze che comportino un grave e comprovato pericolo per la salute psico-fisica del nato.

Capo VI
RICERCA, SPERIMENTAZIONE
E TUTELA DELL'EMBRIONE

Art. 16.
(Ricerca e sperimentazione).

      1. Sono vietati:

          a) la fecondazione in vitro di ovociti a scopo di ricerca e di sperimentazione o per usi terapeutici;

          b) gli interventi diretti ad alterare il patrimonio genetico dei gameti, degli ootidi e degli embrioni o a predeterminare particolari caratteri del nascituro, ad eccezione degli interventi aventi finalità terapeutiche;

          c) la miscelazione del liquido seminale proveniente da soggetti diversi;

          d) la fecondazione di un gamete umano con gameti di specie diversa;

          e) la clonazione umana a fini riproduttivi;

          f) l'ectogenesi.

 

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Art. 17.
(Tutela dell'embrione).

      1. È vietata la distruzione di quegli embrioni che, formati a scopo procreativo, non vengano, o non possano essere, utilizzati a tale scopo.
      2. Previo consenso della coppia, o di uno dei due coniugi o partner in caso di impossibilità dell'altro, gli embrioni residui di cui al comma 1 possono essere donati ad un'altra coppia secondo le indicazioni del comma 4 dell'articolo 11, della lettera g) del comma 1 dell'articolo 13 e dell'articolo 15 o, in caso ciò non sia realizzabile, devono essere destinati a ricerche e a sperimentazioni che perseguano esclusivamente finalità terapeutiche.
      3. Previa richiesta di consenso, la medesima disciplina di cui al presente articolo si applica agli embrioni formati a scopo procreativo in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge.

Capo VII
SANZIONI AMMINISTRATIVE E PENALI E PENE ACCESSORIE

Art. 18.
(Sanzioni amministrative).

      1. Chiunque, a qualsiasi titolo, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in violazione delle norme della presente legge concernenti le condizioni di accesso e i requisiti soggettivi, o al di fuori delle strutture di cui all'articolo 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 euro a 400.000 euro.
      2. Alla stessa sanzione di cui al comma 1 è soggetto chi pubblicizza la maternità surrogata, ovvero la formazione e la conservazione di ootidi e di embrioni allo scopo di farne commercio.
      3. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza

 

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avere fornito le informazioni e raccolto il consenso secondo le modalità di cui agli articoli 6 e 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.
      4. Alla stessa sanzione di cui al comma 3 è soggetto chi, per ottenere l'accesso a pratiche di fecondazione medicalmente assistita, abbia rilasciato dichiarazioni mendaci.

Art. 19.
(Sanzioni penali).

      1. Chiunque, per farne commercio, organizza la raccolta di gameti o la formazione e la conservazione di ootidi e di embrioni, ovvero, allo stesso fine, organizza la maternità surrogata, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 600.000 euro a un milione di euro.
      2. Chiunque viola i divieti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 16 e all'articolo 17 è punito con la reclusione fino a cinque anni e con la multa da 600.000 euro a un milione di euro.
      3. Chiunque viola i divieti di cui alle lettere d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 16 è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 600.000 euro a un milione di euro.

Art. 20.
(Pene accessorie).

      1. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 18 comportano a carico del sanitario responsabile, se ripetute, la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio della professione. Ove le violazioni si verifichino all'interno di strutture autorizzate, l'autorizzazione è sospesa per un anno.
      2. La condanna per i reati di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 19 comporta, per il sanitario responsabile, la sospensione dall'esercizio della professione da due a cinque anni. Ove la violazione si verifichi all'interno di una struttura autorizzata, l'autorizzazione è sospesa per tre anni.

 

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      3. La condanna per i reati di cui al comma 3 dell'articolo 19 comporta per il sanitario responsabile l'interdizione perpetua dalla professione. Ove la violazione si verifichi all'interno di una struttura autorizzata, l'autorizzazione è revocata.
      4. L'autorizzazione può essere altresì revocata quando all'interno della stessa struttura si verificano ripetute gravi violazioni della presente legge.

Capo VIII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art. 21.
(Strutture già autorizzate).

      1. Le strutture già autorizzate ai sensi della legge 19 febbraio 2004, n. 40, continuano ad operare salvo revoca o mancato rinnovo dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettere c) e d), della presente legge.

Art. 22.
(Obiezione di coscienza).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il personale sanitario e gli esercenti le attività sanitarie ausiliarie possono sollevare obiezione di coscienza anche riguardo a una sola procedura delle tecniche di procreazione medicalmente assistita o a singoli passaggi di una procedura. La dichiarazione deve essere comunicata al direttore dell'azienda sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, o al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.
      2. L'obiezione di coscienza può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla data della sua

 

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presentazione ai responsabili di cui al medesimo comma 1.
      3. L'obiezione di coscienza non esonera comunque il personale sanitario e il personale esercente le attività sanitarie ausiliarie dall'assistenza antecedente e conseguente l'intervento.

Art. 23.
(Obblighi di trasparenza e relazione
al Parlamento).

      1. L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti e ne riferisce, entro il 28 febbraio di ciascun anno, al Ministro della salute.
      2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati ricevuti ai sensi del comma 1, presenta entro il successivo 30 giugno una relazione al Parlamento sull'attuazione della presente legge.

Art. 24.
(Fondo per le tecniche di procreazione
medicalmente assistita).

      1. Al fine di favorire l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita a quanti si trovano nelle situazioni di cui all'articolo 4 e presentano i requisiti di cui all'articolo 5, è istituito presso il Ministero della salute il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

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      2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005.

Art. 25.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 26.
(Abrogazione).

      1. La legge 19 febbraio 2004, n. 40 è abrogata.


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