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PDL 5621

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5621



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RICCIOTTI

Nuove disposizioni concernenti l'affidamento dei figli minori in caso di separazione dei coniugi o di divorzio

Presentata il 14 febbraio 2005


      

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Onorevoli Colleghi! - È ormai pacifico che occorre modificare alcune norme relative alla separazione e al divorzio dei coniugi, con specifico riferimento alla parte riguardante l'affidamento dei figli minori. La presente proposta di legge, che prende spunto dalle deduzioni formulate dall'avvocato Manuela Maccaroni, anche a seguito delle molteplici richieste dei tecnici della materia del diritto minorile e di famiglia, intende, proprio per salvaguardare l'interesse dei minori stessi e i loro diritti, che mai come nei processi di separazione e divorzio rischiano di essere posti in serio pericolo, introdurre la forma di affidamento più idonea, per garantire ai minori di crescere senza traumi.
      Per prima cosa, occorre ricordare che le tre forme di affidamento attualmente esistenti nel nostro ordinamento sono l'affidamento esclusivo, l'affidamento congiunto e l'affidamento alternato. Nell'affidamento esclusivo, che è quello da più parti criticato, i figli minori vengono affidati dal giudice a uno solo dei genitori con diritto di visita per l'altro. Nella maggior parte dei casi, poi, il genitore affidatario è la madre e le statistiche parlano chiaro in proposito. In quello congiunto, invece, i genitori hanno i medesimi diritti e i medesimi poteri sul figlio minore. Questo tipo di affidamento è possibile solo se non vi sia disaccordo o conflitto fra i genitori. Nell'affidamento alternato, infine, il minore viene affidato a turno, e per un periodo di tempo prestabilito, a ciascuno dei due genitori.
      In realtà la nostra legislazione, nella parte relativa alla separazione dei coniugi, sembra disciplinare solo l'affidamento
 

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esclusivo e, precisamente, ciò è contenuto all'articolo 155 del codice civile, mentre, nel medesimo articolo, non vi è menzione degli altri due tipi di affidamento, e cioè quello congiunto e quello alternato. Questi ultimi si rinvengono solo nell'articolo 6, comma 2, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'articolo 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74, legge che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio, quindi il divorzio. È quindi stata fino ad ora una consuetudine quella di applicare, ove vi fosse stato l'accordo fra le parti, l'affidamento congiunto e quello alternato in sede di separazione, mentre la legge prevede la possibilità di questi due tipi di affidamento solo per il divorzio.
      Quindi, con l'attuale legislazione è solo l'affidamento esclusivo quello previsto per la separazione e ciò appare criticabile.
      Occorre prendere atto che l'affidamento esclusivo non è più idoneo a garantire gli interessi dei figli minori, che si vogliono salvaguardare. Allo stesso tempo, però, anche quello che da molti viene sostenuto quale unica possibilità di affidamento e cioè quello congiunto, camuffato da molti con il nome di «affidamento condiviso», non appare praticabile. Ciò per il semplice motivo che non si può obbligare per legge due coniugi, che hanno un dissidio molto profondo, a dover esercitare congiuntamente, ovvero in modo condiviso, gli stessi diritti e i medesimi poteri sul figlio o sui figli minori. Ciò porterebbe solo ad aumentare i traumi per gli stessi minori, già ampiamente traumatizzati, perché il dissidio esistente fra i genitori non verrebbe meno, certo, con un semplice provvedimento, oltretutto obbligatorio, del giudice. In presenza di figli, dunque, i genitori sarebbero costretti, secondo i sostenitori dell'affidamento condiviso, a dover sanare i loro contrasti per forza e ciò come sappiamo non è mai possibile. Non si può arrivare ad un accordo reale se si è costretti. Il dissidio, anziché essere sanato o diminuito, potrebbe solo aumentare, con grande pregiudizio per i figli minori. Laddove c'è accordo, invece, è del tutto auspicabile che si segua la via dell'affidamento congiunto. Ma solo dove c'è accordo, appunto, e quindi con facoltatività per i coniugi e non con obbligo.
      Diversamente, prendendo atto, come detto prima, che ormai non si può più seguire l'attuale via dell'affidamento esclusivo, appare necessario introdurre un altro tipo di affidamento e cioè l'affidamento delegato. Si vuole consentire, cioè, che l'affidamento dei figli minori sia disposto dal giudice a entrambi i genitori, ma che solo presso uno di essi sia collocato il figlio o i figli minori, e tale genitore avrà la delega per gestire, di fatto, le urgenze della vita con il figlio. Al genitore cosiddetto «collocatario» spetterà il diritto di abitare la casa familiare, casa che non verrà più affidata a lui ma al figlio minore.
      L'importanza di questa nuova figura di affidamento è data dal fatto che, in questo modo, è tutelata l'integrità psichica dei minori che non si vedono costretti a dover vivere un pò con un genitore e un pò con l'altro; ciò è dannoso soprattutto quando vi è un forte dissidio fra i genitori, non sanabile certamente da un obbligo di legge. Obbligare il minore a ciò significherebbe compromettere il suo sano sviluppo fisico e mentale. Naturalmente con l'affidamento delegato sparirebbe il diritto di visita per uno dei due genitori, dal momento che entrambi i genitori avrebbero l'affidamento del figlio. Quindi, al genitore non collocatario spetterebbe il diritto di vedere il figlio in qualsiasi momento o perlomeno nel modo regolamentato per legge, e non a discrezione del giudice, almeno tre volte a settimana e nel fine settimana alternativamente con l'altro genitore e con il contatto quotidiano con il minore almeno telefonico. Però, il minore, cosa molto importante, vivrebbe esclusivamente con uno dei due genitori e cioè con il genitore collocatario, che prenderà le decisioni disposte dal giudice in favore del minore stesso, tramite una delega conferita dal giudice, e il genitore non collocatario avrà la stessa delega nel momento in cui avrà con sé il figlio.
      Per stabilire, poi, presso quale dei due genitori debba essere collocato il minore,
 

