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PDL 5564

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5564



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

TREMONTI, ELIO VITO, BONDI, ANTONIO LEONE, ANGELINO ALFANO, GIANFRANCO CONTE, CRIMI, CICCHITTO, CASERO, JANNONE, LUPI, PALMIERI, FONTANA, ORSINI, BERTOLINI, LECCISI, SANTULLI, DI LUCA, GHEDINI, LAINATI, DE GHISLANZONI CARDOLI

Disposizioni per la destinazione diretta a finalità sociali e di ricerca scientifica dell'otto per mille del gettito IRE

Presentata il 27 gennaio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - Perché non un altro «otto per mille»? Perché, oltre al primo «otto per mille» (che resta naturalmente invariato e autonomo nel suo titolo e nelle sue modalità di attribuzione e di funzionamento), non si mette in campo un secondo «otto per mille», a favore del volontariato e della ricerca scientifica? È, questo, partendo dal presente, un modo per andare incontro al futuro. Un modo per sostenere le due sfide che dobbiamo prepararci ad affrontare: la sfida demografica; la sfida scientifica.

La sfida demografica.

      Il Welfare State, invenzione sociale della seconda metà dell'altro secolo, concepito per portare l'uomo «dalla culla alla tomba», è in crisi: produce insieme poche culle e poche tombe.
      Non ci si può illudere: si deve cambiare. Non si può pensare di entrare nel futuro «solo» conservando invariati i vecchi meccanismi. Per cominciare a cambiare non serve molta fantasia. Basta non essere ciechi. Basta guardare l'esistente, per valorizzarlo.
      Fonte ISTAT: più di 4 milioni di italiani lavorano nel «Terzo settore».
      Cosa vuol dire? Vuole dire tante cose. Tra l'altro, vuole dire che quanto lo Stato garantisce, in termini di orario di lavoro ridotto o di età di pensione anticipata, la società lo «restituisce» trasformando il «tempo libero» e l'«età di riposo» legale

 

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in forme sempre più intense di solidarietà sociale e di impegno civile. La generosità dello Stato sociale è dunque «restituita», con una parallela generosità della società. Vuole dire che nella vita c'è qualcosa in più del freddo calcolo delle ore o dei coefficienti o dei parametri di conto delle rendite: ci sono generosità e passione, responsabilità e umanità. Tutto questo è il cosiddetto «Terzo settore».
      Un settore che dà moltissimo e riceve pochissimo. Il «Primo settore» (il privato) finanzia e con grande sforzo il «Secondo settore» (lo Stato), quasi con la metà del suo prodotto. Il «Secondo settore» trasferisce invece al «Terzo Settore» solo le briciole di quanto così riceve. Dare così poco, date le enormi potenzialità del «Terzo settore», è insieme un'occasione sprecata e un errore. All'opposto, dare di più, attivando un nuovo «otto per mille» a favore del «Terzo settore», non sarebbe un costo, ma un investimento. Non una spesa, ma all'opposto un risparmio. In specie, per una società che in futuro sarà relativamente sempre più vecchia e sempre meno ricca, il «Terzo settore» è l'unica speranza per produrre, con costi limitati, ma con effetti di ritorno invece quasi illimitati, la massa crescente di servizi sociali di cui abbiamo (avremo) sempre più bisogno.
      Maggiori servizi che lo Stato burocratico da solo non sarebbe capace di produrre o, comunque, di pagare. Perché, come macchina politica, lo Stato burocratico è già ora fin troppo grande e fin troppo costoso. La soluzione non è dunque e non può essere: più pubblico impiego nei servizi sociali e più tasse per pagarli, immaginando un'illimitata impossibile espansione dell'imposizione fiscale.
      Dobbiamo certo garantire il funzionamento dello Stato sociale. Ma dobbiamo anche necessariamente pensare a qualcosa di nuovo, aggiuntivo.
      La soluzione più razionale è appunto nel «Terzo settore». Ispirata da quello che può sembrare un «pensiero laterale», la scelta di introdurre un secondo «otto per mille», allargando il campo di applicazione della «imposizione volontaria», può in effetti apparire politicamente «rivoluzionaria».
      Rivoluzionaria non tanto perché ibrida nuovo e vecchio, filantropia e sussidiarietà, quanto perché rompe il monopolio della politica, trasferendo quote di potere e di responsabilità «dallo Stato alla società».
      Oggi, il disegno del circuito politico-finanziario è essenzialmente «centrale». Si assume infatti che «tutto» il sociale sia pubblico, che «tutto» il pubblico si finanzi via bilancio pubblico, che su «tutto» il bilancio pubblico possa decidere «solo» la politica.
      È così che la politica fa da decisore onnipotente e unico sull'universo della spesa pubblica: su causali, titoli, livelli, destinatari della spesa pubblica. È tuttavia, questo, uno schema superato dalla realtà: non tutto il sociale - e sempre meno sarà in futuro - è infatti statale. Se la struttura sociale è cambiata, deve cambiare anche la struttura politica. Se il ruolo della società cresce, il circuito politico-finanziario non può restare artificialmente tutto centrale. In parallelo alla realtà sociale, va disegnata una architettura politica nuova.
      Per una società che è sempre più matura e sempre più direttamente coinvolta nel sociale non è più solo questione di controllo democratico sul livello della tassazione. È politicamente strategico un crescente e più diretto coinvolgimento della società nelle scelte di destinazione e di gestione delle risorse pubbliche. Dentro uno scenario politico destinato a farsi in futuro sempre più complesso, la coerenza politica, tra sacrificio fiscale e consenso democratico, può essere data proprio da questo schema. Dallo schema del cittadino che gradualmente diventa padrone della destinazione dell'imposta.
      Il nuovo «otto per mille» del gettito dell'imposta sul reddito (IRE) è coerente proprio con questo schema politico. Il contribuente viene messo nelle condizioni di effettuare una libera scelta in ordine ai soggetti che intende finanziare, perché ha conoscenza, diretta o indiretta, della loro volontà di svolgere efficacemente servizi sociali meritori. Il destinatario del Welfare ha così voce in capitolo: finanzierà i soggetti efficienti, non finanzierà i soggetti
 