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il giudice incaricherà i servizi sociali, che svolgeranno un apposito accertamento socio-ambientale e psicologico sul minore e sui genitori, a seguito del quale individueranno il genitore più idoneo. È importante, inoltre, che tale accertamento sia compiuto dai servizi sociali subito, fin dalla data di presentazione della domanda di separazione, proprio perché tale adempimento riveste il carattere d'urgenza. Il giudice, quindi, incaricherà i servizi sociali di svolgere l'accertamento fin da tale data, in modo che, già alla prima udienza di trattazione, possa essere designato dallo stesso giudice il genitore collocatario. Lo stesso giudice, poi, stabilirà il modo e la misura con cui il genitore non collocatario dovrà contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli minori. Ciò comprende, ovviamente, la misura della corresponsione economica da parte del genitore non collocatario all'altro genitore, il cosiddetto «assegno di mantenimento» per il figlio minore, che è necessario che continui ad esistere e non a sparire, come vorrebbero molti sostenitori di proposte in tale senso, perché, altrimenti, verrebbe agevolato il genitore economicamente più forte a scapito dell'altro e a scapito dello stesso minore, che deve essere garantito anche da eventuali inadempienze da parte di uno dei due genitori, inadempienze che potrebbero verificarsi con una certa frequenza. Le decisioni di maggiore interesse per i figli minori, inoltre, saranno pur sempre adottate da entrambi i genitori e il genitore non collocatario avrà, comunque, il diritto e il dovere di vigilare sull'istruzione e sull'educazione dei figli minori, quando non li ha con sé, così come il collocatario quando li ha con sé l'altro genitore, e si potrà ricorrere al giudice quando si ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli per l'interesse del minore.
      La presente proposta di legge vuole, inoltre, introdurre il principio secondo il quale, qualora siano stati adottati, da parte del tribunale per i minorenni, provvedimenti abitativi o sospensivi della potestà per uno dei due genitori, il giudice civile, in via d'urgenza, emetterà provvedimento di affidamento esclusivo dei figli minori a favore del genitore che non è stato dichiarato decaduto o sospeso dalla potestà. Questa precisazione legislativa è essenziale, perché, se è pur vero che in presenza di un provvedimento ablativo o limitativo della potestà da parte del tribunale per i minorenni il giudice civile deve adottare i provvedimenti conseguenti, è anche vero che occorre specificare che in presenza di essi viene meno ogni presupposto per poter continuare a parlare di affidamento a entrambi i genitori. Inoltre, è importante specificare che il giudice civile deve intervenire in via d'urgenza, altrimenti si andrebbero a ledere gli stessi interessi dei minori che si intendono tutelare.
      È, poi, necessario che la presente proposta di legge contenga un'ulteriore precisazione e cioè: qualora si sia in presenza di una separazione consensuale, ai coniugi deve essere consentito di poter scegliere liberamente fra i diversi tipi di affidamento. È vero che l'articolo 155 del codice civile si riferisce soprattutto ai casi di separazione giudiziale dei coniugi, laddove la presente proposta di legge introduce la nuova figura di affidamento delegato, quale unica via da percorrere per tale tipo di affidamento, ma è pur vero che in presenza di un accordo dei coniugi e di una specifica volontà degli stessi in tale senso non si può privare i medesimi della possibilità di seguire la strada dell'affidamento che ritengono più giusta per loro e per i propri figli. Ecco allora che le ipotesi di affidamento esclusivo e di affidamento alternato continuano a coesistere con la nuova figura di affidamento delegato, seppur in maniera residuale e quale atto consapevole e concordato fra i coniugi.
      Ciò è ribadito anche per i casi di divorzio dall'articolo 2 della presente proposta di legge, che sostituisce il citato articolo 6 della legge n. 898 del 1970. In particolare, si sottolinea come sia indispensabile che anche tale legge, che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio, ovvero il divorzio, contenga la figura dell'affidamento delegato.
 

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      La legge sul divorzio, purtroppo, è stata ignorata da molti presentatori di altri progetti di legge in materia e ciò a torto, dal momento che se si vuole disciplinare diversamente il regime dell'affidamento non lo si può restringere alla sola separazione. Cosa succederebbe, infatti, dopo i tre anni trascorsi dalla separazione? Si avrebbe una normativa, quella relativa alla separazione, di cui all'articolo 155 del codice civile, che conterrebbe il nuovo tipo di affidamento, mentre continuerebbe a coesistere la legge n. 898 del 1970, relativa al divorzio, contenente ancora la vecchia disciplina.
      Ecco perché la presente proposta di legge introduce doverosamente le modifiche alla legge n. 898 del 1970.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli minori) - Il giudice che pronunzia la separazione giudiziale dichiara che i figli minori sono affidati a entrambi i coniugi, dispone presso quale dei due coniugi gli stessi figli minori debbano essere collocati, conferendo a tale scopo apposita delega, e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale della stessa.
      Il genitore collocatario è scelto dal giudice, con provvedimento d'urgenza, nella prima udienza presidenziale, a seguito di un accertamento socio-ambientale e psicologico sul minore e sui genitori, preventivo all' udienza presidenziale.
      Il giudice incarica il servizio sociale territorialmente competente di compiere l'accertamento di cui al secondo comma, nel periodo che intercorre dalla data di presentazione della domanda di separazione fino alla prima udienza presidenziale.
      Il giudice stabilisce la misura e il modo con cui il coniuge non collocatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli minori.
      Il coniuge presso cui sono collocati i figli minori viene delegato dal giudice a esercitare i provvedimenti temporanei e urgenti in favore degli stessi figli minori, attenendosi alle condizioni determinate dal giudice. Le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge che non ha con sé i figli minori ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. Nel periodo in

 