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inefficienti. Il contribuente ritorna «padrone» di una parte dell'imposta: è lui che decide del suo utilizzo.
      Si consente, attraverso la libertà di scelta, un esercizio responsabile della libertà individuale.
      Al classico rapporto fiscale lineare, tra Stato e individuo, si sostituisce così un rapporto triangolare, tra Stato-società-persona.
      Il nuovo «otto per mille» completa dunque e sviluppa sul piano fiscale il modello tradizionale di Welfare State, attribuendo «sovranità» al contribuente che ottiene la possibilità di concorrere alle spese pubbliche destinando direttamente una parte dell'IRE a soggetti del «Terzo settore» che ritiene meritori.
      Il nuovo «otto per mille» si basa in particolare sul principio di sussidiarietà fiscale. Un principio che è stato recentemente identificato da alcune sentenze innovative della Corte costituzionale tedesca (confrontare BverfGE, 82, 60; BverfGE, 87, 153). Sentenze che rivalutano la centralità del valore della «dignità umana», non pienamente garantita da logiche di tipo assistenzialistico.
      Modernizzando con la sussidiarietà fiscale il modello di Welfare State non si mette in discussione l'obiettivo dell'universalità dei diritti sociali, ma si articolano e sviluppano le modalità con cui questo può essere raggiunto.
      Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri individuerà, annualmente, i criteri soggettivi e oggettivi e i soggetti del «Terzo settore» che potranno entrare nel circuito del nuovo «otto per mille». In questi termini lo Stato si limita a delineare la cornice giuridica funzionale all'esercizio responsabile della libera scelta del contribuente. Lo Stato svolge così essenzialmente un ruolo di garanzia, anche impedendo comportamenti fraudolenti.
      In questo disegno, la mobilitazione della società non esclude l'azione dello Stato, ma la integra, in modo coerente con il principio espresso dall'articolo 2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (...)».
      Il nuovo «otto per mille» attua inoltre anche la disposizione costituzionale dell'articolo 118, quarto comma, secondo cui è compito dello Stato valorizzare: «l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
      Lo stesso strumento è infine coerente con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge n. 80 del 2003 («Delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale»), che prevede: «l'introduzione di norme che ordinano e disciplinano istituti giuridici tributari destinati a finalità etiche e di solidarietà sociale».

La sfida scientifica.

      Un ordine di considerazioni politiche sostanzialmente equivalenti può essere riferito anche alla destinazione dell'«otto per mille» a favore della ricerca scientifica.
      Valgono qui infatti ancora le ragioni formulate sopra. Con alcune differenze, che si sviluppano nei termini che seguono.
      Sta emergendo una crescente asimmetria, tra potenzialità dell'offerta scientifica, limiti dei bilanci pubblici, necessità di finanziamento della ricerca.
      Per ironia della storia, il nuovo scenario di progresso si cala in una prospettiva avversa. Da un lato, la cornucopia della scienza ci offre infatti quantità vertiginose di nuovi beni e servizi. E ne determina domanda crescente. Dall'altro lato, siamo e saremo relativamente sempre meno ricchi e più vecchi.
      Relativamente meno ricchi: per mezzo secolo, per effetto dei blocchi imposti dalla guerra fredda, l'economia europea è infatti cresciuta in condizioni di favore, come in una serra. L'apertura mondiale del mercato, dalla fine del secolo scorso in poi, ha invece spazzato via per sempre questo privilegio economico.
      Relativamente sempre più vecchi: la demografia avversa causa infatti tanto la discesa dei tassi di sviluppo economico, quanto la crescita dei tassi di spesa pubblica per il sociale.

 

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      In sintesi: progressi fantastici + costi stratosferici, in un contesto avverso. Da un lato, le infinite potenzialità della scienza e la crescente domanda dei suoi prodotti. Dall'altro lato, i sempre più drammatici vincoli di bilancio pubblico.
      Ma la scienza non conosce frontiere. E il progresso scientifico è determinato dalle condizioni di sistema. Le scelte di politica economica sono fra queste.
      Siamo consapevoli del fatto che solo la ricerca può garantire l'innovazione. A questa altezza di tempo, lo sviluppo e il futuro del Paese dipendono essenzialmente da una crescita basata sull'innovazione.
      Il nostro Paese deve incrementare il suo investimento nella ricerca scientifica. Il rischio dell'inerzia è la perdita di competitività. Non crescere, quando i competitori europei e internazionali crescono, significa arretrare.
      Se la ricerca non si sviluppa, si perde una straordinaria chance per il futuro. La catena di trasmissione del sapere si interrompe. Una generazione di ricercatori invecchia senza avere la possibilità di trasmettere le conoscenze alla nuova generazione. O migra all'estero: straordinarie risorse escono dai confini nazionali, attratte dai Paesi che offrono le migliori condizioni per lo sviluppo della ricerca scientifica. Questa migrazione è un'insostenibile ipoteca sul futuro.
      Non sono più sufficienti le tradizionali politiche basate essenzialmente sul presente e sul breve. Tutto questo è necessario, ma non è più sufficiente. Perché, da qui in avanti, il problema non è solo gestire l'esistente, ma anche traguardare il futuro.
      È necessario attuare la Costituzione in modo conforme alle necessità del tempo presente e alle sfide del futuro. La ricerca scientifica è un bene tutelato dalla Costituzione. Se la «libertà» della scienza è proclamata dall'articolo 33, nell'ambito del titolo II, dedicato ai «rapporti etico-sociali», la «promozione» della ricerca scientifica e tecnica da parte della Repubblica ha la dignità di «principio fondamentale» (articolo 9).
      È dunque necessario intensificare gli sforzi per finanziare la ricerca scientifica, bene «costituzionale» e insieme bene strategico per la crescita. Lo si può, lo si deve fare non solo incentivando la ricerca privata, non solo potenziando, ma anche andando oltre i tradizionali meccanismi di finanziamento pubblico gestiti interamente dallo Stato.
      È proprio per questo insieme di ragioni che si propone l'estensione dell'«otto per mille» alla ricerca scientifica, per dare ai contribuenti, nel mentre adempiono il loro dovere fiscale, anche la possibilità di investire nel futuro proprio e delle generazioni a venire. La possibilità di operare una scelta che rafforza la posizione della ricerca scientifica nella scala delle priorità.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Una quota pari all'otto per mille del gettito complessivo dell'imposta sul reddito (IRE), liquidata sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata: alle associazioni ed organizzazioni non lucrative residenti sul territorio nazionale che svolgono attività socialmente utili; alla ricerca scientifica.
      2. La platea dei destinatari e le modalità applicative del comma 1 sono stabilite annualmente da un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di pubblica istruttoria. Le destinazioni sono poi operate direttamente dai contribuenti, in sede di dichiarazione annuale dei redditi.
      3. Resta ad ogni effetto fermo quanto disposto dall'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222.
      4. Ai fini della copertura della presente legge per gli esercizi successivi al 2005, la legge finanziaria determina l'importo di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Nei limiti di un maggiore onere pari a 40 milioni di euro è autorizzato il potenziamento strumentale dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza, al fine di intensificare l'azione di contrasto all'evasione fiscale. Le maggiori entrate conseguentemente acquisite confluiscono in un apposito fondo destinato a finanziare, in via esclusiva, per gli esercizi finanziari successivi al 2005, gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo.


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