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cui il genitore non collocatario ha con sé i figli minori, egli esercita autonomamente la potestà genitoriale, potendo prendere gli stessi provvedimenti temporanei e urgenti attribuiti per delega al genitore collocatario. In ogni caso, il genitore non collocatario, nei giorni in cui non ha con sé i figli minori, deve mantenere una continuità di rapporti con gli stessi, può tenere i figli con sé almeno tre volte la settimana e nel fine settimana alternati con il genitore collocatario ed esercita, altresì, ogni forma di comunicazione con gli stessi nei periodi in cui si trovano con il genitore collocatario.
      La casa familiare è assegnata dal giudice al minore, con diritto di abitazione per il genitore collocatario.
      Il giudice dispone inoltre circa l'amministrazione dei beni dei figli minori e il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
      In ogni caso il giudice può, per gravi motivi, ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona.
      Nei casi in cui vi sia un provvedimento ablativo o sospensivo della potestà genitoriale nei confronti di uno dei coniugi, ai sensi degli articoli 330 e 333, il giudice, in via d'urgenza, emette provvedimento di affidamento esclusivo a favore dell'altro coniuge, determinando presso lo stesso anche il collocamento del minore.
      Nel caso in cui si tratti di separazione consensuale, i coniugi hanno facoltà di scegliere, invece dell'affidamento delegato, l'affidamento esclusivo a uno di essi, ovvero l'affidamento alternato.
      Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli minori e al contributo al loro mantenimento, il giudice deve tenere conto dell'accordo fra le parti; i provvedimenti possono comunque essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, e sono emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice.
      I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli minori e
 

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l'attribuzione dell'esercizio della potestà su di essi nonché delle disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo».

Art. 2.

      1. L'articolo 6 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'articolo 11 della legge 6 marzo 1987, n. 74, è sostituito dal seguente:

      «Art. 6. - 1. L'obbligo, ai sensi degli articoli 147 e 148 del codice civile, di mantenere, educare e istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio di cui sia stato pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili, permane anche nel caso di passaggio a nuove nozze di uno o di entrambi i genitori.
      2. Il tribunale che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio dichiara che i figli minori sono affidati a entrambi i coniugi, dispone presso quale dei due coniugi gli stessi figli minori debbano essere collocati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa, ai sensi dell'articolo 155 del codice civile. Ove i coniugi siano d'accordo e ne facciano richiesta, può essere disposto l'affidamento esclusivo o alternato.
      3. In particolare il tribunale stabilisce la misura e il modo con cui il genitore non collocatario deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione dei figli minori, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi.
      4. Il genitore presso cui sono collocati i figli minori deve attenersi alle condizioni determinate dal tribunale. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli minori sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore presso cui i figli minori non sono collocati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al tribunale quando ritenga che siano

 

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state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
      5. Qualora il genitore collocatario non si attenga alle condizioni dettate, il tribunale valuta detto comportamento al fine della modifica del collocamento.
      6. L'abitazione nella casa familiare, assegnata dal giudice al minore, spetta al genitore presso cui vengono collocati i figli e, nel caso in cui questi ultimi abbiano raggiunto la maggiore età, spetta di preferenza al genitore con il quale i figli convivono. In ogni caso ai fini del diritto di abitazione il giudice deve valutare le condizioni economiche dei coniugi. L'assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'articolo 1599 del codice civile.
      7. Il tribunale dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli minori e circa il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.
      8. In caso di temporanea impossibilità di collocare il minore presso uno dei due genitori, il tribunale procede all'affidamento familiare di cui all'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni.
      9. Nell'emettere i provvedimenti relativi al collocamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento, il giudice deve tenere conto dell'accordo fra le parti; in caso di disaccordo fra i genitori, i provvedimenti possono comunque essere diversi rispetto alle domande delle parti e sono emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice, ivi compresa, qualora sia strettamente necessario anche in considerazione della loro età, l'audizione dei figli minori.
      10. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento e al collocamento della prole provvede il giudice di merito e, nel caso previsto dal comma 8, anche d'ufficio. A tale fine copia dei provvedimenti è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.
      11. Nel fissare la misura dell'assegno di mantenimento relativo ai figli, il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con
 

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riferimento agli indici di svalutazione monetaria.
      12. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all'altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l'avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto».

Art. 3.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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